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Carlo e Harry sempre più distanti, il re non risponde alle telefonate del figlio

Comunicazione peggiorata tra re e principe, i motivi dell'allontanamento

Re Carlo III e il principe Harry - Fotogramma /Ipa

Il desiderio del principe Harry di proteggere la moglie e i figli ha aggravato il suo allontanamento da Carlo. Nonostante un incontro tra padre e figlio a febbraio, in seguito alla diagnosi di cancro del re, la loro comunicazione da allora è più che peggiorata. Fonti vicine al principe hanno riferito a People che il sovrano non risponde più alle chiamate e alle lettere del figlio. "Si rende 'non disponibile' - afferma un amico di Harry -. Le sue chiamate rimangono senza risposta. Ha provato a contattare il re per la sua salute, ma anche a quelle telefonate non risponde".

Dopo la vistosa assenza del re alla cerimonia di maggio per il decimo anniversario degli Invictus Games, quando il duca di Sussex era tornato appositamente dalla California a Londra, l'ulteriore allontanamento di Carlo da Harry, secondo fonti vicine al secondogenito del sovrano, sarebbe conseguenza dell'insistenza con cui il duca vuole discutere con il padre della sua sicurezza, per la quale combatte in tribunale da più di quattro anni, ritenendo che Charles abbia il potere di reintegrarla.

Il duca del Sussex pretende che la decisione del 2020 di rimuovere il team di protezione della polizia alla sua famiglia, attiva 24 ore su 24, venga annullata. Ha fatto causa due volte al governo britannico per la decisione, presentando una terza richiesta alla Corte d'appello dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio. Sostiene che la Gran Bretagna non è sicura per lui, Meghan e i loro due figli, il principe Archie e la principessa Lilibet, senza agenti armati a sorvegliarli. Buckingham Palace non ha commentato con People le disposizioni di sicurezza in atto, ma una fonte del palazzo ha dichiarato che l'idea che la sicurezza di Harry sia nelle mani del re sia "totalmente errata".

"Harry è spaventato e pensa che l'unica persona che può fare qualcosa al riguardo sia suo padre", ha raccontato a People una fonte interna alla famiglia reale. Un'altra fonte vicina alla situazione ha aggiunto che "Harry è determinato a proteggere la sua famiglia a tutti i costi".

Cosa impedisca esattamente al secondogenito di Carlo e Diana di ottenere la protezione che cerca è una questione contesa. Costituzionalmente, il monarca non ha alcun potere governativo nel Regno Unito e il potere di conferire protezione alla polizia spetta all'Executive Committee for the Protection of Royalty and Public Figures (Ravec), che opera per conto del governo del Regno Unito. Ma Harry, la cui offerta di coprire personalmente i costi della protezione della polizia è stata anch'essa respinta in tribunale, ritiene che, in quanto re, Carlo possa intervenire per garantire che tale protezione gli sia estesa.

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Cronaca

Dalla luce delle lucciole una speranza per...

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Un paziente su tre refrattario alle cure, lo studio Iit-ospedale San Marino-università di Genova apre nuove prospettive

Lucciole - Fotogramma /Ipa

La luce delle lucciole non accenderà più solo le notti d'estate, ma potrebbe anche illuminare il futuro delle persone con epilessia resistente, forme refrattarie ai farmaci oggi disponibili, che affliggono un paziente su 3. La speranza arriva da uno studio italiano pubblicato su 'Nature Communications', condotto da un team dell'Istituto italiano di tecnologia (Iit) coordinato da Fabio Benfenati, in collaborazione con l'Irccs ospedale Policlinico San Martino e l'università di Genova. Il lavoro, finanziato da Iit, San Martino, ateneo genovese e dal programma Prin (Progetti di rilevante interesse nazionale) del ministero dell'Università e della Ricerca, descrive "un approccio innovativo per il trattamento dell'epilessia, che sfrutta la bioluminescenza delle lucciole per prevenire l'iperattività neuronale tipica delle crisi epilettiche". I primi dati preclinici sono promettenti.

