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“Trascurare l’Italia a Bruxelles può...

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“Trascurare l’Italia a Bruxelles può danneggiare l’Europa intera”. La profezia di Massolo

L'ambasciatore ospite di Minds ON, serie di Adnkronos e Centro Economia Digitale

“Guardare al mondo come esso è e non come vorremmo che fosse. Adottando il parametro dell’interesse nazionale”. Questo il senso della “Realpolitik” moderna declinata da Giampiero Massolo e Francesco Bechis nel libro pubblicato per Solferino. L’ambasciatore, già segretario generale della Farnesina e capo del Dis, il dipartimento che coordina l’intelligence italiana, ne ha parlato nella nuova puntata di “Minds ON”, la serie prodotta da Adnkronos e Centro Economia Digitale e condotta da Giorgio Rutelli e Rosario Cerra.

“Ciò che muove le dinamiche internazionali è il gioco, lo scontro e l’occasionale incontro di più interessi nazionali. È una nozione abbastanza precisa - spiega - parliamo dell’atto politico di sintesi che i governi compiono per perseguire delle finalità, che deve tenere conto di elementi permanenti (posizione geografica, storia, tradizione e sentire dei cittadini) e ‘istantanei’, cioè basati sulle opportunità e sulla necessità di difendersi dalle minacce. E poi c'è un interesse molto preciso, assolutamente legittimo da inglobare, che è quello per un governo di mantenersi al potere il più a lungo possibile. Questo atto, chi può valutarlo? Gli elettori e i parlamenti nei paesi democratici, le piazze dove la democrazia è meno di casa. E talvolta le piazze giudicano gli atti di sintesi in maniera piuttosto feroce e senza compromessi. Questo è il metodo che proponiamo: non soffermatevi soltanto su un aspetto che sia il diritto, l'economia, l'etica. Le decisioni sono complesse e riguardano tutti questi aspetti contemporaneamente. E poi non bisogna cadere nella tentazione facile di dire che viviamo in un mondo di matti, i matti non esistono, esiste chi fa delle scelte molto accurate, persegue i propri interessi nazionali, si può non essere d'accordo sulla scelta, ma sono sempre scelte basate su un calcolo preciso”. (segue)

In Italia l’espressione “interesse nazionale” ha sempre suscitato sospetti e timori, anche se, dice Massolo, la situazione sta cambiando: “In passato c’è stato un certo abuso di questo termine, e poi un certo pudore verso l’assunzione di responsabilità, perché questo è l’interesse nazionale: fare delle scelte, scartare delle opzioni e assumerne delle altre. Una volta era possibile, ci si poteva in qualche modo fare schermo del multilateralismo, delle organizzazioni internazionali, del federalismo europeo o anche semplicemente accodarsi alle decisioni dell'Onu. Oggi non è più possibile. Ciascun paese naviga in mare aperto, deve fare delle scelte molto precise".

Parlando del “restringimento della globalizzazione”, l'ambasciatore spiega che il mondo conosciuto dagli europei finora, il facile paradigma “materie prime dalla Russia, merci dalla Cina, sicurezza dagli Stati Uniti”, non esiste più. Oggi l’economia guarda alla sicurezza rischiando però di arrivare alla sfiducia reciproca, alla chiusura dei mercati. “L’Atlantico è stretto quando parliamo di Ucraina, di solidarietà occidentale, ma si allarga quando si parla di convenienza e sicurezza. Nelle due sponde ciascuno persegue un interesse diverso: soddisfare i propri consumatori e schermare le proprie aziende dalle insidie di un mondo pericoloso. Su questo non c’è equilibrio e non c’è un antidoto. Fino a dove si arriverà in questa chiusura? Credo che a un certo punto l’interdipendenza, che è ancora molto forte tra le varie aree, anche tra Stati Uniti e Cina, fermerà questo processo di allontanamento. Non sarà una decisione politica, sarà un meccanismo che si auto-regola. L’interdipendenza sarà più forte del desiderio di mettere barriere”.

