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Come un oncologo riduce il rischio di cancro: 5 abitudini chiave

L’oncologo Mikkael A. Sekeres ha condiviso le sue abitudini per ridurre il rischio di cancro. Autore di diversi libri e professore di Ematologia presso il Sylvester Comprehensive Cancer Center dell’Università di Miami, l’oncologo ha pubblicato sul Washington Post 5 consigli che lui segue personalmente per allontanare il cancro, data la sua storia familiare fortemente segnata da questa malattia. Sua madre ha un cancro ai polmoni, mentre suo zio e sua nonna materna sono stati colpiti dalla leucemia. Dal lato paterno, il nonno ha avuto un tumore alla prostata e la nonna un cancro alle ovaie.

Sono un oncologo, ecco cosa faccio

Questa storia familiare ha motivato Sekeres non solo a intraprendere la carriera di oncologo, ma anche a fare scelte di vita mirate alla prevenzione.

Quasi la metà dei tumori, infatti, è prevenibile. Uno studio dell’American Cancer Society pubblicato a luglio ha stimato che, nel 2019, negli Stati Uniti, il 40% delle nuove diagnosi di cancro negli adulti sopra i 30 anni era dovuto a un rischio modificabile.

Ecco le cinque importanti misure che l’oncologo adotta per ridurre il rischio di cancro.

Protezione solare rigorosa

La prima abitudine che Sekeres segue riguarda la protezione solare. Durante gli studi di medicina, ha assistito a una lezione illuminante in cui il professore ha mostrato due foto: una di un uomo anziano con la pelle liscia, simile alla porcellana perché aveva evitato il sole per tutta la vita; l’altra di una donna più giovane, che trascorreva molto tempo al sole, con il viso ricoperto di rughe e un aspetto molto più invecchiato dell’uomo.
Questa lezione, seguita da un approfondimento sui tumori della pelle, ha spinto l’oncologo ad adottare misure preventive rigorose. Sekeres applica quotidianamente una protezione solare su viso e corpo, soprattutto quando prevede di esporsi al sole. Tiene sempre la protezione solare in macchina, per ogni evenienza e segue le raccomandazioni dei Centers for Disease Control and Prevention quando trascorre più di 30 minuti all’aperto, indossando un cappello, occhiali da sole, una maglietta a maniche lunghe e applicando una crema solare con un fattore di protezione di almeno 15.

Con buona pace dei negazionisti della crema solare. Il rifiuto delle protezioni solari, spiega all’Adnkronos Salute Giuseppe Argenziano, presidente Sidemast (Società italiana di dermatologia e malattie sessualmente trasmesse), “più che una moda direi che è un atteggiamento paranoico che purtroppo, come per i no-vax e i no-farmaci, può essere molto pericoloso”. Il punto è che “il 90% dei tumori della pelle sono collegati alle scottature solari e quindi il filtro solare rappresenta un buon compromesso tra voglia di sole e prudenza.

L’importanza della crema solare è supportata da uno studio del 2019, che ha rivelato come la radiazione ultravioletta sia il secondo fattore più importante nelle nuove diagnosi di cancro negli uomini (circa il 6% dei casi) e il quinto nelle donne (circa il 4% dei casi). Non sorprende che la maggior parte delle diagnosi di melanoma e tumore alla pelle non melanoma (cancro della pelle a cellule basali e squamose) siano state attribuite alla radiazione UV. Sekeres sottolinea anche l’importanza di evitare i lettini abbronzanti. Il rischio di melanoma aumenta del 75% nelle persone che si sottopongono a trattamenti di abbronzatura artificiale prima dei 35 anni, con un rischio proporzionale agli anni di utilizzo e al numero di sedute.

La Fondazione AIRC conferma l’importanza di queste precauzioni, sottolineando che i raggi ultravioletti (UV) a cui ci esponiamo quando siamo all’aperto possono avere effetti nocivi non solo sulla pelle, ma anche su occhi e labbra. Nello specifico, è stato calcolato che la maggior parte dei casi di melanoma (dal 65% a oltre il 90%) è dovuta a una scorretta esposizione al sole.

Alcol (quasi) bandito

Tasto dolente per molti italiani, soprattutto per i più giovani. Infatti, come risulta dall’indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia, edizione 2024, realizzata da Laboratorio adolescenza e Istituto di ricerca Iard, con il supporto operativo di Mediatyche Srl, oltre 7 ragazzi su 10 si sono ubriacati almeno una volta.

