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“Come si fa a vivere con 4.000 euro al mese?”, Briatore fa discutere

“Come fa una famiglia di quattro persone a vivere con 4.000 euro al mese?” si chiede Flavio Briatore. “Ad avercene!” risponderebbero le famiglie italiane. Le parole pronunciate dall’imprenditore, ospite del 2046 podcast di Fabio Rovazzi e di Marco Mazzoli, fanno discutere perché riflettono l’enorme disparità di redditi presente nel Paese.

Per molti, lo sbigottimento di Briatore sembra arrivare da un altro pianeta, cosa che sarebbe tra l’altro coerente con lo stile del podcast (“Io e @marcomazzoliofficial abbiamo deciso di andarcene e orbitare intorno alla Terra invitando personaggi di ogni genere per parlare di futuro e tanto altro”, annunciò Rovazzi su Instagram presentando il progetto).

Cosa ha detto Briatore

Solo che il manager piemontese parlava della ferma, e più precisamente della penisola italiana, dove molte famiglie non riescono ad arrivare a fine mese, soprattutto se hanno figli a carico.

Lo stesso Briatore riconosce che le sue ipotesi di stipendio sono “già cifre elevate”, ma il suo intervento tradisce inesorabilmente il distacco realtà italiana: “Io credo che una famiglia di quattro persone dove il marito guadagna 1.400 o 2.000 e la moglie magari ne guadagna 1.500 ma anche 2.500 o 4.000 euro, che già sono cifre importanti, come fanno a vivere? Io mi chiedo: paghi l’affitto, c’è bisogno del dentista, c’è bisogno di pagare un paio di scarpe, c’è un’emergenza, come fanno? Questi sono i veri miracoli: questa gente qui tanto di rispetto perché è la cosa più difficile che puoi fare mantenere i tuoi figli e la tua famiglia”.
​Le sue parole hanno fatto infuriare chi si chiede dove viva Briatore per non sapere che la maggioranza delle famiglie italiane vive con molto meno di 4.000 euro. Altri, invece, hanno apprezzato il suo intervento e chiedendogli persino di entrare in politica. Siamo un popolo a cui non piacciono le mezze misure, ma questo si sa.

Povertà delle famiglie, come intervenire

Polemiche social a parte, il tema sollevato da Briatore coglie il punto: in Italia, le difficoltà economiche aumentano esponenzialmente alla nascita di un figlio (tenere a mente ogni volta che si parla di crisi demografica).

Tra le poche soluzioni possibili, c’è un nuovo modello di tassazione: tassare gli italiani in base alla capacità “contributiva” (quanto posso contribuire in base alle spese individuali/familiari) e non “retributiva” (quanto guadagnano). Lo ha spiegato bene il Presidente del Moige Antonio Affinita in occasione dell’appuntamento Adnkronos Q&A ‘La cura delle persone’: “L’articolo 53 della nostra Costituzione prevede che la tassazione sia in base alla capacità contributiva e invece in Italia la tassazione è fatta in base alla capacità retributiva! Per questo è fondamentale la leva della tassazione per rilanciare la natalità, come abbiamo esposto anche nei nostri confronti con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti”.

Il legame tra figli e povertà

Come cambia la povertà in Italia in base al numero di figli? Risposte interessanti (ma non confortanti) sono state date a inizio anno dall’Osservatorio povertà educativa #conibambini su dati Istat. Lo studio ha evidenziando un chiaro legame tra il numero di figli e l’incidenza della povertà.

Ecco i dati sul rischio di povertà delle famiglie italiane (7,5% per chi vive da solo e quindi non divide le spese):

Due componenti (famiglie senza figli): rischio di povertà assoluta al 6%;
Tre componenti (un figlio): 8,7%
Quattro componenti (due figli): 13,2%;
Cinque o più componenti (almeno tre figli): oltre il 20%

Una fotografia chiara di quanto costa avere un figlio in Italia. Le difficoltà economiche rallentano o mortificano la voglia di avere figli peggiorando una situazione macroeconomica già fragile.
“Da un lavoro sui giovani che abbiamo fatto in collaborazione con il professor Alessandro Rosina, e pubblicato all’interno dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo, emerge una realtà per certi versi sorprendente: per lo più, i giovani vorrebbero avere due figli, ma le condizioni attuali frenano questo desiderio”, spiegava su queste pagine Chiara Ferrari Service Line Leader at Ipsos Public Affairs.

