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Generazione ‘accampati’: pronti a tutto per la...

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Generazione ‘accampati’: pronti a tutto per la prima fila ai concerti

Passano la notte (spesso giorni o settimane) al freddo o sotto al sole cocente pur di conquistare la transenna. Il sociologo Mauro Ferraresi (Iulm): "Per i fan l'attesa è bella quanto lo show ma può dare spazio a problemi"

(Fotogramma)

Notte e giorno al freddo o sotto al sole cocente pur di stare in prima fila. Sul dorso della mano sfoggiano un numero scritto con un pennarello nero e indelebile, il 'marchio' che stabilisce la priorità in coda. Come dal medico, come alla posta. E' il popolo degli 'accampati' ai concerti, che sfida le condizioni meteo con l’unico obiettivo di essere i primi a varcare i cancelli per accaparrarsi l’ambita transenna. Chi va ai concerti si può suddividere in due categorie: quelli che si presentano poco prima dell'arrivo dell'headliner, e chi dorme per tutta la notte, spesso per giorni, fuori dalla venue per ottenere la migliore visuale possibile. Un fenomeno che esiste dai tempi della Beatlemania ma che da qualche anno, soprattutto dopo la pandemia di Covid, è stato esasperato.

"Affonda le sue radici nella società occidentale sin dall’epoca dell’esplosione dei grandi concerti e della musica rock negli anni ’60 o delle riunioni oceaniche con tanti cantanti come Woodstock - dice all’AdnKronos Mauro Ferraresi, sociologo e professore associato presso l’università Iulm, Milano -. C’è una voglia da parte dei giovani, nella fascia dai 16 ai 35 anni, di sentirsi partecipi e fisicamente vicini a un evento. Se chiediamo loro perché lo fanno rispondono che l’attesa è tanto bella quanto il concerto”. Se un tempo si poteva arrivare qualche ora prima dell'inizio dello show e avere comunque un'ottima visuale adesso a prevalere è la regola del camping. Accamparsi è diventato irrinunciabile non solo per i fan di Taylor Swift (i famigerati 'Swifties' che a Milano sono rimasti in tenda davanti a San Siro per giorni con regole severe da rispettare e tanto di 'braccialetto dell’amicizia' come simbolo di sorellanza musicale) ma persino per i metallari più incalliti. Per i devoti alla cultura dell’accampamento l'esperienza del campeggio è una parte integrante dell’andare a un concerto. Un rituale al quale 'obbedire' e sottostare.

La fandom dei 'camper' può generare dei livelli di gerarchia per i quali accamparsi per una notte, assicurarsi un posto in transenna, fare una storia su Instagram da sotto il palco rischia di creare dinamiche competitive. Oltre al fatto che le temperature estreme possono potenzialmente causare problemi di salute durante lo show. Di frequente molte persone accusano malori o svengono dopo aver trascorso ore sotto al sole senza idratarsi o mangiare. Comportamenti territoriali e di branco non mancano. "Immagino ci sia di tutto, anche bullismo, prepotenze e soverchierie - spiega Ferraresi -. I tentativi corretti ma forse ingenui di autogestione vengono poi tranquillamente bypassati seguendo la legge del più forte o del più prepotente". Tendenze che, secondo l’esperto, sono figlie dei tempi. "Negli anni ’60 c’erano un altro spirito e un’altra società, non queste prepotenze. Tra i ragazzi esisteva una voglia di comunità che adesso è inferiore. Se negli anni ’60 le parole d’ordine erano pace, amore e musica oggi non esistono più e c’è sempre più spazio per comportamenti non corretti”.

Chi si accampa descrive l'ambiente come "amichevole ed empatico”, persino "solidale" ma quando si superano i cancelli può capitare che si creino momenti di tensione con chi si permette di arrivare poco prima dell’inizio dello show. Chi osa farsi spazio tra gli spazi vuoti che si creano nella folla rischia di essere linciato. "Al concerto dei Tool a Firenze una persona che si trovava in settima fila ha rivendicato il suo diritto di vedere lo show da dove voleva. Si è fatto largo, è arrivato in seconda fila e ha rischiato di essere aggredito - racconta Marco R., 47 anni, veterano degli eventi dal vivo -. Una ragazza ha lamentato di aver trascorso 12 ore in coda e lui ha ribattuto di aver guidato per 5 ore, di aver pagato lo stesso biglietto e di volersi mettere dove voleva". Chi ha ragione? Ma soprattutto è davvero così che si dimostra la propria fedeltà all’artista preferito?

"Spesso quando si aprono i cancelli vince il più forte e c’è frustrazione, un po’ di rabbia ed è il modo attraverso cui sorgono i conflitti - sottolinea Ferraresi -. Quando si distribuiscono i numeretti possono sorgere dinamiche competitive ma anche di commercio, di scambio di numeri nel caso in cui si voglia lucrare. E tutto avviene perché lo spontaneismo non paga più”. Una delle ragioni dell’estremizzazione del fenomeno del camping è anche la ‘TikTokificazione’ dei concerti. "I media possono produrre processi emulativi e la potenza dei nuovi media, soprattutto in un pubblico giovane, amplificano la voglia di imitazione e di vivere quelle realtà - evidenzia Ferraresi -. Anche perché poi su TikTok si vedono e si percepiscono solo gli aspetti positivi di questo fenomeno e non quelli negativi".

