Investimenti, in Italia nel 78% dei casi sono gli uomini a decidere
In Italia, gli uomini prendono le decisioni finanziarie nel 78% dei casi, le donne solo nel 22%.
Lo rivela un recente rapporto Consob sugli investimenti delle famiglie italiane che evidenzia un preoccupante gender gap nella gestione delle risorse economiche. Questo dato, però, potrebbe risultare parzialmente fuorviante, considerando l’aumento dei nuclei familiari composti da una sola persona.
In ambito internazionale, l’Italia occupa posizioni basse nelle classifiche relative a questo tema. Nonostante gli sforzi politici degli ultimi anni, le misure adottate hanno avuto un impatto solo parziale.
Identikit dell’investitore italiano medio
L’autorità di vigilanza sui mercati finanziari ha fornito ulteriori dettagli sulle caratteristiche degli investitori italiani. L’investitore medio:
ha un reddito inferiore ai 3.000 euro mensili;
gestisce meno di 50.000 euro;
appartiene alla fascia d’età tra i 45 e i 54 anni;
è prevalentemente uomo e sposato.
Un aspetto interessante è la crescente rilevanza della fascia di popolazione prossima alla pensione, tra i 55 e i 64 anni, che mostra una partecipazione simile a quella della fascia più attiva, quella tra i 35 e i 44 anni. Nonostante la maggior parte delle persone gestisca meno di 50.000 euro, è importante notare che quasi un terzo degli investitori ha disponibilità finanziaria compresa tra 50.000 e 250.000 euro. Inoltre, circa un terzo degli intervistati guadagna tra i 3.000 e i 5.000 euro mensili.
L’analisi ha rivelato che il 42% degli investitori italiani gestisce autonomamente le proprie finanze, decidendo come far fruttare i propri risparmi senza affidarsi a consulenti esterni. Una cifra quasi equivalente, il 40%, si affida a esperti professionisti, ma senza delegare completamente le decisioni. Un ulteriore 32% degli investitori richiede anche un aiuto informale, mentre solo il 9% si rivolge a esperti in modo informale. Le percentuali di chi delega completamente gli investimenti a un professionista sono marginali, con solo il 6%, e il 3% si affida esclusivamente ai social network per le proprie scelte finanziarie.
Preferenze di investimento
Gli italiani tendono a preferire investimenti a medio termine.
l 38% degli investitori impiega il proprio denaro per periodi compresi tra i 3 e i 5 anni, mentre il 24% opta per investimenti più brevi, da 1 a 3 anni. Insomma, gli investitori italianai preferiscono la liquidità avere un accesso relativamente veloce ai fondi piuttosto che impegnarsi in investimenti a lungo termine. Questo atteggiamento viene mantenuto anche se annichilisce gli effetti benefici garantiti dall’interesse composto, e denota quindi la resistenza degli italiani verso il mondo degli investimenti.
Solo il 22% delle famiglie considera investimenti medio-lunghi, da 5 a 10 anni, e una percentuale ancora più ridotta, il 7%, investe in progetti con una prospettiva oltre i 10 anni.
L’esperienza degli investitori
Un altro aspetto significativo è l’esperienza degli investitori italiani:
Il 45% dichiara di avere oltre 10 anni di esperienza nel settore;
il 16% ha un’esperienza compresa tra i 6 e i 10 anni;
il 19% ha tra 3 e 5 anni di esperienza.
Le percentuali di chi ha meno di 3 anni di esperienza sono marginali. Il 78% delle decisioni finanziarie è preso da uomini, spesso di età superiore ai 50 anni.
Donne e investimenti in Italia
Come accennato, le donne in Italia ricoprono un ruolo estremamente marginale nelle decisioni finanziarie, prendendone parte solo nel 22% dei casi. Tuttavia, i dati rivelano una realtà potenzialmente più complessa e polarizzata rispetto a quanto evidenziato da queste percentuali.
Il campione femminile analizzato dal rapporto è stato suddiviso in base alla situazione familiare delle donne coinvolte. In termini demografici, una famiglia è un nucleo che può comprendere un qualsiasi numero di persone che vive in modo indipendente, inclusa una singola persona.
Tra le donne che prendono decisioni finanziarie il 57% è sposato, mentre il restante 43% è composto da single e vedove, laddove ciascuna categoria rappresenta il 21% del totale. Di conseguenza, le donne che prendono decisioni anche per il proprio partner costituiscono solo il 12% della popolazione totale. Un numero che rende lampante il gender gap che vige in Italia (anche) in materia finanziaria.
