Israele, Iran pensa a attacchi da Siria. Usa pronti a spostare armi e uomini
E' massima allerta in Medio Oriente dopo l'assassinio di Haniyeh. Biden frustrato da Netanyahu: "Stop escalation". In Qatar la sepoltura del leader di Hamas. Capo Pasdaran scrive a Nasrallah: "Nemici della nazione pagheranno"
L'Iran starebbe pianificando attacchi con droni dalla Siria contro Israele e le Alture del Golan, in risposta all'assassinio del leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, ucciso mercoledì a Teheran. E' quanto sostiene l'Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito e fonti nel Paese arabo. Secondo l'Osservatorio cita fonti siriane stando alle quali gli attacchi con droni contro Israele potrebbero essere lanciati anche da aree nei pressi di Damasco e dal deserto siriano con l'obiettivo di far credere si tratti di attacchi delle milizie sostenute dall'Iran in Iraq.
Usa pronti a spostare armi e uomini
E in previsione di un possibile attacco a Israele, gli Usa sono pronti a spostare risorse in Medio Oriente, se necessario. Lo ha riferito il consigliere per le comunicazioni sulla sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby: "Rivalutano continuamente la posizione delle nostre forze in Medio Oriente per assicurarci di avere ciò di cui abbiamo bisogno per difendere noi stessi, le nostre truppe, le nostre strutture - ma anche i nostri alleati e partner, come Israele", ha detto Kirby alla Cnn. Salvo poi aggiungere: "Non credo sia opportuno che io entri troppo nei dettagli".
Le osservazioni di Kirby sono arrivate dopo che la Guida Suprema dell'Iran, l'Ayatollah Ali Khamenei, ha inviato un avvertimento a Israele, in seguito alla morte di Haniyeh a Teheran. "Avete ucciso il nostro caro ospite nella nostra casa e ora avete spianato la strada alla vostra dura punizione", ha detto Khamenei mercoledì. "Abbiamo sentito il leader supremo dire forte e chiaro che intende vendicare l'uccisione di un leader di Hamas a Teheran e che vuole condurre un altro attacco contro Israele - ha affermato - Dobbiamo assicurarci di avere le giuste risorse e capacità nella regione".
Nel corso di una chiamata con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu tenutasi giovedì, la Casa Bianca ha affermato che il presidente Joe Biden "ha ribadito il suo impegno per la sicurezza di Israele contro tutte le minacce provenienti dall'Iran, compresi i suoi gruppi terroristici per procura Hamas, Hezbollah e gli Houthi". Kirby ha affermato che tale supporto arriverà probabilmente sotto forma di personale e di hardware nella regione. Alla conversazione, secondo quanto comunicato dalla Casa Bianca, ha partecipato anche la vicepresidente Harris.
Biden frustrato da Netanyahu, ha chiesto di evitare escalation
Ma secondo il portale Axios, che cita due funzionari americani, nella "difficile" telefonata Biden ha chiesto al primo ministro israeliano di evitare un ulteriore aumento delle tensioni nella regione e di procedere verso un accordo per il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco a Gaza. Biden e i suoi collaboratori sarebbero molto frustrati dall'omicidio di Haniyeh, avvenuto meno di una settimana dopo l'incontro con Netanyahu nello Studio Ovale e questo perché quest'ultimo aveva dato l'impressione di essere attento alla richiesta del presidente di concentrarsi sul raggiungimento di un accordo per liberare i rapiti.
La Casa Bianca, riporta sempre Axios, crede che il leader israeliano abbia deciso gli omicidi di Haniyeh e del comandante di Hezbollah, Fuad Shukr, isolando Biden e non coordinando le sue mosse.
In migliaia a Doha per l'addio ad Haniyeh
E ieri "migliaia" di persone hanno partecipato al funerale di Haniyeh e della guardia del corpo morta con lui. Alla cerimonia, che si è svolta dopo le preghiere del venerdì in una moschea di Doha, erano presenti i leader di diverse fazioni palestinesi, anche Fatah e Jihad Islamica. C'erano anche l'emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani, il padre, Hamad bin Khalifa Al Thani, e il premier e ministro degli Esteri, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani
"Siamo certi che il sangue di Haniyeh porterà vittoria, dignità e liberazione", ha detto Khalil al-Hayya, esponente dell'ufficio politico di Hamas e numero due a Gaza dal 2017, considerato uno dei possibili successori dell'ormai ex capo politico del movimento.
La moschea Imam Muhammad ibn Abdul al-Wahhab era gremita di persone all'indomani della cerimonia a Teheran guidata dall'ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema dell'Iran. Ora, ha riferito al-Jazeera, Haniyeh è sepolto nel cimitero di Lusail, a nord di Doha.
