Nato, nuovo test per Biden: conferenza stampa “con più pressione della storia moderna”
Occhi puntati sul presidente: un altro scivolone scatenerebbe definitivamente il panico nel Partito Democratico
Nuovo test per Joe Biden dopo il disastroso confronto tv con Donald Trump. Quella in programma a mezzanotte e mezza, ora italiana, e che chiuderà il vertice della Nato a Washington sarà "la conferenza stampa presidenziale con più pressione della storia moderna". La frase della Cnn sintetizza bene la tensione che circonda l'appuntamento che attende il presidente degli Stati Uniti alla conclusione del summit dell'Alleanza Atlantica.
Tutti gli occhi del mondo, anche quelli dei suoi nemici come Vladimir Putin, saranno puntati addosso al capo della Casa Bianca per analizzare ogni dettaglio che possa aiutare a capire quali siano le sue condizioni reali. Un altro scivolone, dopo il flop con Trump, scatenerebbe definitivamente il panico nel Partito Democratico, rendendo non più sostenibile il tentativo del presidente di restare in corsa per la rielezione.
I dubbi Dem e i rischi per la democrazia
Le fondamenta politiche su cui Biden sta poggiando la sua campagna elettorale, tuttavia, sembrano già incrinate. Molte voci dem, dal Congresso a Hollywood, hanno chiesto al presidente un passo indietro per il bene del partito e del Paese, preoccupati dalla possibilità di una valanga repubblicana a novembre. Un chiaro segnale è arrivato anche dall'ex Speaker, Nancy Pelosi, che ieri - a precisa domanda - non ha preso posizione, sottolineando che "spetta al presidente decidere se candidarsi". Un modo elegante per chiedere a Biden di rinunciare alla sfida con Trump.
Apparentemente solo una piccola minoranza di democratici del Congresso è sulle posizioni dell'ex Speaker, ma il malumore sembra essere più profondo, scrive la Cnn, secondo la quale in molti a Capitol Hill temono uno scenario che porti il Gop a controllare la presidenza, la Corte Suprema ed il Congresso. Alcuni democratici temono che la determinazione dell'81enne Biden a candidarsi di nuovo, nonostante le carenze psico-fisiche messe in luce nel dibattito, possa mettere in pericolo proprio la democrazia che dice di voler salvare.
I tre 'spettri' di Biden
Il presidente - che, politicamente parlando, non godeva di buona salute nemmeno prima del faccia a faccia con Trump - sembra fermamente convinto di non voler passare il testimone a un candidato più giovane. Ma tre fattori, spiega sempre la Cnn, potrebbero rendere la sua posizione insostenibile: una frattura del sostegno nel suo partito, il blocco delle raccolte fondi ed i dati schiaccianti dei sondaggi.
La conferenza odierna è solo l'ultima di una serie di eventi pubblici che si sono trasformati in esami sulla salute e sulle capacità cognitive di Biden, durante i quali anche un piccolo errore potrebbe innescare un disastro politico. Qualsiasi segnale che dimostri che i suoi ragionamenti siano offuscati dall'età rafforzerebbe l'idea impressa già nella coscienza nazionale e potrebbe infiammare una rivolta democratica. Ma, in generale, ogni evento da qui al voto di novembre diventerà un test per il presidente, che ogni volta dovrà dimostrare energia e lucidità. E non è detto neanche che basti.
Una candidatura sempre più in bilico
Nelle scorse ore, come ha fatto notare anche Politico, gli sforzi di Biden per puntellare la sua candidatura sono sembrati vacillare, dal momento che un gran numero di membri del Congresso continua a metterlo in discussione. Non a caso l'entourage di Biden sta programmando di incontrare oggi i senatori più preoccupati come Richard Blumenthal, che ieri si è detto "profondamente preoccupato per la vittoria di Joe Biden questo novembre, perché sarebbe una minaccia esistenziale per il Paese se Donald Trump vincesse".
I commenti di Blumenthal sono arrivati dopo che il senatore Michael Bennet ha sostenuto che Trump è sulla buona strada per battere Biden - potenzialmente con una "valanga" che potrebbe veder sconfitti i democratici anche alla Camera e al Senato - e ha esortato i democratici ad avere una "discussione" sulle prospettive elettorali di Biden.
L'abbandono di Clooney
Ma a scatenare il dibattito nelle ultime ore è stata soprattutto la presa di posizione di George Clooney, che in un intervento sul New York Times ha chiesto senza mezzi termini a Joe Biden di lasciare il posto ad un altro candidato. "Sono democratico da sempre e non mi scuso per questo - scrive l'attore - Sono orgoglioso di ciò che il mio partito rappresenta e di ciò per cui si batte. Come parte della mia partecipazione al processo democratico e a sostegno del candidato che ho scelto, ho guidato alcune delle più grandi raccolte di fondi nella storia del mio partito. Barack Obama nel 2012. Hillary Clinton nel 2016. Joe Biden nel 2020".
"Amo Joe Biden. Come senatore. Come vicepresidente e come presidente. Lo considero un amico e credo in lui. Credo nel suo carattere. Credo nella sua moralità. Negli ultimi quattro anni ha vinto molte delle battaglie che ha affrontato. Ma l'unica battaglia che non può vincere è quella contro il tempo. Nessuno di noi può farlo. È devastante dirlo, ma il Joe Biden che ho visto tre settimane fa alla raccolta fondi non era quello del 2010. Non era nemmeno il Joe Biden del 2020. Era lo stesso uomo che abbiamo visto tutti al dibattito", sottolinea l'attore, le cui parole rappresentano un duro colpo all'orgoglio del presidente.
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Annunziata si è astenuta per errore sul paragrafo 8: l'eurodeputata lo ha segnalato, verrà registrato voto contrario
Gli eurodeputati italiani del gruppo S&D non hanno votato compatti sulla risoluzione sul sostegno all'Ucraina, che contiene un paragrafo, il numero 8, che ribadisce la richiesta di rimuovere le restrizioni all'uso delle armi inviate dall'Ue, affinché possano essere utilizzate anche per colpire obiettivi militari legittimi in territorio russo. Molti eurodeputati hanno votato a favore della risoluzione nel suo insieme, inclusi il capodelegazione Nicola Zingaretti, Lucia Annunziata e Sandro Ruotolo, oltre a Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento, Irene Tinagli, Camilla Laureti, tra gli altri. Gli indipendenti Marco Tarquinio e Cecilia Strada si sono astenuti.
Nel voto separato per confermare il paragrafo 8, quello più controverso, Picierno si è espressa a favore, come ha annunciato pubblicamente prima del voto. Hanno votato contro gli eurodeputati Brando Benifei, Annalisa Corrado, Nicola Zingaretti, Camilla Laureti, Antonio Decaro, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada e Alessandro Zan. Si è astenuta Annunziata.
Dalla delegazione italiana del gruppo S&D precisano che Annunziata si è astenuta per errore sul paragrafo 8 della risoluzione, quello che riguarda la rimozione delle restrizioni all'uso delle armi. L'eurodeputata ha segnalato l'errore e verrà registrato voto contrario, come la maggior parte della delegazione. Anche sul testo della risoluzione sul Venezuela, dove Annunziata dal roll call risultava essersi astenuta, si tratta di un errore: il suo voto è contrario, come quello degli altri eurodeputati Pd.