Non colpisce tanto la frequenza, quanto l’idea che gli effetti della sbronza finiscano nel giro di qualche ora, ignorando le conseguenze che l’assunzione di alcol ha sul corpo. Un’incoscienza che non va imputata ai giovani, ma alla cultura italiana che, anche per interessi economici, fa una netta separazione tra le droghe (ora anche la cannabis light) e l’alcol. Già la distinzione linguistica alcol-droghe la dice lunga su quanto, tutto sommato, l’alcol venga concepito come qualcosa di innocuo.

Il consumo di alcolici è il quarto fattore più importante per le nuove diagnosi di cancro negli uomini (circa il 5% dei casi) e il terzo nelle donne (circa il 6% dei casi). Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, collegati all’assunzione di alcol non sono solo i tumori della cavità orale o dell’esofago: il maggior numero di diagnosi di tumore collegate al consumo eccessivo di alcolici riguarda il cancro al seno, con oltre 44 mila casi negli Stati Uniti nel 2019 (circa 6.000 in Italia).

Non si tratta di demonizzare l’alcol o il proverbiale “bicchiere di vino rosso a tavola”. Sekeres ammette di apprezzare una birra fresca mentre guarda il baseball in estate o il football in inverno, ma limita l’assunzione di alcolici a 1-2 drink a settimana.

Il rischio di cancro in relazione al consumo di alcol è, infatti, dose-dipendente: più si beve, più è alto il rischio di cancro. Anche coloro che bevono un drink al giorno hanno un maggior rischio di sviluppare alcuni tumori, seppur contenuto.

No al fumo, le sigarette sono “bastoncini per il cancro”

La terza abitudine cruciale seguita dall’oncologo per ridurre il rischio di cancro è l’astensione dal fumo. L’impegno di Sekeres contro il fumo iniziò quando aveva solo 10 anni. Tentò di modificare il rischio di cancro di sua madre cercando di convincerla a smettere di fumare: su incoraggiamento della sua insegnante di scienze di quinta elementare, sostituì le sigarette della madre con pezzi di carta arrotolati sui quali aveva scritto “bastoncini per il cancro”. Purtroppo, questo sforzo si rivelò vano di fronte alla dipendenza dalla nicotina della madre. L’intervento dell’insegnante ebbe però un impatto duraturo su Sekeres, che non ha mai iniziato a fumare.

Questa scelta si è rivelata cruciale, considerando che negli Stati Uniti il fumo di sigaretta è stato il fattore che ha contribuito più di tutti a nuove diagnosi di cancro negli adulti sopra i 30 anni. Al fumo è stato attribuito l’86% delle diagnosi di cancro ai polmoni, il 54% dei tumori all’esofago, e circa il 51% di tumori alla vescica, oltre a molti altri tipi di tumori.

C’è però una buona notizia: smettere di fumare riduce progressivamente il rischio di ammalarsi, fino a riportarlo ai livelli dei non fumatori. Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute, dopo 10 anni il rischio di tumore ai polmoni si dimezza e diminuisce anche il rischio di tumori alla bocca, alla gola, all’esofago, alla vescica, al collo dell’utero e al pancreas.

Mezz’ora di esercizio fisico al giorno

Tra le cinque abitudini dell’oncologo per ridurre il rischio di tumore c’è l’esercizio fisico quotidiano. Sekeres si impegna a fare esercizio fisico ogni giorno per 30 minuti. Riconoscendo la difficoltà di inserire l’attività fisica in una giornata impegnativa, ha adottato una strategia efficace: inizia la giornata con l’attività fisica, svegliandosi un po’ prima del solito. Utilizza una cyclette posizionata vicino alla sua camera da letto e, mentre pedala, approfitta per controllare notifiche e social. In questo modo, l’oncologo americano è sicuro che, indipendentemente da come si svilupperà il resto della giornata, avrà già fatto qualcosa di buono per la sua salute.