Con 550mila casi in Italia e oltre 50 milioni a livello globale - ricordano dall'Iit - l'epilessia è una delle patologie neurologiche più diffuse, tanto che dal 2020 è stata riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità come malattia sociale. E' caratterizzata da un'eccessiva attivazione di alcuni neuroni, che altera la normale funzionalità del cervello. Sebbene la maggior parte dei pazienti tragga beneficio dalle terapie disponibili, circa un terzo non risponde ancora alle cure. Un'alternativa è offerta dall'optogenetica, tecnica che modifica geneticamente i neuroni affinché esprimano opsine, proteine capaci di influenzare l'attività delle cellule nervose quando esposte alla luce. L'optogenetica permette di bloccare l'attivazione patologica del tessuto neurale patologico, riportando l'attività dei neuroni a livelli fisiologici e disinnescando sul nascere le crisi epilettiche. Questa strategia richiede però l'inserimento di fibre ottiche nel cervello per generare la luce necessaria al funzionamento delle opsine. Per bypassare questo passaggio invasivo, il Center for Synaptic Neuroscience and Technology dell'Iit ha sviluppato un sistema in grado di attivarsi autonomamente e in maniera mirata direttamente all'interno dei neuroni epilettici, riportandoli al loro stato naturale.

Una speranza nella luciferasi

"Il nostro approccio si basa su 3 elementi che vengono prodotti direttamente in tutte le cellule nervose grazie alla modifica genetica - spiega Caterina Michetti, prima autrice dello studio, ricercatrice dell'università di Genova e dell'Iit - Si tratta di un'opsina collegata a un sensore e a una molecola bioluminescente, una luciferasi, la stessa proteina che permette alle lucciole di emettere luce. La somministrazione del substrato, sostanzialmente un farmaco che la luciferasi consuma per produrre il segnale luminoso, consente di promuovere l'attivazione dell'opsina senza bisogno di inserire fibre ottiche".

L'idea della luciferasi non è l'unica novità della strategia 'made in Genova': "Il sensore risolve il problema della tempistica e della localizzazione, determinando quando e in quali neuroni attivare il circuito per prevenire le crisi epilettiche in arrivo", sottolineano i ricercatori. "Il nostro sistema - illustra Elisabetta Colombo, co-coordinatrice dello studio e ricercatrice del Center for Synaptic Neuroscience and Technology dell'Iit - è dotato di un sensore che percepisce l'acidificazione del neurone, caratteristica esclusiva dei neuroni epilettici, creando pertanto un circuito chiuso. Grazie alla somministrazione del farmaco che attiva la luciferasi, il nostro sensore controlla che il neurone sia sano o epilettico, e solo in quest'ultimo caso viene attivata l'opsina che riporta l'attività neuronale a livelli fisiologici".

La sperimentazione di una terapia basata su questo approccio è ancora a livello preclinico, ma i risultati mostrano "una diminuzione superiore a 3 volte nel numero di crisi epilettiche e una riduzione del 32%", praticamente di un terzo, "nella durata degli attacchi rispetto al gruppo non trattato", riporta l'Iit.

"Il modello sviluppato - commenta Benfenati, direttore del Center for Synaptic Neuroscience and Technology dell'Iit - rappresenta un approccio potenzialmente promettente per il trattamento dell'epilessia cronica refrattaria ai farmaci, indipendentemente dalla causa specifica, genetica o non genetica, in particolare per i casi in cui l'intervento chirurgico non è possibile. Il prossimo passo consiste nell'ottimizzare la modalità di somministrazione del farmaco, in modo che il sistema possa restare attivo a lungo nel cervello e intervenire prontamente quando è necessario".

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Esteri

Giustiziato Marcellus Williams, condannato per omicidio...

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Il 55enne condannato a morte si è sempre proclamato innocente

Marcellus Williams

Marcellus Williams è stato giustiziato con iniezione letale in Missouri, dopo oltre 20 anni di reclusione nel braccio della morte. Il 55enne è morto al Potosi Correctional Center di Mineral Point: l'uomo si era sempre proclamato innocente dopo la condanna per un omicidio commesso nel 1998. I tentativi legali di scagionarlo, sulla base di risultati dei test del Dna, non hanno prodotto risultati.

