'Sorpresa e disappunto' dell'esecutivo per la scelta del segretario generale che si avvia a concludere il mandato
Irritazione del governo italiano per la scelta del Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg di indicare un diplomatico spagnolo come rappresentante speciale dell'Alleanza Atlantica per il fronte sud. La settimana scorsa, durante il vertice Nato, Giorgia Meloni aveva pubblicamente dichiarato che l'Italia avrebbe presentato la propria candidatura, mentre il vicepremier e ministro agli Affari Esteri Antonio Tajani aveva lasciato intendere che Roma aveva buone possibilità di vedere un proprio candidato ricoprire un ruolo strategico per Roma.
Lo stupore per la nomina di Javier Colomina, già vice Segretario generale aggiunto della Nato per gli affari politici e la politica di sicurezza, oltre che rappresentante speciale per il Caucaso e l'Asia centrale, è stata tale che il Rappresentante permanente per l'Italia presso la Nato, l'ambasciatore Marco Peronaci, ha inviato una lettera a Stoltenberg esprimendo "sorpresa e disappunto" per la tempistica della nomina.
Arrivata a mandato del segretario Nato in scadenza: il passaggio di testimone tra Stoltenberg e Mark Rutte ci sarà all'inizio di ottobre. Non a caso, come spiegato a Washington da Tajani, Meloni aveva caldeggiato la candidatura italiana proprio con Rutte, presente al summit negli States. Quel che chiede il governo, nella missiva firmata da Peronaci, è se la nomina dello spagnolo non sia da considerarsi 'a termine', lasciando a Rutte la scelta.
Esteri
Trump minaccia: “Da gennaio dazi contro Cina, Messico...
Migranti e droga nel mirino del tycoon. Le repliche di Pechino e Canada
Dazi contro Cina, Messico e Canada. In un post su Truth social, Donald Trump anticipa che già dal primo giorno della sua presidenza imporrà tariffe contro i beni in arrivo da quei tre Paesi. "Il 20 gennaio, fra i miei primi ordini esecutivi, firmerò tutti i documenti necessari per far pagare a Messico e Canada una tariffa del 25% su TUTTI i prodotti che entrano negli Stati Uniti, e sui loro ridicoli confini aperti”, ha scritto il presidente eletto degli Stati Uniti, aggiungendo che rimarranno in vigore "fino a quando la droga, in particolare il Fentanyl, e tutti gli stranieri illegali non fermeranno questa invasione del nostro Paese".
I dazi contro Canada e Messico
Secondo Trump, “sia il Messico che il Canada hanno il diritto e il potere assoluto di risolvere facilmente questo problema che si trascina da tempo...chiediamo che usino questo potere e, finché non lo faranno, è ora che paghino un prezzo molto alto!”.
La Cina e la droga in arrivo negli Usa
Quindi il presidente eletto si è rivolto alla Cina, minacciando ulteriori dazi del 10% fino a quando la droga non smetterà di “riversarsi nel nostro Paese, soprattutto attraverso il Messico”. “Ho avuto molti colloqui con la Cina sulle massicce quantità di droga, in particolare di Fentanyl, che vengono mandate negli Stati Uniti, ma senza alcun risultato”, ha denunciato Trump. Nel lungo post, il presidente eletto sostiene di aver ricevuto rassicurazioni dalle autorità di Pechino che "avrebbero applicato la loro massima pena, quella di morte, per qualsiasi trafficante di droga sorpreso a fare questo, ma, purtroppo, non hanno mai dato seguito alla loro richiesta, e la droga si sta riversando nel nostro Paese, soprattutto attraverso il Messico, a livelli mai visti prima”.
La replica di Pechino
Pechino replica a Trump: "Non ci sono vincitori in una guerra commerciale - ha ammonito in un post su X il portavoce dell'ambasciata cinese a Washington, Liu Pengyu - Né il mondo ne beneficerà". Liu ha quindi assicurato che la Cina "è pronta a lavorare con tutte le parti a sostegno di un vero multilateralismo, per costruire un'economia mondiale aperta, sostenere lo sviluppo sostenibile e unire i Paesi per affrontare le sfide, raggiungere la prosperità comune e costruire una comunità con un futuro condiviso per l'umanità”.
