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“Biden potrebbe ritirarsi nel weekend”

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L'ex speaker Pelosi parla con i deputati dem: la svolta pare imminente

Joe Biden

Joe Biden riflette in Delaware, nella sua casa, dove è in isolamento dopo la positività al covid. L'81enne presidente degli Stati Uniti, pressato da figure di peso del partito democratico che chiedono il ritiro della candidatura, sta "esaminando la situazione" ed è in una "fase di riflessione", come riferisce una fonte informata alla Cnn. La valanga innescata dal disastroso confronto tv con Donald Trump, alla fine di giugno, pare inarrestabile. I sondaggi rafforzano le voci di chi, all'interno dell'universo dem, chiede il passo indietro del presidente.

E Biden, fino a pochi giorni fa irremovibile, sembra aver cambiato linea. C'è chi, come gli insider di Axios, ritiene che il presidente potrebbe decidere di ritirarsi dalla corsa per la Casa Bianca già questo fine settimana, come lasciano filtrare "diverse fonti autorevoli democratiche". Dopo essersi detto disponibile a lasciare solo per certificati motivi di salute, secondo alcuni media Biden avrebbe cominciato a chiedere ai suoi: "Kamala Harris può vincere?".

Le indiscrezioni puntano tutte verso un'unica direzione. "Siamo vicini alla fine", conferma una fonte alla Nbc, secondo cui la situazione si sta avvicinando a un punto di non ritorno. "Stanno finalmente realizzando: è un quando, non un se", riferisce una persona che ha parlato con un alto funzionario della campagna elettorale del presidente.

Pelosi e le indiscrezioni

Secondo il Washington Post, l'ex speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha avuto contatti con deputati democratici e ha espresso la convinzione secondo cui il presidente potrebbe essere persuaso in tempi brevi ad abbandonare la corsa.

Il mosaico, insomma, si va definendo. Una persona a conoscenza delle proiezioni ha affermato che la campagna di Biden ora prevede di raccogliere solo il 25% del denaro dei grandi donatori che aveva originariamente previsto di raccogliere a luglio: si tratta di un ulteriore peggioramento rispetto alle aspettative della settimana scorsa secondo cui la raccolta fondi di grandi dimensioni sarebbe diminuita fino al 50%. I soldi si sono "prosciugati", ha detto la fonte.

Nei giorni scorsi al presidente è stato trasmesso un secco messaggio da leader del partito democratico, in gran parte suoi amici e, soprattutto, da donatori chiave dei dem, tutti convinti che ormai lui non abbia possibilità di vincere a novembre, non potendo cambiare la percezione che gli elettori hanno riguardo alla sua età e alle sue capacità mentali.

A Biden è stato chiaramente detto che se rimane in corsa si rischia una vittoria a valanga di Trump, in una misura tale da cancellare completamente l'eredità della sua amministrazione e ogni speranza democratica al Congresso. "La sua scelta ora è tra essere uno degli eroi della storia o essere sicuro del fatto che non ci sarà mai una bibliotea presidenziale dedicata a lui - ha detto ad Axios uno stretto amico di Biden - io prego che faccia la cosa giusta, sta andando in questa direzione".

Il ruolo di Obama

Sullo sfondo, come riferisce il Washington Post, si muove Barack Obama. L'ex presidente avrebbe avuto contatti con "alleati" negli ultimi giorni e avrebbe evidenziato il quadro sempre più complicato per Biden, con la vittoria alle elezioni sempre più lontana. Obama rietiene che il presidente debba seriamente valutare l'opportunità della sua candidatura.

Obama, scrive il quotidiano, ha parlato solo una volta con Biden dopo il disastroso confronto televisivo tra il presidente e Donald Trump. Nei colloqui con altre figure, l'ex presidente ribadisce che la decisione finale spetta a Biden e smentisce le voci relative ad una sua influenza diretta sulla scelta dell'attuale inquilino della Casa Bianca. Obama sarebbe stato contattato da molti esponenti dem, compresa l'ex speaker Pelosi, con cui si sarebbe confrontato sul quadro attuale.

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Esteri

Israele-Hamas, ultimatum Usa su accordo: “Prendere o...

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Se le parti non dovessero accettarlo, potrebbe essere la fine dei negoziati promossi dagli Usa. Biden: "Molto vicini a intesa, ma Netanyahu non fa abbastanza"

Macerie a gaza

Un accordo "prendere o lasciare". Per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi trattenuti nell'enclave palestinese dall'attacco del 7 ottobre scorso in Israele. Fra gli ostaggi ci sono cittadini Usa e l'Amministrazione di Biden lavora da mesi con Egitto e Qatar per definire un'intesa. Per il presidente degli Stati Uniti l'accordo finale tra Hamas e Israele è "molto vicino", ma il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, "non sta facendo abbastanza".

