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Cuneo, coppia gay respinta da un B&B. Ancora troppe...

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Cuneo, coppia gay respinta da un B&B. Ancora troppe discriminazioni in Italia

Una coppia gay è stata respinta da un B&B di Busca, in provincia di Cuneo, a causa del proprio orientamento sessuale.

“Non vorremmo mai avere problemi con gli altri ospiti, potrebbero irritarsi, questa è una struttura che ha più di dieci anni, io tra tre anni vado in pensione e non voglio avere problemi”, questa è stata la motivazione addotta dalla proprietaria della struttura nella piccola cittadina che fa parte della Valle Varaita.

Coppia gay respinta da B&B a Cuneo: la ricostruzione

A denunciare la discriminazione è stato uno dei due ragazzi che ha contattato Gay.it per raccontare quanto accaduto, tra l’altro, a prenotazione già effettuata. Quando ha chiesto alla proprietaria se la presenza del suo compagno avrebbe comportato problemi, la donna ha risposto che “nonostante abbia amici e conoscenze gay, la presenza di coppie omosessuali nella mia struttura è un problema per gli altri ospiti”.

Raggiunta dai giornalisti e dall’indignazione del web, la proprietaria ha provato a dare un’altra interpretazione al fatto: “Non ho rifiutato questa coppia, ho solo detto loro che prima di confermare la prenotazione avrei dovuto chiedere agli altri ospiti della struttura”. La donna cerca comprensione: “Mi è già successo che alcuni clienti mi avessero detto che non sarebbero più venuti se ci fossero stati altri ospiti omosessuali”.

Una clientela “selezionata” per definizione della stessa proprietaria, la cui struttura viene descritta come “ideale per coppie”, ma senza bambini a cui “non è consentito l’accesso”. Insomma, “coppie tradizionali, uomo donna” e senza figli. Quanto meno non nella struttura, dove altri ospiti potrebbero essere infastiditi da quelli che vengono considerati allo stesso modo due strumenti di disturbo: gli schiamazzi dei piccoli e l’essere omosessuali.

Il B&B di Busca è disponibile su Booking, ma forse ancora per poco. Gay.it, infatti, ha fatto partire una segnalazione per denunciare la discriminazione e chiedere la rimozione della struttura dalle opzioni disponibili sulla piattaforma di affitti brevi.

Quanto avvenuto in provincia di Cuneo è l’ennesimo caso di discriminazione nella storia recente dell’Italia, uno dei pochi Paesi dell’Europa occidentale a non avere ancora una legge contro l’omolesbobitransfobia. Positive indicazioni in tal senso arrivano dalla Regione Puglia, che ha approvato la prima legge regionale italiana contro l’omolesbobitransfobia e l’abusivismo, ma la strada è ancora lunga.

Altri casi di discriminazione negli affitti

Purtroppo, la discriminazione negli affitti non è un fenomeno isolato in Italia. Oltre agli episodi di discriminazione basati sull’orientamento sessuale, ci sono numerosi casi di pregiudizi contro altre minoranze. I casi di cronaca sono tanti, qui ne citeremo alcuni tra i più recenti.

Discriminazione razziale ed etnica

La discriminazione razziale ed etnica è una delle forme più diffuse negli affitti. Le persone di origine africana, asiatica e romaní spesso affrontano pregiudizi e difficoltà nell’accesso agli alloggi. Secondo un’indagine di Amref Italia, con dati aggiornati al 2021, circa il 20% delle persone con background migratorio che cercano casa in affitto è stata vittima di episodi di discriminazione.

Sul finire del 2023, Mouna Bour, nata a Modena da genitori migranti marocchini, è stata respinta: “Non affitto casa agli africani”, si è sentita rispondere la ragazza 24enne. “Le battute e i commenti me li faccio scivolare addosso, ma questa cosa mi ha fatto riflettere”, ha detto Mouna nelle sue storie Instagram. Tra l’altro Mouna Bour è nata a Modena ed è una cittadina italiana. Una nazionalità diversa, sia chiaro, non avrebbe reso meno grave il fatto, ma questa storia mostra la banalità della discriminazione in tutta la sua vacuità, come ogni scelta che poggi su basi inesistenti.

