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“La mamma dei fascisti è sempre in Cina”, bufera su autore Rai per post contro Meloni

La maggioranza insorge e fa quadrato attorno alla presidente del Consiglio: "Vergognoso, conferma che tele Meloni non esiste"

Giorgia Meloni (Fotogramma/Ipa)

Bufera su un autore Rai per un post che accompagna una foto della premier Giorgia Meloni insieme alla figlia all'arrivo in Cina. "La mamma dei fascisti è sempre in Cina" si legge nel post. La maggioranza insorge e fa quadrato attorno alla presidente del Consiglio. “Si trova in rete un post di tale Riccardo Cassini", dichiara il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, membro della Commissione di Vigilanza Rai, "in cui si fa ironia sulla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e, perfino, su sua figlia, utilizzando una foto del suo arrivo in Cina, dove madre e figlia vengono ritratte, con sopra la scritta: ‘La mamma dei fascisti è sempre in Cina’, orecchiando un noto detto popolare. Ora trascinare anche i bambini in quella che, venendo da sinistra, evidentemente sarà definita legittima ironia, ci pare una pessima caduta di stile".

"Pertanto se sei di sinistra puoi prendertela con la mamma, con i bambini e dire quello che ti pare. Se a ruoli invertiti fosse stata fatta la stessa cosa nei confronti di una donna della sinistra saremmo già allo sciopero generale e alla ‘insurrezione’ contro la televisione occupata dal centrodestra. Che pena. Che squallore questi pagatissimi autori Rai, sempre intenti a denigrare, seminare odio e ad aggredire anche i bambini", dice Gasparri.

Da Fdi è un coro di reazioni. “Si è oltrepassato il limite. Il post di tale Riccardo Cassini", scandisce la senatrice di Fratelli d’Italia Ester Mieli, componente la Commissione di Vigilanza Rai, "è vergognoso oltre misura contro il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la sua piccola Ginevra". "È inaudita tale violenza verbale anche nei riguardi di una bambina che non merita tutto questo. Ci auguriamo che la sinistra prenda le dovute distanze da queste parole”, conclude Mieli.

Di post "vergognoso" parla anche la senatrice di Fratelli d’Italia Isabella Rauti, sottosegretaria di Stato alla Difesa. "Non è accettabile questo linguaggio d’odio e tutta la classe politica dovrebbe condannare queste affermazioni livorose che non possono appartenere a nessun dibattito politico. La prima donna Premier della storia della Repubblica ed anche mamma non è solo un primato politico ma è anche un simbolo di piena parità e umanità che tutti dovrebbero apprezzare o almeno rispettare”, dice Rauti.

Allo stesso modo Federico Mollicone, presidente della Commissione Editoria della Camera e responsabile nazionale Cultura e Innovazione di Fratelli d’Italia, sottolinea che “gli insulti al Presidente Meloni da parte dell’autore Rai sono vergognosi. Auspichiamo che l’azienda prenda provvedimenti contro questo inaccettabile attacco personale a madre, donna e carica dello Stato. Aspettiamo una condanna netta dalle opposizioni.”

"L’autore Rai Riccardo Cassini vomita fiele nei confronti del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni", afferma Andrea Delmastro delle Vedove, deputato di Fratelli d’Italia e sottosegretario di Stato alla Giustizia. "A parte l’autorevole conferma indiretta dell’originale e intramontabile adagio che reciterebbe che la mamma dei cretini è sempre incinta, qualcuno ancora oserà parlare di Telemeloni, quando 'professionisti' del servizio pubblico si lasciano andare a tali disonorevoli propalazioni frutto di odio e livore?", chiede Delmastro.

