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Di Francisca e Pilato, il problema non sono le scuse ma la cultura della vittoria (e della sconfitta)

Da una parte c'è l'emozione di chi sta vivendo il suo sogno sportivo, dall'altra il cinismo di chi sente di poter sentenziare quale deve essere l'atteggiamento giusto per gareggiare e vincere

Giannis Antetokounmpo

Sono arrivate le scuse. Bene. Ma il problema nella vicenda che coinvolge Elisa Di Francisca e Benedetta Pilato non sono le scuse. Quello che resta è la distanza abissale tra la spontanea e sana soddisfazione di un'atleta di 19 anni e la scomposta e arrogante 'ramanzina' di una ex campionessa olimpica di 41 anni. C'è un tema legato all'età, all'esperienza e proprio allo status di ex, alla dimensione del commentatore. Il giudizio di chi ha vinto, ha smesso di farlo per ragioni anagrafiche, e commenta la prestazione di chi è oggi alle Olimpiadi si espone fisiologicamente al rischio di scontare tutta la distanza che c'è tra lo sport parlato e quello praticato. Succede abitualmente nel calcio, nel tennis, in qualunque altro sport e a maggior ragione alle Olimpiadi.

C'è però anche altro nel caso Di Francisca-Pilato. Da una parte c'è l'emozione e la sincerità di chi sta vivendo il suo sogno sportivo, dall'altra il cinismo di chi sente di poter sentenziare quale deve essere l'atteggiamento giusto per gareggiare e vincere. E dal piano sportivo si passa inevitabilmente a quello umano. Perché le storie sono individuali, le emozioni e la scelta di come porsi di fronte a una telecamera sono personali. Così la censura sguaiata di un momento di condivisione senza filtri arriva ad essere percepita come 'una violenza'. Come dimostrano le reazioni via social e l'eco che stanno avendo sulla stampa.

Ricordare rapidamente i fatti aiuta a leggerli con più attenzione. La nuotatrice, quarta per un solo centesimo, viene intervista al termine della sua gara e dice: "Ci ho provato fino alla fine, mi dispiace. Però sono lacrime di gioia. Sono troppo contenta, è stato il giorno più bello della mia vita". Di Francisca, ospite di Notti Olimpiche su Rai2, commenta: "Sinceramente non ci ho capito niente, non so se ci fa o ci è. Non è possibile che dica: sono contenta. È assurdo, è surreale questa intervista, devo essere sincera. Non voleva andare sul podio? E che ci è andata a fare?".

L'idea che una sportiva si dica soddisfatta di aver fatto tutto quello che era possibile fare, anche a prescindere dal risultato, dovrebbe essere la base di qualsiasi ragionamento sullo sport. Non perché l'importante sia partecipare ma perché lo pensa chi è abituato a vincere, chi prova a vincere qualsiasi gara faccia. Un esempio dal quale Di Francisca potrebbe imparare molto è quello di Giannis Antetokounmpo, eletto due volte miglior giocatore del campionato Nba. Le sue parole risalgono a poco più di un anno fa. I suoi Milwaukee Bucks sono stati appena eliminati dai Miami Heat al primo turno dei playoff del campionato. In conferenza stampa gli viene chiesto se considerasse fallimentare la stagione. “Oh mio Dio… mi hai fatto la stessa domanda un anno fa, Eric. Tu ricevi una promozione ogni anno, nel tuo lavoro? No, giusto? Quindi ogni anno il tuo lavoro è fallimentare? Sì o no? (...) Non ho niente contro di te personalmente, è che ci sono sempre dei passi da fare. Michael Jordan ha giocato 15 anni, ha vinto 6 titoli: gli altri nove anni sono stati un fallimento?”.

Una posizione lineare e definitiva, che aiuta anche ad archiviare più rapidamente la pessima uscita di Elisa Di Francisca di fronte a un passaggio, bello e intenso, della carriera agonistica di Benedetta Pilato che ha davanti anni per imparare a vincere e a dare il peso giusto alle vittorie. (Di Fabio Insenga)

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sport

As Roma, la lunga estate dei Friedkin: Everton, ipotesi...

