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Cultura

Scoperta scritta di Leonardo in disegno dell’allievo...

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Scoperta scritta di Leonardo in disegno dell’allievo Cesare da Sesto

L'opera conservata in Svizzera sottoposta a perizia e studiata da Silvano Vinceti

Scoperta scritta di Leonardo in disegno dell'allievo Cesare da Sesto

C'è anche una frase scritta da Leonardo Da Vinci in un disegno raffigurante una giovane donna, ritrovato in Svizzera, ora di proprietà di un collezionista, e fino ad oggi avvolto dal mistero. Un arcano finalmente svelato dopo decenni: il mezzo busto femminile, probabilmente un bozzetto per un dipinto, disegnato con l'antica tecnica della sanguigna (carboncino rosso) è stato attribuito definitivamente a Cesare da Sesto, allievo prediletto di Leonardo da Vinci, vissuto tra il 1477 e il 1523. Il disegno (28x20 cm) è stato mostrato e presentato per la prima volta oggi a Ginevra, durante una conferenza stampa presso il Club Suisse de La Presse.

Lo storico e scrittore Silvano Vinceti, autore nel recente passato di nuove ipotesi sulla Gioconda e altri celebri dipinti - ha coordinato il lavoro di riceca che ha portato all'attribuzione a Cesare da Sesto. Presente alla conferenza stampa nella città svizzera anche Jean Olaniszyn, ricercatore, operatore culturale ed editore che ha collaborato alla ricerca.

“Cesare da Sesto - spiega Vinceti all'Adnkronos - è l'allievo che maggiormente ha realizzato un'intimità emotiva e artistica con il grande genio toscano del Rinascimento. Fra tutti gli arricchimenti di Leonardo entrati profondamente, nel suo corpo e nella sua anima, occorre evidenziare l'importanza che Cesare da Sesto attribuiva al disegno, la sua ricerca di perfezione, di forte espressività, sempre presente in Leonardo. Seguendo un rigoroso metodo storico-periziale abbiamo proceduto a ripercorrere e ordinare con documenti autentici gli ultimi 60-70 anni della storia del dipinto".

Il disegno conosciuto sin dagli anni Sessanta del Novecento nella collezione di un noto antiquario con sede ad Ascona (Canton Ticino, Svizzera) come opera di scuola leonardesca, dopo varie vicissitudini è stato ritrovato negli anni Novanta ricevendo successivamente (2001) l'attribuzione a Cesare da Sesto, dal parte del professore Carlo Pedretti (1928-2018), massimo esperto leonardesco. Pedretti scrisse: "dopo aver svolto uno studio e un'attenta ricerca sul maestro Cesare da Sesto posso quindi confermare che questo sanguineo è stata effettuato dal Cesare da Sesto".

Fino ad oggi nulla di tutto questo era stato ricostruito e reso noto. Racconta Vinceti: "Partendo dalle considerazioni del prof. Pedretti si è da subito ipotizzato che la scritta speculare posta sul disegno in alto a destra, potesse rimandare alla mano di Leonardo. Una perizia calligrafica promossa dall'attuale proprietà allo studio periziale di Giovanni Favaloro ha determinato la convinzione, già manifestata da Pedretti della probabile mano di Leonardo sul disegno di Cesare da Sesto".

Il 2 aprile 2024 a Messina il prof. Favaloro ha concluso e certificato: "L'annotazione a guisa di postilla presente sul recto del bozzetto preparatorio di un dipinto già attribuito al Cesare da Sesto presenta, con altissima probabilità caratteristiche di tecnica e natura leonardesca e ciò, dal punto di vista grafologico-forense, porta a concludere che detta personalità grafica, individui proprio una corrispondenza ineccepibile di grafemi con le caratteristiche grafiche più intime di Leonardo da Vinci".

E Silvano Vinceti, anche nel suo ruolo di presidente del Comitato per la valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali, ha dichiarato: "Sempre con prudenza e rigore metodologico e sulla base di fonti storiche non posso escludere che Leonardo possa essere intervenuto sul disegno medesimo. Le sue parole scritte sulla sanguigna contribuiscono a dare un fondamento a questa ipotesi".

Per quanto riguarda l'importanza di Cesare da Sesto, spiega sempre Vinceti, "basta ricordare che fu in particolare grazie ai suoi viaggi lungo la penisola che si diffuse lo stile leonardesco anche in aree mai toccate dal maestro di Vinci, come il Meridione d'Italia. Nel 1517, il suo ritorno a Messina, dove dipinse la sua opera più celebre, l'Adorazione dei Magi per la chiesa di San Niccolò (oggi a Napoli, Capodimonte), che divenne un modello da imitare per molti artisti del meridione. Resta un ultimo mistero: che cosa scrisse Leonardo da Vinci nel prezioso disegno del suo allievo? Un enigma che forse un giorno sarà svelato".