Insorge Fabio Rampelli, Fdi, vice presidente della Camera: "La Rai è talmente blindata dalla destra che l’autore di lungo corso Riccardo Cassini, pagato da tutti i cittadini, ha la facoltà di insultare il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la figlia dalla sua bacheca Facebook con la didascalia: ‘La mamma dei fascisti è sempre in Cina’". "Ora, fermo restando che ognuno è libero di pensare come vuole, se sei un autore della tv di Stato e conosci le regole del servizio pubblico, dovresti evitare certe espressioni. Altrimenti viene meno la obbligatoria garanzia della neutralità. Forse uno svecchiamento autoriale sarebbe più che mai utile, anzi indispensabile, visto che cambiano governi, maggioranze e governance della Rai, ma la musica resta sempre la stessa. Pessimo stile animato da pedestre pregiudizio ideologico!”, conclude Rampelli.

Sulla stessa linea Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera: "In un clima fascista come quello che si respira in una Rai militarmente assediata da esponenti di destra, è il coraggio dell’autore Riccardo Cassini a rompere le catene dell’opprimente Tele Meloni. E lo fa per esprimere un concetto più sinistro che rivoluzionario. Il novello Don Chisciotte si è sentito libero, infatti, di pubblicare la foto del presidente Meloni insieme alla figlia, accompagnando l’immagine con una battuta che anziché fare sorridere risulta solo di cattivo gusto. Non solo perché questo è l’ennesimo attacco sessista rivolto a Giorgia Meloni, ma soprattutto perché indirettamente pone al centro del volgare bersaglio la figlia. Assordanti come sempre i silenzi di quella sedicente intellighenzia da palombella rossa e dei maggiorenti della sinistra parlamentare sempre pronti ad indignarsi per le offese rivolte alle donne, a patto però che queste non siano di destra".

Per Alfredo Antoniozzi, vice capogruppo di FdI alla Camera, l'autore del post "dovrebbe chiedere di entrare nell'oligarchia di Kim Jong a Pyongyang: perché solo in quei posti il livello di critica riguarda gli aspetti personali e coinvolge una bambina che ha il diritto di essere tutelata come tutti i bambini del mondo".

Sui social interviene Carlo Calenda, leader di Azione: "Siamo a livelli che definire squallidi è riduttivo. Questi e molti analoghi post che circolano sui social sono vergognosi e vanno condannati senza distinzione di schieramento politico. Ci sono molte ragioni di duro confronto politico con il PdC ma non così e non su questo. Abbiamo perso il senso del limite e della decenza e tutto ciò erode ogni giorno la democrazia".

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Politica

M5S, Conte: “Grillo è il papà ma non può esercitare...

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Il leader del M5S parla dello scontro con il garante: "Non vedo scissioni, se Grillo continua con le pec risponderanno gli avvocati"

Giuseppe Conte (Fotogramma)

"Grillo dice che non è il padrone del Movimento 5 Stelle ma il papà. Certo, è il fondatore del Movimento, ha avuto quest'opera meritoria di lancio del Movimento... Però il papà non può pensare di avere un telecomando in mano e di esercitare il parental control decidendo cosa dobbiamo vedere, perché siamo una comunità di adulti". Lo ha detto Giuseppe Conte, leader del M5S, parlando dello scontro con Beppe Grillo a '4 di sera' su Rete 4.

"Spero che la questione finisca qui - ha aggiunto - Se continueranno le pec da parte di Grillo o le diffide formali, vuol dire che risponderanno gli avvocati. Io non rispondo più. Ho già detto che questo processo è irreversibile e nessuno lo può fermare. Scissioni non ne vedo: una scissione si fa quando non c'è un'occasione di discussione".

Il presidente M5S ha parlato anche dell'ondata di maltempo che ha colpito l'Emilia Romagna. "Dobbiamo evitare - ha sottolineato - quello che è successo in passato, con la presidente Meloni in stivali pronta a intervenire a favore di telecamere ma poi i ristori non sono ancora arrivati ed è passato tantissimo tempo".

"Ho sentito il ministro Musumeci scaricare le responsabilità sulle autorità regionali o addirittura rimpallare responsabilità con un altro ministero del governo. Questa è una cosa che non va fatta. Se durante la pandemia di Covid avessi fatto la stessa cosa, il Paese sarebbe collassato. Bisogna lavorare a tutti i livelli: governo, regioni e comuni". ha scandito Conte.

