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Cronaca

Piersanti Mattarella, in lettera anonima alla famiglia nome...

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Piersanti Mattarella, in lettera anonima alla famiglia nome e identikit del killer

Sette righe su un foglio A4, come apprende l'Adnkronos, recapitate ai figli dell'ex Presidente della Regione siciliana. La lettera è stata consegnata agli investigatori

L'identikit del killer

Un foglio formato A4 con sette righe. Secche. Scritte al computer. In cui un anonimo, come apprende l'Adnkronos, scrive il nome del presunto killer dell'ex Presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, ucciso il 6 gennaio 1980, sotto la sua abitazione a Palermo.

I figli dell'ex Presidente della Regione hanno consegnato la lettera agli investigatori, in attesa di sviluppi. Sarà adesso la Procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, a tentare di fare luce su questo anonimo. Il lavoro di un mitomane, oppure quel nome porta a un nuovo filone di inchiesta? E' ancora troppo presto per saperlo. L'unica certezza, finora, è che a distanza di 44 anni non si conoscono ancora i nomi dei killer che uccisero Piersanti Mattarella, il Presidente "dalle carte in regola", fratello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma solo i nomi dei mandanti. Almeno quelli di Cosa nostra.

Cosa dice la lettera

Ma cosa c'è scritto nella lettera anonima visionata dall'Adnkronos? Ecco: "Cappuccio in testa, occhi color ghiaccio, passo ondeggiante, ballonzolante. Questa la descrizione del killer di Piersanti. C'è un ragazzo militante nero, ai tempi chiamato (...) per i suoi occhi di ghiaccio negli ambienti di destra. Si chiama (...) e corrisponde alla descrizione testuale e alle immagini. Assomiglia molto all'identitikit. Dopo l'omicidio si trasferisce in (..... )". Sono state volutamente omessi il nome indicato, il soprannome e anche il luogo citato dall'anonimo per consentire agli inquirenti di potere svolgere il proprio lavoro serenamente.

Il giorno dell'agguato

Il giorno in cui venne ucciso, Piersanti Mattarella era senza scorta. Era appena salito in auto con la moglie, Irma Chiazzese, e i figli Bernardo e Maria, lui 21 anni e lei appena 18enne, con i quali stava andando a messa. Quell'anno l'Epifania cadeva di domenica e il Presidente della Regione Siciliana nei giorni di festa era solito lasciare liberi gli uomini che lo proteggevano, affinché potessero stare con le proprie famiglie. Questo era Piersanti Mattarella, l'uomo che voleva una regione “con le carte in regola” nei confronti dello Stato e delle altre regioni italiane.

L'inchiesta e i mandanti

La vicenda giudiziaria sull'omicidio Mattarella è stata lunga e complessa. E non definitiva. Come mandanti sono stati condannati all'ergastolo i boss della commissione di Cosa nostra, da Totò Riina a Michele Greco, con gli altri esponenti della cupola, da Bernardo Provenzano a Bernardo Brusca, Pippo Calò, Francesco Madonia e Antonino Geraci. L'inchiesta, però, non è riuscita a identificare né i sicari né i presunti mandanti esterni, che il giudice Giovanni Falcone pensava di aver individuato in Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, poi entrambi assolti. Ma altri killer non sono stati mai individuati, e il mistero resta.

L'identikit del sicario

Nella lettera anonima viene inviato anche l'identitikt che era stato realizzato e che è agli atti dell'indagine della Procura. Un fotofit, in bianco e nero, uno con gli occhiali e uno senza. "Anni 22-24 anni circa, statura m. 1,65, capelli castano chiari, bocca e naso regolari". Una ricostruzione fotografica del viso dell'uomo che avrebbe ucciso Piersanti Mattarella.