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Cultura

Maxxi, Raffaella Docimo farà le veci di Giuli e scatta il...

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Nel ventaglio di ipotesi l'ex presidente della Quadriennale di Roma Umberto Croppi e il direttore della Pinacoteca di Brera Angelo Crespi

Raffaella Docimo

Sarà Raffaella Docimo a fare le veci di presidente della Fondazione Maxxi, ruolo rivestito finora da Alessandro Giuli nominato ministro della Cultura in sostituzione del dimissionario Gennaro Sangiuliano.

Docimo - giornalista pubblicista, membro dell'associazione Amici del Maxxi dal 2016 e docente universitaria e recentemente candidata alle elezioni europee nelle liste di Fratelli d'Italia - è la consigliera anziana del Cda della Fondazione. Sarà lei a gestire il Maxxi dopo l'uscita di Giuli almeno fino alla nomina di un nuovo presidente. E probabilmente non sarà una parentesi breve. Da quanto apprende l'Adnkronos, al Mic travolto dal caso Sangiuliano hanno sul tavolo non poche questioni. A partire dall'organizzazione dell'imminente G7 della Cultura a Napoli.

Nel frattempo negli uffici di via del Collegio Romano è già scattato il toto-nomi. Identificare una figura che abbia le caratteristiche giuste per ricoprire il ruolo di presidente della Fondazione Maxxi, lasciata scoperta dal giornalista neo ministro, non è cosa facile. Lo scenario che si prospetta può avere due direzioni. Una è quella di proseguire sulla linea di una figura di intellettuale, come quella di Giuli. Ma c'è anche la possibilità che il ministero si orienti ora su una figura più 'manageriale', che lasci dunque la parte culturale al direttore artistico e punti maggiormente sull'aspetto di sviluppo economico dell'istituzione museale.

A quanto apprende l'Adnkronos, sono già al vaglio in queste ore diversi curriculum di manager con esperienza. Se però si proseguirà sulla linea della figura di un 'tecnico', sono diversi i nomi che potrebbero essere 'papabili' per guidare il Maxxi. Nel gioco del toto-nomi, uno potrebbe essere quello di Umberto Croppi, ex assessore capitolino alla Cultura della Giunta Alemanno ed ex presidente della Quadriennale di Roma fino al 2023. Piace anche il direttore della Pinacoteca di Brera, Angelo Crespi, docente e manager culturale di lungo corso, al quale a quel punto si chiederebbe di trasferirsi nella Capitale.

Nel frattempo, l'attività di ordinaria amministrazione della macchina museale del Maxxi verrà ora portata avanti da Raffaella Docimo e dallo staff del museo. "Gli uffici sono a pieno regime", rassicurano fonti interne alla Fondazione.

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Cultura

‘Il Milione’ di Marco Polo ritrovato,...

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L'eccezionale scoperta nella Biblioteca Diocesana Ludovico Jacobilli di Foligno

'Il Milione' di Marco Polo ritrovato, individuato nuovo manoscritto

Eccezionale ritrovamento in occasione dei 700 anni dalla morte di Marco Polo (1254-1324): nella Biblioteca Diocesana 'Ludovico Jacobilli' di Foligno (Perugia) è tornato alla luce un manoscritto del "Devisement dou monde/Milione" presente nei cataloghi ma ignoto agli studiosi (è assente da tutti i censimenti del "Milione") che risulta essere l'ultimo dei codici oggi noti in ordine di tempo del testo del grande viaggiatore veneziano (sono 145 raggruppati in diverse famiglie).

Il ritrovamento, che si inserisce nel più ampio lavoro sul "Milione" coordinato da Eugenio Burgio, Marina Buzzoni e Samuela Simion dell’Università Ca' Foscari di Venezia e Antonio Montefusco dell'Università di Nancy, riveste notevole interesse perché aggiunge nuove importanti informazioni riguardo alla trasmissione del testo e alle sue varie versioni.

Il manoscritto è conservato nella Biblioteca Diocesana di Foligno con segnatura "Jacobilli A.II.9" e trasmette la traduzione che gli studiosi chiamano VA, realizzata entro il primo quarto del Trecento nell'Italia nord-orientale. L'importanza di questa traduzione, spiegano i docenti universitari autori della scoperta, risiede soprattutto nell'ampiezza della sua diffusione: il testo di VA venne infatti sottoposto a numerose traduzioni, sia in latino che in volgare, tanto che gran parte dei manoscritti superstiti è, direttamente o indirettamente, una sua emanazione. Essa è quindi la versione in cui il libro di Marco Polo venne più letto e conosciuto in Europa.

La traduzione VA ebbe una prima circolazione in area emiliana e lombarda, anche se poco sappiamo dell’ambiente in cui venne prodotto. In questo manoscritto inoltre il traduttore non esita a tagliare informazioni eterodosse o scabrose, ciò suggerisce che provenga da un ambiente religioso.