La replica del Canada
Il Canada dal canto suo riafferma l'importanza del rapporto con gli Stati Uniti e l'impegno sul controllo dei confini. In una nota congiunta, la vice premier canadese Chrystia Freeland e il ministro per la Sicurezza pubblica Dominic LeBlanc sottolineano: "Il Canada e gli Stati Uniti hanno una delle relazioni più forti e più strette, in particolare per quanto riguarda il commercio e la sicurezza delle frontiere. Il Canada attribuisce la massima priorità alla sicurezza delle frontiere e all'integrità del nostro confine comune”.
I due ministri definiscono quindi le relazioni con Washington “equilibrate e reciprocamente vantaggiose" e ricordano: "Il Canada è essenziale per l'approvvigionamento energetico interno degli Stati Uniti e l'anno scorso il 60% delle importazioni di greggio degli Stati Uniti è arrivato dal Canada”. Infine, nella nota si ribadisce la cooperazione tra le forze dell'ordine canadesi e statunitensi “per contrastare la piaga del fentanyl proveniente dalla Cina e da altri Paesi”. “Naturalmente continueremo a discutere di questi temi con l'amministrazione entrante”, concludono i due ministri nel comunicato nel quale non citano mai esplicitamente Trump.
Esteri
Ucraina, ministri Difesa Nato: “Minacce Russia...
Incontro a Berlino per discutere le misure per rafforzare la sicurezza e la difesa in Europa
Non solo all'Ucraina: le minacce della Russia sono rivolte anche ai paesi Nato allo stesso tempo. Dopo il lancio del nuovo missile a medio raggio, è questa la convinzione dei ministri della Difesa di Germania, Francia, Polonia, Italia e Regno Unito, che ieri si sono incontrati a Berlino per discutere le misure per rafforzare la sicurezza e la difesa in Europa. Il Ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov è intervenuto in videocollegamento.
Pistorius, il francese Sébastien Lecornu, il britannico John Healey, il polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz e il sottosegretario italiano Isabella Rauti in rappresentanza del ministro Guido Crosetto si sono incontrati sullo sfondo dell'incombente presidenza statunitense di Donald Trump, notoriamente critico della Nato che ha chiesto all'Europa di investire molto più denaro nella propria sicurezza e che si prevede che taglierà gli aiuti militari all'Ucraina. La Germania e altri Paesi della Nato intendono incrementare la produzione di armi all'interno dell'Ucraina in risposta all'escalation delle azioni di guerra della Russia, ha dichiarato il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius. Lo sviluppo e l'acquisto di droni controllati dall'intelligenza artificiale è una priorità, ha detto, così come una migliore cooperazione per aiutare la produzione di munizioni.
“L'Ucraina deve essere in grado di agire da una posizione di forza”, ha detto Pistorius, sottolineando che l'invasione russa ha “assunto una dimensione internazionale”, riferendosi ai circa 10.000 soldati della Corea del Nord che il Presidente russo Vladimir Putin ha fatto entrare nel Paese per addestrarsi e combattere. "La Russia ha preso di mira l'Ucraina con un nuovo missile a medio raggio, che ha implicazioni di sicurezza per tutta l'Europa, ha avuto un ruolo durante le discussioni - ha detto Pistorius - Le minacce russe sono sempre rivolte a noi allo stesso tempo”.
Francia e Regno Unito non escludono l'ipotesi di inviare soldati in Ucraina.
E mentre aumenta la pressione delle forze armate russe nel Donetsk e le difficoltà ucraine a tenere botta, secondo Le Monde torna d'attualità la discussione sull'ipotesi di intervento di soldati di altri paesi. "Sono in corso discussioni tra Regno Unito e Francia sulla cooperazione in materia di difesa, in particolare con l'obiettivo di creare un nucleo di alleati in Europa, concentrato sull'Ucraina e sulla sicurezza europea in generale", riferisce a Le Monde una fonte militare britannica.
Germania pensa a bunker antiatomici
La Germania, davanti all'ipotesi di un'escalation della guerra tra Kiev e la Russia, comincia a pensare ai bunker antiatomici. Berlino sta stilando una lista di bunker che potrebbero rappresentare un rifugio di emergenza per i civili, come ha annunciato il ministero degli Interni, specificando che l'elenco includerebbe stazioni ferroviarie sotterranee, parcheggi, edifici statali e proprietà private.
Un portavoce del ministero ha dichiarato che verrà redatto un elenco digitale di bunker e rifugi di emergenza, in modo che le persone possano trovarli rapidamente utilizzando un'app telefonica. Il portavoce ha inoltre incoraggiato la popolazione a creare rifugi nelle proprie case, convertendo scantinati e garage.
Esteri
Ucraina, asse Mosca-Pyongyang allarma Cina: silenzio su...