Briatore, ricchi e poveri

Le parole di Flavio Briatore hanno infastidito molti italiani, ma riflettono la cruda realtà, già fotografata dall’Oxfam: siamo di fronte a una “disuguaglianza senza precedenti”.

A inizio 2024, la confederazione internazionale di organizzazioni non profit ha denunciato che entro un decennio ci sarà il primo trilionario della storia, ma non basteranno due secoli per porre fine alla povertà nel Mondo. E l’Italia non fa eccezione: “A fine 2022 – si legge nel report Oxfam in merito ai dati italiani -, l’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, deteneva una ricchezza 84 volte superiore a quella del 20% più povero della popolazione. Il nostro Paese occupa inoltre da tempo le ultime posizioni nell’Ue per il profilo meno egalitario della distribuzione dei redditi il 5% delle famiglie più abbienti detiene circa il 46% della ricchezza netta totale”, come confermano i dati di Bankitalia.

Insomma, più che “fuori dal mondo”, le parole di Flavio Briatore al 2046 podcast arrivano da una realtà che esiste davvero, tanto vicina e piccola, quanto irraggiungibile per le famiglie normali. La perplessità mostrata dall’imprenditore piemontese, piuttosto, dovrebbe far riflettere sulla necessità di cambiare il sistema, prima che sia troppo tardi.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Alcuni comuni veneti hanno più richieste di cittadinanza...

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C’è qualcosa che non funziona nel diritto di cittadinanza italiano, almeno seguendo il buon senso. Ragazze e ragazzi nati in Italia non possono fare richiesta di cittadinanza, mentre altri, che magari non hanno mai visto il Belpaese, possono.

Da una parte, persone nate in Italia da genitori stranieri, che pur frequentando scuole italiane e vivendo nel Paese sin dal primo giorno, devono attendere anni prima di poter avanzare la richiesta di cittadinanza. Dall’altra, ci sono oriundi italiani, persone nate all’estero, che possono ottenere la cittadinanza italiana anche senza aver mai vissuto in Italia, perché il meccanismo di attribuzione si basa sullo ius sanguinis.

Caos cittadinanza, il caso del Veneto

Questa disparità è particolarmente evidente nel Veneto, dove 92 mila bambini e ragazzi, figli di genitori stranieri, vivono e studiano senza avere la cittadinanza, mentre 300 mila oriundi nati all’estero, con un trisavolo veneto, riescono a ottenerla. Si tratta di un fenomeno che pone serie domande sul senso di appartenenza e cittadinanza nel nostro Paese, ma anche sui criteri con cui vengono stabiliti i diritti civili.

Il Veneto è una delle regioni italiane più colpite da questa dinamica, a causa del suo passato di forte emigrazione verso le Americhe tra Ottocento e Novecento. Molti discendenti di emigranti veneti, principalmente in Brasile e Argentina, richiedono la cittadinanza italiana grazie alla legge sullo ius sanguinis. Salvatore Laganà, presidente del Tribunale di Venezia, ha confermato che il 43% delle richieste per discendenza in tutta Italia proviene proprio dal Veneto. Dal trasferimento della competenza nel 2022, il Tribunale ha gestito oltre 23 mila pratiche, con ancora 18 mila richieste pendenti.

La regione oggi si trova a gestire migliaia di richieste di cittadinanza, un compito che grava pesantemente sui piccoli Comuni. Il paradosso demografico è evidente: in un territorio in cui nascono sempre meno bambini – circa 30 mila all’anno – il numero di nuovi cittadini per discendenza supera di gran lunga quello delle nuove nascite.

Questo scenario sottolinea quanto sia urgente una riforma del sistema di cittadinanza in Italia, che tenga conto non solo dei legami di sangue, ma anche del radicamento effettivo e dell’integrazione nella società italiana.

