Nato, Meloni rassicura alleati: “Italia con Ucraina, nostra spesa militare in aumento”
L'intervento della presidente del Consiglio al vertice di Washington
Al fianco di Kiev, in barba a chi, anche in casa -leggi Matteo Salvini-, getta ombre sull'invio di armi all'Ucraina. Giorgia Meloni, nel suo primo intervento al vertice Nato di Washington, rassicura gli alleati, e dice forte e chiaro che l'Italia non arretrerà di un millimetro, perché senza il sostegno all'Ucraina sarebbe "il caos".
L'Italia c'è stata e ci sarà, ma il sostegno deve "essere mirato ed efficace", mette in chiaro la presidente del Consiglio, "evitando duplicazioni", perché -il ragionamento- "96 cittadini dell'Unione Europea su 100 sono anche cittadini di una Nazione della Nato e il bilancio nazionale al quale attingiamo è sempre lo stesso". Vale a dire che ogni invio, ogni singolo aiuto, va ottimizzato, ricorrendo a un miglior coordinamento Nato-Ue.
Lo stesso appunto arrivato anche da altri leader al tavolo -spiegano fonti italiane- con l'obiettivo, chiaro, di non vanificare gli sforzi. Nel suo intervento, nello stesso edificio che 75 anni fa segnò la firma del trattato, Meloni rimarca come la Nato si confermi "l'Alleanza più affidabile e coesa della storia: ha contribuito ad assicurare sicurezza e libertà alle nostre Nazioni".
E anche oggi, a distanza di 75 anni, l'Alleanza è un faro nel buio generato da tempi cupi. "La nostra unità e la nostra determinazione sono, oggi, i beni più preziosi che abbiamo – dice la presidente del Consiglio -, e su questo possiamo permetterci solo passi in avanti". Che si compiono anche rafforzando la capacità militare dell'organizzazione: "la difesa dell'Ucraina dipende anche dalla capacità di deterrenza dell'Alleanza, e dal rafforzamento della sicurezza delle nostre nazioni, sulla quale dobbiamo continuare ad investire". Da qui la rassicurazione agli alleati che l'Italia farà la sua parte, nonostante l'affanno sui conti pubblici.
"La traiettoria della spesa per la difesa dell'Italia nel 2024 è in aumento – chiarisce la premier -. Il 2% è tra i nostri obiettivi, ma non è l'unico. Dobbiamo anche lavorare a un'industria della difesa innovativa e competitiva". Ma se l'Italia assicura la volontà di onorare gli impegni e di non arretrare sul sostegno a Kiev, chiede anche con forza di non essere lasciata solo sul fronte sud.
"Se noi siamo in prima linea a difesa degli alleati orientali – ha detto infatti la presidente del Consiglio -, non possiamo essere lasciati soli nella difesa del fronte sud dell'alleanza. È ugualmente fondamentale nel contesto della minaccia ibrida e globale che affrontiamo". Il disco verde dell'Alleanza a un rappresentante speciale per il Sud è dunque sì "una buona notizia", ma anche un "punto di partenza".
A margine dei lavori del vertice, la premier ha avuto un bilaterale con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, con cui ha parlato anche di migranti. Poi il ritorno al St Regis, cambio d'abito e di corsa alla Casa Bianca per la cena di gala offerta dal Presidente Joe Biden -che oggi l'ha accolta con il consueto calore, cingendola nella foto di rito con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.
E' lui l''osservato speciale' di questo vertice Nato, dove tutti si interrogano sul suo futuro e dove aleggia il fantasma di un ritorno di Donald Trump. "Noi siamo amici degli Usa indipendentemente da chi è stato, è o sarà il Presidente degli Usa – ha messo in chiaro oggi, in un punto stampa, il vicepremier e ministro agli Affari Esteri Antonio Tajani - Siamo stati amici degli Stati Uniti con Bush, con Reagan, Clinton, Obama, Trump, Biden. Il nostro è un rapporto con gli Stati Uniti e guai se fossimo amici a correnti alternate". (dall'inviata Ileana Sciarra)
Politica
M5S, Conte: “Grillo è il papà ma non può esercitare...
Il leader del M5S parla dello scontro con il garante: "Non vedo scissioni, se Grillo continua con le pec risponderanno gli avvocati"
"Grillo dice che non è il padrone del Movimento 5 Stelle ma il papà. Certo, è il fondatore del Movimento, ha avuto quest'opera meritoria di lancio del Movimento... Però il papà non può pensare di avere un telecomando in mano e di esercitare il parental control decidendo cosa dobbiamo vedere, perché siamo una comunità di adulti". Lo ha detto Giuseppe Conte, leader del M5S, parlando dello scontro con Beppe Grillo a '4 di sera' su Rete 4.