Capo Pasdaran scrive a Nasrallah: "Nemici della nazione pagheranno"
"I nemici della nazione, specialmente la gang sionista e i loro sostenitori" pagheranno per la morte di Ismail Haniyeh e Fuad Shukr, ha scritto in un messaggio di condoglianze al leader di Hezbollah Hassan Nasrallah per la morte del suo comandante il capo dei Guardiani della rivoluzione iraniana, Hossein Salami. Citato da al Jazeera e dalla tv al Mayadeen, Salami ha parlato della "speranza di una grande vittoria per il fronte della verità", assicurando che "i sionisti affronteranno una dura rappresaglia".
In Israele è corsa alle scorte: preparare i rifugi per giorni
Intanto, come racconta la Cnn, in Israele è corsa alle scorte e guide su come comportarsi in caso di attacco. Agli israeliani, secondo la rete americana, sono state fornite linee guida con informazioni su come affrontare l'eventualità di attacchi nel Paese, mentre i supermercati segnalano un aumento nelle vendite di beni di prima necessità.
La catena di supermercati Victory ha confermato alla Cnn un aumento fino al 30% per alcuni prodotti. Dagli scaffali gli israeliani prendono per lo più cibo in scatola, cereali, pasta, carta igienica, carne congelata, acqua e salviette igieniche.
A Gerusalemme, racconta la rete, il comune ha diramato istruzioni su cosa fare in caso di attacco, indicando una serie di rifugi antiaerei e di parcheggi da utilizzare come ripari. Novanta secondi è il tempo per raggiungere i rifugi. E agli abitanti viene suggerito di "pulire e preparare i rifugi in anticipo", di fare scorte di acqua e cibo per almeno tre giorni, acquistare medicinali e anche torce. Perché, secondo la guida di cui dà notizia la Cnn, "interruzioni della corrente elettrica potrebbero durare diversi giorni". E bisogna esser pronti a "restare nei rifugi antiaerei per diversi giorni".
Esteri
Ucraina, attacco-terremoto: distrutto arsenale Russia, cosa...
Oltre 100 droni colpiscono un deposito di munizioni, armi e missili: colpo durissimo per Mosca
Un attacco paragonabile a un terremoto per cambiare la guerra. L'Ucraina sferra un colpo durissimo alla Russia, con un'offensiva che rischia di condizionare le strategie di Mosca nel conflitto. Un'ondata di oltre 100 droni lanciata da Kiev, supera il confine e arriva nell'area di Toropets, a quasi 500 km dalla capitale ucraina, e riduce in cenere uno dei principali depositi di munizioni e missili del ministero della Difesa russo.
Le esplosioni in serie producono un effetto tale da 'svegliare' i sismografi, che si attivano come se si fosse verificato un terremoto. Gli incendi si diffondono per un'area larga oltre 6 km nella regione di Tver, tra gli 11mila civili che vivono nell'area sono molti quelli chiamati ad abbandonare la propria abitazione.
Armi e missili in fumo
Andriy Kovalenko, a capo del centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev, delinea la portata dell'azione ucraina: nei depositi, capaci di contenere armi e munizioni per centinaia di tonnellate, si trovavano missili S-300, S-400, sistemi Grad, Iskander e i Kn24 nordcoreani. Probabilmente, nelle strutture erano stoccate anche 'bombe plananti', che negli ultimi mesi hanno colpito obiettivi militari e civili.
L'arsenale colpito è una delle due strutture presenti nell'area. L'altra, già nei mesi scorsi, era stata colpita dai droni di Kiev. Il deposito di missili e munizioni era stato costruito a Toropets nel 2018 ed era stato presentato come una struttura di massima sicurezza.
I media ucraini attribuiscono i meriti ai servizi di sicurezza di Kiev, all'intelligence della Difesa e alle Forze speciali. L'attacco viene ampiamente discusso nei canali Telegram dei cosiddetti mil-blogger russi, esperti che monitorano il conflitto e spesso forniscono informazioni che non vengono ufficialmente diffuse. Il danno subito dalle forze armate russe, scrive in particolare Anastasia Kashevarova, è notevole: "Dopo 3 anni di operazione speciale siamo ancora a questo livello di idiozia".
Kiev ha usato droni o missili?
Ci si interroga sui mezzi utilizzati da Kiev: possibile che i droni siano riusciti a infliggere danni di portata così pesante? I depositi sono stati colpiti da missili a lungo raggio? Le domande si inseriscono nel dibattito di queste ultime settimane, caratterizzate dal pressing di Kiev per ottenere l'autorizzazione ad utilizzare i missili a lungo raggio - gli Atacms americani e gli Storm Shadwo anglofrancesi - contro obiettivi militari russi: basi e, appunto, depositi di armi.
La Russia, in ogni caso, continua a disporre di una macchina bellica capace di produrre ogni mese 42-56 missili balistici, 90-115 missili a lungo raggio e 500 droni, secondo le stime diffuse da Forbes.