L’importanza di questa abitudine è supportata da uno studio recente condotto su oltre 60 mila adulti, che ha mostrato risultati significativi. Chi svolge esercizio fisico per due o più ore a settimana ha un rischio inferiore del 26% di sviluppare tumori alla testa e al collo, un rischio inferiore del 20% di sviluppare cancro ai polmoni, e un rischio inferiore dell’11% di sviluppare il tumore al seno. È interessante notare che lo studio ha anche rilevato tassi leggermente più elevati di melanoma e tumore alla prostata tra chi fa esercizio regolare, un dato che merita ulteriori approfondimenti.

L’American Cancer Society fornisce raccomandazioni specifiche per l’attività fisica settimanale al fine di ridurre il rischio di tumore al seno, colon, endometrio e altri. Suggerisce 150-300 minuti di esercizio di intensità moderata (come camminare a passo svelto o andare in bicicletta a meno di 16 chilometri all’ora), oppure 75-150 minuti di esercizio a intensità elevata (come correre o andare in bicicletta a una velocità superiore ai 16 chilometri orari).

Per questo, qualsiasi italiano deve sperare che la proposta di inserire l’attività fisica come spesa detraibile nella dichiarazione dei redditi diventi legge. Il fatto che il “ddl Sbrollini” sia stata approvata da tutti i partiti nella X Commissione fa ben sperare.

Mangiare bene (non è scontato)

L’ultima, ma non meno importante, abitudine seguita e promossa da Sekeres riguarda l’alimentazione. La ricerca ha scoperto un’associazione tra cancro al colon e retto con il consumo di carne rossa o lavorata e il basso consumo di fibre e calcio. Consumare poca frutta e verdura è, invece, associato a tumori della cavità orale.

L’oncologo evita diete restrittive o più porzioni di uno stesso tipo di alimento al giorno. Ha eliminato completamente le bevande zuccherate, mangia frutta o verdura a pranzo e a cena, e limita l’assunzione di carne rossa a una o due volte a settimana. Inoltre, mangia raramente al fast food ed evita le carni lavorate.

Sekeres sottolinea che i rischi legati a un’alimentazione scorretta non si limitano al cancro, ma riguardano anche molte altre malattie croniche, come quelle cardiovascolari e metaboliche. L’Oms ha inoltre stilato un decalogo su come e cosa mangiare in estate per ridurre il rischio di infezioni.

Una categoria di alimenti a cui prestare particolare attenzione sono i cibi ultraprocessati: oltre a essere nocivi a lungo termine per la salute, questi possono perfino creare dipendenza in chi li consuma.

Se siete arrivati fin qui, è perché volete avere un approccio proattivo che tuteli la vostra salute. Ora, non vi resta che seguire le cinque abitudini dell’oncologo americano per ridurre il rischio di cancro. E nel frattempo, perché no?, sperare che ci siano ulteriori progressi nella diagnosi del cancro con l’intelligenza artificiale.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Alcuni comuni veneti hanno più richieste di cittadinanza...

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C’è qualcosa che non funziona nel diritto di cittadinanza italiano, almeno seguendo il buon senso. Ragazze e ragazzi nati in Italia non possono fare richiesta di cittadinanza, mentre altri, che magari non hanno mai visto il Belpaese, possono.

Da una parte, persone nate in Italia da genitori stranieri, che pur frequentando scuole italiane e vivendo nel Paese sin dal primo giorno, devono attendere anni prima di poter avanzare la richiesta di cittadinanza. Dall’altra, ci sono oriundi italiani, persone nate all’estero, che possono ottenere la cittadinanza italiana anche senza aver mai vissuto in Italia, perché il meccanismo di attribuzione si basa sullo ius sanguinis.

Caos cittadinanza, il caso del Veneto

Questa disparità è particolarmente evidente nel Veneto, dove 92 mila bambini e ragazzi, figli di genitori stranieri, vivono e studiano senza avere la cittadinanza, mentre 300 mila oriundi nati all’estero, con un trisavolo veneto, riescono a ottenerla. Si tratta di un fenomeno che pone serie domande sul senso di appartenenza e cittadinanza nel nostro Paese, ma anche sui criteri con cui vengono stabiliti i diritti civili.

Il Veneto è una delle regioni italiane più colpite da questa dinamica, a causa del suo passato di forte emigrazione verso le Americhe tra Ottocento e Novecento. Molti discendenti di emigranti veneti, principalmente in Brasile e Argentina, richiedono la cittadinanza italiana grazie alla legge sullo ius sanguinis. Salvatore Laganà, presidente del Tribunale di Venezia, ha confermato che il 43% delle richieste per discendenza in tutta Italia proviene proprio dal Veneto. Dal trasferimento della competenza nel 2022, il Tribunale ha gestito oltre 23 mila pratiche, con ancora 18 mila richieste pendenti.