Poi su Open Arms: "Non auguro la condanna a nessuno, nemmeno a un avversario politico. Ma le mie posizioni sul caso Open Arms, attraverso le lettere scritte, sono state chiare. Dire 'io difendo i confini nazionali' è un concetto fondamentale. Ma qui non erano confini terrestri, erano confini marittimi. E se ci sono persone in condizioni critiche bisogna intervenire".

"Eravamo a cavallo di Ferragosto. Su quella nave c'erano anche minori. Spettava a Salvini consentire l'attracco. Salvini aveva già la prospettiva di uscire dal governo, quindi assunse un tono muscolare", ha aggiunto Conte ricordando le fasi critiche della vicenda Open Arms.

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Politica

Lega, Vannacci: “Partito mio? Invenzione stampa di...

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"Rosicate quanto volete, ma il governo italiano dura"

Roberto Vannacci (Afp)

Roberto Vannacci non fonderà un partito suo, non adesso perlomeno. A dirlo è stato lo stesso europarlamentare eletto nelle file della Lega alla platea di poco più di 300 persone che, dalla prima festa organizzata in suo onore a Viterbo, sarebbe stata ben felice di accogliere una creatura politica solo del generale.

Prima di dirlo coram populo, però, Vannacci lo rivela ai giornalisti che durante l'arco della giornata hanno provato a carpirlo dall'organizzatore della kermesse, Umberto Fusco, e dal presidente de 'Il mondo al contrario', Fabio Filomeni. "Il partito è un’altra invenzione della stampa di sinistra, io non l'ho mai detto, ma non escludo nulla", chiarisce prima di sottolineare che lui sta bene nella Lega. E davanti a tutti aggiunge che il suo obiettivo è di "essere fedele, coerente con le idee che ho espresso. Non mi interessano le poltrone, mi interessa portare avanti idee, che ora sono condivise" con il partito di Matteo Salvini, con cui non c'è nessuna frizione, insomma.

D'altronde, i temi che affronta sul palco sono molto simili a quelli che porta avanti il Carroccio, i migranti e la sicurezza su tutti. L'Italia, dice infatti, diventerebbe una nuova Svizzera se la sicurezza fosse garantita al 100%, perché "siamo il Paese più bello del mondo". Un Paese che, forse, dice ancora, non dovrebbe svendere la cittadinanza, che invece dovrebbe essere concessa solo a determinate condizioni.

Vannacci parla anche dell'Ucraina, dei missili e della costruzione di un processo di pace, che dovrebbe partire da quell'Unione europea di cui lui ora è un esponente, e che sì, esiste. Parla della comunità Lgbt, di cui non capisce alcune cose, delle donne e del supporto alla maternità. Esprime anche un parere sul governo: "Durerà, anche se rosicate", afferma tra gli applausi dei presenti, ma si dispensa dal commentare l'operato del ministro della Difesa, Guido Crosetto.

L'occasione, però, è utile per scagliarsi contro i giornalisti, facendo nome e cognome. Se, infatti, deve essere grato a Matteo Pucciarelli di Repubblica, che ha scovato il suo libro e ha fatto in modo che diventasse famoso, non arrivano parole di stima nei confronti di un cronista de La Stampa e di uno del Giornale. E anche per alcuni colleghi, due su tutti Maurizio Gasparri e Chiara Gribaudo, arrivano frecce appuntite.

Sono le ultime, però. Il generale, acclamato fin dal suo arrivo con un po' di ritardo, si congeda firmando le copie dei suoi libri. Poi chissà se arriverà davvero un partito prima o poi.

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Politica

Rai, sudoku nomine ancora senza soluzione: ‘fumata...