La pista degli estremisti di destra

La pista dei giovani estremisti assoldati dalla mafia siciliana attraverso la Banda della Magliana era stata avvistata presto da Giovanni Falcone, che indagò Valerio 'Giusva' Fioravanti per omicidio. Era stata confermata dalla moglie di Piersanti, Irma Chiazzese, che riconobbe in Fioravanti l'uomo "dagli occhi di ghiaccio" che si era avvicinato al finestrino della Fiat 132 guidata da Piersanti e lo aveva freddato. Una tesi che era stata ribadita dal pluriomicida di destra Angelo Izzo, mostro del Circeo. Ma il vero rivelatore degli esecutori fascisti e primo accusatore del fratello Giusva fu Cristiano Fioravanti. A diversi pm, di Rovigo, Bologna, Firenze, Roma e Palermo, e in diversi interrogatori disse: "Mio fratello ha commesso un omicidio politico a Palermo, in presenza della moglie del politico, tra gennaio e marzo 1980". "È stato Valerio a dirmi che avevano ucciso un politico siciliano...". Salvo poi non confermarlo nelle successive fasi processuali.

La riapertura dell'inchiesta nel 2018

Nel 2018 la procura di Palermo ha riaperto l'inchiesta sull'omicidio. Nuovi accertamenti attraverso complesse comparazioni fra reperti balistici. Uno dei reperti del processo celebrato a Palermo, la targa di un'auto del commando, sarebbe stata divisa in due dagli autori del furto e una parte fu poi ritrovata in un covo proprio dell'organizzazione terroristica neofascista dei Nar. Oggi l'inchiesta, ancora a un punto fermo, è coordinata dal Procuratore Maurizio de Lucia e dall'aggiunta Marzia Sabella. Si indaga su altri nomi. Ma finora nulla di concreto.

I figli del Presidente non hanno mai parlato dell'indagine. A farlo sono stati i nipoti, come Piersanti Mattarella, omonimo del nonno, che tempo fa disse all'Adnkronos: "Non abbiamo mai saputo nulla sullo stato delle indagini, a distanza di tanti anni dall’omicidio, nonostante ciclicamente il 6 gennaio vengano riportate notizie di stampa o indiscrezioni su presunte novità sulle indagini sull'omicidio di mio nonno, oltre a questa ciclica ripetizione, quasi commemorativa più che di relativa notizia riguardo alle indagini, non abbiamo alcuna notizia da parte della Procura, nonostante si sappia dalla stampa che le indagini sono ancora aperte".

"Forze occulte" evocate nell'omelia ai funerali

Durante l'omelia dei funerali, il vescovo di Palermo di allora Salvatore Pappalardo, parlando dell'omicidio di Piersanti Mattarella disse che fosse impossibile che il delitto venisse ascritto solo alla matrice mafiosa, perché "ci devono essere altre forze occulte". Due giorni dopo il delitto, l'8 gennaio 1980, l'allora Ministro dell’interno, Virginio Rognoni, parlò di una "complicità operativa tra criminalità organizzata e terrorismo". La stessa visione venne espressa nel dibattito successivo da Pio La Torre.

Una impostazione seguita anche da Giovanni Falcone, che condusse la sua ultima indagine importante proprio sull'omicidio Mattarella e sugli altri delitti politici. Disse che si trattava di delitti di matrice mafiosa ma il movente "non era sicuramente o esclusivamente mafioso".

Svolta vicina?

Una luce su quanto accaduto potrebbe arrivare dall'istituzione di una commissione d'inchiesta, come auspica da tempo il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione ed ex presidente del Tribunale di Palermo, Antonio Balsamo: "Credo che i tempi possano essere maturi. Soprattutto per la ricostruzione storica condivisa su questa drammatica stagione del terrorismo mafioso. Una stagione che per fortuna appartiene al passato, ma che è comunque importante ricostruire in maniera completa, perché ci sono vaste zone d'ombra su cui sarebbe fondamentale fare piena luce. Tutto ciò potrebbe essere opera di una commissione, che potrebbe andare oltre i limiti che sono connaturati al processo penale. E potrebbe essere uno strumento importante per costruire una memoria condivisa capace di fare luce su una stagione nella quale sono caduti in Sicilia alcuni dei più importanti rappresentanti delle istituzioni, come Piersanti Mattarella, che aveva saputo mutare la considerazione della Sicilia nel contesto europeo e internazionale, riuscendo ad opporsi con un coraggio straordinario ai disegni di cosa nostra nel periodo più difficile".

