Olimpiadi Parigi 2024 tra caldo, Covid e Senna inquinata: effetti su sforzo atleti
Il bilancio del vice presidente della Simfer, la Società italiana di medicina fisica e riabilitativa: "Distinguere tra infortunio e malattia"
Non solo le gare. Gli atleti di Parigi 2024 hanno dovuto sfidare anche i rischi per il caldo, la Senna inquinata, il Covid. Le Olimpiadi rappresentano, per la maggior parte degli sportivi, il coronamento di un sogno, l'apice della carriera. "Un obiettivo non facile da raggiungere e che sottopone ogni atleta a stress psico-fisici difficilmente eguagliabili. Per comprendere bene le problematiche alle quali possono andare incontro gli atleti dobbiamo in primo luogo fare una distinzione tra infortunio (injury), termine con il quale si descrivono problematiche a carico principalmente all'apparato muscoloscheletrico come ad esempio distorsioni, contusioni, lesioni muscolari, tendinopatie, e malattia (illness), termine con il quale si descrivono le altre problematiche come ad esempio il Covid-19, le infezioni da E.Coli, l'ipertermia da sforzo". Così all'Adnkronos Salute Andrea Bernetti, vice presidente della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer), fa un bilancio delle Olimpiadi 2024 di Parigi.
Infortuni e malattie
"Secondo uno studio condotto relativamente alle Olimpiadi di Tokyo sono stati segnalati in totale 1.035 infortuni e 438 malattie, pari a 9,1 infortuni e 3,9 malattie per 100 atleti durante il periodo di 17 giorni, su 11.315 atleti (5.423 donne, 48%; 5.892 uomini, 52%) provenienti da 206 Comitati Olimpici Nazionali (Noc). L'incidenza degli infortuni è stata più alta nel pugilato (27%), nel Bmx racing (27%), nel Bmx freestyle (22%), nello skateboard (21%), nel karate (19%) e nella pallamano (18%) - sottolinea Bernetti - Ci sono state poi condizioni particolari come il Covid-19 e l'ipertermia da sforzo che si sono aggiunte agli infortuni tipici di ogni singola disciplina. Potendo al momento fare un confronto assolutamente parziale con le Olimpiadi di Parigi 2024, possiamo aggiungere a questo quadro alcuni elementi che hanno caratterizzato questa recente edizione. Ad esempio si è parlato tanto degli eventi natatori svolti nella Senna - ricorda - e del rischio di infezioni contratte a causa dell'inquinamento delle sue acque, tuttavia ad oggi poche segnalazioni sono state riportate alla cronaca. Dati definitivi dai quali trarre ragionevoli conclusioni saranno eventualmente disponibili nelle prossime settimane".
Sicuramente tutti i comitati Olimpici Nazionali "hanno staff sanitari di altissimo livello che sono pronti ad affrontare sia il rischio di infortunio che la prevenzione delle malattie. Esistono protocolli specifici di preparazione che minimizzano il più possibile ciascun rischio e trattamenti riabilitativi che vengono applicati in condizioni di necessità, senza parlare poi della definizione di tutti gli aspetti biomeccanici che per alcune discipline sono fondamentali. Terapie - continua il medico-fisiatra e professore ordinario di Medicina Fisica e Riabilitativa all'Università del Salento - come la crioterapia, la massoterapia, l'idrochinesiterapia vengono generalmente inserite nel protocollo di recupero di molteplici sport, accanto all'attenzione all'approccio nutrizionale e mentale. L'atleta olimpico deve essere valutato in modo personalizzato, conoscendo a priori le sue caratteristiche peculiari che permettono di individualizzarne la gestione da ogni punto di vista".
"In caso di infortunio esistono poi, a seconda della gravità dello stesso, una serie di trattamenti riabilitativi che possono permettere in caso di gestire la situazione: terapia fisica strumentale (laserterapia, elettroterapia, onde d'urto), terapia infiltrativa sotto guida ecografica per meglio raggiungere il target (prp, ossigeno-ozonoterapia, acido ialuronico), rieducazione motoria e posturale. Naturalmente, in considerazione dei tempi stretti dell'evento olimpico, non è sempre possibile gestire l'infortunio durante la competizione stessa, ma dobbiamo anche considerare che a volte gli atleti giunti alla competizione hanno effettuato alcune tipologie di trattamento durante la stagione che ha portato alle Olimpiadi, e che in alcuni casi possono e devono continuare i trattamenti", precisa Bernetti.
Inoltre, "molti dei trattamenti riabilitativi vengono applicati anche a scopo preventivo e per minimizzare il rischio di infortunio stesso. Non dimentichiamo inoltre che a breve inizieranno anche i Giochi Paralimpici, anche in questo caso la gestione degli atleti è cruciale, con alcune criticità particolari come ad esempio l'utilizzo di attrezzatura specifica (ortesi, ausili e protesi sport dedicate) e il sovraccarico biomeccanico in alcune misure anche maggiore", conclude il medico-fisiatra.