Non ha inciso la posizione assunta dai procuratori della contea di St. Louis che, secondo i legali del condannato, "hanno ammesso di aver sbagliato e hanno combattuto con zelo per annullare la condanna e salvare la vita del signor Williams". Diverse organizzazioni e persino la famiglia della vittima dell'omicidio hanno cercato di fermare l'esecuzione: nel tardo pomeriggio del 24 settembre, è svanita l'ultima speranza di bloccare l'iter con la decisione della Corte Suprema. Solo 3 giudici su 9 si sono espressi a favore dello stop. L'esecuzione di Williams in passato è stata sospesa per 2 volte nel 2015 e nel 2017.

Il caso

Williams è stato condannato nel 2001 per l'omicidio di Felicia Gayle, ex cronista del St. Louis Post-Dispatch, trovata morta l'11 agosto 1998: la donna è stata accoltellata nella sua casa alla periferia di St. Louis. Le prove raccolte sulla scena del crimine comprendevano impronte digitali, imponte di scarpe, capelli e dna sul coltello da cucina usato per l'omicidio.

Nonostante tutti gli elementi, nessun arresto è stato eseguito per oltre un anno. Williams, che ha sempre negato di aver ucciso Gayle, è stato condannato per l'omicidio nonostante il suo Dna non corrispondesse a quello trovato sulla scena del crimine. La condanna si è basata sulle parole di due testimoni che, secondo i legali di Williams, hanno ricevuto ricompense in denaro e hanno raggiunto un accordo per ottenere per pene più brevi nei rispettivi casi penali.

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Politica

Cittadinanza, lo stop di Meloni: “Non servono nuove...

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"Siamo tra le nazioni europee che concedono il maggior numero di cittadinanza". Forza Italia domani riunirà i gruppi parlamentari per la proposta di legge, Tajani: "La presenteremo prima agli alleati"

Giorgia Meloni

Lo stop arriva dal quartier generale delle Nazioni Unite, a New York. Mentre in Italia rimbalza la notizia della volata delle firme per il referendum sulla cittadinanza -obiettivo sforbiciare di 5 anni la residenza legale continuativa, ovvero il termine dopo il quale gli stranieri possono diventare 'nuovi italiani'- la presidente del Consiglio Giorgia Meloni stronca ogni entusiasmo.

Ma anche le aspirazioni di Forza Italia, che domani riunirà i gruppi parlamentari per mettere a punto la proposta di legge 'azzurra'. Una legge che mira a un 'restyling' di cui, per la premier, non c'è alcun bisogno. "Penso che l'Italia abbia un'ottima legge sulla cittadinanza – dice chiaro Meloni in un punto stampa al Palazzo di Vetro - e questo è dimostrato dal fatto che siamo tra le nazioni europee che concedono il maggior numero di cittadinanze, dunque non ne ravvedo la necessità".

Eppure nella sua maggioranza, come è ormai noto, non tutti sembrano pensarla come lei. Sempre da New York, appena due ore prima, era stato il vicepremier e ministro agli Affari esteri Antonio Tajani, segretario forzista, a parlarne, spiegando che sì, Forza Italia lavora a una pdl da presentare "prima agli alleati e poi in Parlamento". Salvo poi mettere in chiaro che il suo partito non cadrà in tranelli, o meglio in 'giochini parlamentari'.

Dunque sì alla proposta di legge, a cui domani lavoreranno i gruppi di Camera e Senato, "ma non ci prestiamo a operazioni politiche sfruttando il tema della cittadinanza – mette in chiaro il vicepremier -, non votiamo emendamenti a sorpresa o risoluzioni presentate qua e là per cercare di dividere la maggioranza. E' una questione seria quella della cittadinanza e non può essere oggetto di giochini parlamentari".

Tajani chiude così all'opposizione, ma Meloni spegne ogni spiraglio su una legge che possa nascere su spinta della maggioranza: "Non conosco la proposta di legge di Forza Italia…", taglia corto con i cronisti. "D'altronde – rimarcano fonti di Fdi – di un provvedimento di questo tipo non c'è traccia nel nostro programma".

Se la legge sulla cittadinanza dovrà cambiare, il cambiamento dovrà arrivare dal basso. Spinta dall'onda di firme gonfiata sui social da influencer, atleti, attori, registi, con il risultato di aver raggiunto quota 500mila in appena 72 ore. "Se c'è un referendum – riconosce la stessa Meloni - quella è democrazia e decidono gli italiani, io ho sempre grande rispetto di quel che decidono gli italiani". (dall'inviata Ileana Sciarra)

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