Dl liste attesa in Senato, niente fiducia ed emendamenti limitati
Dopo lo stop di ieri, in attesa dei pareri del Mef. Salta controllo diretto su Regioni per liste attesa. Schlein: "Da decreto fuffa a zuffa"
Da oggi mercoledì 17 luglio, dalle 17, il dl Sanità - contenente le misure per tagliare le liste di attesa - sarà nell'Aula del Senato, dopo lo stop di ieri in attesa dei pareri del Mef.
Secondo quanto emerso, il governo non porrà sul testo la questione di fiducia, mentre le opposizioni presenteranno emendamenti mirati, senza intenti ostruzionistici. Il testo dovrebbe poi essere votato dall'assemblea nella giornata di giovedì.
La protesta delle opposizioni
In Aula le opposizioni hanno protestato dopo che il presidente della Commissione, Francesco Zaffini (Fratelli d'Italia), ha chiesto nell'Aula del Senato di rinviare l'esame. Il capogruppo del M5S Stefano Patuanelli ha accusato, parlando di "incapacità del governo che non riesce a dare i pareri per un testo che continua a dividere anche la stessa maggioranza". Il presidente dei senatori del partito democratico Francesco Boccia ha usato gli stessi toni, ricordando anche "ritardi che ci sono stati in commissione nel comunicare le inammissibilità" degli emendamenti.
"Sono estremamente fiducioso che entro al massimo la giornata di giovedì andremo in Aula con il provvedimento" sulle liste d'attesa, "che auspico si possa approvare senza l'apposizione della questione di fiducia. Ma anche qui dobbiamo fare tutti la nostra parte: se l'opposizione ce lo consente, noi vorremmo discutere gli emendamenti anche in Aula. Se arriva un numero sconsiderato di emendamenti, saremmo costretti a mettere la questione di fiducia", ha spiegato all'Adnkronos Salute Zaffini, presidente della Commissione Sanità del Senato.
Il testo del Dl liste d'attesa "nella conferenza dei Capigruppo di due settimane fa, se non vado errato, era stato messo all'ordine del giorno dell'Aula di oggi (ieri, ndr). Ma è ovviamente escluso, io vado in Aula a dire che non siamo pronti. Entro giovedì, però, si deve approvare, sono molto fiducioso", ha aggiunto.
L'emendamento è a firma del relatore Ignazio Zullo (Fdi). Ora "ci sono passaggi prettamente tecnici" da ultimare, come la bollinatura del Mef sulle proposte di modifica. "Abbiamo adesso questa nuova convocazione" della Commissione, "e abbiamo altre convocazioni in calendario, attendiamo i pareri che ti completino i percorsi di formazione della norma previsti dal regolamento e dalle leggi", ha riepilogato Zaffini.
"Io sono fermamente convinto della necessità di mantenere la sanità regionale e sono anche fermamente convinto che il regionalismo debba recuperare livelli di efficacia nelle prestazioni, specialmente quando queste prestazioni sono prestazioni sanitarie sulle quali i ritardi non sono più ammessi", ha puntualizzato il senatore FdI che ammette: "Il mio testo perfetto sarebbe stato quello che usciva dal Consiglio dei ministri. Detto questo, come presidente di Commissione il mio impegno massimo in questo momento è consentire la conversione del decreto nel migliore dei modi possibili".
Salta controllo diretto su Regioni per liste attesa
Nel frattempo, in Commissione Affari sociali e Salute del Senato, con la riformulazione dell'articolo 2 del decreto, è stato stabilito - dopo la contrarietà espressa dalla Conferenza delle Regioni - che non saranno più previste verifiche dirette del ministero della Salute sui servizi sanitari regionali e sulle liste d'attesa, ma i controlli e gli interventi 'correttivi' verranno portati a termine dalle Regioni attraverso il Ruas, responsabile unico regionale dell'assistenza sanitaria.