Nel libro di Massolo c’è un capitolo dedicato ai guastafeste, quei leader che non si riconoscono nell’ordine internazionale che l’Occidente ha cercato di costruire con alterne fortune. Si parla di Xi Jinping, Vladimir Putin, gli ayatollah iraniani, il turco Erdgan. Ma in questo periodo si può aggiungere al gruppo anche Viktor Orban. Le democrazie liberali davanti a questi personaggi riusciranno a reagire o sono destinate a essere battute? “Le due potenze che sicuramente non si riconoscono nell'ordine mondiale liberale sono Cina e Russia - risponde - La Cina dalla sua ha il tempo, i mezzi, la popolazione, l’estensione territoriale, soprattutto la potenza economica. Non ha ancora quella militare, ma può aspettare, giocare un ‘long game’ che porterà a un assetto che meglio risponda al suo interesse nazionale. La Russia non può ambire, per difetto di mezzi, a un diverso ordine internazionale. Però ha bisogno di proiettare potenza, perché nella sua visione o è grande potenza o non è. Il suo modo di sovvertire l’ordine è quello di attaccare paesi sovrani. Chi come la Russia fa della sovversione dell’ordine mondiale una ragione di vita, chi prospera sul conflitto, è la Corea del Nord, un po’ come l’Iran con le sue mire espansionistiche nella regione. E poi ci sono Paesi che si giovano dell’instabilità, ma non la creano, o perché non vogliono o perché non sarebbero in grado. Può essere l’Arabia Saudita, la Turchia, mutatis mutandis anche l’Ungheria di Orban, con modalità e ambiti territoriali diversi. Le democrazie in questo contesto non possono far altro che coordinarsi meglio tra di loro. E di non far venire meno, nel sistema delle relazioni internazionali, la parte dei valori, dei diritti, della regolamentazione. E poi non è detto che soccombano, non bisogna mai sottovalutare le democrazie. Ne abbiamo avuto esempio con il Covid: all’inizio sembrava che le autocrazie lo affrontassero molto meglio, ma alla fine ha vinto il modello democratico dell’apertura, della convivenza con la malattia piuttosto che il rigido assetto cinese della chiusura e del controllo. E poi c’è un secondo aspetto: il Global South, espressione che non mi piace, è accomunato da un certo fastidio per quello che chiamano il doppio standard dell’Occidente: le regole si applicano solo quando ci conviene. In realtà non vogliono scegliere tra la sicurezza e i vantaggi garantiti dagli americani e la convenienza rappresentata dalla Cina. Vogliono prendere il meglio da entrambe. Quindi il mondo non è detto che l'assetto attuale sia così ostile per le democrazie. È più che altro un mondo fatto di alleanze che cambiano”.

Che ruolo può giocare l’Italia nella grande partita dell’intelligence e della difesa europea e globale? Secondo Massolo, “dal punto di vista di questi apparati abbiamo degli standard molto alti. Non in termini quantitativi, perché la dimensione del nostro Paese non lo consente, però siamo qualitativamente avanzati. Abbiamo contingenti di élite, considerati un punto di riferimento anche all’estero. Certo, di intelligence e difesa europea è difficile parlare. L’Europa non è uno Stato federale, è fatta dai governi e ciascun governo dà indicazione ai propri apparati. Eppure, nello scambio dei dati e nel confronto sulle informazioni, qui l’Unione è essenziale. E questo avverrà sempre di più. Sotto questo profilo, una dimensione europea dell’intelligence esiste. Dal punto di vista della difesa, una spinta verso l’esercito europeo è lontana dal realizzarsi. Ma anche sull’industria le cose non sono più facili. Produrre un solo carro armato, un solo caccia, un solo radar uguale per tutti? Ma c’è chi si rifornisce dai produttori americani, chi dagli europei, chi preferisce i francesi, chi fa hedging e prende un po' qui un po’ lì. Ogni paese ha poi la sua base industriale nazionale e se dovessimo razionalizzare oltre ogni limite, perderemmo centri produttivi, ricchezze di territori e manodopera. Si può certo coordinarsi meglio, evitare duplicazioni, allargare la base industriale europea. Abbiamo vissuto per troppi anni del cosiddetto “dividendo della pace”, credevamo che difendere i confini europei fosse un concetto ottocentesco e invece ci siamo ritrovati, quasi inconsapevolmente, in una realtà molto diversa. Dobbiamo puntare a un processo realistico e non occasionale di maggiore coordinamento negli obiettivi di politica estera e dei mezzi di difesa necessari per perseguirli”.(segue)

Parlando di Europa, l’ambasciatore Massolo invita a uscire dall’equivoco “che ci troviamo in un’Europa federale, in cui i risultati politici di questa o quella famiglia politica europea hanno un’influenza decisiva nel governo dell’Unione. L’Europa viene guidata dai governi. E quando i capi di Stato e di governo si siedono al tavolo del Consiglio, sono ben poco influenzati dagli esiti delle elezioni europee. Sono molto influenzati dalle loro situazioni politiche interne, ma nello stesso tempo anche forti della solidità dei loro sistemi politici tradizionali. Dire che la difficoltà di Macron in casa e la debolezza del cancelliere Scholz equivalgano a una nullificazione dell’asse franco-tedesco mi sembra un po’ ardito. Sicuramente è un potere un po’ affievolito, e ciascuno dei due quando poi torna a casa ha difficoltà ad applicare ciò che decide quando è seduto a Bruxelles. Ma quando è seduto a quel tavolo, decide. E vuole contare. Quindi non si può facilmente obliterare quello storico asse. Che però già da qualche anno non basta più a tenere in piedi l’Europa. Serve altro, che è responsabilità primaria dei paesi maggiori. Quindi aggiungiamo innanzitutto l’Italia, e poi a seguire la Polonia, la Spagna. Non si può, a prescindere dalle famiglie politiche, trascurare la terza economia dell’Unione, non solo perché non averla a bordo crea uno svantaggio, ma perché cancellarla rischia di creare un buco in cui rischia di essere attratta l’intera Europa. E dunque l'Italia, da parte della soluzione, diventerebbe parte del problema. L’Europa è diventato un mondo di geometrie variabili, non basta contare sulle alleanze classiche. Va costruita di volta in volta la coalizione più giusta per costruire la maggioranza più ampia e andare avanti su determinati dossier”.

