Berlino e Washington ritengono indispensabile il rispetto delle precondizioni necessarie
Sono Stati Uniti e Germania i Paesi che più si oppongono a un ingresso dell'Ucraina nella Nato nel breve periodo. Lo hanno detto fonti diplomatiche dell'Alleanza, mentre a Washington si apre il vertice che celebra il 75mo anniversario della Nato, anche alla presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Le fonti hanno parlato di "una forte opposizione" di Berlino e Washington a un invito a Kiev prima che abbia rispettato le precondizioni necessarie, ricordando che il summit potrebbe concludersi come quello a Vilnius dello scorso anno, dove, nonostante le pressioni, Kiev non venne invitata a entrare. "Gli ucraini erano piuttosto irritati quando hanno concluso che la porta era aperta, ma non così tanto. E credo che lo scenario per il vertice di Washington sia lo stesso", hanno sottolineato le fonti.
Zelensky-Biden, l'incontro giovedì
Il tema con ogni probabilità sarà al centro del bilaterale che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky avrà nella giornata di giovedì con il presidente americano Joe Biden. Il faccia a faccia è stato anticipato dalla Casa Bianca, che ricorda che quello di giovedì sarà il terzo incontro tra Biden e Zelensky in un mese: il 7 giugno si erano visti in occasione delle celebrazioni per l'80mo anniversario dello sbarco in Normandia e la settimana dopo al G7 in Italia, dove avevano firmato un accordo sulla sicurezza.
Intanto, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha incontrato a Washington il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, nella prima giornata del summit. Blinken e Stoltenberg hanno discusso le importanti decisioni che i leader alleati prenderanno al vertice, compresa l'attuazione del più grande piano di rinforzo per la difesa collettiva da generazioni, e l'approvazione dell'impegno della Nato sull'espansione della capacità industriale che migliorerà la capacità degli alleati di difendersi dalle minacce attuali e future.
I due leader, ha reso noto il portavoce del Dipartimento di Stato degli Usa Matthew Miller, hanno accolto con favore i progressi significativi nella condivisione degli oneri, con oltre due terzi degli alleati che attualmente rispettano l'impegno di destinare il 2% del Pil alla spesa per la difesa. Blinken e Stoltenberg hanno inoltro discusso le decisioni attese al Consiglio Nato-Ucraina di giovedì per costruire un ponte verso l'adesione all'Alleanza consentendo al tempo stesso la difesa dell'Ucraina contro l'aggressione russa, oggi e in futuro.
Esteri
Ucraina-Russia, Kiev teme effetto Trump e Biden manda nuove...
Il messaggio del consigliere del nuovo presidente: "La Crimea è andata"
L'Ucraina spinge per un incontro tra il presidente Volodymyr Zelensky e Donald Trump, che lavora ad un piano di pace per porre fine alla guerra con la Russia. Dall'entourage del nuovo presidente americano arrivano messaggi allarmanti per Kiev, che teme un ridimensionamento del sostegno a stelle e strisce contro Vladimir Putin. Joe Biden intanto spedisce centinaia di missili intercettore a Kiev prima di lasciare la Casa Bianca.
La vittoria di Trump nelle elezioni americane inevitabilmente modifica il quadro del conflitto e dei rapporti tra Washington e i due paesi in guerra. Per mesi, durante la campagna elettorale, il nuovo presidente degli Stati Uniti ha detto e ribadito che avrebbe favorito una rapida intesa per porre fine al conflitto. Il piano in elaborazione, secondo il Wall Street Journal, prevede la creazione di una zona non militarizzata lungo il fronte, nessuna presenza militare americana e l'impegno dell'Ucraina a non entrare nella Nato per almeno 20 anni.