Il manoscritto è stato segnalato da Fabio Soncin, dottorando del Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati dell'Università Ca' Foscari di Venezia (sotto la supervisione di Marina Buzzoni), che lo aveva visionato durante una visita a Foligno, mentre è il bibliotecario Ivan Petrini che dalla Biblioteca di Foligno ne ha dato una prima presentazione: manoscritto quattrocentesco, scritto da una sola mano in una minuscola umanistica, è un cartaceo di 110 carte, privo delle carte iniziali e di alcune carte interne. La sua origine e la sua storia sono oscure: fa parte dell'ampio corpus donato da Ludovico Jacobilli (1598-1664) alla biblioteca tra il 1662 e il 1664, ma non è chiaro dove e quando l’erudito folignate ne sia entrato in possesso.

Il professor Simion dell'Università Ca' Foscari, ha riconosciuto la traduzione VA nel codice e il suo lavoro di trascrizione ha già permesso di riconoscere le particolarità e l’importanza del ritrovamento. Solo nei prossimi mesi si potrà aggiungere qualche informazione sulla posizione del manoscritto all’interno della tradizione manoscritta del "Milione", in attesa di uno studio più ampio che sarà pubblicato su una delle riviste principali del settore.

Il ritrovamento avviene pochi giorni prima del convegno "Marco Polo, il libro e l'Asia. Prospettive di ricerca vent'anni dopo", organizzato dall'Università Ca' Foscari a Venezia (Auditorium Santa Margherita – Emanuele Severino), dall'11 al 14 settembre, iniziativa che rientra nel programma ufficiale delle celebrazioni per i 700 anni della morte dell'esploratore veneziano e sostenuta dal Comitato Nazionale, dal Ministero della Cultura, con il patrocinio di Rai Veneto e Rai Cultura.

Una sessione del convegno sarà dedicata all'edizione digitale dell'opera del grande viaggiatore. Tra le attività dell'anno dedicato a Marco Polo anche la pubblicazione della prima edizione digitale dell'opera di Marco Polo, resa disponibile agli studiosi di tutto il mondo e pubblicata da Edizioni Ca' Foscari in open access e open source.

L'ambiente digitale riesce a valorizzare molto meglio del libro cartaceo la mobilità intrinseca al testo trasmesso da tanti manoscritti, redatti in molte lingue diverse (almeno 11), che appartengono a tradizioni culturali differenti. Per questa edizione digitale sono state scelte 12 redazioni e una versione ulteriore del testo (Fr2) che vengono offerte in presentazione sinottica (ovvero affiancate le une alle altre). L'opera digitale, che segue gli standard di codifica internazionali, offre anche un testo critico unitario, in lingua inglese per facilitarne la diffusione sia presso la comunità degli studiosi sia presso il pubblico degli interessati. E’ completata da un glossario dei termini che hanno un importante valore culturale, in particolare i termini che designano persone, animali e cose legate all’Oriente, di mappe interattive dei luoghi toccati da Marco Polo nel suo lungo viaggio; di informazioni bibliografiche di potenziale interesse per il lettore.

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Cultura

Premio ‘Giuseppe Colalucci’, la cerimonia il 27...

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Il riconoscimento, giunto alla decima edizione, vuole ricordare la figura del giornalista, fondatore della storica testata 'Tifone' e grande cronista sportivo romano che dagli anni '50 agli '80 animò il panorama dell’informazione della Capitale

Premio 'Giuseppe Colalucci', la cerimonia il 27 settembre a Roma

Giunge alla decima edizione il 'Premio Giuseppe Colalucci', istituito per ricordare la figura del giornalista, storico fondatore del 'Tifone', e grande cronista sportivo romano che dagli anni '50 agli '80 animò fortemente il panorama dell’informazione della Capitale. Quest'anno la cerimonia di premiazione si terrà a Roma, venerdì 27 settembre alle 20.30, presso il circolo 'Antico Tiro a volo'.

Il Premio - ideato dal presidente dell'Ordine dei giornalisti del Lazio, Guido D'Ubaldo, con l'obiettivo di riscoprire lo spirito vivace dell’informazione sportiva e non - nlle precedenti edizioni ha premiato tante firme del giornalismo e affermati personaggi dello sport, della cultura, dello spettacolo, della politica italiana.

Fra i tanti premiati Roberto Gualtieri, Roberto Mancini, Mario Sconcerti, Gabriele Gravina, Sigfrido Ranucci, Edoardo Leo, Carlo Verdone, Antonello Venditti, Nicola Piovani, Massimo D’Alema, Zdenek Zeman, Carlo Paris, Fabrizio Roncone, Rocco Papaleo, Alessandro Roja, Deborah Serracchiani, Gianni Petrucci, Bruno Giordano, Aldo Cazzullo, Gianni Riotta, Massimo Martinelli, Stefano Barigelli, Gianni Togni, Roberto Mancini e Lorella Cuccarini.

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