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Putin e le minacce nucleari, il capo della Cia:...

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Preoccupazione per una possibile fornitura dell'Iran di missili balistici alla Russia

Vladimir Putin

Vladimir Putin? Un bullo che cerca di spaventare tutti con le sue minacce nucleari. E' il capo della Cia, Bill Burns, a ridimensionare il peso dei proclami del presidente russo. Il numero 1 dell'agenzia, come sottolinea il Guardian, invita ai Paesi occidentali a "non farsi intimorire dalle minacce nucleari della Russia". La comunicazione, d'altra parte, è un elemento chiave nella guerra in corso da oltre 900 giorni tra Ucraina e Russia.

"Non possiamo permetterci di farci intimidire da questo rumore di sciabole, dobbiamo esserne consapevoli" sottolinea, parlando a Londra dell'opportunità di consentire alle forze armate di Kiev di utilizzare o meno i missili anglo-francesi Storm Shadow in Russia.

L'Ucraina, come è noto, da oltre un mese ha invaso il territorio nemico nella regione di Kursk: i reparti di Kiev sarebbero in grado di lanciare missili in profondità in Russia, aprendo una nuova fase della guerra. I partner occidentali, ad oggi, non hanno dato il via libera al nuovo step. Gli Stati Uniti forniscono i missili a lungo raggio Atacms ma non autorizzano l'uso senza limiti, aggiungendo in ogni caso che le armi non sarebbero in grado di raggiungere obiettivi che Mosca ha messo al riparo da possibili attacchi.

"Gli Stati Uniti hanno fornito un enorme sostegno all'Ucraina e sono sicuro che il presidente prenderà in considerazione altri modi in cui possiamo sostenerli" anche se "nessuno di noi dovrebbe prendere alla leggera i rischi di una escalation", dice Burns.

Nella guerra, rischia di ricoprire un ruolo sempre più centrale dell'Iran: Burns esprime la preoccupazione che l'Iran stia valutando se fornire missili balistici alla Russia. Si tratterebbe di una "drammatica escalation". Finora Teheran ha fornito alla Russia solo droni da utilizzare in Ucraina.

Il precedente

Anche nella stessa Cia due anni fa, racconta, c'era stato il dubbio che la Russia potesse usare armi nucleari tattiche. "C'è stato un momento, nell'autunno del 2022, in cui credo ci sia stato un rischio reale di un potenziale uso di armi nucleari tattiche" da parte della Russia in Ucraina, dice Burns.

All'epoca, le truppe russe erano state respinte nel nord dell'Ucraina e avevano abbandonato Kherson nel sud, facendo pensare che la Russia avrebbe potuto cercare di usare un'arma nucleare se si fosse sviluppato un conflitto. In ogni caso, il fronte si è stabilizzato poco dopo.

Israele, Gaza e la nuova proposta per tregua

Il direttore della Cia si sofferma anche sulla crisi di Gaza e afferma che una "proposta più dettagliata" per un cessate il fuoco nella Striscia e un accordo per il rilascio degli ostaggi saranno presentati nei prossimi giorni. "Offriremo questa proposta dettagliata, spero nei prossimi giorni, e poi vedremo. È una questione di volontà politica", dice.

A seguito della dichiarazione di Burns, un funzionario israeliano dichiara al Times of Israel che "è assolutamente possibile" che Israele riceva presto una nuova proposta dagli Stati Uniti. "Stiamo ancora aspettando di vedere" cosa contiene.

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Ucraina, 007 Usa e Gb insieme contro Russia: come la...

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"Continueremo ad aiutare i nostri coraggiosi e risoluti partner", sottolineano i direttori dei servizi di intelligence di Usa e Gb, Bill Burns e Richard Moore

Soldato con drone in Ucraina

La guerra tra Ucraina e Russia dura da oltre 900 giorni. Gli scontri sul campo, soprattutto per le strategie offensive di Mosca nell'est dell'Ucraina, appartengono alla 'tradizione bellica', con tattiche vecchio stile. Il conflitto, però, allo stesso tempo è una sorta di laboratorio da 'war games 2.0' con un ricorso alle tecnologie moderne mai così ampio prima d'ora.