Salta dunque, nel dettaglio, il comma 2 dell'articolo 2, che dava ampio margine di intervento agli uffici del ministero - all'Organismo di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria, istituito a Roma - affidandogli "il compito di vigilare e svolgere verifiche presso le aziende sanitarie locali e ospedaliere e presso gli erogatori privati accreditati, sul rispetto dei criteri di efficienza e di appropriatezza nella erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie e sul corretto funzionamento del sistema di gestione delle liste di attesa e dei piani operativi per il recupero delle liste medesime".
Discrezionalità e poteri che vengono ora mitigati, come indica il nuovo art. 3, nella riformulazione del Governo, approvato in Commissione X: "Al fine di promuovere e assicurare la piena ed efficace tutela degli interessi dei cittadini al corretto utilizzo dei finanziamenti erogati e superare le divergenze esistenti nei differenti sistemi sanitari regionali, l'Organismo può esercitare il potere di accesso presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, le aziende ospedaliere universitarie e i policlinici universitari, presso gli erogatori privati accreditati, nonché presso tutti gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, anche se trasformati in fondazioni, per verificare e analizzare le disfunzioni emergenti a seguito del controllo delle agende di prenotazione", prevedendo però che "le risultanze dei controlli effettuati vengono comunicati al Ruas, che provvede a valutare i conseguenti interventi".
Schlein: "Da decreto fuffa a zuffa"
"Questo è passato da essere il decreto fuffa al decreto zuffa. Litigano tra loro, la Lega ha fatto un emendamento abrogativo, e con le Regioni, la maggior governate dalla destra", ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, nel corso di una conferenza stampa in Senato. "Hanno bocciato sonoramente il decreto", ha detto riferendosi alle Regioni.
"Non vogliono trovare le coperture, perché nella loro visione non si deve finanziare meglio la sanità pubblica. Assurdo fare un decreto a invarianza di spesa", ha sottolineato. "Faccio un appello alla serietà nel nome degli italiani, come Pd non accettiamo che si prendano in giro gli italiani", ha aggiunto.
"Il Governo si deve fermare, dare ascolto al mondo della sanità, alle Regioni, e a noi che rimaniamo disponibili a discutere in Parlamento. Pare che Meloni sia più preoccupata di tenere buono Salvini che non il diritto alla salute degli italiani", ha detto ancora.
Politica
M5S, legale Grillo Sammarco: “Con Conte lite...
Parla l'avvocato a cui il comico ha deciso di rivolgersi nella disputa con l'ex premier: "Io suggerito a Beppe dalla Raggi? Ho seguito molte cause sui simboli"
Si avvicina con passo svelto verso l'entrata del palazzo dove si trova lo studio legale che porta il suo nome, a pochi passi da Piazza Cavour. Ma quando il cronista, che è lì ad attenderlo, prova a chiedergli della spinosissima diatriba che vede contrapposti il suo assistito Beppe Grillo e il presidente pentastellato Giuseppe Conte, la voglia di rispondere è pari allo zero, o quasi. Pieremilio Sammarco, uno degli avvocati più noti della Capitale, è l'uomo al quale il garante e cofondatore del M5S ha affidato il compito di vincere la 'guerra' contro Conte per il controllo del Movimento 5 Stelle. Una battaglia senza esclusione di colpi, per ora giocata solo sul piano mediatico e attraverso una fitta corrispondenza culminata con una diffida legale da parte di Grillo. Un vero e proprio "dissing", direbbero i fan di Fedez e Tony Effe: ma se i due rapper si azzuffano sui social dedicandosi rime al vetriolo, Grillo e Conte lo fanno a suon di pec.