La regione oggi si trova a gestire migliaia di richieste di cittadinanza, un compito che grava pesantemente sui piccoli Comuni. Il paradosso demografico è evidente: in un territorio in cui nascono sempre meno bambini – circa 30 mila all’anno – il numero di nuovi cittadini per discendenza supera di gran lunga quello delle nuove nascite.

Questo scenario sottolinea quanto sia urgente una riforma del sistema di cittadinanza in Italia, che tenga conto non solo dei legami di sangue, ma anche del radicamento effettivo e dell’integrazione nella società italiana.

Un fattore che aggrava la situazione è che una singola pratica può riguardare interi nuclei familiari, portando il numero di persone coinvolte a moltiplicarsi. Questo ha intasato le anagrafi dei piccoli Comuni veneti, come Val di Zoldo, dove le richieste di cittadinanza superano di gran lunga il numero di nascite locali: nel 2024, il Comune ha registrato 54 nuove cittadinanze, contro soli 11 nuovi nati.

La critica ai benefici per gli oriundi

Il sindaco di Val di Zoldo, Camillo De Pellegrin, ha espresso preoccupazione riguardo al fatto che questi nuovi cittadini, pur ottenendo il passaporto italiano, raramente vivono in Italia o contribuiscono alla comunità locale. In molti casi, la cittadinanza italiana rappresenta uno strumento per ottenere benefici, come la possibilità di viaggiare e lavorare in Europa, senza che ci sia un reale interesse a vivere nel Paese. De Pellegrin ha sottolineato come questo fenomeno sovraccarichi gli uffici comunali, distogliendo risorse dalle necessità locali, come la gestione dell’immigrazione e del mercato del lavoro.

Rivedere la cittadinanza

Proprio nelle scorse settimane, la maggioranza di governo si è spaccata sul diritto di cittadinanza e sui modelli Ius soli, Ius scholae e Ius culturae, che si pongono come alternative al vigente sistema basato sul principio dello Ius sanguinis.

L’attuale legislazione sulla cittadinanza italiana pone l’accento sui legami di sangue piuttosto che sui legami reali con il Paese. Il diritto italiano consente ai discendenti di italiani all’estero di richiedere la cittadinanza attraverso lo ius sanguinis, anche se vivono a migliaia di chilometri di distanza e non hanno alcun legame tangibile con l’Italia. Brasile e Argentina sono tra i Paesi con il maggior numero di discendenti di italiani, e molti di loro sfruttano questa possibilità. Secondo Laganà, il numero di richieste è in costante aumento, complicando ulteriormente il lavoro delle autorità locali.

Una situazione inconcepibile per il vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani che in un’intervista al Corriere della Sera ha chiosato: “Svegliamoci, il mondo è cambiato. Il Paese è maturo per lo Ius scholae”. Di tutt’altro avviso l’altro vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, che ha scritto in un post: “”La legge sulla cittadinanza va benissimo così, e i numeri di concessioni (Italia prima in Europa con oltre 230mila cittadinanze rilasciate, davanti a Spagna e Germania) lo dimostrano. Non c’è nessun bisogno di ius soli o scorciatoie”.

Intanto, l’Istat certifica che l’80,3% dei giovani stranieri residenti in Italia si sente italiano, nonostante non sia riconosciuto come cittadino.

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La proposta della Lega sulla castrazione chimica: “I malati...

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La proposta della Lega di introdurre la castrazione chimica per pedofili e stupratori ha recentemente guadagnato terreno nel dibattito politico italiano. Presentata come ordine del giorno al ddl Sicurezza, la proposta ha ottenuto il via libera del governo, aprendo la strada alla discussione parlamentare.