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Allegri e il quarto Tapiro d’Oro: “Addio alla...
L'ex allenatore bianconero ha anche parlato del suo futuro
Massimiliano Allegri si gode le vacanze e non pensa al futuro. L'ex allenatore della Juventus, che ha lasciato i bianconeri lo scorso giugno, era stato anche tra i nomi accostati alla Roma per succedere a Ivan Juric, prima che i giallorossi virassero su Claudio Ranieri. Oggi Allegri ha ricevuto il quarto Tapiro d'Oro della sua carriera, consegnato dall'inviato di Striscia la Notizia Valerio Staffelli: "Sto bene anche in vacanza", ha spiegato divertito Allegri nell'intervista che andrà in onda questa sera su Canale 5 alle 20.35.
Alla domanda dell’inviato se fosse stato esonerato dalla Juventus per colpa del Managing Director, Cristiano Giuntoli, Allegri risponde: "Assolutamente no, sono molto affezionato alla mia ex squadra e gli auguro sempre il meglio"». E quando Staffelli gli chiede se la Juve di Motta stia arrancando, rispetto alla sua, Allegri glissa così: "Sono stato a vedere il tennis, mi sono divertito un sacco".
"Ha incontrato Sinner per trovare un posto al Monaco?", lo ha incalzato l'inviato, "No, Jannik è un grande giocatore e un ottimo ragazzo", ha risposto divertito il tecnico. Infine, sull’indiscrezione che vedeva Allegri a un passo dalla Premier, l’allenatore scherza: "C’era la Manica, il mare di mezzo… mi mancavano i braccioli per nuotare fino a là".
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Zverev batte Alcaraz e lo elimina dalle Atp Finals
Il tedesco vola in semifinale, dove affronterà Taylor Fritz
Clamoroso a Torino: Carlos Alcaraz è stato eliminato dalle Atp Finals. Fatale per lo spagnolo la sconfitta di questo pomeriggio contro Alexander Zverev, che nell'ultima giornata del girone 'Newcombe' si è affermato in due set con il punteggio di 7-6, 6-4 in un'ora e 57 minuti. Il tedesco, che era già sicuro della qualificazione dopo aver battuto Rublev e Ruud, si è così confermato come uno dei tennisti più in forma del torneo e ora diventa il rivale numero uno di Jannik Sinner per la vittoria finale. In semifinale Zverev affronterà domani lo statunitense Taylor Fritz, numero 5 del mondo che ha chiuso al secondo posto il proprio girone.
Grande delusione per Alcaraz, che nei giorni scorsi aveva lamentato problemi di stomaco e una stanchezza dovuta ai tanti impegni stagionali. Carlos chiude il suo torneo con un solo punto conquistato, contro Rublev, e abbandona le Finals in virtù anche della sconfitta rimediata all'esordio con Ruud. I due sono infatti appaiati a quota 1 punto in classifica e il norvegese, che questa sera chiuderà la fase a gironi contro il russo per conquistare la semifinale, è comunque avanti ad Alcaraz in virtù dello scontro diretto.
Sinner, che ha chiuso al primo posto il proprio girone, scoprirà questa sera il suo avversario. Se Ruud battesse Rublev volerebbe in semifinale contro l'azzurro, mentre in caso di vittoria del russo si andrebbero a contare i game vinti.
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A caccia di tempeste: la strategia dei navigatori oceanici...
Probabilmente è l'unica categoria che potrebbe trarre un minimo di vantaggio dal cambiamento climatico in atto sul pianeta: sono i velisti oceanici impegnati nelle competizioni più lunghe ed estenuanti. Come il Vendée Globe, la cui decima edizione è in corso, con i primi che hanno già doppiato le isole Canarie a meno di una settimana -domenica scorsa, davanti a una folla di 300.000 persone inzeppate nel paesino vandeano di Les Sables d'Olonne- dalla partenza della regata più dura del mondo
Vendée Globe, come funziona
In solitaria, senza scalo né assistenza, sugli Imoca 60 che in una quindicina di esemplari sfoggiano i foil per sollevare scafi ma non sullo specchio acqueo piatto di Barcellona, sede dell'ultima America's Cup, bensì sulle colline mobili degli oceani, lontani da ogni terra e lungo rotte che prevedono navigazioni alle latitudini estreme tra i 40 e i 50 gradi. Paradossalmente per chi vive a terra, e a differenza di qualunque navigatore "normale", gli atleti delle regate oceaniche non scansano le tempeste: anzi le cercano. Lambire una zona di depressione, o a volte ficcarcisi dentro per scelta, garantisce una maggiore velocità di navigazione, poco importa il disagio ma sempre con un occhio alla tenuta delle strutture delle barche, sempre progettate per resistere alle condizioni oceaniche estreme ma tuttavia anche con un occhio alla leggerezza, come competizione vuole.