Esteri
Libano, esplodono walkie talkie. Hezbollah promette...
Nuovo attacco con 20 morti e centinaia di feriti
Un nuovo attacco contro Hezbollah in Libano. Dopo i cercapersone esplosivi, ecco i walkie talkie e le radio: altro esplosivo nei dispositivi, altri 20 morti e circa 450 feriti. Come per l'offensiva hi-tech attuata con i pager, nessuna rivendicazione da parte di Israele: né conferme, né smentite. Hezbollah, così come Hamas e Iran, non ha dubbi sulle responsabilità.
Cosa è successo
Tra le ricostruzioni, spicca quella del canale saudita all news al-Sharq, che cita una fonte di alto profilo della sicurezza libanese: "Sono stati piazzati dal Mossad" gli esplosivi all'interno dei walkie talkie saltati in aria. Ci sarebbero state 15-20 esplosioni nei sobborghi meridionali di Beirut ed altre 15-20 esplosioni nel sud del Paese.
I walkie talkie sono nettamente meno diffusi tra i militanti di Hezbollah rispetto ai cercapersone esplosi in massa martedì. Vengono distribuiti, infatti, solo alle persone che organizzano eventi come funerali e marce. Nonostante ciò, il bilancio dell'attacco è considerevole e secondo fonti israeliane i numeri sarebbero superiori a quelli comunicati dalle autorità libanesi.
"Questi attacchi saranno certamente puniti, ci sarà una vendetta sanguinosa", dice Hashem Safieddine, capo del Consiglio esecutivo di Hezbollah, oltre che cugino del leader del gruppo, Hassan Nasrallah, che oggi dovrebbe tenere un discorso. "Condanniamo fermamente la rinnovata e continua aggressione sionista contro il fraterno popolo libanese", la posizione assunta da Hamas, con una nota nella quale si denuncia che le esplosioni degli ultimi due giorni "ora minacciano la sicurezza e la stabilità della regione".
Israele prepara la nuova fase della guerra
L'attenzione di Israele si sta spostando da Gaza verso il fronte settentrionale ed il confine con il Libano dal momento che sta iniziando una "nuova fase" della guerra, dice il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, rivolgendosi al personale dell'aeronautica militare israeliana presso la base aerea Ramat David, situata non lontano da Haifa.
"Il centro di gravità si sta spostando verso nord. Stiamo dirottando forze, risorse ed energie verso nord", dice il ministro, secondo quanto riferito dal suo ufficio. "Credo che siamo all'inizio di una nuova fase di questa guerra e dobbiamo adattarci", aggiunge Gallant, ribadendo che gli obiettivi di Israele nel nord sono "chiari e semplici: riportare gli abitanti nelle loro case in sicurezza".
I segnali vengono colti dal Libano, che si prepara a "possibili scenari" di guerra con Israele come dice il premier ad interim libanese, Najib Mikati, dopo una riunione della Commissione la gestione delle crisi e dei disastri.
A capo della Commissione, il ministro dell'Ambiente Nasser Yassin afferma che in vista di un attacco di Israele stanno approntando rifugi per la popolazione e che ci sono un centinaio di scuole a disposizione. Quanto alle scorte di cibo, secondo Yassin "sono sufficienti per oltre tre mesi e una nave con 40mila tonnellate di cereali e farina sta per arrivare in Libano".
Si muove l'Onu
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà venerdì per discutere dell'ondata di esplosioni. Lo ha indicato un portavoce della presidenza slovena del Consiglio. La riunione, richiesta dall'Algeria, è in programma alle 15 ora locale (le 9 in Italia). Intanto il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres chiede uno stop agli attacchi hi-tech. "Penso che sia molto importante che ci sia un controllo effettivo degli oggetti civili, che non vengano armati. Questa dovrebbe essere una regola che i governi di tutto il mondo dovrebbero essere in grado di attuare", dice durante una conferenza stampa a New York.
Secondo il segretario generale, "la logica di far esplodere tutti questi ordigni" sembra essere quella di "un attacco preventivo prima di una grande operazione militare”, motivo per cui questo incidente, attribuito a Israele, dimostra che esiste un "serio rischio" di escalation regionale.
Da Washington, infine, la Casa Bianca ribadisce l'estraneità degli Usa: "Non siamo stati coinvolti in alcun modo negli incidenti" in Libano, dice il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, in un briefing con i giornalisti, ribadendo: "Vogliamo che la guerra finisca, tutto quello che abbiamo fatto è destinato a impedire l'escalation del conflitto".
Esteri
Elezioni Usa, lo spettro di un altro 6 gennaio in caso di...