Per Kiev, che ha sistematicamente respinto l'ipotesi di sacrifici territoriali, è un campanello d'allarme. Anche per questo, dopo il contatto telefonico avvenuto mercoledì tra i due presidenti (con Elon Musk in linea), il governo ucraino sta organizzando un incontro tra Zelensky e Trump, come ha reso noto il ministro degli Esteri Andrii Sybiha. "Il dialogo tra Trump e Zelensky è già stato stabilito - ha detto Sybiha - Siamo aperti a ulteriori cooperazioni".
Trump, che nelle prime dichiarazioni post-voto ha aperto a contatti con Putin, nella telefonata con Zelensky avrebbe manifestato l'intenzione di consolidare la collaborazione. In attesa di un ulteriore confronto, il perimetro della visione americana viene tratteggiato dalle parole di Bryan Lanza, consigliere repubblicano che ha lavorato per la campagna del nuovo presidente americano.
Il messaggio di Trump
Trump si aspetta da Zelensky "una visione realista per la pace": la prossima amministrazione è orientata a concentrarsi sull'obiettivo di raggiungere la pace in Ucraina e non su quello di mettere Kiev in condizione di riprendere i territori conquistati dalla Russia. "E -avverte Lanza - se il presidente Zelensky verrà al tavolo dicendo, possiamo solo avere la pace con la riavendo la Crimea, dimostrerà di non essere serio. La Crimea è andata".
La riconquista della penisola sottolinea il consigliere che lavora con Trump dal 2016, è un obiettivo irrealistico e soprattutto "non è un obiettivo degli Stati Uniti". "Se questa è la sua priorità, riavere la Crimea e far combattere i soldati americani per riavere la Crimea, se la sbrighi da solo", il messaggio perentorio di Lanza. "Quello che diremo all'Ucraina è: sapete cosa vedete? Cosa vedete come una visione realistica per la pace. Non è una visione di vittoria, ma una visione di pace. E iniziamo a parlare onestamente", conclude. Dal team che si occupa dell'approdo di Trump alla Casa Bianca arriva la frenata con le parole di un anonimo portavoce: "Lanza non lavora per il presidente e non parla per lui".
La mossa di Biden
Tra una precisazione e l'altra, il cambio di panorama rispetto alla linea di Joe Biden è evidente. L'amministrazione uscente, che pure non ha concesso a Kiev il via libera per colpire obiettivi in territorio russo con missili a lungo raggio, prova a congedarsi con un'ultima fornitura alle forze armate ucraine. Gli Stati Uniti stanno accelerando sull'invio di altre armi prima che inizi l'era Trump. I piani svelati dal Wall Street Journal evidenziano che il Pentagono sta mandando a Kiev oltre 500 intercettori per i sistemi di difesa Patriot e Nasams, che dovrebbero arrivare nelle prossime settimane.
Tra Washington e Kiev si alternano messaggi, richieste, segnali. A Mosca, per ora, si tira dritto. La Russia continua a spingere nel Donetsk, il settore più caldo del fronte, con il forcing che da settimana mette in difficoltà i soldati di Kiev. Se l'Ucraina deve fare i conti con le difficoltà di puntellare le unità e garantire un adeguato ricambio in prima linea, l'esercito di Putin non ha problemi di risorse umane e, se li ha, rimedia schierando migliaia di militari nordcoreani.
Putin aspetta
Il presidente russo ha appena firmato la legge che ratifica il Trattato di partenariato strategico globale tra la Russia e la Corea del Nord. E' in base a questo documento che Kim Jong-un ha inviato nelle settimane scorse migliaia di soldati da schierare nella guerra contro l'Ucraina.
Mosca, quindi, si dice pronta ad ascoltare le proposte di Trump per porre fine al conflitto ma non ha fretta e non si sposta delle proprie condizioni: i territori conquistati e dichiarati annessi non verranno restituiti. Il viceministro degli Esteri Sergey Ryabkov, avverte che non esiste una "soluzione facile", considerando la continua assistenza statunitense a Kiev e i sospetti che le promesse del tycoon non siano altro che retorica elettorale.