Prima di sparire dietro al grande portone in legno, Sammarco concede un paio di battute all'Adnkronos, dando una sua personale lettura dello scontro che sta terremotando i vertici del M5S e gettando ombre sul suo futuro: "A mio avviso - dice l'avvocato - questa potrebbe essere interpretata come una lite tra moglie e marito...". Poi Sammarco aggiunge: "Non necessariamente questa querelle è destinata a sfociare in una diatriba legale". Un dettaglio non di poco conto, se a pronunciare queste parole è l'avvocato di una delle due parti 'in causa'. Dunque, le carte bollate non sono un sono epilogo scontato - come invece quasi tutti, dentro al Movimento e fuori, sembrano ipotizzare? Il fondatore dello studio legale Sammarco e Associati si stringe nelle spalle, come a dire "chi lo sa?". Tutto è nelle mani dei due litiganti. Quella di Sammarco non è una figura sconosciuta all'universo pentastellato. Nel suo studio ha lavorato e svolto il praticantato una giovane Virginia Raggi, componente del Comitato di garanzia e 'alleata' di Grillo nella disputa con l'ex presidente del Consiglio, considerata dai 'contiani' una sorta di suggeritrice occulta del garante. Insomma, il filo che collega Sammarco, Raggi e Grillo non è certo passato inosservato.
"Ma io - ribatte Sammarco al cronista - ho un'expertise che va al di là dei link che lei prefigura. Nella mia carriera ho seguito diverse cause relative all'uso dei simboli. Dall'Udc ai Comunisti italiani di Marco Rizzo, passando per il Partito social-democratico italiano, quando ancora esisteva. Questioni che riguardavano l'utilizzo di contrassegni elettorali, anche analoghe a questa". Uno degli oggetti della contesa Conte-Grillo è proprio il futuro del simbolo pentastellato, oltre al destino del nome 'Movimento 5 Stelle' e della regola del doppio mandato. Per Grillo questi sono tabu inscalfibili: nessuna consultazione online può modificare quelli che il comico genovese considera i pilastri della sua creatura politica. Giuseppe Conte, al contrario, vorrebbe che fossero gli iscritti a decidere su questi e molti altri temi, in occasione della prossima assemblea costituente d'autunno.
Nel frattempo il "dissing" prosegue. Ospite a '4 di sera' su Rete 4, Conte ha ribadito che il processo di rifondazione non si fermerà, nonostante l'opposizione del garante: "Grillo - ha rimarcato l'ex inquilino di Palazzo Chigi - dice che non è il padrone del Movimento 5 Stelle ma il papà. Certo, è il fondatore del Movimento, ha avuto quest'opera meritoria di lancio del Movimento... Però il papà non può pensare di avere un telecomando in mano e di esercitare il parental control decidendo cosa dobbiamo vedere, perché siamo una comunità di adulti".
Conte ha aggiunto: "Spero che la questione finisca qui. Se continueranno le pec da parte di Grillo o le diffide formali, vuol dire che risponderanno gli avvocati. Io non rispondo più. Ho già detto che questo processo è irreversibile e nessuno lo può fermare. Scissioni non ne vedo: una scissione si fa quando non c'è un'occasione di discussione". Il garante però non intende fermarsi e sui social torna a pungolare il presidente del M5S: "Resto ancora in attesa delle risposte alle domande inviate più di 10 giorni a Giuseppe Conte" scrive su X Grillo, ripostando la lettera - inviata a Conte e al Comitato di garanzia - nella quale il cofondatore del Movimento sollevava dubbi sul processo di voto della costituente.
(di Antonio Atte)
Politica
Toti e il patteggiamento: “Accordo con Procura non...
L'ex governatore della Liguria: "Dopo 3 anni di intercettazioni, indagini, filmati, registrazioni, pedinamenti, evitiamo di portare in aula una vicenda durerebbe almeno altri 10 anni"
Un accordo con la Procura non significa ammettere la propria colpevolezza". Così scrive Giovanni Toti sulla sua pagina Facebook rilanciando un sondaggio di ieri di Porta a Porta in cui per la maggioranza degli intervistati ha fatto bene a patteggiare.
