Fine vita, dalle capsule del suicidio in Svizzera all’ultima sentenza italiana
Mentre in Svizzera si creano nuovi metodi per migliorare il suicidio assistito, in Italia arriva una sentenza che lascia i requisiti per l’accesso sostanzialmente invariati rispetto a quelli del 2019.
La notizia riguarda la sentenza n.135 della Corte costituzionale, depositata il 18 luglio, che dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Gip di Firenze sull’articolo 580 del codice penale. Queste miravano a estendere l’area della non punibilità del suicidio assistito oltre i confini stabiliti dalla Corte cinque anni fa.
La “Capsula del suicidio”
Mentre in Italia sembra non cambiare di molto la situazione per chi intenda procedere autonomamente al suicidio assistito, in Svizzera, invece, è nata The Last Resort. La società è stata fondata da un piccolo collettivo internazionale di sostenitori dei diritti umani e intende cambiare il volto del suicidio assistito nel Paese.
Al momento, questa società si configura come l’unica capace di offrire il suicidio assistito tramite la capsula ‘Sarco’. Stampata in 3D, ‘Sarco’ segna una svolta nella storia e apre scenari etici molto complessi nel nostro Paese. Conforme alla legge svizzera, la capsula garantisce una morte “pacifica e affidabile nel momento desiderato”, scrivono gli ideatori.
La tecnologia si basa sull’assenza di farmaci, ma su una tecnologia moderna che riduce fino all’1% l’ossigeno nella capsula per arrivare ad una morte entro i 10 minuti. Per richiedere un suicidio assistito presso The Last Resort è sufficiente:
Una vecchiaia avanzata e che non consenta l’autosufficienza.
Le polipatologie relative all’invecchiamento.
Malattie gravi, croniche o terminali.
Demenza precoce e assenza di lucidità mentale.
“The Last Resort – specifica la società – non aiuta i giovani a morire, a meno che non siano affetti da una grave malattia fisica, ma non psichiatrica”.
La sentenza italiana: “il trattamento del sostegno vitale”
E mentre in Svizzera veniva presentata questa tecnologia, l’Italia si esprimeva sui requisiti di accesso al suicidio e alla perdurante assenza di una legge che regolasse la materia. Si è concluso con una piccola ma significante novità per quanto riguarda la dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale.
Con la nuova sentenza aumenteranno i casi in cui una persona potrà chiedere di accedere al suicidio medicalmente assistito, ma le singole vicende saranno sottoposte a giudizio dei tribunali, volta per volta: una rivoluzione a metà.
Ribadendo la sentenza del 2019, “sentenza Dj Fabo”, non si terrà conto solo se i pazienti siano in vita grazie a macchine per la sopravvivenza, ma anche se dipenderanno fisicamente da un caregiver o da un familiare. La Corte, in questo senso, ha espresso “il forte auspicio che il legislatore e il servizio sanitario nazionale assicurino concreta e puntuale attuazione ai principi fissati dalla propria precedente sentenza“.
La sentenza Dj Fabo, cosa cambia
Il caso di Dj Fabo ha riguardato un giovane tetraplegico morto su sua richiesta in Svizzera. Ad aiutarlo, Marco Cappato, attivista dell’associazione Coscioni, su cui la Consulta si espresse basandosi sul riconoscimento del diritto fondamentale del paziente a rifiutare ogni trattamento sanitario praticato sul proprio corpo.
Con quel verdetto si stipularono le quattro condizioni affinché si permettesse la pratica del suicidio medicalmente assistito: la richiesta deve essere di una persona che sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale.
E proprio sul nodo del “trattamento del sostegno vitale”, si aggiungono nuove casistiche: “anche procedure quali, ad esempio, l’evacuazione manuale, l’inserimento di cateteri o l’aspirazione del muco dalle vie bronchiali – normalmente compiute da personale sanitario, ma che possono essere apprese anche da familiari o ‘caregivers’ che assistono il paziente, sempre che la loro interruzione determini prevedibilmente la morte del paziente in un breve lasso di tempo”.