Adesso l'invio della lettera anonima che adesso è nelle mani degli investigatori. Potrebbe arrivare una svolta? (di Elvira Terranova)

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Cronaca

Dengue, salgono a 412 i casi in Italia nel 2024: 2 autoctoni

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Nelle province di Brescia e Reggio Emilia i 2 casi non associati a viaggi all'estero

Dengue, salgono a 412 i casi in Italia nel 2024: 2 autoctoni

Salgono a 412 i casi di Dengue confermati in Italia dal 1 gennaio al 10 settembre 2024, di cui 410 associati a viaggi all'estero e 2 autoctoni. Lo riporta l'Istituto superiore di sanità, nell'ultimo bollettino del sistema di sorveglianza nazionale sulle arbovirosi.

I due casi autoctoni sono stati registrati in provincia di Reggio Emilia e di Brescia. Prima del caso comunicato ieri dall'Ats di Brescia, relativo a una persona residente a Ospitaletto che per motivi di lavoro aveva frequentato anche Gussago e Monticelli (le attività di disinfestazione sono state predisposte in tutti e 3 i Comuni), il 22 agosto scorso l'Azienda Usl Irccs di Reggio Emilia aveva infatti informato che "è stato diagnostico nel Comune di Albinea il primo caso di Dengue autoctona, in una persona che non è rientrata da un viaggio all'estero". Per entrambi i contagiati sono state riferite "buone condizioni di salute".

I 412 casi di Dengue registrati in Italia quest'anno (+88 rispetto ai 324 riportati nel precedente bollettino aggiornato al 5 agosto) sono stati diagnosticati in persone di età mediana 40 anni, in lieve maggioranza donne (52%). Zero i decessi, emerge dal report. Le 3 regioni più colpite sono la Lombardia (78 casi importati più 1 autoctono), il Veneto (71 casi importati) e il Lazio (68 casi importati), seguite da Emilia Romagna (48 casi importati e 1 autoctono), Piemonte (38 casi importati) e Toscana (34 casi importati). I casi importati arrivano soprattutto dal Brasile.

Dal 1 gennaio al 10 settembre sono stati notificati anche 6 casi confermati di Zika virus (tutti associati a viaggio all'estero, età mediana 49 anni, 50% di sesso maschile e nessun decesso), 12 casi confermati di Chikungunya (tutti associati a viaggi all'estero, età mediana 49 anni, 50% di sesso maschile e nessun decesso), 42 casi confermati di infezione neuro-invasiva - Tbe (40 casi autoctoni e 2 associati a viaggio all'estero, età mediana 54 anni, 69% di sesso maschile e nessun decesso) e 64 casi confermati di Toscana virus (tutti autoctoni, età mediana 53 anni, 67% di sesso maschile e nessun decesso).

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Fabrizio Corona, show in aula: “Donne disposte a...

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L'ex fotografo dei vip è stato accusato di tentata estorsione da una donna sposata che si era rivolta a lui per alcuni servizi editoriali

Fabrizio Corona (Fotogramma)

Fabrizio Corona dà spettacolo di nuovo in aula al tribunale di Milano. Nel corso delle dichiarazioni spontanee l'imputato ed ex fotografo dei vip ha parlato di donne disposte "a pagare 40mila euro" per fare sesso con lui. Tanto che il pm Milano Antonio Cristillo ha chiesto (invano) l'allontanamento dall'aula. Il processo vede il 50enne 're del gossip' accusato di tentata estorsione per aver ricattato una donna, sposata, la quale si era rivolta a Corona per servizi editoriali e pubblicitari su un libro che lei voleva pubblicare. E che, poi, avrebbe subito, nel settembre del 2021, a suo dire e stando anche alle indagini della procura meneghina, un presunto ricatto con al centro un video intimo.

Le accuse e il video

La donna, oggi, siede sul banco dei testimoni e racconta della telefonata, registrata, del 16 settembre definita "molto pesante" in cui lei rivendica gravi inadempienze contrattuali da parte di Corona - che avrebbe dovuto pubblicizzare sui social il libro sui sogni 'hot' di una casalinga - e lui le avrebbe concesso "solo dieci minuti di tempo per mandare una mail di scuse. Era arrabbiato, mi dice 'tu sei morta', mandami la mail o ti farò io causa, mi avrebbe portato via la casa. Mi dice di avere i video, al plurale, e mi spavento ancora di più". Tra i due ci sarebbero stati due rapporti intimi, nessuna violenza, ma la donna sostiene che quando Corona prende il cellulare per riprendere la loro intimità, quel video "è girato contro la mia volontà. Temevo avesse ripreso anche il mio volto e non fa piacere essere ripresa senza il proprio consenso. Non ero d'accordo a essere filmata".