Cause del gender gap
Le cause di questa disparità sono spiegate nel rapporto stesso. In Italia, la possibilità di avere voce in capitolo nelle decisioni finanziarie è spesso legata alla contribuzione economica all’interno del nucleo familiare. Questo aspetto culturale si intreccia con un problema strutturale dell’economia italiana che penalizza le donne, relegandole a ruoli lavorativi con minori retribuzioni e ostacolando la loro carriera e i loro stipendi.
Su queste pagine abbiamo visto più volte come le donne spesso siano ancora costrette alla fatidica scelta tra famiglia e carriera.
Considerando i dati 2022, solo il 51,1% delle donne italiane tra i 15 e i 64 anni lavora, contro una media UE27 del 64,9%, e il numero medio di figli per donna è 1,24, un valore molto al di sotto di Paesi come la Francia (1,79), la Svezia (1,53) e l’Olanda (1,49).
La posizione del Belpaese non cambia se si considera l’occupazione femminile nella fascia di età 25-49 – il periodo della vita in cui tendenzialmente si entra nel mercato nel lavoro e si costruisce una famiglia – che vede le donne svantaggiate di circa 20 punti percentuali sugli uomini e di 14,6 sulla media UE.
La forte penalizzazione delle madri nel mercato del lavoro si evidenzia anche nelle mura di casa, dove la cura della famiglia è ancora fortemente sbilanciata sulle donne, impegnate in media per 4,9 ore al giorno in questo tipo di attività rispetto alle 2 degli uomini, secondo gli ultimi dati pubblicati (2023), per un totale di 43,5 giorni in più all’anno.
Una ulteriore conferma arriva dal Global Gender Gap Index 2024 che ha posizionato l’Italia all’87º posto, con un punteggio complessivo di 0,703 su 1. Il dato riflette una sostanziale stagnazione nella riduzione delle disparità di genere e il punteggio è in lieve declino rispetto all’anno precedente, accompagnato da un calo di otto posizioni nella classifica mondiale.
Il gender gap negli investimenti
Il gender gap negli investimenti delle famiglie italiane è, quindi, una manifestazione diretta di questo più ampio problema di disuguaglianza. Come riportato nel rapporto della Consob sugli investimenti delle famiglie, è evidente che le politiche e le strutture economiche attuali non riescano ad eliminare questa disparità, limitando le opportunità per le donne di prendere parte attivamente nelle decisioni riguardanti il patrimonio familiare.
Una indagine di Alleanza Assicurazioni, Fondazione Gasbarri e Sda Bocconi ha evidenziato il problema sotto la prospettiva della educazione finanziaria.
Ne è emerso che il livello di Edufin Index delle donne è cinque punti inferiore a quello degli uomini (54 vs 59), tanto che sono in fragilità finanziaria il 30% delle donne contro il 23% degli uomini.
Un rilievo particolarmente interessante fatto dell’Osservatorio è che i fattori comportamentali aumentano il gender gap più di quelli sociodemografici (reddito e istruzione). La forbice tra uomo e donna, infatti, inizia ad allargarsi già tra le mura domestiche, luogo che per il 25% dei 18-34enni dovrebbe essere la fonte principale di alfabetizzazione finanziaria e assicurativa, ma che vede il 30% delle ragazze non parlarne mai a fronte del 25% registrato tra i ragazzi.
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In aumento i casi di pertosse in Europa e in Italia, a...
Suscita preoccupazione tra esperti e autorità sanitarie l’aumento dei casi di pertosse in Europa. Secondo i dati dell’European Centre for Disease Prevention and Control, nel 2023 e fino ad aprile 2024 sono stati registrati quasi 60mila casi in Europa, con un incremento di oltre dieci volte rispetto agli anni precedenti, segnando una vera e propria emergenza sanitaria.
In Italia, la situazione non è meno allarmante: tra gennaio e maggio 2024 sono stati registrati 110 casi di pertosse, con un preoccupante aumento dei ricoveri in terapia intensiva, soprattutto per neonati e lattanti. La Società Italiana di Pediatria ha rilevato più di 15 ricoveri di neonati in condizioni critiche, con la morte di tre bambini, l’ultimo dei quali all’ospedale di Padova, dove un neonato di 34 giorni non è riuscito a superare la malattia.