La Corte ha poi precisato che non ci sarà distinzione tra chi è già sottoposto a trattamenti per il sostegno vitale e chi non vi è ancora sottoposto ma li necessita. “La Corte costituzionale – ha scritto l’associazione Luca Coscioni -, nell’inerzia irresponsabile del Parlamento, conferma il requisito, per noi discriminatorio, del trattamento di sostegno vitale per accedere all’aiuto a morire, dandone però una interpretazione estensiva, contro il parere del Governo. Prendiamo anche atto che la Corte non riconosce l’equivalenza della verifica delle condizioni in Svizzera invece che in Italia. Siamo dunque pronti ad affrontare i 6 procedimenti giudiziari, per ciascuno dei quali rischiamo dai 5 ai 12 anni di carcere in base a una norma del 1930. E non ci fermeremo”.
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Alcuni comuni veneti hanno più richieste di cittadinanza...
C’è qualcosa che non funziona nel diritto di cittadinanza italiano, almeno seguendo il buon senso. Ragazze e ragazzi nati in Italia non possono fare richiesta di cittadinanza, mentre altri, che magari non hanno mai visto il Belpaese, possono.
Da una parte, persone nate in Italia da genitori stranieri, che pur frequentando scuole italiane e vivendo nel Paese sin dal primo giorno, devono attendere anni prima di poter avanzare la richiesta di cittadinanza. Dall’altra, ci sono oriundi italiani, persone nate all’estero, che possono ottenere la cittadinanza italiana anche senza aver mai vissuto in Italia, perché il meccanismo di attribuzione si basa sullo ius sanguinis.
Caos cittadinanza, il caso del Veneto
Questa disparità è particolarmente evidente nel Veneto, dove 92 mila bambini e ragazzi, figli di genitori stranieri, vivono e studiano senza avere la cittadinanza, mentre 300 mila oriundi nati all’estero, con un trisavolo veneto, riescono a ottenerla. Si tratta di un fenomeno che pone serie domande sul senso di appartenenza e cittadinanza nel nostro Paese, ma anche sui criteri con cui vengono stabiliti i diritti civili.
Il Veneto è una delle regioni italiane più colpite da questa dinamica, a causa del suo passato di forte emigrazione verso le Americhe tra Ottocento e Novecento. Molti discendenti di emigranti veneti, principalmente in Brasile e Argentina, richiedono la cittadinanza italiana grazie alla legge sullo ius sanguinis. Salvatore Laganà, presidente del Tribunale di Venezia, ha confermato che il 43% delle richieste per discendenza in tutta Italia proviene proprio dal Veneto. Dal trasferimento della competenza nel 2022, il Tribunale ha gestito oltre 23 mila pratiche, con ancora 18 mila richieste pendenti.
La regione oggi si trova a gestire migliaia di richieste di cittadinanza, un compito che grava pesantemente sui piccoli Comuni. Il paradosso demografico è evidente: in un territorio in cui nascono sempre meno bambini – circa 30 mila all’anno – il numero di nuovi cittadini per discendenza supera di gran lunga quello delle nuove nascite.
Questo scenario sottolinea quanto sia urgente una riforma del sistema di cittadinanza in Italia, che tenga conto non solo dei legami di sangue, ma anche del radicamento effettivo e dell’integrazione nella società italiana.
Un fattore che aggrava la situazione è che una singola pratica può riguardare interi nuclei familiari, portando il numero di persone coinvolte a moltiplicarsi. Questo ha intasato le anagrafi dei piccoli Comuni veneti, come Val di Zoldo, dove le richieste di cittadinanza superano di gran lunga il numero di nascite locali: nel 2024, il Comune ha registrato 54 nuove cittadinanze, contro soli 11 nuovi nati.