Secondo Marzia C., 27 anni, fan devota dei Metallica, non ci sono dinamiche tossiche nei camper. "Non è una pagliacciata dormire fuori, si sta insieme, si fanno nuove conoscenze, si canta e si balla nell’attesa, è come un campeggio o una git a - fa notare -. Se vuoi stare in prima fila sai che devi sopportare caldo, freddo, pioggia o vento: a volte portiamo coperte termiche, poncho o materassini gonfiabili ma il bello è che si crea un piccolo mondo di conoscenze e di solidarietà”. A fare da minimo comune denominatore a questo fenomeno è il rituale. “Senza sembrare blasfemi, qui siamo di fronte a un rito, come se fosse una funzione religiosa ma per la musica - dice Ferraresi -. La religione non è solo quella impartita dalle chiese ma è anche quella laica, la religione della società dei consumi e dei riti che la nostra società porta con sé. Riti che hanno anche aspetti tribali al loro interno”.

Esistono eccezioni. A Dublino, lo scorso giugno, gli organizzatori del concerto dei Rammstein alla Rds Arena hanno vietato ai fan di accamparsi durante la notte e di mettersi in fila nelle prime ore del mattino. Anche in Italia dovrebbero esserci delle regole o si dovrebbe impedire questo fenomeno? "Il punto è che essendo tutto spontaneo e autogestito questi assembramenti possono dare spazio a problemi di convivenza forzata, di sporcizia e inquinamento - osserva Ferraresi - e anche legati ad aspetti di piccola criminalità. A mio avviso è un fenomeno che può trovare due soluzioni: la più radicale è impedirlo. L'altra, invece, è irreggimentarlo e gestirlo, magari tramite un aiuto concreto tra le istituzioni territoriali e la rockstar". Se tutto filasse liscio "sarebbe un bel modo di costruire relazioni e avere momenti di condivisione sociale".

(di Federica Mochi)

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Venezia 81, Almodovar: “Adesso non potrò più vivere...

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"Non pensavi di ricevere questo premio, ma poi quando ce l'hai diventi dipendente"

Pedro Almodovar (Afp)

"Non pensavi di ricevere questo premio, ma poi quando ce l'hai diventi dipendente. Adesso penso che non potrò più vivere senza questo Leone d'Oro" ha detto Pedro Almodovar durante la conferenza stampa di chiusura dell'81esima Mostra del cinema di Venezia. "Ho visto alcuni film di questa edizione e penso sia stata straordinaria. Non ho parole".

A vincere il Leone d'Oro 'The Room Next Door' che è il primo film in lingua inglese del maestro spagnolo. La pellicola, incentrata sul delicato tema dell'eutanasia, vede come protagoniste Tilda Swinton e Julianne Moore, che interpretano rispettivamente Martha, una reporter di guerra e Ingrid, una scrittrice: due amiche di vecchia data che si riuniscono dopo anni di silenzio con la malattia terminale di Martha.

"E' un film a favore dell'eutanasia"aveva detto Almodóvar nei giorni scorsi. "La malattia - spiega il regista - fa parte della storia, ma ciò che ammiro del personaggio interpretato da Tilda (Swinton, ndr.) è la sua determinazione: liberarsi dal cancro diventa la sua scelta consapevole. Vuole andarsene prima che sia la malattia ad avere la meglio, e trova il modo di raggiungere il suo obiettivo. La cosa terribile è che lei e chi la aiuta siano costretti a comportarsi come dei criminali".

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Venezia 81, Delpero: “Vermiglio agli Oscar? Chi lo...

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Le sue prime parole dopo la vittoria del Leone d'Argento

La regista Maura Delpero (Afp)

"'Vermiglio' agli Oscar? Chi lo sa. Per adesso non penso a nulla. Per me è stata una gioia essere qui e condividere questo palmares con persone che stimo". Quanto agli Oscar "vediamo. Per le regole ci siamo". Così Maura Delpero, regista del film Italiano 'Vermiglio' commenta la vittoria del Leone d’Argento alla 81esima edizione della Mostra del cinema di Venezia.

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Venezia 81, Buttafuoco: “Clamoroso successo, +12%...

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"In queste giorni nelle sale c'è stato un viaggio di conoscenza del mondo"

Pietrangelo Buttafuoco (Fotogramma)

"E' stato un clamoroso successo con il 12% in più tra biglietti e abbonamenti venduti". Un successo "testimoniato dagli applausi tributati dal pubblico. E a tutti film visti in queste sale noi auguriamo lunga vita artistica". Così Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale di Venezia, nel suo discorso di chiusura dell'81esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

"La mostra non è mai stata separata dall'attualità: sullo schermo sono state rappresentate testimonianze del dolore e della vita che riguarda ognuno di noi. In queste giorni nelle sale c'è stato un viaggio di conoscenza del mondo", afferma Buttafuoco che ringrazia autori, artisti, stampe e il pubblico che "torna ad abitare la sala e ad impossessarsi del nostro presidio". Ed è proprio al pubblico che Buttafuoco lancia un appello: "Difendere con le mani e con i denti altri due presidi: i teatri e le librerie".

L'appuntamento, dunque, è per la 82esima edizione che si terrà dal 27 agosto al 6 settembre 2025.

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