Un fenomeno in crescita che preoccupa pediatri ed esperti
La situazione è critica, come confermato dalla Società Italiana di Pediatria, che ha evidenziato l’intensificarsi dei casi di pertosse, specialmente tra neonati e lattanti non vaccinati sotto i 4 mesi di età. L’incremento dei ricoveri per pertosse è stato pari all’800% rispetto ai due anni precedenti, una cifra che evidenzia un allarmante ritorno alla ribalta di una malattia che, grazie alla vaccinazione, si pensava ormai sotto controllo. Secondo Alfredo Guarino, coordinatore della rete clinica Inf-Act, l’infezione ha colpito soprattutto neonati da madri non vaccinate, con circa il 95% delle madri di questi bambini che non aveva ricevuto alcuna forma di protezione preventiva, e l’80% che non era nemmeno a conoscenza della possibilità di vaccinazione prenatale.
Il problema non è solo di tipo medico, ma anche culturale. I pediatri del Bambino Gesù di Roma, con l’approssimarsi della stagione invernale, consigliano a partire dai sei mesi di età le vaccinazioni contro influenza, pertosse e Covid-19. È un intervento che potrebbe fare la differenza, ma il sistema di prevenzione sembra essersi inceppato. A Padova, la morte di un bambino a causa della pertosse ha gettato ombre su come vengono gestite le informazioni e le pratiche vaccinali.
Un allarme che rimanda ai tempi bui delle malattie prevenibili
Le parole di Massimo Andreoni, professore emerito di Malattie Infettive all’Università di Roma Tor Vergata, sono fortemente cariche di preoccupazione: “Con tre neonati morti per pertosse in Italia stiamo tornando al Medioevo. Assurdo e vergognoso che ciò accada ancora nel 2024″. La pertosse, infatti, è una malattia prevenibile grazie alla vaccinazione in gravidanza, un intervento che permette al neonato di nascere già protetto. Nonostante la vaccinazione abbia quasi annullato la mortalità infantile per questa malattia in passato, l’assenza di protezione in gravidanza sta tornando a costare vite umane. Andreoni denuncia un grande problema di sanità pubblica, l’esitazione vaccinale, che sta guadagnando terreno in molte famiglie. “Dobbiamo tornare a fare formazione ed educazione perché è inaccettabile che ci siano delle morti oggi per una malattia assolutamente prevenibile”.
L’infettivologo Matteo Bassetti, direttore delle Malattie Infettive dell’ospedale Policlinico San Martino di Genova, sottolinea che “un neonato che muore di pertosse nel 2024 è una cosa inaccettabile”. La sua analisi va al cuore della questione: “Il sistema di prevenzione ha fallito, ma ha fallito la società”. Bassetti solleva domande cruciali riguardo alla protezione della madre durante la gravidanza e al possibile fallimento dell’informazione sui vaccini. La morte di un neonato di soli 24 giorni a Padova, come evidenziato anche da Bassetti, è un caso emblematico di un errore che non dovrebbe accadere, dato che esiste una protezione efficace.
La crescente minaccia delle infezioni respiratorie e del virus sinciziale
Oltre alla pertosse, la stagione invernale porta con sé un altro gruppo di malattie respiratorie che colpiscono principalmente i neonati e i bambini piccoli. Il virus respiratorio sinciziale (Rsv), noto per causare brochioliti, è uno dei maggiori responsabili delle ospedalizzazioni nei più piccoli, con circa quindici decessi ogni anno in Italia. Per questo motivo, i pediatri e gli esperti di malattie infettive consigliano di proteggere i neonati con anticorpi monoclonali, che possono prevenire le complicanze più gravi della malattia. La combinazione di vaccino per le madri in gravidanza e anticorpo monoclonale per i neonati è vista come una strategia complementare che, se applicata correttamente, potrebbe limitare i danni.
Fabio Midulla, responsabile della Pediatria d’urgenza del Policlinico Umberto I di Roma, ha messo in evidenza come la situazione sta evolvendo con l’arrivo delle temperature più rigide, con un trend crescente di infezioni respiratorie e polmoniti da Mycoplasma pneumoniae. Fortunatamente, sebbene le infezioni possano coinvolgere i polmoni, la malattia non si presenta nella forma grave in tutti i casi. Tuttavia, l’incremento degli accessi al pronto soccorso e la resistenza ai trattamenti antibiotici comuni sono fattori che destano preoccupazione.
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Niente più sesso, mariti, appuntamenti e figli. Cos’è il...