Discriminazione contro i meridionali

Anche i cittadini italiani provenienti dal Sud Italia, molte volte costretti a lasciare la propria terra per lavoro, sono spesso vittime di discriminazione. Febbraio 2023, Carmagnola, Torino. Una coppia cerca casa e ne trova una disponibile. Le condizioni però sono ferree: si affitta solo a chi ha un contratto di lavoro indeterminato, “soprattutto se siete meridionali”. Che sfortuna per la coppia, che da lì a poco avrebbe avuto un figlio, il fatto che il futuro papà fosse calabrese.

Il caso di discriminazione, riportato dalla Gazzetta del Sud, è stato denunciato dall’Onorevole Alfredo Antoniozzi, vice Presidente del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia alla Camera: “La vicenda è stata resa nota oggi da Gazzetta del Sud – dice Antoniozzi – e ci riporta indietro di diversi decenni. […] L’Italia è una, e la Calabria e il meridione hanno contribuito a fare grandi regioni come il Piemonte con il loro duro lavoro e la loro onestà”, concluse in quella occasione l’onorevole di FdI.

Fonte immagine_Lucysullacultura.com

Discriminazione per donne incinte

Se si parla di discriminazione, purtroppo, ce n’è per tutti. E per tutte, soprattutto se incinte. Maggio 2023, Cordenons, Pordenone. Una coppia cerca casa in affitto e, dopo tante difficoltà, trova finalmente quella che sembra la soluzione e invece è l’inizio di una storia triste e assurda.

“Abbiamo trovato questo appartamento a Cordenons e la proprietaria ha accettato di farci firmare il contratto, ha parlato già con la sua commercialista e anche lei ha accettato”, spiega la donna che insieme al compagno deve lasciare l’appartamento in cui risiede, troppo piccolo per la famiglia che si sta allargando. Per questo, i due hanno comunicato alla proprietaria la disdetta anticipata. “Tutto a posto fino a quando mi hanno fatto domande sulla gravidanza: non ho nascosto che sono incinta di due gemelli e il giorno dopo, riempiendomi di bugie all’inizio, ha ammesso che non pensava che i bimbi fossero due e che preferisce non darmi più l‘appartamento perché ha paura che le disturbino il sonno”, dal momento che lei abita al piano inferiore.

La mente va all’appello fatto dall’ex campionessa di scherma Elisa Di Francisca che ai nostri microfoni aveva auspicato una sorta di “patto sociale” per risollevare la demografia del Paese, per farsi forza l’un l’altro nell’affrontare la sfida e gli impegni di diventare genitori.

A quanto pare, alcuni sono ancora molto lontani da questo senso di condivisione.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Raw-dogging, il trend estremo che trasforma i viaggi in...

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C’erano una volta i tormentoni estivi, ormai superati dalle ‘challenge’, che nascono sui social e non conoscono stagione. Quest’estate, in particolare, una sfida su tutte è diventata virale e ha fatto – sta – facendo parlare di sé, tentando più di qualcuno: il raw-dogging. Ovvero, farsi tutto un volo a lungo raggio guardando fisso il sedile davanti a sé. Niente telefono, niente film, niente musica, e nelle sue forme più estreme niente acqua, niente sonno, niente cibo e niente toilette o passeggiate riattiva-circolazione in cabina.

Ora, chi ha fatto un volo a lungo raggio sa quanto possa essere per l’appunto ‘lungo’, e quanto sia benvenuta ogni distrazione, dalla lettura ai film ai videogiochi fino anche al passaggio del servizio bevande. E sa anche quanto sia necessario alzarsi e camminare un po’.

Ma chi invece decide di cimentarsi nel raw dogging parte da tutt’altro approccio, e ha davanti a sé ore e ore di immobilismo e di occhi puntati sullo schienale di fronte.

Cos’è il raw-dogging?

Ma come nasce questo trend di viaggio, chiamiamolo così, che ha conquistato diversi adepti in tutto il mondo?