Un fattore che aggrava la situazione è che una singola pratica può riguardare interi nuclei familiari, portando il numero di persone coinvolte a moltiplicarsi. Questo ha intasato le anagrafi dei piccoli Comuni veneti, come Val di Zoldo, dove le richieste di cittadinanza superano di gran lunga il numero di nascite locali: nel 2024, il Comune ha registrato 54 nuove cittadinanze, contro soli 11 nuovi nati.

La critica ai benefici per gli oriundi

Il sindaco di Val di Zoldo, Camillo De Pellegrin, ha espresso preoccupazione riguardo al fatto che questi nuovi cittadini, pur ottenendo il passaporto italiano, raramente vivono in Italia o contribuiscono alla comunità locale. In molti casi, la cittadinanza italiana rappresenta uno strumento per ottenere benefici, come la possibilità di viaggiare e lavorare in Europa, senza che ci sia un reale interesse a vivere nel Paese. De Pellegrin ha sottolineato come questo fenomeno sovraccarichi gli uffici comunali, distogliendo risorse dalle necessità locali, come la gestione dell’immigrazione e del mercato del lavoro.

Rivedere la cittadinanza

Proprio nelle scorse settimane, la maggioranza di governo si è spaccata sul diritto di cittadinanza e sui modelli Ius soli, Ius scholae e Ius culturae, che si pongono come alternative al vigente sistema basato sul principio dello Ius sanguinis.

L’attuale legislazione sulla cittadinanza italiana pone l’accento sui legami di sangue piuttosto che sui legami reali con il Paese. Il diritto italiano consente ai discendenti di italiani all’estero di richiedere la cittadinanza attraverso lo ius sanguinis, anche se vivono a migliaia di chilometri di distanza e non hanno alcun legame tangibile con l’Italia. Brasile e Argentina sono tra i Paesi con il maggior numero di discendenti di italiani, e molti di loro sfruttano questa possibilità. Secondo Laganà, il numero di richieste è in costante aumento, complicando ulteriormente il lavoro delle autorità locali.

Una situazione inconcepibile per il vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani che in un’intervista al Corriere della Sera ha chiosato: “Svegliamoci, il mondo è cambiato. Il Paese è maturo per lo Ius scholae”. Di tutt’altro avviso l’altro vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, che ha scritto in un post: “”La legge sulla cittadinanza va benissimo così, e i numeri di concessioni (Italia prima in Europa con oltre 230mila cittadinanze rilasciate, davanti a Spagna e Germania) lo dimostrano. Non c’è nessun bisogno di ius soli o scorciatoie”.

Intanto, l’Istat certifica che l’80,3% dei giovani stranieri residenti in Italia si sente italiano, nonostante non sia riconosciuto come cittadino.

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La proposta della Lega sulla castrazione chimica: “I malati...

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La proposta della Lega di introdurre la castrazione chimica per pedofili e stupratori ha recentemente guadagnato terreno nel dibattito politico italiano. Presentata come ordine del giorno al ddl Sicurezza, la proposta ha ottenuto il via libera del governo, aprendo la strada alla discussione parlamentare.

“Copiare altri Paesi europei ed occidentali che per pedofili e stupratori hanno in vigore la castrazione chimica, mi sembra un passo in avanti verso la civiltà”, ha affermato il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, parlando del possibile inserimento della misura nel Ddl sicurezza a margine del salone nautico di Genova. “Sono contento se offriamo più sicurezza ai cittadini, non della Lega, ai cittadini di destra e di sinistra, giovani e anziani, simpatici e antipatici, e prevedere il carcere per chi usa i minori e le gravidanze per rapinare e rubare è una questione di civiltà, prevedere lo sgombero delle case occupate abusivamente mi sembra assolutamente di buon senso, sottolinea il ministro. Un pedofilo, uno che abusa di una ragazza, di una donna o di un bambino di otto anni, oltre che essere un criminale, è un malato. E i malati vanno curati. E quindi conto che questo tavolo porti a degli esiti positivi per tutti”, ha concluso Salvini.