Secondo il Washington Post, gli Stati Uniti hanno parlato con Il Cairo e Doha delle linee di un accordo "prendere o lasciare" che intendono presentare nelle prossime settimane a Israele e Hamas.

Se le parti non dovessero accettarlo, potrebbe essere la fine dei negoziati promossi dagli Usa, sottolinea il giornale americano che cita un funzionario Usa di alto livello secondo il quale Stati Uniti, Egitto e Qatar lavoravano alla definizione di un'intesa del genere già prima dell'ultimo ritrovamento dei corpi di sei ostaggi rapiti durante l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 in Israele.

E' uno sviluppo che "fa deragliare l'accordo? No, in caso, dovrebbe aggiungere ulteriore urgenza alla fase conclusiva, in cui già ci trovavamo", ha commentato la fonte. Mentre in Israele crescono le pressioni sul premier Benjamin Netanyahu, nel mirino di contestazioni, e non solo dei familiari degli ostaggi ancora trattenuti nella Striscia di Gaza. Criticato anche per le 'nuove' richieste, come quella di mantenere una presenza militare israeliana lungo la Philadelphi Route e il 'corridoio' di Netzarim, due aree strategiche, una al confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto e l'altra a sd di Gaza City.

Per Dennis Ross, ex ambasciatore americano in Israele, difficilmente cambierà posizione il leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, perché - ha osservato, come riporta il Post - nessuno è in grado di fare pressioni su di lui, ma resta da vedere se il pressing all'interno di Israele possa costringere Netanyahu a un impegno 'più serio' nei negoziati. "Per ora (Sinwar) aspetterà di vedere se lo sciopero generale in Israele porterà a un ammorbidimento delle condizioni di Netanyahu - ha detto Ross in un'intervista - Lo sciopero è a sostegno dei parenti degli ostaggi e del loro punto di vista secondo cui è fallita la strategia di Netanyahu, sia per quanto riguarda i negoziati che per l'aumento della pressione delle forze israeliane (Idf) su Hamas".

La scorsa settimana i funzionari Usa stavano negoziando alcuni degli ultimi dettagli di una "proposta ponte" sottoposta a Israele e Hamas per cercare di superare le divergenze e i colloqui in quei giorni si sono concentrati soprattutto su quali ostaggi sarebbero stati liberati e quali sarebbero stati i detenuti palestinesi rilasciati dalle carceri israeliane, alcuni dei quali detenuti senza processo, come ha spiegato uno dei funzionari citati dal Post.

Per quanto riguarda gli ostaggi, la prima fase dell'accordo include donne, anziani, malati e feriti. Nell'elenco, ha confermato la fonte, c'erano anche il 23enne americano Hersh Goldberg-Polin, ucciso dai suoi rapitori - secondo i militari israeliani - così come due donne, Carmel Gat e Eden Yerushalmi, i cui corpi sono fra i sei ritrovati sabato scorso dalle Idf.

E, hanno confermato due funzionari dell'Amministrazione Usa citati dal Post, i negoziati sono diventati più complicati ora che è stata confermata la morte dei sei ostaggi. Va tutto rinegoziato. E, ha rimarcato la fonte, il fatto che Hamas abbia ucciso gli ostaggi con i negoziati in corso "mette in dubbio" la serietà del gruppo nei colloqui.

"Retorica a parte, Netanyahu non ha mai dato priorità alla liberazione degli ostaggi. Per ora, sarà sotto forti pressioni interne per accettare un accordo di cessate il fuoco che salvi i restanti ostaggi - ha commentato Frank Lowenstein, ex funzionario del Dipartimento di Stato che lavorò ai negoziati israelo-palestinesi del 2014 - Se aspetta, con il tempo un minor numero di ostaggi vivi potrebbe significare un minor numero di prigionieri palestinesi da liberare e quella che considera una posizione negoziale più favorevole".

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Esteri

Tigre tenta di sbranare l’addestratrice, panico al...

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L'addetta è stata ricoverata in ospedale con "gravi ferite e lacerazioni al braccio"

Tigre tenta di sbranare l'addestratrice, panico al parco divertimenti

Momenti di paura in un parco divertimenti in Australia, quando una tigre ha attaccato la sua addestratrice e cercato di sbranarla. Fortunatamente l'episodio non ha avuto conseguenze tragiche, ma la donna è stata ricoverata in ospedale con "gravi ferite e lacerazioni al braccio".