Anche se può sembrare una cosa molto stupida, come in effetti lo è diventata una volta finita nelle maglie di TikTok, inizialmente il raw dogging poteva avere un senso, nella sua forma più basic. Poteva infatti essere visto come un modo, un’occasione per disintossicarsi dal digitale e di attuare una forma di ‘meditazione’, in generale per dedicare del tempo solo a se stessi e ai propri pensieri.

Poteva anche essere un diverso approccio, sperimentato soprattutto dai frequent flyer, chi vola spesso, per affrontare i voli a lungo raggio che per definizione comportano anche un jet leg più o meno importante.

In pratica, inizialmente, significava affrontare il viaggio e il fuso orario nel modo più naturale possibile, senza ricorrere a strumenti ‘artificiali’ come musica, libri, film, cuscini per la testa, farmaci, mascherine e così via. L’obiettivo era gestire l’ansia, cercare una connessione con se stessi, migliorare la concentrazione, pensare.

Un po’ in quest’ottica lo scorso maggio un ventiseienne londinese di nome West ha raccontato su TikTok del suo viaggio da sette ore durante il quale non aveva fatto altro che guardare la mappa del volo, che si trova sullo schienale del sedile di fronte. “Qualcun altro fa rawdogging?”, aveva concluso, lanciando quindi una sorta di sfida.

Il raw-dogging: dal detox digitale alla competizione estrema

E proprio qui è nato il problema.

La sfida ovviamente è stata raccolta, e l’asticella si è alzata sempre di più, fino ad arrivare alla rinuncia di cibo, acqua, sonno, movimento, pur di dimostrare di essere il più forte, quello che ha fatto la cosa più estrema, quello che non ha bisogno di alcuna comodità, ma solo di se stesso. In sostanza, per poter dire ‘sono un vero duro’.

Non a caso il raw-dogger sembra essere principalmente un uomo. La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che per portare a termine una sfida del genere occorrono forza mentale, disciplina e resistenza fisica, che secondo gli stereotipi sarebbero caratteristiche maschili. E dunque chi voglia sentirsi più forte o riaffermare la propria mascolinità potrebbe essere tentato dal volare ‘crudo’, raw appunto (raw-dogging farebbe riferimento in realtà al fare sesso senza protezioni). Sicuramente sono tutte caratteristiche di cui si vanta sui social chi vola ‘in purezza’.

Un esempio ‘vip’ è Erling Haaland, 24enne attaccante del Manchester City, che sui social si è vantato di aver fatto un volo di sette ore senza telefono, acqua, cibo, sonno, definendo la cosa ‘facile’ da fare e alimentando di fatto la sfida.

I rischi del raw-dogging: salute e benessere compromessi

Ma tutto ciò non è gratis, comporta dei rischi:

noia: la resistenza mentale c’entra, ma non fare nulla per ore – anche 20 – può davvero logorare
maggiore fatica: ignorare completamente i bisogni del corpo durante un lungo volo può compromettere la produttività e il benessere
jet leg più forte: non dormire o riposarsi durante un viaggio lungo può amplificare i sintomi dovuti al fuso orario, portando a un’alterazione del ritmo circadiano che può richiedere giorni per essere recuperato
malesseri: tra cui mal di testa e vertigini, dovuti al non mangiare per ore
disidratazione: volare già di per sé aumenta il rischio a causa dell’aria secca in cabina. Non bere per l’intera durata del volo può solo aggravare il problema, provocando affaticamento e confusione mentale
tensione continua: dovuta al dover resistere molte ore in una situazione di oggettivo disagio, anche se voluta
trombosi venosa profonda: causata dallo stare nella stessa posizione per tantissimo tempo, e in particolare seduti senza fare pause per camminare o stirarsi. Si tratta di una condizione in cui si formano coaguli di sangue nelle vene profonde, di solito nelle gambe, che può diventare pericolosa, soprattutto se un coagulo si sposta verso i polmoni
stress mentale: dovuto all’assenza totale di stimoli durante un volo, specialmente se particolarmente lungo o turbolento.

Considerando i rischi e i (supposti) benefici, dunque sembrerebbe proprio che ‘il gioco non valga la candela’.

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Urbino, parroco propone “Messa e Spritz”: l’apericena crea...