Il deputato Igor Iezzi ha sottolineato l’importanza di istituire una commissione o un tavolo tecnico per valutare la possibilità di trattamenti farmacologici e psichiatrici per i condannati, con l’obiettivo di ridurre il rischio di recidiva.

Favorevoli e contrari

Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha espresso il suo sostegno entusiasta alla proposta, definendola un passo avanti verso la civiltà e la sicurezza dei cittadini. La Lega vede nella castrazione chimica una misura di giustizia e buonsenso, mirata a garantire tolleranza zero per stupratori e pedofili.

Dall’altra parte, le forze di opposizione si sono schierate fermamente contro la proposta. Il Partito Democratico, rappresentato dalla deputata Simona Bonafè, ha criticato la misura come incostituzionale e contraria ai principi del sistema giuridico italiano. Anche Italia Viva e Alleanza Verdi e Sinistra hanno espresso forti riserve, accusando la Lega di promuovere una politica repressiva e di propaganda.

Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera, ha dichiarato: “La violenza sessuale è un reato odioso per cui, così come per tutti i reati, va garantita certezza della pena ma arrivare come fa la Lega a tornare a proporre la castrazione chimica, addirittura con un tavolo ad hoc, è inaccettabile e incostituzionale. Pensare di sottoporre, seppur volontariamente, un detenuto a pena corporale viola qualunque principio di umanità e giustizia. Ci opporremo a questa follia, la Lega ha superato il segno. Anziché darsi alla becera propaganda, si preoccupino di garantire la sicurezza nelle nostre città, che i dati del Viminale ci mostrano essere sempre più insicure.”

Luana Zanella, presidente di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, ha aggiunto: “Sono anni, direi decenni che la subcultura leghista in materia di reati sessuali ripropone come un mantra la castrazione chimica. È solo un modo per parlare alla pancia del paese, uno slogan di chi ritiene che la violenza sessuale o la pedofilia siano un problema ormonale. Niente di più falso. Smettano di ridurre la questione ad un problema fisiologico di ormoni, rimuovendo la radice culturale e patriarcale della violenza sessuale e proponendo scorciatoie ridicole.”

Cosa è la castrazione chimica?

La castrazione chimica è un trattamento farmacologico che mira a ridurre il desiderio sessuale attraverso l’uso di farmaci che abbassano i livelli di testosterone. Questo trattamento è generalmente volontario e reversibile, e viene utilizzato come misura per prevenire la recidiva in individui condannati per reati sessuali. La castrazione chimica non comporta interventi chirurgici e i suoi effetti cessano una volta interrotto il trattamento.

Paesi europei dove c’è la castrazione chimica

Il ministro Salvini ha fatto riferimento al copiare altri Paesi. Perché in effetti, in Europa, la castrazione chimica è già in Germania, Francia, Regno Unito, Belgio, Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Estonia, Lituania, Polonia, Ungheria e Islanda. In questi Paesi, il trattamento è generalmente volontario e reversibile, mirato a ridurre il desiderio sessuale attraverso terapie ormonali.

La proposta della Lega sulla castrazione chimica continua a suscitare un acceso dibattito in Italia. Mentre i sostenitori vedono nella misura un passo necessario per la sicurezza e la giustizia, gli oppositori la considerano una violazione dei diritti umani e dei principi costituzionali. Il futuro della proposta dipenderà dalle prossime discussioni parlamentari e dalla capacità delle diverse forze politiche di trovare un compromesso.

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Sophia Loren, 90 anni e non sentirli…ma come?

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Sophia Loren oggi compie 90 anni, anche se per crederci bisognerebbe guardare la sua carta di identità. Nata a Roma il 20 settembre 1934 con il nome Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, a 15 anni partecipa al concorso di bellezza Miss Italia e vince il titolo di Miss Eleganza. In quella occasione viene notata da registi e produttori cinematografici, tra cui Carlo Ponti, che le offrirà un contratto per recitare nei suoi film e diventerà suo marito dal 1966 al 2007, anno della sua dipartita.