Si chiama 4B ed è un movimento femminista nato in Corea del Sud, ma che sta prendendo sempre più piede nel resto del Mondo. Negli Stati Uniti, infatti, l’interesse per il movimento è aumentato significativamente dopo la rielezione di Donald Trump come presidente.
Questo movimento, che ha guadagnato popolarità tra le giovani donne su piattaforme come TikTok e Instagram, promuove la libertà di autodeterminarsi. Quando ciò non è possibile è “bene che le donne eterosessuali si rifiutino di sposarsi, avere figli, frequentare uomini o avere rapporti sessuali con loro”.
Le sostenitrici del movimento 4B affermano di essere esasperate dal fatto che molti uomini hanno votato per un candidato accusato di abusi sessuali e che ha nominato tre giudici conservatori alla Corte Suprema, contribuendo all’annullamento delle tutele nazionali sul diritto all’aborto. In risposta, queste donne stanno incoraggiando altre a unirsi a loro nel rinunciare agli uomini. Ma è plausibile pensare che ciò si diffonda Europa e America come in Corea del Sud?
Cos’è il movimento 4B
Il movimento 4B, abbreviazione di bihon (niente matrimonio), bichulsan (niente parto), biyeonae (niente appuntamenti) e bisekseu (niente sesso con gli uomini), è emerso in Corea del Sud intorno al 2015 o 2016.
Questo movimento è nato come risposta alla forte disuguaglianza di genere nel Paese, diventando un #MeToo sulla disparità femminile. La brutalità di alcuni episodi di violenza contro le donne, come l’omicidio di una donna nei pressi di una stazione della metropolitana di Seoul nel 2016, ad esempio, ha scatenato una riflessione nazionale sul trattamento delle donne e ha portato a discussioni su femminicidio, revenge porn e crimini sessuali digitali.
Nonostante le difficoltà nel valutare le reali dimensioni e la portata del movimento, 4B ha attirato l’attenzione sulla disuguaglianza e ha enfatizzato l’importanza dell’azione collettiva.
Diffusione del movimento 4B nel mondo
Il movimento 4B ha iniziato a diffondersi oltre i confini della Corea del Sud, trovando eco in altre parti del mondo. In particolare, le giovani donne negli Stati Uniti e in Europa hanno iniziato a discutere e adottare i principi del movimento, ispirate dalle storie di resistenza e autodeterminazione delle donne sudcoreane.
Le piattaforme social come TikTok e Instagram sono diventate i canali prediletti per la diffusione del movimento, permettendo alle donne di condividere esperienze e strategie di resistenza contro il patriarcato e la misoginia. Questo ha portato a una maggiore consapevolezza globale delle disuguaglianze di genere e ha incoraggiato alcune donne a mettere se stesse al primo posto.
Secondo un’analisi dell’Institute for Strategic Dialogue (ISD), attacchi sessisti e offensivi nei confronti delle donne, con slogan come “Il corpo è tuo, la scelta è mia” oppure “Torna in cucina”, sembrano essere aumentati sui social media dopo la rielezione di Donald Trump. Un post su X del nazionalista Nick Fuentes, che diceva “Your body, my choice. For ever”, appunto “Il tuo corpo, le mie scelte”, è stato visualizzato più di 90 milioni di volte e ripubblicato più di 35.000 volte. Lo scorso weekend, l’ISD ha registrato un aumento del 4.600% nelle menzioni della frase su X.
Molti di questi troll fanno parte della cosiddetta “manosfera”, descritta dall’ISD come “comunità misogine online che variano dall’antifemminismo alla retorica più esplicita e violenta nei confronti delle donne”. Gli esperti temono che questo tipo di molestia possa estendersi anche al mondo offline.
Cory Hirsbrunner, sovrintendente del distretto scolastico di Stevens Point nel Wisconsin, ha dichiarato: “È semplicemente inaccettabile che gli studenti usino un linguaggio di natura minacciosa. Qualsiasi studente che violasse la politica dell’istituto sarà soggetto a misure disciplinari”. La nota è arrivata dopo aver segnalato l’escalation della diffusione di quello slogan tra gli adolescenti della scuola.
Le elezioni americane e il dibattito sul 4B
Le elezioni americane hanno stimolato il dibattito sul movimento 4B negli Stati Uniti. Alcune donne stanno riscoprendo il movimento e considerano la possibilità di unirsi, mentre altre, già sposate o in coppia, intendono protestare in altri modi, come boicottare le attività commerciali di proprietà maschile o rifiutarsi di fare solo da angelo del focolaio o supporto emotivo, ma non economico, ai propri uomini.