La critica ai benefici per gli oriundi
Il sindaco di Val di Zoldo, Camillo De Pellegrin, ha espresso preoccupazione riguardo al fatto che questi nuovi cittadini, pur ottenendo il passaporto italiano, raramente vivono in Italia o contribuiscono alla comunità locale. In molti casi, la cittadinanza italiana rappresenta uno strumento per ottenere benefici, come la possibilità di viaggiare e lavorare in Europa, senza che ci sia un reale interesse a vivere nel Paese. De Pellegrin ha sottolineato come questo fenomeno sovraccarichi gli uffici comunali, distogliendo risorse dalle necessità locali, come la gestione dell’immigrazione e del mercato del lavoro.
Rivedere la cittadinanza
Proprio nelle scorse settimane, la maggioranza di governo si è spaccata sul diritto di cittadinanza e sui modelli Ius soli, Ius scholae e Ius culturae, che si pongono come alternative al vigente sistema basato sul principio dello Ius sanguinis.
L’attuale legislazione sulla cittadinanza italiana pone l’accento sui legami di sangue piuttosto che sui legami reali con il Paese. Il diritto italiano consente ai discendenti di italiani all’estero di richiedere la cittadinanza attraverso lo ius sanguinis, anche se vivono a migliaia di chilometri di distanza e non hanno alcun legame tangibile con l’Italia. Brasile e Argentina sono tra i Paesi con il maggior numero di discendenti di italiani, e molti di loro sfruttano questa possibilità. Secondo Laganà, il numero di richieste è in costante aumento, complicando ulteriormente il lavoro delle autorità locali.
Una situazione inconcepibile per il vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani che in un’intervista al Corriere della Sera ha chiosato: “Svegliamoci, il mondo è cambiato. Il Paese è maturo per lo Ius scholae”. Di tutt’altro avviso l’altro vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, che ha scritto in un post: “”La legge sulla cittadinanza va benissimo così, e i numeri di concessioni (Italia prima in Europa con oltre 230mila cittadinanze rilasciate, davanti a Spagna e Germania) lo dimostrano. Non c’è nessun bisogno di ius soli o scorciatoie”.
Intanto, l’Istat certifica che l’80,3% dei giovani stranieri residenti in Italia si sente italiano, nonostante non sia riconosciuto come cittadino.
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La proposta della Lega sulla castrazione chimica: “I malati...
La proposta della Lega di introdurre la castrazione chimica per pedofili e stupratori ha recentemente guadagnato terreno nel dibattito politico italiano. Presentata come ordine del giorno al ddl Sicurezza, la proposta ha ottenuto il via libera del governo, aprendo la strada alla discussione parlamentare.
“Copiare altri Paesi europei ed occidentali che per pedofili e stupratori hanno in vigore la castrazione chimica, mi sembra un passo in avanti verso la civiltà”, ha affermato il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, parlando del possibile inserimento della misura nel Ddl sicurezza a margine del salone nautico di Genova. “Sono contento se offriamo più sicurezza ai cittadini, non della Lega, ai cittadini di destra e di sinistra, giovani e anziani, simpatici e antipatici, e prevedere il carcere per chi usa i minori e le gravidanze per rapinare e rubare è una questione di civiltà, prevedere lo sgombero delle case occupate abusivamente mi sembra assolutamente di buon senso, sottolinea il ministro. Un pedofilo, uno che abusa di una ragazza, di una donna o di un bambino di otto anni, oltre che essere un criminale, è un malato. E i malati vanno curati. E quindi conto che questo tavolo porti a degli esiti positivi per tutti”, ha concluso Salvini.
Il deputato Igor Iezzi ha sottolineato l’importanza di istituire una commissione o un tavolo tecnico per valutare la possibilità di trattamenti farmacologici e psichiatrici per i condannati, con l’obiettivo di ridurre il rischio di recidiva.