“Copiare altri Paesi europei ed occidentali che per pedofili e stupratori hanno in vigore la castrazione chimica, mi sembra un passo in avanti verso la civiltà”, ha affermato il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, parlando del possibile inserimento della misura nel Ddl sicurezza a margine del salone nautico di Genova. “Sono contento se offriamo più sicurezza ai cittadini, non della Lega, ai cittadini di destra e di sinistra, giovani e anziani, simpatici e antipatici, e prevedere il carcere per chi usa i minori e le gravidanze per rapinare e rubare è una questione di civiltà, prevedere lo sgombero delle case occupate abusivamente mi sembra assolutamente di buon senso, sottolinea il ministro. Un pedofilo, uno che abusa di una ragazza, di una donna o di un bambino di otto anni, oltre che essere un criminale, è un malato. E i malati vanno curati. E quindi conto che questo tavolo porti a degli esiti positivi per tutti”, ha concluso Salvini.

Il deputato Igor Iezzi ha sottolineato l’importanza di istituire una commissione o un tavolo tecnico per valutare la possibilità di trattamenti farmacologici e psichiatrici per i condannati, con l’obiettivo di ridurre il rischio di recidiva.

Favorevoli e contrari

Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha espresso il suo sostegno entusiasta alla proposta, definendola un passo avanti verso la civiltà e la sicurezza dei cittadini. La Lega vede nella castrazione chimica una misura di giustizia e buonsenso, mirata a garantire tolleranza zero per stupratori e pedofili.

Dall’altra parte, le forze di opposizione si sono schierate fermamente contro la proposta. Il Partito Democratico, rappresentato dalla deputata Simona Bonafè, ha criticato la misura come incostituzionale e contraria ai principi del sistema giuridico italiano. Anche Italia Viva e Alleanza Verdi e Sinistra hanno espresso forti riserve, accusando la Lega di promuovere una politica repressiva e di propaganda.

Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera, ha dichiarato: “La violenza sessuale è un reato odioso per cui, così come per tutti i reati, va garantita certezza della pena ma arrivare come fa la Lega a tornare a proporre la castrazione chimica, addirittura con un tavolo ad hoc, è inaccettabile e incostituzionale. Pensare di sottoporre, seppur volontariamente, un detenuto a pena corporale viola qualunque principio di umanità e giustizia. Ci opporremo a questa follia, la Lega ha superato il segno. Anziché darsi alla becera propaganda, si preoccupino di garantire la sicurezza nelle nostre città, che i dati del Viminale ci mostrano essere sempre più insicure.”

Luana Zanella, presidente di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, ha aggiunto: “Sono anni, direi decenni che la subcultura leghista in materia di reati sessuali ripropone come un mantra la castrazione chimica. È solo un modo per parlare alla pancia del paese, uno slogan di chi ritiene che la violenza sessuale o la pedofilia siano un problema ormonale. Niente di più falso. Smettano di ridurre la questione ad un problema fisiologico di ormoni, rimuovendo la radice culturale e patriarcale della violenza sessuale e proponendo scorciatoie ridicole.”

Cosa è la castrazione chimica?

La castrazione chimica è un trattamento farmacologico che mira a ridurre il desiderio sessuale attraverso l’uso di farmaci che abbassano i livelli di testosterone. Questo trattamento è generalmente volontario e reversibile, e viene utilizzato come misura per prevenire la recidiva in individui condannati per reati sessuali. La castrazione chimica non comporta interventi chirurgici e i suoi effetti cessano una volta interrotto il trattamento.

Paesi europei dove c’è la castrazione chimica

Il ministro Salvini ha fatto riferimento al copiare altri Paesi. Perché in effetti, in Europa, la castrazione chimica è già in Germania, Francia, Regno Unito, Belgio, Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Estonia, Lituania, Polonia, Ungheria e Islanda. In questi Paesi, il trattamento è generalmente volontario e reversibile, mirato a ridurre il desiderio sessuale attraverso terapie ormonali.

La proposta della Lega sulla castrazione chimica continua a suscitare un acceso dibattito in Italia. Mentre i sostenitori vedono nella misura un passo necessario per la sicurezza e la giustizia, gli oppositori la considerano una violazione dei diritti umani e dei principi costituzionali. Il futuro della proposta dipenderà dalle prossime discussioni parlamentari e dalla capacità delle diverse forze politiche di trovare un compromesso.

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Sophia Loren, 90 anni e non sentirli…ma come?

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Sophia Loren oggi compie 90 anni, anche se per crederci bisognerebbe guardare la sua carta di identità. Nata a Roma il 20 settembre 1934 con il nome Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, a 15 anni partecipa al concorso di bellezza Miss Italia e vince il titolo di Miss Eleganza. In quella occasione viene notata da registi e produttori cinematografici, tra cui Carlo Ponti, che le offrirà un contratto per recitare nei suoi film e diventerà suo marito dal 1966 al 2007, anno della sua dipartita.