"Un accordo con la Procura non significa ammettere la propria colpevolezza, come qualche giustizialista continua a sostenere, facendo strame del diritto. Significa semplicemente che dopo 3 anni di intercettazioni, indagini, filmati, registrazioni, pedinamenti, evitiamo di portare in aula una vicenda che sarebbe durata almeno un’altra decina di anni", le parole dell'ex governatore ligure.
"I magistrati - scrive Toti - hanno riconosciuto che nessuno di noi ha messo in tasca un euro e che gli atti approvati, dalle concessioni ai supermercati, per chiarirci, erano dovuti e legittimi. E aggiungo anche indispensabili alla crescita della Liguria. Qualcuno ha scritto che l’accordo con i magistrati ha danneggiato la coalizione di centrodestra. Chi lo dice e scrive non sa di cosa parla, o ha interessi diversi dalla verità. Questo sondaggio lo dimostra. Al contrario: oggi la coalizione che ha governato la regione può andare a testa alta, rivendicando tutto ciò che di buono è stato fatto in nove anni che hanno cambiato la Liguria. E deve farlo senza timidezze e reticenze, perché il modello costruito qui di politica liberale e di riforme dovrebbe essere un esempio su come si può cambiare il Paese. Chi non saprà farlo butterà via un pezzo importante della sua dote politica".
"Non mi sono sentito lasciato solo come amministratore dagli amici della mia maggioranza, anzi, molti mi hanno dimostrato amicizia al di là della convenienza. Semmai - spiega - mi sono sentito lasciato solo come cittadino da una politica che dovrebbe risolvere molte delle sue incertezze e ipocrisie. Resta di questa vicenda una domanda di fondo: se un imprenditore finanzia la politica lo fa per creare un clima favorevole ad avere atti che comunque gli sarebbero dovuti, oppure lo fa perché finalmente ha trovato una politica che gli dà risposte serie in tempi certi, come tutti chiedono? E tutto ciò è un reato? In Liguria io sono certo che si tratta della seconda ipotesi. In Italia di una legge chiara e non ipocrita deve occuparsi il Parlamento e non il Tribunale di Genova. Senza girare per l’ennesima volta la testa da un’altra parte", conclude.
Politica
Alluvione Emilia Romagna, Meloni: “Pronti a stanziare...
La presidente del Consiglio ha presieduto una riunione sull'emergenza, ribadendo "solidarietà del governo alla popolazione"
Il governo sarebbe pronto a stanziare 20 milioni di euro per l'alluvione in Emilia Romagna. Lo ha assicurato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni oggi nel corso della riunione in video collegamento, che ha presieduto. Erano presenti il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare Nello Musumeci, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il vicepresidente facente funzioni della Regione Emilia Romagna Irene Priolo, il capo del Dipartimento della protezione civile Fabio Ciciliano e il commissario straordinario di governo alla ricostruzione Francesco Paolo Figliuolo.
Meloni "ha ribadito la solidarietà del governo alla popolazione, colpita dalle violente calamità naturali dei giorni scorsi e ha acquisito le informazioni più recenti sulla situazione degli sfollati e sull'andamento dei soccorsi". La presidente del Consiglio ha, inoltre, "assicurato che, non appena giungerà al governo la richiesta di dichiarazione dello stato d'emergenza da parte della Regione Emilia Romagna, sarà convocato un Consiglio dei ministri che provvederà a stanziare 20 milioni di euro per far fronte alle prime necessità e per il ripristino dei servizi essenziali, e che ulteriori stanziamenti saranno resi disponibili all'esito delle ricognizioni successive all'emergenza".
Domani il Cdm su emergenza maltempo
Il Consiglio dei ministri è convocato per domani, sabato 21 settembre, alle 11 a Palazzo Chigi. All'ordine del giorno la deliberazione dello stato di emergenza per l'Emilia-Romagna e le Marche, dopo l'alluvione degli ultimi giorni.