Forse meno violento di quello di quattro anni fa, quando migliaia di sostenitori di Trump assaltarono il Congresso, ma con un impatto ancora più allarmante sulla tenuta istituzionale
Kamala Harris continua a salire nei sondaggi, ma i democratici sono agitati dallo spettro di un altro 6 gennaio in caso di sua vittoria alle elezioni presidenziali di novembre. Forse meno violento e insurrezionale di quello di quattro anni fa, quando migliaia di sostenitori di Donald Trump assaltarono il Congresso nel tentativo di impedire la certificazione della vittoria di Joe Biden. Ma potrebbe avere un impatto ancora più allarmante e dilaniante sulla tenuta istituzionale e costituzionale degli Stati Uniti, fondata sul trasferimento pacifico dei poteri.
Lo scenario da incubo per i dem
Secondo Politico, lo scenario da incubo per i democratici prevede che nonostante la vittoria di Harris alla Casa Bianca, i repubblicani mantengono la maggioranza alla Camera, dando così allo Speaker Mike Johnson la possibilità di trovare i modi di ostacolare, se non bloccare del tutto la conta dei voti elettorali, cosa che farebbe ricadere sulla Camera l'ultima parola sull'elezione presidenziale, come previsto dal 12esimo emendamento della Costituzione.
Non bisogna dimenticare che l'allora poco conosciuto deputato della Louisiana nel 2020 guidò il ricorso dei repubblicani alla Corte Suprema in cui si chiedeva di rovesciare i risultati degli stati chiave, che sancivano la vittoria di Biden.
L'iniziativa fu benedetta personalmente da Trump, che anche in virtù di questo lo scorso ottobre ha dato il placet all'elezione di Johnson a Speaker. Ed ora a meno di due mesi dal voto, il leader repubblicano sta cercando di far passare una legge per impedire quelle che definisce la manovre dei dem per far votare in massa immigrati illegali. Accuse che fanno capire come la leadership del partito repubblicano, ormai largamente allineato su posizioni Maga, in caso di nuova sconfitta del tycoon, potrà appoggiare con forza le eventuali nuove denunce di brogli da parte di Trump.
Le conferme nei sondaggi
Una posizione diffusa anche tra la base elettorale, dal momento che un sondaggio di World Justice Project, rilanciato da The Hill, mostra che il 46% degli elettori repubblicani non è pronto ad accettare i risultati elettorali come legittimi in caso di vittoria dem. E il 14% di questi si dice pronto ad intraprendere azioni per rovesciare i risultati. Va comunque sottolineato che anche un 27% di elettori democratici si dice non disposto a riconoscere una vittoria repubblicana, con un 11% pronto a passare dalle parole ai fatti.
Interpellate da Politico, fonti dell'entourage dello Speaker liquidano i timori dei democratici come parte di una strategia tesa a raccogliere più fondi per la campagna per la riconquista della Camera. E di una "narrativa allarmista" riguardo ad una vittoria Gop che ha contribuito a portare ai due tentati assassinii di Trump. Un altro repubblicano vicino a Johnson poi afferma di dubitare che lo Speaker potrebbe cedere così facilmente ai desideri di Trump.
Non bisogna dimenticare poi che, in caso di vittoria dem alla Casa Bianca, Harris, che fino al 20 gennaio continuerà ad essere vice presidente, si troverà, in qualità di presidente del Senato, a presiedere la seduta per la certificazione di voti elettorali. Come il 6 gennaio 2021 fece, una volta sgombrato il Congresso dei rivoltosi, Mike Pence, reo agli occhi di Trump e dei suoi sostenitori di non aver accolto la richiesta del presidente uscente di bloccare la certificazione.
La nuova legge sulla conta dei voti, cosa può accadere
Inoltre, nel 2022 è stata passata una nuova legge che rende più difficile bloccare la conta dei voti elettorali: se prima bastava l'opposizione di un singolo membro per accogliere un'obiezione ora è richiesto il 20% di ciascuna delle due Camere. Ma tra i timori dei democratici c'e' anche quello che Johnson possa ottenere abbastanza repubblicani per bloccare alcuni voti elettorali cruciali, o cercare di riscrivere le regole che governano la sessione per la certificazione dei voti elettorali del 6 gennaio, con l'obiettivo di rendere più facili le contestazioni.
O addirittura cercare di ritardare la seduta che per legge deve essere convocata per il 6 gennaio. Il tutto avendo bene in testa che nessun candidato riceve almeno 270 voti elettorali certificati, la Costituzione prevede quella che viene chiamata la "contingent election", una sorta di elezione di emergenza, con la Camera che elegge il presidente e il Senato il vice presidente. Un procedimento che favorirebbe i repubblicani dal momento che ogni stato deve esprimere un solo voto - quindi anche i tanti piccoli stati a guida Gop avrebbero lo stesso peso di quelli più popolosi, come California e New York, di orientamento dem - e quindi è necessaria una maggioranza di almeno 26 stati.