Favorevoli e contrari
Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha espresso il suo sostegno entusiasta alla proposta, definendola un passo avanti verso la civiltà e la sicurezza dei cittadini. La Lega vede nella castrazione chimica una misura di giustizia e buonsenso, mirata a garantire tolleranza zero per stupratori e pedofili.
Dall’altra parte, le forze di opposizione si sono schierate fermamente contro la proposta. Il Partito Democratico, rappresentato dalla deputata Simona Bonafè, ha criticato la misura come incostituzionale e contraria ai principi del sistema giuridico italiano. Anche Italia Viva e Alleanza Verdi e Sinistra hanno espresso forti riserve, accusando la Lega di promuovere una politica repressiva e di propaganda.
Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera, ha dichiarato: “La violenza sessuale è un reato odioso per cui, così come per tutti i reati, va garantita certezza della pena ma arrivare come fa la Lega a tornare a proporre la castrazione chimica, addirittura con un tavolo ad hoc, è inaccettabile e incostituzionale. Pensare di sottoporre, seppur volontariamente, un detenuto a pena corporale viola qualunque principio di umanità e giustizia. Ci opporremo a questa follia, la Lega ha superato il segno. Anziché darsi alla becera propaganda, si preoccupino di garantire la sicurezza nelle nostre città, che i dati del Viminale ci mostrano essere sempre più insicure.”
Luana Zanella, presidente di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, ha aggiunto: “Sono anni, direi decenni che la subcultura leghista in materia di reati sessuali ripropone come un mantra la castrazione chimica. È solo un modo per parlare alla pancia del paese, uno slogan di chi ritiene che la violenza sessuale o la pedofilia siano un problema ormonale. Niente di più falso. Smettano di ridurre la questione ad un problema fisiologico di ormoni, rimuovendo la radice culturale e patriarcale della violenza sessuale e proponendo scorciatoie ridicole.”
Cosa è la castrazione chimica?
La castrazione chimica è un trattamento farmacologico che mira a ridurre il desiderio sessuale attraverso l’uso di farmaci che abbassano i livelli di testosterone. Questo trattamento è generalmente volontario e reversibile, e viene utilizzato come misura per prevenire la recidiva in individui condannati per reati sessuali. La castrazione chimica non comporta interventi chirurgici e i suoi effetti cessano una volta interrotto il trattamento.
Paesi europei dove c’è la castrazione chimica
Il ministro Salvini ha fatto riferimento al copiare altri Paesi. Perché in effetti, in Europa, la castrazione chimica è già in Germania, Francia, Regno Unito, Belgio, Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Estonia, Lituania, Polonia, Ungheria e Islanda. In questi Paesi, il trattamento è generalmente volontario e reversibile, mirato a ridurre il desiderio sessuale attraverso terapie ormonali.
La proposta della Lega sulla castrazione chimica continua a suscitare un acceso dibattito in Italia. Mentre i sostenitori vedono nella misura un passo necessario per la sicurezza e la giustizia, gli oppositori la considerano una violazione dei diritti umani e dei principi costituzionali. Il futuro della proposta dipenderà dalle prossime discussioni parlamentari e dalla capacità delle diverse forze politiche di trovare un compromesso.
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Sophia Loren, 90 anni e non sentirli…ma come?
Sophia Loren oggi compie 90 anni, anche se per crederci bisognerebbe guardare la sua carta di identità. Nata a Roma il 20 settembre 1934 con il nome Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, a 15 anni partecipa al concorso di bellezza Miss Italia e vince il titolo di Miss Eleganza. In quella occasione viene notata da registi e produttori cinematografici, tra cui Carlo Ponti, che le offrirà un contratto per recitare nei suoi film e diventerà suo marito dal 1966 al 2007, anno della sua dipartita.
Da quel concorso, nulla è stato come prima. Nella vita di Sophia Loren e del cinema italiano, di cui rappresenta una leggenda vivente. Con due Oscar all’attivo, tra cui uno alla carriera, e ruoli iconici in pellicole come La ciociara e Matrimonio all’italiana, Loren ha conquistato il mondo con il suo talento, il suo fascino senza tempo e il suo carisma ineguagliabile.