L'addestratrice 47enne, di cui non è stato reso noto il nome, stava lavorando con una delle nove tigri del parco di divertimenti Dreamworld, situato a Coomera, sulla Gold Coast, quando, secondo il Queensland Ambulance Service, è stata attaccata poco prima delle 9 di lunedì mattina, ora locale. Il personale del parco è riuscito a immobilizzare l'animale prima dell'arrivo dei paramedici.

"La paziente ha ovviamente riportato gravi lacerazioni e ferite da taglio causate dall'animale", ha detto ai giornalisti il ​​direttore distrettuale facente funzione del Queensland Ambulance Service, Justin Payne. "Fortunatamente, al nostro arrivo l'emorragia era stata gestita molto bene dagli operatori di primo soccorso del Dreamworld", ha sottolineato Payne. L'addetto "era piuttosto pallido e non si sentiva bene", ma ora è in condizioni stabili al Gold Coast University Hospital, ha aggiunto.

In una dichiarazione, Dreamworld ha affermato che l'attacco di lunedì è stato un "incidente isolato e raro" e che "l'attenzione immediata dell'azienda è rivolta al supporto del membro del team". L'azienda si è rifiutata invece di rispondere ad ulteriori domande sul benessere della tigre, mentre il parco è rimasto aperto al pubblico.

L'attrazione, note come Tiger Island, è pubblicizzata come un'esperienza "interattiva" in cui i visitatori "possono avvicinarsi così tanto da poter sentire il respiro di una tigre". Il sito web del parco pubblicizza la possibilità per i visitatori di dare da mangiare ad alcune delle nove tigri del Bengala e di Sumatra.

L'attacco di lunedì non è il primo all'interno del Dreamworld. Nel 2011, una tigre del Bengala di 160 chili di nome Keto aveva morso due addestratori in due incidenti separati, secondo quanto riportato dai media locali dell'epoca.

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Germania, boom estrema destra alle regionali: Afd primo...

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Si tratta della prima vittoria alle elezioni parlamentari statali dalla Seconda guerra mondiale

Bjoern Hoecke, Björn Höcke, leader di AfD che ha vinto in Turingia  - (Afp)

Boom dell'estrema destra alle elezioni regionali in Germania.partito tedesco anti-immigrazione Alternative für Deutschland (AfD) parla di un "successo storico", con una grande vittoria nello stato orientale della Turingia. L'AfD ha ottenuto quasi un terzo dei voti, nove punti di vantaggio sulla conservatrice Cdu e molti di più rispetto ai tre partiti di governo tedeschi.

Con questo risultato, l'estrema destra ottiene la prima vittoria alle elezioni parlamentari statali dalla Seconda guerra mondiale, anche se ha poche speranze di formare un governo in Turingia.

Corretti i risultati in Sassonia, per Afd e Cdu un seggio in men

Per quanto riguarda la Sassonia, le autorità elettorali hanno corretto il risultato riferendo che, a causa di un errore del software, era stata pubblicata una distribuzione errata dei seggi. Di conseguenza, i Verdi e il Partito socialdemocratico tedesco (Spd) hanno ottenuto un seggio in più ciascuno, mentre i conservatori cristiano-democratici (Cdu) e l'estrema destra di Alternative for Deutschland (AfD) hanno ottenuto rispettivamente un seggio in meno di quelli inizialmente indicati.

In seguito al nuovo calcolo, l'AfD ha perso la cosiddetta 'minoranza di blocco' nel Land tedesco. Nonostante la variazione, la coalizione del governo regionale uscente composta da Cdu, Verdi e Spd non raggiunge la maggioranza.

Il termine 'minoranza di blocco' significa che un partito ha più di un terzo dei seggi. Si tratta di una soglia che gli consente di impedire l'approvazione di alcune leggi regionali, che per avere il via libera necessitano di una maggioranza dei due terzi dei deputati. In Sassonia, come in altri Lander, i giudici costituzionali e il presidente della Corte dei conti, ad esempio, sono eletti con una maggioranza di due terzi di tutti i deputati. Alcuni incarichi non avrebbero quindi potuto essere assegnati senza l'approvazione dell'AfD, che avrebbe potuto anche evitare lo scioglimento del Parlamento regionale.

Secondo i risultati corretti, la Cdu ha ottenuto 41 seggi e l'AfD 40. L'alleanza populista di sinistra di Sahra Wagenknecht (Bsw), fondata lo scorso gennaio, ha 15 seggi, l'Spd 10 e i Verdi sette. Infine la Linke conquista sei seggi e gli indipendenti uno.

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