Da quel concorso, nulla è stato come prima. Nella vita di Sophia Loren e del cinema italiano, di cui rappresenta una leggenda vivente. Con due Oscar all’attivo, tra cui uno alla carriera, e ruoli iconici in pellicole come La ciociara e Matrimonio all’italiana, Loren ha conquistato il mondo con il suo talento, il suo fascino senza tempo e il suo carisma ineguagliabile.

Oggi, nonostante le 90 candeline, continua a rappresentare una fonte di ispirazione per molte donne che vedono in lei l’esempio perfetto di come affrontare l’invecchiamento con grazia e in salute.

I consigli di Sophia Loren per invecchiare bene

Sophia Loren ha più volte condiviso i suoi segreti per invecchiare bene, senza mai tradire la sua immagine di donna autentica e naturale, che non ha mai cambiato forma al suo corpo, neanche quando ritenuto ‘non del tutto conforme’ ai canoni dello spettacolo. Celebre la sua frase: “Non voglio un corpo e un viso perfetto. Voglio semplicemente indossare la vita che ho vissuto”.

Non vedere la sua bellezza esterna è impossibile, ma tutto parte da dentro, assicura lei: “Esiste una fonte di giovinezza: è la tua mente, il tuo talento, la creatività che metti nella tua vita e nella vita delle persone che ami. Quando impari a sfruttare questa fonte, avrai veramente sconfitto l’età”.

“La bellezza di una donna – ha anche affermato Sophia Loren – aumenta con il passare degli anni. La bellezza di una donna non risiede nell’estetica, ma la vera bellezza in una donna è riflessa dalla sua anima.”

Ecco alcuni dei suoi consigli principali per invecchiare bene:

Curare la propria alimentazione: Sophia Loren è una grande sostenitrice della dieta mediterranea. In molte interviste ha sottolineato l’importanza di mangiare sano, favorendo alimenti freschi e naturali. Il suo amore per l’olio d’oliva è celebre: “Uso olio d’oliva per tutto”, ha dichiarato Loren in diverse occasioni, spiegando che lo utilizza non solo nella sua dieta, ma anche come idratante per la pelle;
L’importanza del sonno: “Vado a dormire presto. Mai dopo le 20. Guardo un po’ di tv e poi spengo. Se posso cerco di addormentarmi alle 21”, ha rivelato in passato al Corriere della Sera;
Mantenere un’attività fisica regolare: anche se non è mai stata un’appassionata di palestra, Loren ha sempre sostenuto l’importanza del movimento quotidiano. Passeggiate all’aria aperta, nuoto e yoga sono alcune delle sue attività preferite per mantenere il corpo attivo;
Pensare positivo e coltivare l’amore per la vita: come abbiamo visto, Sophia Loren ha sempre ribadito che il segreto della longevità non risieda solo nel prendersi cura del proprio corpo, ma anche nella mente. La diva senza tempo ha sempre sottolineato l’importanza di non lasciarsi travolgere dallo stress, ma di affrontare le difficoltà con serenità e ottimismo. La visione ‘costruttiva’ della vecchiaia è un chiaro esempio di questo approccio;
Non temere il passare del tempo: per Sophia Loren, accettare con serenità il processo di invecchiamento è fondamentale. Nella sua biografia ha scritto una delle frasi più apprezzate dalle donne: “Nulla rende una donna più bella della convinzione di essere bella”. Per lei, l’età non dovrebbe mai essere vista come un limite, ma come una fase naturale della vita che va vissuta appieno.

Un’icona senza tempo

Sophia Loren continua a rappresentare un esempio luminoso di eleganza e saggezza, anche nel suo novantesimo anno. Il suo approccio alla vita e all’invecchiamento è un invito a tutte le donne a prendersi cura di sé stesse, non solo esteticamente ma anche spiritualmente.

Come ha dichiarato a Vanity Fair nel 2020: “L’invecchiamento è una parte della vita, ma non deve definirti. Sono i sogni e la voglia di vivere che contano davvero”.

E Sophia Loren, evidentemente, ha ancora tanti sogni e ancora tanta voglia di vivere.

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