Oggi, nonostante le 90 candeline, continua a rappresentare una fonte di ispirazione per molte donne che vedono in lei l’esempio perfetto di come affrontare l’invecchiamento con grazia e in salute.
I consigli di Sophia Loren per invecchiare bene
Sophia Loren ha più volte condiviso i suoi segreti per invecchiare bene, senza mai tradire la sua immagine di donna autentica e naturale, che non ha mai cambiato forma al suo corpo, neanche quando ritenuto ‘non del tutto conforme’ ai canoni dello spettacolo. Celebre la sua frase: “Non voglio un corpo e un viso perfetto. Voglio semplicemente indossare la vita che ho vissuto”.
Non vedere la sua bellezza esterna è impossibile, ma tutto parte da dentro, assicura lei: “Esiste una fonte di giovinezza: è la tua mente, il tuo talento, la creatività che metti nella tua vita e nella vita delle persone che ami. Quando impari a sfruttare questa fonte, avrai veramente sconfitto l’età”.
“La bellezza di una donna – ha anche affermato Sophia Loren – aumenta con il passare degli anni. La bellezza di una donna non risiede nell’estetica, ma la vera bellezza in una donna è riflessa dalla sua anima.”
Ecco alcuni dei suoi consigli principali per invecchiare bene:
Curare la propria alimentazione: Sophia Loren è una grande sostenitrice della dieta mediterranea. In molte interviste ha sottolineato l’importanza di mangiare sano, favorendo alimenti freschi e naturali. Il suo amore per l’olio d’oliva è celebre: “Uso olio d’oliva per tutto”, ha dichiarato Loren in diverse occasioni, spiegando che lo utilizza non solo nella sua dieta, ma anche come idratante per la pelle;
L’importanza del sonno: “Vado a dormire presto. Mai dopo le 20. Guardo un po’ di tv e poi spengo. Se posso cerco di addormentarmi alle 21”, ha rivelato in passato al Corriere della Sera;
Mantenere un’attività fisica regolare: anche se non è mai stata un’appassionata di palestra, Loren ha sempre sostenuto l’importanza del movimento quotidiano. Passeggiate all’aria aperta, nuoto e yoga sono alcune delle sue attività preferite per mantenere il corpo attivo;
Pensare positivo e coltivare l’amore per la vita: come abbiamo visto, Sophia Loren ha sempre ribadito che il segreto della longevità non risieda solo nel prendersi cura del proprio corpo, ma anche nella mente. La diva senza tempo ha sempre sottolineato l’importanza di non lasciarsi travolgere dallo stress, ma di affrontare le difficoltà con serenità e ottimismo. La visione ‘costruttiva’ della vecchiaia è un chiaro esempio di questo approccio;
Non temere il passare del tempo: per Sophia Loren, accettare con serenità il processo di invecchiamento è fondamentale. Nella sua biografia ha scritto una delle frasi più apprezzate dalle donne: “Nulla rende una donna più bella della convinzione di essere bella”. Per lei, l’età non dovrebbe mai essere vista come un limite, ma come una fase naturale della vita che va vissuta appieno.
Un’icona senza tempo
Sophia Loren continua a rappresentare un esempio luminoso di eleganza e saggezza, anche nel suo novantesimo anno. Il suo approccio alla vita e all’invecchiamento è un invito a tutte le donne a prendersi cura di sé stesse, non solo esteticamente ma anche spiritualmente.
Come ha dichiarato a Vanity Fair nel 2020: “L’invecchiamento è una parte della vita, ma non deve definirti. Sono i sogni e la voglia di vivere che contano davvero”.
E Sophia Loren, evidentemente, ha ancora tanti sogni e ancora tanta voglia di vivere.