"Spero che la questione finisca qui - ha aggiunto - Se continueranno le pec da parte di Grillo o le diffide formali, vuol dire che risponderanno gli avvocati. Io non rispondo più. Ho già detto che questo processo è irreversibile e nessuno lo può fermare. Scissioni non ne vedo: una scissione si fa quando non c'è un'occasione di discussione".
Il presidente M5S ha parlato anche dell'ondata di maltempo che ha colpito l'Emilia Romagna. "Dobbiamo evitare - ha sottolineato - quello che è successo in passato, con la presidente Meloni in stivali pronta a intervenire a favore di telecamere ma poi i ristori non sono ancora arrivati ed è passato tantissimo tempo".
"Ho sentito il ministro Musumeci scaricare le responsabilità sulle autorità regionali o addirittura rimpallare responsabilità con un altro ministero del governo. Questa è una cosa che non va fatta. Se durante la pandemia di Covid avessi fatto la stessa cosa, il Paese sarebbe collassato. Bisogna lavorare a tutti i livelli: governo, regioni e comuni". ha scandito Conte.
Poi su Open Arms: "Non auguro la condanna a nessuno, nemmeno a un avversario politico. Ma le mie posizioni sul caso Open Arms, attraverso le lettere scritte, sono state chiare. Dire 'io difendo i confini nazionali' è un concetto fondamentale. Ma qui non erano confini terrestri, erano confini marittimi. E se ci sono persone in condizioni critiche bisogna intervenire".
"Eravamo a cavallo di Ferragosto. Su quella nave c'erano anche minori. Spettava a Salvini consentire l'attracco. Salvini aveva già la prospettiva di uscire dal governo, quindi assunse un tono muscolare", ha aggiunto Conte ricordando le fasi critiche della vicenda Open Arms.
Politica
Lega, Vannacci: “Partito mio? Invenzione stampa di...
"Rosicate quanto volete, ma il governo italiano dura"
Roberto Vannacci non fonderà un partito suo, non adesso perlomeno. A dirlo è stato lo stesso europarlamentare eletto nelle file della Lega alla platea di poco più di 300 persone che, dalla prima festa organizzata in suo onore a Viterbo, sarebbe stata ben felice di accogliere una creatura politica solo del generale.
Prima di dirlo coram populo, però, Vannacci lo rivela ai giornalisti che durante l'arco della giornata hanno provato a carpirlo dall'organizzatore della kermesse, Umberto Fusco, e dal presidente de 'Il mondo al contrario', Fabio Filomeni. "Il partito è un’altra invenzione della stampa di sinistra, io non l'ho mai detto, ma non escludo nulla", chiarisce prima di sottolineare che lui sta bene nella Lega. E davanti a tutti aggiunge che il suo obiettivo è di "essere fedele, coerente con le idee che ho espresso. Non mi interessano le poltrone, mi interessa portare avanti idee, che ora sono condivise" con il partito di Matteo Salvini, con cui non c'è nessuna frizione, insomma.
D'altronde, i temi che affronta sul palco sono molto simili a quelli che porta avanti il Carroccio, i migranti e la sicurezza su tutti. L'Italia, dice infatti, diventerebbe una nuova Svizzera se la sicurezza fosse garantita al 100%, perché "siamo il Paese più bello del mondo". Un Paese che, forse, dice ancora, non dovrebbe svendere la cittadinanza, che invece dovrebbe essere concessa solo a determinate condizioni.
Vannacci parla anche dell'Ucraina, dei missili e della costruzione di un processo di pace, che dovrebbe partire da quell'Unione europea di cui lui ora è un esponente, e che sì, esiste. Parla della comunità Lgbt, di cui non capisce alcune cose, delle donne e del supporto alla maternità. Esprime anche un parere sul governo: "Durerà, anche se rosicate", afferma tra gli applausi dei presenti, ma si dispensa dal commentare l'operato del ministro della Difesa, Guido Crosetto.
L'occasione, però, è utile per scagliarsi contro i giornalisti, facendo nome e cognome. Se, infatti, deve essere grato a Matteo Pucciarelli di Repubblica, che ha scovato il suo libro e ha fatto in modo che diventasse famoso, non arrivano parole di stima nei confronti di un cronista de La Stampa e di uno del Giornale. E anche per alcuni colleghi, due su tutti Maurizio Gasparri e Chiara Gribaudo, arrivano frecce appuntite.