Da quel concorso, nulla è stato come prima. Nella vita di Sophia Loren e del cinema italiano, di cui rappresenta una leggenda vivente. Con due Oscar all’attivo, tra cui uno alla carriera, e ruoli iconici in pellicole come La ciociara e Matrimonio all’italiana, Loren ha conquistato il mondo con il suo talento, il suo fascino senza tempo e il suo carisma ineguagliabile.

Oggi, nonostante le 90 candeline, continua a rappresentare una fonte di ispirazione per molte donne che vedono in lei l’esempio perfetto di come affrontare l’invecchiamento con grazia e in salute.

I consigli di Sophia Loren per invecchiare bene

Sophia Loren ha più volte condiviso i suoi segreti per invecchiare bene, senza mai tradire la sua immagine di donna autentica e naturale, che non ha mai cambiato forma al suo corpo, neanche quando ritenuto ‘non del tutto conforme’ ai canoni dello spettacolo. Celebre la sua frase: “Non voglio un corpo e un viso perfetto. Voglio semplicemente indossare la vita che ho vissuto”.

Non vedere la sua bellezza esterna è impossibile, ma tutto parte da dentro, assicura lei: “Esiste una fonte di giovinezza: è la tua mente, il tuo talento, la creatività che metti nella tua vita e nella vita delle persone che ami. Quando impari a sfruttare questa fonte, avrai veramente sconfitto l’età”.

“La bellezza di una donna – ha anche affermato Sophia Loren – aumenta con il passare degli anni. La bellezza di una donna non risiede nell’estetica, ma la vera bellezza in una donna è riflessa dalla sua anima.”

Ecco alcuni dei suoi consigli principali per invecchiare bene:

Curare la propria alimentazione: Sophia Loren è una grande sostenitrice della dieta mediterranea. In molte interviste ha sottolineato l’importanza di mangiare sano, favorendo alimenti freschi e naturali. Il suo amore per l’olio d’oliva è celebre: “Uso olio d’oliva per tutto”, ha dichiarato Loren in diverse occasioni, spiegando che lo utilizza non solo nella sua dieta, ma anche come idratante per la pelle;
L’importanza del sonno: “Vado a dormire presto. Mai dopo le 20. Guardo un po’ di tv e poi spengo. Se posso cerco di addormentarmi alle 21”, ha rivelato in passato al Corriere della Sera;
Mantenere un’attività fisica regolare: anche se non è mai stata un’appassionata di palestra, Loren ha sempre sostenuto l’importanza del movimento quotidiano. Passeggiate all’aria aperta, nuoto e yoga sono alcune delle sue attività preferite per mantenere il corpo attivo;
Pensare positivo e coltivare l’amore per la vita: come abbiamo visto, Sophia Loren ha sempre ribadito che il segreto della longevità non risieda solo nel prendersi cura del proprio corpo, ma anche nella mente. La diva senza tempo ha sempre sottolineato l’importanza di non lasciarsi travolgere dallo stress, ma di affrontare le difficoltà con serenità e ottimismo. La visione ‘costruttiva’ della vecchiaia è un chiaro esempio di questo approccio;
Non temere il passare del tempo: per Sophia Loren, accettare con serenità il processo di invecchiamento è fondamentale. Nella sua biografia ha scritto una delle frasi più apprezzate dalle donne: “Nulla rende una donna più bella della convinzione di essere bella”. Per lei, l’età non dovrebbe mai essere vista come un limite, ma come una fase naturale della vita che va vissuta appieno.

Un’icona senza tempo

Sophia Loren continua a rappresentare un esempio luminoso di eleganza e saggezza, anche nel suo novantesimo anno. Il suo approccio alla vita e all’invecchiamento è un invito a tutte le donne a prendersi cura di sé stesse, non solo esteticamente ma anche spiritualmente.

Come ha dichiarato a Vanity Fair nel 2020: “L’invecchiamento è una parte della vita, ma non deve definirti. Sono i sogni e la voglia di vivere che contano davvero”.

E Sophia Loren, evidentemente, ha ancora tanti sogni e ancora tanta voglia di vivere.

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