Pechino teme che la collusione militare possa favorire la spinta americana a tessere una rete di alleanze con la Corea del Sud e il Giappone in Asia orientale
La Cina non vede di buon occhio il riavvicinamento e la crescente cooperazione tra Corea del Nord e Russia. A dirsene convinto è stato il vicesegretario di stato americano Kurt Campbell, dando il proprio contributo al dibattito tra i partner asiatici degli Stati Uniti sulla posizione cinese. Il silenzio di Pechino, secondo il ministero degli Esteri giapponese, sarebbe un chiaro segnale di questo disagio e del timore che la collusione militare sull'Ucraina possa favorire la spinta americana a tessere una rete di alleanze con la Corea del Sud e il Giappone in Asia orientale. Finalizzata, per la Cina, a limitare il suo potere.
Il gesto conciliante recentemente compiuto da Pechino nei confronti del Giappone - cui ha annunciato l'intenzione di rimuovere una boa di segnalazione installata all'interno della zona economica esclusiva giapponese vicino alle isole Senkaku, amministrate da Tokio, nel Mar Cinese Orientale - viene visto come il segno di uno sforzo volto a incoraggiare quanti in Giappone non vogliono essere coinvolti in un conflitto con la Cina diretto dagli Usa. Un passo piccolo, ma che riguarda un tema delicato.
"Il tema che sta diventando sempre più scomodo per gli interlocutori cinesi è l'impegno della Corea del Nord con la Russia", ha dichiarato Campbell - citato dal Guardian - nel corso di un recente seminario presso il Center for Strategic and International Studies, un thinktank di Washington. "In alcune discussioni che abbiamo avuto, sembra che li stiamo informando di cose di cui non erano a conoscenza sulle attività della Corea del nord, e sono preoccupati che l'incoraggiamento russo possa portare Pyongyang a contemplare mosse o azioni militari che potrebbero non rientrare nell'interesse della Cina". "La Cina non è intervenuta direttamente per criticare la Russia, ma crediamo che il crescente coordinamento tra Pyongyang e Mosca li stia innervosendo", ha aggiunto.
Frattura tra Cina e Russia?
Ma gli analisti non sono unanimi sull'esistenza di una frattura tra Cina e Russia. Per l'ammiraglio Samuel Paparo, a capo del Comando indo-pacifico degli Stati Uniti, nelle relazioni tra Russia, Cina e Corea del Nord c'è una "certa simbiosi transazionale". "La Corea del Nord - ha dichiarato al forum sulla sicurezza di Halifax - soddisfa le richieste di artiglieria e missili della Russia e la Russia in cambio fornirà probabilmente tecnologia missilistica e sottomarina alla Corea del Nord". La Cina da parte sua avrebbe fornito alla Russia il 90% dei suoi semiconduttori e il 70% delle sue macchine utensili per ricostruire la sua macchina da guerra.
Anche Andrew Shearer, direttore generale dell'Office of National Intelligence australiano, si è detto scettico sulla portata del disagio della Cina. "L'idea di ampliare presunte divisioni tra Putin e Xi è piuttosto fantasiosa e se non affrontiamo la realtà che Putin è ancora in guerra in Ucraina oggi solo grazie al sostegno militare, diplomatico e di tecnologia dual use della Cina, non riusciremo a elaborare strategie efficaci".
I dubbi del Giappone
I dubbi sull'atteggiamento della Cina si riflettono anche tra gli osservatori in Giappone. "Non è possibile che la Cina non sapesse cosa stava progettando la Russia. La Cina non può permettersi di vedere la Russia perdere contro l'Occidente, e se la Russia contribuisce a creare una propaganda" di successo, "sarà un precedente per la Cina nel tentativo di controllare Taiwain", ha dichiarato la professoressa Emi Mifune, della facoltà di legge dell'Università di Komazawa.
E per Hideya Kurata, dell'Accademia Nazionale di Difesa del Giappone, la posizione di Pechino non è di approvazione o disapprovazione, ma di disagio e difficoltà. Il conflitto - ha sottolineato - deve essere visto nel contesto della decisione della Corea del Nord di abbandonare gli sforzi per riunificare la penisola coreana. Pyongyang sta cercando di definire e impostare una escalation a tappe, progressiva, che parte dalle armi nucleari tattiche, si estende ai missili balistici a raggio intermedio diretti in Giappone, quelli a medio-lungo raggio diretti a Guam e ai missili balistici intercontinentali che potrebbero colpire la terraferma degli Stati Uniti.