Sono le ultime, però. Il generale, acclamato fin dal suo arrivo con un po' di ritardo, si congeda firmando le copie dei suoi libri. Poi chissà se arriverà davvero un partito prima o poi.
Politica
Rai, sudoku nomine ancora senza soluzione: ‘fumata...
Dopo la visita di Roberto Sergio ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Giorgia Meloni, salgono i rumors su una sua permanenza in Viale Mazzini, seppur nelle vesti di direttore generale
C'è chi si dice convinto che il sudoku verrà risolto 24 ore prima del voto del Parlamento, non un minuto prima. La deadline per l'elezione del Cda Rai si avvicina - il 26 settembre il giorno X - ma maggioranza e opposizione navigano ancora a vista, seppur sia convinzione diffusa che la fumata bianca arriverà senza colpi di scena o nuovi rinvii. Dopo la visita di Roberto Sergio ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Giorgia Meloni, salgono i rumors su una sua permanenza in Viale Mazzini, seppur nelle vesti di direttore generale. L'incarico di amministratore delegato, salvo sorprese, dovrebbe andare a Giampaolo Rossi, in quota Fdi, anche se, raccontano i beninformati, il suo nome nei mesi scorsi avrebbe 'ballato' anche in seno al partito di via della Scrofa oltre che nei piani alti di Palazzo Chigi.
E se sui vertici la soluzione sembrerebbe ormai a portata di mano, l'affaire Cda al momento è lungi dall'esser risolta. Per la presidenza serve infatti l’ok dei due terzi della Commissione di Vigilanza Rai, quindi un accordo con almeno una parte dell'opposizione. Il Cda Rai è composto da sette membri: due vengono eletti dalla Camera e due dal Senato, altri due vengono indicati dal ministero dell'Economia (uno è l'amministratore delegato, l'altro il presidente che appunto deve passare per il gradimento della Vigilanza) e un altro membro viene eletto dai dipendenti dell'azienda.
Dopo il passaggio di Maria Stella Gelmini nelle file di Noi Moderati, al centrodestra mancano due voti per portare a casa la partita, vale a dire il raggiungimento del quorum dei due terzi necessario per l'entrata in carica del presidente. Forza Italia continua a puntare su Simona Agnes, che farà sì parte del Cda - su indicazione del Mef o del Parlamento, semmai dovesse servire un piano B - ma che difficilmente la spunterà come guida del Consiglio d'amministrazione. In caso di indicazione parlamentare, i piani di Meloni e del centrodestra, che attualmente prevedono un nominato in quota Fdi (Valeria Falcone) e uno in quota Lega verrebbero scompaginati. A dare le carte potrebbe essere ancora una volta Matteo Renzi, potenziale ago della bilancia visti i due membri in quota Iv. Ma è soprattutto il M5S che potrebbe fare la differenza, mentre Pd e Avs minacciano l'Aventino.
Giuseppe Conte ha aperto alla possibilità di convergere su un nome di garanzia, qualora "ci fosse un presidente autorevole, assolutamente non riconducibile a logiche partitiche". Un identikit che però non corrisponde, secondo i pentastellati, al profilo di Agnes: "Per noi - spiegano fonti M5S vicine al dossier Rai - non si tratta di un veto sulla persona, ma di un problema di metodo. Agnes non può essere un presidente di garanzia" in quanto "espressione di Fi": un mix di fattori che renderebbe per i 5 Stelle "molto difficile" esprimere un voto a favore della figlia di Biagio Agnes.
La palla, sottolineano nel Movimento, è nelle mani della maggioranza: "Serve uno sforzo comune per trovare un nome condiviso". Negli ultimi giorni sono tornate ad affacciarsi diverse ipotesi alternative per la presidenza Rai, come Antonio Di Bella e Gianni Minoli, due figure interne all'azienda con alle spalle una lunga carriera nel servizio pubblico. Nei sondaggi interni al M5S, Di Bella verrebbe preferito a Minoli alla luce del contenzioso milionario (ormai chiuso, ndr) che vedeva contrapposti il padre di Mixer e Viale Mazzini sui diritti di 'La storia siamo noi'. Altra ipotesi gradita per il Movimento guidato da Giuseppe Conte sarebbe Milena Gabanelli.
Se non dovesse arrivare un accordo, ipotesi da non escludere, la soluzione sarebbe la nomina a presidente del membro più anziano: il timone del cda spetterebbe a quel punto ad Antonio Marano, ex direttore di Rai2 ma anche un passato da deputato nelle file della Lega.