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Dopo la visita di Roberto Sergio ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Giorgia Meloni, salgono i rumors su una sua permanenza in Viale Mazzini, seppur nelle vesti di direttore generale

Sede Rai (Fotogramma/Ipa)

C'è chi si dice convinto che il sudoku verrà risolto 24 ore prima del voto del Parlamento, non un minuto prima. La deadline per l'elezione del Cda Rai si avvicina - il 26 settembre il giorno X - ma maggioranza e opposizione navigano ancora a vista, seppur sia convinzione diffusa che la fumata bianca arriverà senza colpi di scena o nuovi rinvii. Dopo la visita di Roberto Sergio ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Giorgia Meloni, salgono i rumors su una sua permanenza in Viale Mazzini, seppur nelle vesti di direttore generale. L'incarico di amministratore delegato, salvo sorprese, dovrebbe andare a Giampaolo Rossi, in quota Fdi, anche se, raccontano i beninformati, il suo nome nei mesi scorsi avrebbe 'ballato' anche in seno al partito di via della Scrofa oltre che nei piani alti di Palazzo Chigi.

E se sui vertici la soluzione sembrerebbe ormai a portata di mano, l'affaire Cda al momento è lungi dall'esser risolta. Per la presidenza serve infatti l’ok dei due terzi della Commissione di Vigilanza Rai, quindi un accordo con almeno una parte dell'opposizione. Il Cda Rai è composto da sette membri: due vengono eletti dalla Camera e due dal Senato, altri due vengono indicati dal ministero dell'Economia (uno è l'amministratore delegato, l'altro il presidente che appunto deve passare per il gradimento della Vigilanza) e un altro membro viene eletto dai dipendenti dell'azienda.

Dopo il passaggio di Maria Stella Gelmini nelle file di Noi Moderati, al centrodestra mancano due voti per portare a casa la partita, vale a dire il raggiungimento del quorum dei due terzi necessario per l'entrata in carica del presidente. Forza Italia continua a puntare su Simona Agnes, che farà sì parte del Cda - su indicazione del Mef o del Parlamento, semmai dovesse servire un piano B - ma che difficilmente la spunterà come guida del Consiglio d'amministrazione. In caso di indicazione parlamentare, i piani di Meloni e del centrodestra, che attualmente prevedono un nominato in quota Fdi (Valeria Falcone) e uno in quota Lega verrebbero scompaginati. A dare le carte potrebbe essere ancora una volta Matteo Renzi, potenziale ago della bilancia visti i due membri in quota Iv. Ma è soprattutto il M5S che potrebbe fare la differenza, mentre Pd e Avs minacciano l'Aventino.

Giuseppe Conte ha aperto alla possibilità di convergere su un nome di garanzia, qualora "ci fosse un presidente autorevole, assolutamente non riconducibile a logiche partitiche". Un identikit che però non corrisponde, secondo i pentastellati, al profilo di Agnes: "Per noi - spiegano fonti M5S vicine al dossier Rai - non si tratta di un veto sulla persona, ma di un problema di metodo. Agnes non può essere un presidente di garanzia" in quanto "espressione di Fi": un mix di fattori che renderebbe per i 5 Stelle "molto difficile" esprimere un voto a favore della figlia di Biagio Agnes.

La palla, sottolineano nel Movimento, è nelle mani della maggioranza: "Serve uno sforzo comune per trovare un nome condiviso". Negli ultimi giorni sono tornate ad affacciarsi diverse ipotesi alternative per la presidenza Rai, come Antonio Di Bella e Gianni Minoli, due figure interne all'azienda con alle spalle una lunga carriera nel servizio pubblico. Nei sondaggi interni al M5S, Di Bella verrebbe preferito a Minoli alla luce del contenzioso milionario (ormai chiuso, ndr) che vedeva contrapposti il padre di Mixer e Viale Mazzini sui diritti di 'La storia siamo noi'. Altra ipotesi gradita per il Movimento guidato da Giuseppe Conte sarebbe Milena Gabanelli.

Se non dovesse arrivare un accordo, ipotesi da non escludere, la soluzione sarebbe la nomina a presidente del membro più anziano: il timone del cda spetterebbe a quel punto ad Antonio Marano, ex direttore di Rai2 ma anche un passato da deputato nelle file della Lega.

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