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Se nei testi sacri religiosi l’acqua si trasforma in vino, a Urbino la messa diventa un passe-partout per lo spritz. È così scoppiata la polemica sulla locandina affissa da Frate Andrea Ricatti, responsabile della parrocchia universitaria di Urbino che per invogliare i giovani a partecipare alle attività ha lanciato l’idea della “Messa & Spritz”, ogni domenica alle 19.15.

“Da oltre due mila anni dopo la liturgia c’è un momento conviviale, ma chiediamo scusa se qualcuno si è sentito offeso“, ha raccontato il parroco.

La proposta del parroco

La proposta del parroco è diventata in pochissimo tempo virale sui social. Frate Ricatti, intervistato in questi giorni, ha ribadito che si tratta di un momento conviviale e che non intendeva offendere gli aspetti liturgici della messa o i più credenti e sostenitori della chiesa.

Il suo obiettivo, infatti, è quello di “coinvolgere i ragazzi nella funzione religiosa e poi in un momento di convivialità. La Chiesa è accoglienza”. E, tra chi ha accolto positivamente la notizia e chi si è schierato contro, la polemica ha acceso gli utenti online.

Giovani e religiosità

Nel 2024, il panorama religioso tra i giovani italiani mostra segni evidenti di cambiamento. Secondo le ultime indagini dell’Istat e di studi sociologici universitari, la partecipazione regolare alle pratiche religiose tradizionali, come la messa, è in calo, con solo circa il 35% dei giovani tra i 18 e i 34 anni che si dichiara cattolico praticante, un netto calo rispetto al 50% di un decennio fa.

Questo declino è accompagnato da un aumento significativo nel numero di giovani che si identificano come atei o agnostici, passando dal 15% di cinque anni fa al 25% attuale, come riportato dal Centro Studi Internazionali e dall’Università di Milano.

Al contempo, emerge un crescente interesse per nuove forme di spiritualità e religioni non tradizionali, come il buddhismo e il neopaganesimo, evidenziato dallo studio della Società Italiana di Sociologia. La diversità religiosa aumenta anche grazie all’immigrazione, con una crescente presenza di giovani praticanti fedi non cristiane come l’Islam e l’induismo, come riportato dal Ministero dell’Interno e dall’Associazione Italiana per gli Studi di Religione.

Questo quadro riflette un’evoluzione significativa nel panorama religioso italiano, con giovani sempre più inclini a esplorare alternative spirituali e ad allontanarsi dalle pratiche religiose tradizionali. Non sorprende, quindi, che invogliare i giovani con messaggi come quello lanciato dal parroco di Urbino non sorprenda più di tanto.

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Dieta mima digiuno, lo studio sulla longevità in Calabria

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Vivere più a lungo? Solo in Calabria, o quasi. Grazie a un contributo economico significativo ricevuto dal Comune di Varapodio, in provincia di Reggio Calabria, la Fondazione Valter Longo è pronta a lanciare, per la prima volta in Italia, uno studio innovativo sugli effetti della “Dieta della Longevità”, ideata dal celebre Professor Valter Longo.

Questo studio mira a ridurre la massa grassa, migliorare la composizione e la funzione corporea, influenzando così positivamente l’età biologica e la salute generale della comunità partecipante.

Lo studio: un approccio nutrizionale rivoluzionario

Il progetto, della durata di sei mesi, prevede tre possibili percorsi per i partecipanti:

1. Dieta della Longevità: un’alimentazione ispirata ai centenari del Sud Italia, che include un ciclo di dieta mima-digiuno ogni tre mesi.
2. Dieta Mima-Digiuno: un protocollo alimentare di cinque giorni, ipocalorico e interamente vegetale, somministrato ogni tre mesi.
3. Consigli alimentari generali: basati sulle linee guida italiane o internazionali, con l’opzione di passare alla Dieta della Longevità dopo i primi sei mesi.