Nicolas Lunven e il nuovo record
Ha fatto impressione per esempio l'impresa del francese Nicolas Lunven su Holcim PRB: 546,6 miglia, vale a dire circa 1.021 km, in 24 ore appena due giorni fa: nuovo record sugli Imoca, migliorando di 6 miglia (10 km) quello di Thomas Ruyant del 2023. Il francese è stato costretto a cercare una zona di maggior vento azzeccando l'accelerazione di curvatura proveniente da capo Finisterre: alla partenza dalla Vandea aveva scelto una rotta molto più verso ovest-nord ovest degli altri 39 skipper, tutti diretti a sud ovest verso Finisterre, regalandogli il penultimo posto, peggiorato anche da una cima aggrovigliata su una delle due barre del timone che lo ha costretto a fermarsi e a sbrogliare la matassa in piena notte.
Una volta agganciata la giusta pressione del vento, dal 39mo posto Lunven ha risalito quasi tutti fino a raggiungere il quarto posto, una rimonta che ha dell'incredibile. Qualcosa che sta succedendo anche all'unico italiano in gara, Giancarlo Pedote su Prysmian, partito venticinquesimo e proprio oggi, secondo il sito del Vendée Globe, anche lui in quarta posizione geografica, ma solo perché più a sud est di altri, mentre in classifica reale navigherebbe sempre intorno alla quindicesima posizione.
La leggendaria impresa di Sir Peter Blake nel 1994
Ma la ricerca di tempeste per andare più veloci risale a molto tempo prima dei nostri anni. Il primo ad adottare scientemente questa strategia, annunciandola prima di partire, fu il grande velista neozelandese Sir Peter Blake nel suo storico record al Trofeo Jules Verne del '94 a bordo del catamarano Enza New Zealand, all'epoca il più grande del mondo con i suoi 80 piedi (circa 25 metri). Anche questa una regata intorno al mondo ma in equipaggio e con l'obiettivo di circumnavigare il globo entro gli 80 giorni, creata nel '91. Il primo tentativo fallì per colpa di un container a pelo dell'acqua che aprì una falla nello scafo di dritta e lo costrinse al ritiro, lasciando la vittoria al francese Bruno Peyron che impiegò circa 79 giorni, primo al mondo a scendere sotto gli 80.
Blake, che a bordo aveva anche un'altra leggenda della vela come Sir Robin Knox-Johnston, ripartì nel gennaio del '94 sull'Enza potenziato, in un duello con Olivier de Kersauson sul suo maxi trimarano Lyonnaise des Eaux Dumez. Il leggendario neozelandese completò il giro in 74 giorni e poco più di 22 ore, anche affrontando un'ultima tempesta dalla forza di un uragano dopo un viaggio forsennato saltando su onde che lambivano i 20 metri. Sir Peter Blake finì la sua vita nel 2000, assassinato a fucilate sulla barca-spedizione scientifica Seamaster alla foce del Rio delle Amazzoni da un gruppo di "topi d'acqua", ladri locali.
Gli Imoca "surfano" davanti alle depressioni
Tornando al Vendée Globe, "il loro gioco sarà proprio quello di mettersi davanti alle depressioni e restarci davanti: Come quando si fa surf, infatti 'surfano' davanti alle depressioni. Questo è possibile oggi perché gli Imoca viaggiano intorno ai 30 nodi, velocità simili a quelle delle depressioni. In altri tempi, con le barche dislocanti, non era una tattica da seguire perché andavano a velocità di parecchio inferiori: quindi ti prendevi le botte finché non passava". Gianni Bianchini, routier e "interprete" della meteo, esperto in rotte e strategie di regata, lavora con alcuni fra i più noti velisti oceanici italiani, Class40 Fornaro, Sericano, Rosetti, e collaboratore del team di comunicazione del fortissimo Ambrogio Beccaria, istruttore nei corsi di strategia per la ClasseMini 650, ci spiega il nucleo della strategia oceanica moderna.
"Restando davanti alle depressioni hanno vento che di fatto li spinge, e se riescono a mantenere la surfata. Come sulle tavole, se poi l'onda-depressione ti sorpassa, sei costretto ad aspettare o andare a cercare quella dopo per continuare a fare grandi velocità", che è poi l'intento principale di chi regata, a parte riportare a casa la pelle. "Infatti in questo gioco è fondamentale bilanciare i rischi, perché ci si espone al rischio di rotture. In definitiva, andare a vela è una costante gestione del rischio". Regate di questo tipo "si vincono nei mari del sud", quelli non dei tropici ma quasi di fronte all'Antartide, "dove le depressioni sono libere di scorrere senza incontrare terra, depotenziandosi". In sintesi, per vincere queste regate devi andare a cercare i guai senza farti convolgere troppo: se non è scherzare con il fuoco, è quantomeno giocare a scacchi con l'oceano.
di Paolo Bellino