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La possibilità di un disimpegno resta sul tavolo, nonostante gli investimenti fatti sul mercato

Roma, curva Sud  stadio Olimpico

Una lunga estate quella della As Roma e dei suoi proprietari, Dan e Ryan Friedkin. Con alcuni passaggi che hanno modificato, rispetto alle intenzioni e ai piani iniziali, il percorso della società. L'Adnkronos lo ricostruisce incrociando diverse fonti: dalla trattativa per l'acquisizione dell'Everton, all'ipotesi di cessione di una quota o della maggioranza della società, fino al caso De Rossi e a tutte le conseguenze sulla gestione sportiva. Con una domanda che aleggia: cosa vogliono fare ora della Roma i Friedkin?

Per provare a capire una serie di scelte che possono sembrare solo una confusa sequenza di ripensamenti è indispensabile però riavvolgere il nastro all'esonero di José Mourinho. E' a gennaio del 2024 che matura la decisione della proprietà di cambiare strada. Non solo perché sceglie di prenderne una impopolare, il divorzio dall'allenatore più carismatico della storia della Roma, ma perché si fa questo passo nella prospettiva di cambiare la natura dell'investimento nella società. Nonostante siano stati raggiunti alcuni risultati, sul campo con la vittoria della Conference League e la finale di Europa League e nel coinvolgimento della piazza con lo stadio sempre esaurito e un rilancio pieno del 'romanismo', i Friedkin sono insoddisfatti. E' un'insoddisfazione che viene dal campo, il gioco che non soddisfa e i risultati altalenanti in campionato, ma è soprattutto un'insoddisfazione industriale: senza Champions League i ricavi non bastano e senza stadio l'intera operazione Roma rischia di diventare un buco nero.

Via Mourinho e dentro Daniele De Rossi, l'unico uomo capace di tenere una piazza che ha bisogno di metabolizzare un passaggio complicato. Si punta a chiudere la stagione con il miglior risultato possibile e si utilizzano i mesi che mancano fino a maggio per valutare le reali potenzialità di un allenatore che non ha esperienza nel ruolo ma che rappresenta una certezza identitaria per tutti, o quasi, i romanisti.

Intanto, però, i Friedkin iniziano a guardarsi intorno con più attenzione sul piano finanziario. Gli advisor, ne lavorano diversi in questa fase intorno alla Roma, propongono più opzioni. Una diventa con il passare delle settimane più concreta di altre. Prevede, in estrema sintesi, l'acquisto dell'Everton, la seconda società di Liverpool, lo sbarco in Premier League e un progressivo ridimensionamento dell'impegno sulla Roma. C'è pronta l'offerta del Public Investment Fund (Pif) dell’Arabia Saudita . Come in tutte le operazioni del genere, tutto ruota intorno al prezzo giusto. Si ragiona sia sulla cessione della società, ma serve più di un miliardo di euro per far quadrare i conti, sia sulla cessione di una quota nell'ottica di lavorare sull'asse Roma-Liverpool (e Cannes, altra squadra controllata dal gruppo) con le spalle coperte da un socio di minoranza e con più liquidità a disposizione.

Mentre tutto questo si muove, e con il silenzio che resta il marchio di fabbrica della proprietà, a Trigoria c'è una totale impasse. Lo stesso contratto di Daniele De Rossi già annunciato prima del ritorno dei quarti di finale di Europa League, a metà aprile, viene ufficializzato solo il 25 giugno, a pochi giorni dal raduno per il ritiro estivo. Il passo è comunque significativo. Il contratto è triennale, a cifre importanti, e sembra il segnale di una progettualità ritrovata. I Friedkin immaginano per la Roma un nuovo corso, con un respiro diverso e hanno l'intenzione di cambiare anche la natura degli investimenti, anche grazie all'uscita dai vincoli imposti dall'Uefa. Si può costruire acquistando giocatori giovani, e di prospettiva, senza ricorrere più a calciatori a parametro zero. Il disegno è chiaro e coerente. Più investimenti sui cartellini a fronte di una riduzione del monte ingaggi, più valore alla rosa e risultati da consolidare in tre anni. In questa fase sono ancora in piedi le diverse opzioni sul piano finanziario.

Un momento di svolta è il 19 luglio. E' il giorno in cui viene dichiarata ufficialmente saltata la trattativa per l'acquisizione dell'Everton: "Dopo un periodo di trattativa in esclusiva, le discussioni tra Blue Heaven Holdings e The Friedkin Group su una potenziale vendita di una quota di maggioranza nell’Everton si sono concluse e The Friedkin Group non procederà con l’acquisto del Club". Lo scenario cambia ancora. Si pensa che i Friedkin vogliano tornare a concentrare i loro sforzi solo sulla Roma.