"Crediamo che alcune delle sue promesse, in cui ha parlato di una rapida risoluzione della situazione in Ucraina, non siano altro che retorica", dice 'sfidando' il nuovo presidente. "È chiaro che non ci può essere una soluzione semplice a questo problema o ai problemi associati a ciò che sta accadendo in Ucraina e nei dintorni - aggiunge- L'amministrazione statunitense dovrebbe prendere molto sul serio questi segnali, sia quella uscente che quella futura. Non c'è opportunismo qui e i nostri interessi non dipendono da chi occupa lo Studio Ovale alla Casa Bianca".
Esteri
Israele-Hamas, Qatar non media più per ostaggi e cessate il...
Doha fa sapere che "riprenderà i suoi sforzi con i partner quando le parti dimostreranno la loro volontà e serietà nel porre fine a una guerra brutale". Famiglie ricordano 400 giorni di prigionia a Gaza
Il Qatar conferma di aver sospeso la mediazione tra Israele e Hamas sul cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi. E fa sapere che "riprenderà i suoi sforzi con i partner quando le parti dimostreranno la loro volontà e serietà nel porre fine a una guerra brutale e alle sofferenze dei civili causate da condizioni umanitarie catastrofiche nella Striscia". E' quanto si legge in una dichiarazione del portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, dopo una giornata di indiscrezioni e smentite sul ruolo di Doha e sulla chiusura degli uffici di Hamas nella capitale dell'emirato.
Il Qatar, si legge nel comunicato in cui si definiscono "inaccurate" le notizie su un ritiro dalla mediazione, "ha notificato alle parti dieci giorni fa, durante gli ultimi tentativi di raggiungere un accordo, che avrebbe sospeso i suoi sforzi di mediazione non fosse stata raggiunta un'intesa in quel round".
"Sede Hamas a Doha non ha ragion d'essere"
Ancora, il portavoce del ministero degli Esteri afferma che il Qatar "non accetterà che la mediazione sia una ragione per ricattarci...e per sfruttare la continuazione dei negoziati come giustificazione del proseguimento della guerra per servire piccoli interessi politici".
Il Qatar ha inoltre avvertito Hamas che il suo ufficio nella capitale quindi "non ha più ragion d'essere", ha dichiarato una fonte diplomatica all'Afp. "I qatarini hanno informato sia gli israeliani che Hamas che, finché ci sarà un rifiuto a negoziare un accordo in buona fede, non potranno continuare a fare da mediatori". Di conseguenza, "l'ufficio politico di Hamas a Doha non serve più", ha dichiarato la fonte.
La reazione di Hamas
Dal canto suo Hamas ha fatto sapere di non aver ricevuto "alcuna richiesta" di lasciare il Qatar, ha reso noto una fonte del movimento di resistenza islamica. "Non abbiamo nulla da confermare o smentire su quanto pubblicato da una fonte diplomatica non identificata, e non abbiamo ricevuto alcuna richiesta di lasciare il Qatar", ha dichiarato un funzionario di Hamas da Doha, raggiunto per via telefonica da Afp.
Contattato dal Times of Israel, un funzionario israeliano ha dichiarato di aver accolto con favore la decisione del Qatar di porre fine al suo ruolo di mediazione. "C'è una logica in questo. Nel momento in cui i qatarini espellono Hamas, la mediazione non ha più alcun vantaggio e diventa superflua - ha affermato il funzionario - Hamas è un'organizzazione terroristica assassina che deve essere soppressa a livello globale, piuttosto che ricevere ospitalità di emergenza in qualsiasi Paese - ha dichiarato - E' già da un po' che Israele e gli Stati Uniti spingono affinché il Qatar espella Hamas".
La notizia che circolava da giorni
La notizia della richiesta del Qatar si era già diffusa nei giorni scorsi. Alti funzionari dell'amministrazione Usa avevano reso noto, parlando con il Times of Israel, che il Qatar aveva comunicato ad Hamas oltre una settimana fa che dovrà chiudere la sede. Dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre, gli Stati Uniti hanno informato il Qatar che Doha non avrebbe dovuto portare avanti le cose come prima rispetto al gruppo.