Condotto da Valter Longo, lo studio intende migliorare l’invecchiamento. Il noto biologo e ricercatore è famoso per i suoi studi nel campo della longevità e delle scienze nutrizionali. Nato a Genova, Italia, Longo è attualmente professore di Biogerontologia e direttore dell’Istituto sulla Longevità presso la University of Southern California (USC) a Los Angeles. Ha conseguito un dottorato di ricerca in biochimica presso la stessa università e ha dedicato gran parte della sua carriera a studiare i meccanismi dell’invecchiamento e come questi possano essere influenzati dall’alimentazione.

Longo è particolarmente conosciuto per aver sviluppato la “Dieta della Longevità,” un regime alimentare ispiratosi alle zone blu (aree del mondo note per l’elevata aspettativa di vita).

Che cos’è la “Dieta della Longevità”?

La Dieta della Longevità è un regime alimentare basato sulle abitudini alimentari dei centenari calabresi e di quelli delle aree del mondo in cui si registrano tassi di longevità superiori, che include prevalentemente alimenti di origine vegetale, come cereali, verdure, legumi e frutta a guscio, e un consumo moderato di pesce, principalmente di piccola taglia.

Questo modello dietetico non solo valorizza la tradizione mediterranea, ma integra anche pratiche scientifiche avanzate, come il digiuno notturno di 12 ore e la dieta mima-digiuno periodica, per promuovere la longevità e minimizzare il rischio di malattie.

La “Dieta mima-digiuno”: rigenerazione cellulare e salute

Frutto di oltre vent’anni di ricerche, la dieta mima-digiuno è un protocollo nutrizionale che ha dimostrato di ridurre i fattori di rischio legati all’invecchiamento e a diverse malattie. I partecipanti seguiranno un ciclo di cinque giorni, con un apporto calorico controllato che mira a stimolare i processi di rigenerazione cellulare e a migliorare vari marcatori di salute.

Partecipazione e monitoraggio

Il monitoraggio dello studio sarà curato da biologi nutrizionisti specializzati nella dieta della longevità. I partecipanti volontari inizieranno con una visita nutrizionale e un prelievo di sangue per identificare eventuali fattori di rischio.

Successivamente, saranno sottoposti a ulteriori visite nutrizionali e prelievi ematici nel corso dei sei mesi. Coloro che lo desiderano potranno continuare con due visite opzionali nei mesi a seguire.

Perché la Calabria?

La scelta del comune di Varapodio non è casuale. La Calabria continua a distinguersi per la longevità della sua popolazione, una caratteristica influenzata da vari fattori genetici e ambientali. Recenti studi e dati demografici evidenziano che l’età media nella regione è in costante aumento, passando da 45,2 anni nel 2020 a 45,5 anni nel 2023, con previsioni che indicano un ulteriore incremento fino a 51,9 anni entro il 2065. Attualmente, circa il 20,9% della popolazione calabrese è over 65, percentuale che potrebbe crescere fino al 36,3% nei prossimi decenni, un valore superiore alla media nazionale prevista.

Questo invecchiamento della popolazione è accompagnato da una crescente prevalenza di malattie neurodegenerative e croniche, specialmente tra gli anziani. La regione, essendo un “isolato genetico“, ha permesso di identificare specifiche mutazioni genetiche associate a queste malattie, come il morbo di Alzheimer, la demenza frontotemporale e altre condizioni neurologiche rare.

Questo rende la Calabria un importante laboratorio a cielo aperto per lo studio e la comprensione di queste patologie. Con questo studio, si cerca di recuperare e valorizzare un patrimonio nutrizionale che potrebbe aiutare a ripristinare la salute e la longevità nella regione.

Un’opportunità per vivere meglio e più a lungo

La partecipazione a questo studio rappresenta un’opportunità unica per i cittadini di Varapodio di contribuire a una ricerca che potrebbe rivoluzionare la comprensione della nutrizione e della longevità. Gli effetti positivi attesi dalla Dieta della Longevità, in combinazione con pratiche di digiuno periodico, potrebbero aprire nuove frontiere nella lotta contro l’invecchiamento e le malattie ad esso associate.

Con il sostegno della Fondazione Valter Longo e l’impegno della comunità, Varapodio potrebbe diventare un modello per altre città italiane e non solo, nella promozione di uno stile di vita che abbraccia salute, benessere e longevità.

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