Senza l'Everton, anche se potrebbero esserci ancora sviluppi in vista, ma sempre con gli arabi alla finestra, la società affronta il mercato e continua la sua metamorfosi. I Friedkin investono, e tanto, ma lo fanno con una serie di frizioni con la guida tecnica che hanno scelto. I rapporti tra la Ceo Lina Souloukou e Daniele De Rossi si complicano soprattutto quando le scelte gestionali entrano in conflitto con le esigenze del campo. I casi di Paulo Dybala e Nicola Zalewski, diversi per proporzioni, cifra tecnica e ricadute ambientali, hanno la stessa matrice. Quanto pesa la voce della Ceo, che è quella della proprietà, e quanto pesa quella dell'allenatore? Fino a che punto il progetto industriale può funzionare senza le garanzie tecniche?

A questo punto, e siamo agli ultimi giorni, entrano in gioco direttamente Dan e Ryan Friedkin. Già prima di arrivare in Italia, quando danno il via libera alla Ceo di iniziare a sondare profili che possano sostituire De Rossi. Poi, ci sono le ore trascorse a Roma. Quelle che servono per ascoltare le parti e prendere una decisione che avevano già preso. Il progetto triennale con De Rossi non c'è più, svanisce dietro una svolta a cui contribuiscono una indole 'padronale' e un calcolo che, un'altra volta, sembra avere poco a che fare con il campo.

Ora, è tutto profondamente diverso. Non c'è solo un nuovo allenatore, Ivan Juric, che deve ripartire da capo. I Friedkin hanno fatto una scelta che va oltre l'esonero di un allenatore e che va anche oltre l'esonero di un grande allenatore come José Mourinho. Hanno bruscamente interrotto una relazione profonda. Rompere in questo modo il legame con Daniele De Rossi vuol dire anche rompere la connessione con una tifoseria e una città. Le prossime settimane diranno se i proprietari americani della Roma avranno solo clamorosamente sottovalutato le conseguenze di una scelta sbagliata, per molti versi irreversibile, o se avranno fatto il primo passo verso quel disimpegno che già da qualche mese hanno messo in conto. (Di Fabio Insenga)

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Sport

McLaren, arriva l”ordine’: ala posteriore va...

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La Fia chiede modifiche all'alettone che si piega

La McLaren di Piastri

La McLaren deve modificare la propria ala posteriore. La Federazione internazionale dell'automobile (Fia) chiede al team di cambiare il design dell'ala dopo i sospetti di irregolarità alimentati anche da alcuni video negli ultimi giorni. La flessibilità dell'ala posteriore, evidenzia Autosport, è stata documentata da alcuni video realizzati durante il Gp dell'Azerbaigian vinto da Oscar Piastri.

In sostanza, la McLaren sarebbe in grado di procurarsi un vantaggio anche senza attivare il Drs, il dispositivo che migliora la performance aerodinamica delle monoposto. La scuderia, che comanda il Mondiale costruttori, dovrà intervenire per evitare che l'elemento superiore dell'ala si pieghi come è accaduto sinora..

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Sport

Fantacalcio, 5 nomi (1 Mantra) per la 5a giornata di Serie A

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I consigli per il Fantacalcio della 5a giornata di Serie A

Fantacalcio, 5 nomi (1 Mantra) per la 5a giornata di Serie A

Torna la Serie A e di conseguenza anche il Fantacalcio. Ecco i consigliati, 1 per reparto + 1 nome spendibile per il Fantacalcio Mantra.

Portiere - Carnesecchi: Molto meglio la fase difensiva contro l'Arsenal, ci sono chance per provare a restare imbattuto nel posticipo col Como.

Difensore - Gosens:  Di fatto un attaccante aggiunto, lo si trova spesso in area vicino a Kean e non solo sui piazzati. Fisicità straripante per vincere il duello con Lazzari su quella corsia.

Centrocampista - Maldini: Pericolo costante e fonte di occasioni create, che siano assist o conclusioni da fuori. Il Bologna ha preso 5 gol in 2 trasferte: occhio.

Attaccante - Krstovic: Primo per big chance fallite ma anche per tiri in porta in tutta la Serie A. Dato emblematico visto che gioca in casa, da rigorista, contro un Parma perforato già 7 volte in 4 gare.

  • Nome Mantra - Oristanio (W/T/A): Vuole sbloccarsi e vista la sua spiccata duttilità risulta una possibilità concreta per chi utilizza moduli con trequarti ampie. Puntateci.
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