Sebbene il movimento 4B non sia così diffuso ancora in Occidente, i sentimenti che lo animano sono condivisi da molte donne americane e europee.
Critiche al movimento 4B
Nonostante il sostegno che ha ricevuto, il movimento 4B non è esente da critiche. Alcuni sostengono che il movimento si basi troppo sul binarismo di genere, escludendo le esperienze delle persone queer e trans. Altri, invece, criticano il suo approccio radicale che potrebbe ulteriormente isolare gli uomini invece di promuovere un dialogo costruttivo.
C’è chi poi ne ha ironizzato sui social, rispondendo che lo praticavano inconsapevolmente da tempo perché da diversi mesi non avevano relazioni sessuali o affettive con degli uomini.
E in Italia?
La diffusione del fenomeno italiano sembra essere pari a zero. Il 4B in Corea del Sud e, in forma minoritaria negli Stati Uniti, arriva in risposta a forme di misoginia e disparità di genere nei campi relazionali e affettivi nei quali l’Italia non sembra essere in condizioni così gravi.
Nonostante si posizioni tra i posti più bassi nella classifica dei Paesi europei per occupazione femminile e nonostante ci siano proposte di legge per introdurre l’educazione affettiva e sessuale, in modo strutturato, nelle scuole pubbliche, la denatalità nel nostro Paese sembra avere altre motivazioni.
Rispetto ad un’ideologia che nasce da una protesta, come può essere quella del 4B, nel Bel Paese nascono meno bambini:
• per l’aumento del costo della vita,
• per le difficoltà ad acquistare una prima casa e a rendersi indipendenti sin da giovani,
• per le difficoltà nel conciliare vita privata e lavorativa,
• per le preoccupazioni per il futuro climatico e così via.
Le motivazioni sono tante e diverse tra di loro. Quello italiano lo potremmo definire un “4B involontario e generalizzato”, ma non certo paragonabile – per misura e forma – a quello coreano. Mentre in America, è l’inasprimento della retorica violenta online e la deriva populista che arrivano in un momento di crescente tensione sociale.
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Bonus Natale 2024, il sostegno si allarga a 4,5 milioni di...
Il Bonus Natale di 100 euro, una misura pensata per supportare le famiglie in vista delle festività natalizie, si allarga nel 2024 per raggiungere oltre 4,5 milioni di lavoratori e contribuenti.
La misura pensata per supportare le famiglie in vista delle festività natalizie, inizialmente riservata a un numero relativamente ristretto di lavoratori (poco più di un milione di beneficiari), si amplia con la modifica contenuta nel decreto approvato dal Consiglio dei Ministri, annunciata dal viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo.
Con il provvedimento non è più necessario avere il coniuge a carico per ottenere il bonus: è sufficiente avere almeno un figlio. Questo cambiamento ha aperto le porte a una larga fascia di genitori single e famiglie monoreddito.
Caratteristiche del Bonus Natale
Il Bonus Natale viene accreditato automaticamente nella tredicesima mensilità dei lavoratori dipendenti, seguendo un meccanismo di erogazione simile a quello previsto per altre indennità. Di fatto, il datore di lavoro opera da sostituto d’imposta, anticipando l’importo al lavoratore per poi recuperarlo attraverso un sistema di compensazione fiscale. La somma del bonus va inoltre proporzionata alle giornate di lavoro svolte nel corso dell’anno, affinché rispetti il calcolo delle detrazioni sui redditi da lavoro dipendente.
I requisiti per accedere al Bonus
Per accedere al Bonus Natale 2024, i requisiti per i lavoratori dipendenti sono piuttosto chiari e prevedono una serie di condizioni che devono essere soddisfatte:
- Reddito annuo complessivo: Il reddito non deve superare i 28.000 euro. Questo limite si applica al reddito da lavoro dipendente, escludendo i redditi da pensione e altre fonti non lavorative.
- Figli a carico: Fino alla recente modifica, era necessario avere sia un coniuge che almeno un figlio a carico. Con la nuova norma, invece, basta avere almeno un figlio a carico per poter beneficiare del bonus, senza necessità di essere sposati o di avere il coniuge a carico.
- Imposta lorda superiore alle detrazioni: Il lavoratore deve avere un’imposta lorda calcolata sui redditi di lavoro dipendente che sia superiore alle detrazioni di lavoro dipendente previste dalla legge.