La guerra in Ucraina è la prima a "combinare software open source con tecnologia d'avanguardia sul campo di battaglia, sfruttando immagini satellitari commerciali e militari, tecnologia per i droni, cyber warfare sofisticato e non, social media, intelligence su fonti open source, mezzi aerei senza pilota e via mare e operazioni sulle informazioni, intelligence umana e dei segnali, a un tale incredibile ritmo e dimensioni. Ma soprattutto ha evidenziato l'imperativo di adattare, sperimentare e innovare", sottolineano i direttori dei servizi di intelligence di Usa e Gb, Bill Burns (Cia) e Richard Moore (Sis), in un articolo pubblicato sul Financial Times.

"Continueremo ad aiutare i nostri partner ucraini coraggiosi e risoluti - precisano - Questo conflitto ha dimostrato che la tecnologia, dispiegata insieme a straordinario coraggio e armi tradizionali, può alterare il corso della guerra".

Prima sfida Cina

Per Burns e Moore, l'ascesa della Cina è considerata la sfida principale a livello di intelligence e geopolitica del 21esimo secolo e precisano che le due agenzie sono state riorganizzate "in modo da riflettere tale priorità". "Mantenere il vantaggio tecnologico è cruciale per assicurare il nostro vantaggio condiviso nell'intelligence. Sis e Cia non possono farlo da sole: la nostra partnership è potenziata da una rete di partnership con il settore privato", con "le imprese più innovative negli Stati Uniti in Gran Bretagna e nel mondo", precisano i due, confermando l'impiego di Ia, inclusa Ia generativa, per rendere possibili e migliorare le attività di intelligence, e tecnologie cloud.

"Non c'è dubbio che l'ordine mondiale internazionale, il sistema equilibrato che ha portato a una pace e stabilità relativa e reso possibile l'aumento del tenore di vita, opportunità e prosperità, è minacciato in un modo mai visto dai tempi della guerra fredda. Ma combattere questo rischio con successo è alla base della nostra relazione speciale", affermano inoltre Burns e Moore.

Le due agenzie, anticipano, continueranno quindi a lavorare insieme oltre l'Ucraina, per contrastare la campagna senza sosta di sabotaggio in Europa da parte dell'intelligence russa e del suo cinico impiego di tecnologia per diffondere bugie e disinformazione progettate per seminare zizzania fra di noi.

"Nel 21esimo secolo, le crisi non arrivano in sequenza. Mentre vengono dedicate alla Russia risorse e attenzione significativi, agiamo insieme in altri luoghi e spazi per contrastare il rischio di instabilità globale", precisano. "L'anti terrorismo rimane al cuore della nostra partnership e lavoriamo a stretto contatto con altri per proteggere i nostri Paesi e per contrastare la minaccia dell'Is".

Cia e Sis sono impegnate anche in Medio Oriente per promuovere contenimento e de-escalation, lavorano "senza sosta" per arrivare a un accordo per il cessate il fuoco e gli ostaggi a Gaza.

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Ucraina, Zelensky: “Ho un piano, voglio condividerlo...

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"Spero di farlo vedere anche a Harris e Trump"

Volodymyr Zelensky (Fotogramma)

"Ho preparato un piano e voglio condividerlo con il presidente in carica degli Stati Uniti perché ci sono alcuni punti che dipendono dall'America". E' quanto ha detto il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky in un'intervista alla Rai, rilasciata in occasione del forum Ambrosetti di Cernobbio. "Spero che avrò l'occasione di far vedere questo piano a Biden e ai potenziali candidati per la presidenza Usa, Harris e Trump, per avere un feedback e un riscontro", ha aggiunto Zelensky, precisando di volere "delle garanzie". Al momento, però, "non ho condiviso niente, il primo contatto ci sarà con Biden".

Per quanto riguarda il contenuto del piano, ha spiegato, "non si tratta solo di armi, ma anche di questioni importanti globali". "Parliamo di un pacchetto concreto di difesa. E se lo avremo, sarà un forte deterrente per la Russia e per poter terminare la guerra a condizioni diplomatiche", perché "il conflitto finirà e per gli ucraini è importante in che situazione si troveranno".

"Siamo più vicini alla fine della guerra"

"Siamo più vicini alla fine della guerra rispetto alla situazione in cui ci eravamo trovati all'inizio" aggiunge Zelensky. "Con le conferenze di ricostruzione e con gli accordi concreti rafforziamo l'economia e ci avviciniamo alla fine della guerra".

L'Ucraina e l'Italia

"A oggi non abbiamo problemi con l'Italia e nelle relazioni con l'Italia" ha detto dopo l'incontro con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, spiegando di aver "parlato dei preparativi della conferenza internazionale sulla ricostruzione dell'Ucraina".

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