Tuttavia, l'amministrazione aveva rinunciato a chiedere allo Stato del Golfo di chiudere l'ufficio di Hamas, ritenendo che il canale di comunicazione con Hamas fosse quanto mai importante per mediare un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Secondo quanto dichiarato da un funzionario statunitense al Times of Israel, a far cambiare idea agli americani sarebbe stata l'esecuzione da parte di Hamas dell'ostaggio americano-israeliano Hersh Goldberg-Polin insieme ad altri cinque ostaggi alla fine di agosto e il successivo rifiuto di ulteriori proposte di cessate il fuoco. A partire da qual momento la permanenza del gruppo terroristico a Doha sarebbe stata ritenuta "non più praticabile o accettabile".
Famiglie ostaggi ricordano 400 giorni di prigionia a Gaza
Le famiglie degli ostaggi israeliani di Hamas ricordano intanto i 400 giorni di prigionia a Gaza. Centinaia di persone si sono riunite sabato sera di fronte al quartier generale delle Forze armate a Tel Aviv innalzando cartelli con su scritto: "Perché sono ancora a Gaza? 400 giorni", "400 giorni, la vergogna di Netanyahu". "Tutti gli ostaggi devono tornare", hanno scandito i manifestanti, che da un anno scendono in piazza per chiedere il rilascio dei loro e che nei giorni scorsi hanno protestato duramente contro la destituzione decisa dal premier del ministro della Difesa Yoav Gallant, uno dei principali sostenitori dell'accordo per Gaza.
Quanti sono gli ostaggi in vita secondo 007 israeliani
L'intelligence israeliana ritiene che solo 51 ostaggi, sui 101 che si trovano nella Striscia di Gaza, siano ancora vivi. Lo sostiene il quotidiano in lingua ebraica Israel Hayom citando valutazioni dell'intelligence israeliana. Sono state 215 le persone rapite in Israele durante l'assalto del 7 ottobre sferrato da Hamas. Quasi la metà di loro sono stati rilasciati grazie ad accordi o a operazioni delle Idf. Hamas ha annunciato più volte che alcuni ostaggi sono stati uccisi nei raid condotti da Israele sulla Striscia di Gaza.
Esteri
Usa, Biden e Trump si incontreranno alla Casa Bianca: è...
Il faccia a faccia mercoledì nello Studio ovale
Il presidente Joe Biden e il presidente eletto Donald Trump "si vedranno nello Studio Ovale mercoledì alle 11" ora di Washington (le 17 in Italia). Lo ha reso noto il portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. Due giorni fa, in una dichiarazione alla nazione, Biden aveva anticipato di aver invitato Trump alla Casa Bianca nel corso di un colloquio telefonico durante il quale aveva assicurato l'impegno per "una transizione pacifica e ordinata".
Sondaggi interni della campagna di Joe Biden indicavano che Donald Trump avrebbe potuto vincere "400 voti elettorali". Lo ha rivelato Jon Favreau, ex speechwriter di Barack Obama, durante una puntata del podcast 'Pod Save America', secondo quanto riferisce The Hill. “Poi scopriamo, quando la campagna di Biden diventa la campagna di Harris, che i sondaggi interni della campagna di Biden, nel momento in cui ci dicevano che era il candidato più forte, mostravano che Donald Trump avrebbe vinto 400 voti elettorali”, ha detto Favreau. Che ha definito il tentativo di rielezione di Biden un "errore catastrofico" e ha accusato la "cerchia ristretta" intorno al presidente di rifiutare di credere che fosse “impopolare”. “Si sono rifiutati di riconoscere fino a molto tardi che qualcuno potesse essere arrabbiato per l'inflazione. E continuavano a dirci che la sua presidenza era storica e che era la più grande economia di sempre”, ha lamentato l'ex speechwriter di Obama.