Il libro erotico

Per la difesa, il video a cui fa riferimento Corona è "lavorativo", ossia il riferimento è ai due servizi con foto e video per commercializzare il libro. E nelle dichiarazioni spontanee, l'imputato racconta, senza risparmiare attacchi alla controparte, la sua versione. "Lei ha speso 40mila euro per fare un libro, da sposata e con due figli ha deciso di raccontare le sue perversioni erotiche, ma forse come tantissime donne ero il suo sogno e ha pensato 'pago 40mila euro e mi sco.. Fabrizio Corona'". "Quando giriamo il video finale per dare più forza al prodotto ci sono io di schiena, in quel momento mi sono eccitato...sa è un mio problema" aggiunge Corona che elenca le donne con cui si è accompagnato sminuendo la presenza fisica della persona che lo ha portato in tribunale. "Non puoi dire che hai dovuto far l'amore con Corona perché temevi di perdere il lavoro, siamo seri" continua Corona intenzionato a continuare a raccontare la sua versione nella prossima udienza fissata per il 10 ottobre.

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Esercito, cerimonia avvicendamento in Sicilia

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Il gen. Scardino e il gen. Principe

Cerimonia di avvicendamento del Comandante Militare dell’Esercito in Sicilia. Alla presenza del Comandante delle Forze Operative Sud, Generale di Corpo d’Armata Angelo Michele Ristuccia, e delle massime autorità civili e militari della Sicilia, il Generale di Corpo d’Armata Maurizio Angelo Scardino, all'interno delle Real Scuderie di palazzo dei Normanni, ha ceduto il comando Al Generale di Brigata Francesco Principe. “Aver prestato servizio in Sicilia è stata un’esperienza entusiasmante, che mi ha consentito di sentirmi parte viva di una collettività straordinaria e di godere dell’atmosfera che si respira in questa terra bellissima, con i suoi paesaggi e il suo patrimonio artistico, architettonico e culturale. Ho avuto a disposizione una squadra coesa ed affiatata di professionisti che offrono il loro diuturno e generoso impegno per assicurare, al meglio delle proprie possibilità, l’assolvimento dei compiti istituzionali, fornendo il proprio contributo allo straordinario sforzo sinergico delle Istituzioni presenti sul territorio”, ha sottolineato il Generale Scardino ringraziando, con commozione, il personale del Comando Militare Esercito Sicilia per la costanza e l’impegno dimostrati durante il proprio periodo di comando. Rivolgendosi alle numerose autorità presenti ha aggiunto: “Cooperare con Istituzioni di ogni livello, con l’operosità dei privati, con la cittadinanza attiva è stata la mia stella polare. Confido che questo clima fiducioso e fattivo possa caratterizzare sempre le relazioni tra coloro che hanno l’onore e l’onere, o la semplice buona volontà di operare per il bene della collettività”.

Il Generale Ristuccia, nel corso del suo intervento, ha ricordato la "lunga e brillante carriera del Generale Scardino, sempre protagonista nei vari incarichi di comando e di staff ricoperti negli anni, sia in Italia che all’estero, ringraziandolo per la passione, la generosità e il contagioso entusiasmo con il quale ha affrontato le continue sfide alla guida del Comando Militare Esercito Sicilia, fornendo, in ogni occasione, il suo fondamentale contributo, ampiamente testimoniato dall’affetto e dalla stima dei numerosi presenti alla cerimonia".

"Il Comando Militare Esercito "Sicilia" è l'interfaccia dell’Esercito con le Istituzioni civili, militari e religiose sul territorio, oltre che con enti, organizzazioni e popolazione locale, cura l'immagine dell'Esercito, ne potenzia le capacità, incentiva il reclutamento e il ricollocamento nel mondo del lavoro dei militari congedati ed espleta le funzioni di supporto al benessere del personale e delle famiglie dei militari siciliani".

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