L’estate si rivela non solo una stagione di svago e relax, ma anche un periodo favorevole per chi desidera concepire. Recenti studi, tra cui una ricerca condotta dall’Azienda ospedaliera universitaria di Parma e pubblicata sulla rivista Chronobiology International, hanno rivelato che la motilità degli spermatozoi è significativamente più alta durante i mesi estivi. In particolare, la ricerca ha dimostrato che la motilità spermatozoica in luglio e agosto è doppia rispetto a quella di gennaio. Questo fenomeno può essere attribuito a diversi fattori ambientali e biologici che caratterizzano l’estate. Il caldo, insieme all’aumento dell’illuminazione solare, influisce positivamente sulla qualità dello sperma, potenziando la capacità di movimento degli spermatozoi e migliorando così le probabilità di concepimento.
L’influenza della luce solare sui livelli di vitamina D
Un elemento chiave che contribuisce a questo miglioramento della fertilità estiva è l’aumento dei livelli di vitamina D, grazie all’allungamento delle giornate e all’aumento delle ore di luce solare. Daniela Galliano, specialista in Ostetricia, ginecologia e medicina della riproduzione e responsabile del centro PMA Ivi di Roma, sottolinea che la vitamina D gioca un ruolo cruciale nella regolazione della fertilità. L’esposizione alla luce solare stimola la produzione di questa vitamina, che ha effetti positivi sulla qualità degli ovuli e sul ciclo mestruale. In particolare, la vitamina D contribuisce a un ambiente interno più favorevole per l’ovulazione e per il concepimento, rendendo il calcolo del periodo fertile più preciso e naturale.
Il ciclo mestruale è influenzato non solo dalla vitamina D, ma anche dalla regolazione della melatonina, un altro ormone che beneficia dell’aumento della luce solare estiva. L’illuminazione solare contribuisce a un miglior equilibrio della melatonina, facilitando una regolazione più naturale e regolare del ciclo mestruale. Questo aspetto è particolarmente importante per le coppie che stanno cercando di concepire, poiché un ciclo mestruale regolare e ben gestito migliora le probabilità di identificare il periodo di ovulazione.
In aggiunta, l’estate offre l’opportunità di ridurre i livelli di stress, uno dei principali nemici della fertilità. Lo stress cronico può alterare l’equilibrio ormonale, influenzando negativamente sia gli ormoni sessuali che quelli tiroidei, essenziali per l’ovulazione e il concepimento. Le condizioni di stress elevato possono portare a un incremento dei livelli di cortisolo, adrenalina e noradrenalina, che possono compromettere la qualità dello sperma e la funzione ovarica. Galliano sottolinea che l’estate rappresenta un’occasione per disintossicarsi dalla vita urbana e dalla tecnologia, riducendo così lo stress e migliorando il benessere generale.
La vitamina D è essenziale per la salute riproduttiva e può essere incrementata attraverso l’esposizione al sole e una dieta adeguata. Galliano raccomanda di esporsi al sole per circa 30 minuti al giorno, adottando però le necessarie protezioni per evitare scottature. Inoltre, alimenti ricchi di vitamina D come pesci grassi (salmone, sardine, sgombro), uova e latticini dovrebbero essere inclusi nella dieta. In alcuni casi, l’assunzione di integratori multivitaminici può essere utile, sempre previa consultazione con un medico. Questi integratori aiutano a garantire un adeguato apporto di vitamina D, contribuendo così a migliorare le probabilità di concepimento e il successo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA).
Precauzioni per le coppie che si sottopongono a PMA
Per le coppie che stanno affrontando trattamenti di PMA, l’estate può offrire vantaggi, ma è fondamentale affrontare questa stagione con alcune precauzioni specifiche. I trattamenti come la fecondazione in vitro o l’inseminazione intrauterina, richiedono un’attenzione particolare, poiché le condizioni ambientali possono influenzare il successo delle procedure.
Innanzitutto, una delle preoccupazioni principali riguarda l’aumento della temperatura corporea. Galliano avverte che, dopo il transfer di embrioni, è consigliabile evitare ambienti caldi, come saune, bagni turchi e lettini abbronzanti. Temperature elevate possono stressare il corpo e potenzialmente compromettere l’impianto dell’embrione. Anche l’esposizione prolungata al sole, sebbene benefica per la vitamina D, deve essere gestita con attenzione. Le coppie devono prestare attenzione a non esagerare con l’esposizione solare, adottando misure di protezione come l’uso di creme solari e abbigliamento appropriato per mantenere una temperatura corporea adeguata.
Inoltre, è importante considerare l’alimentazione e l’idratazione. Durante l’estate, le coppie dovrebbero privilegiare alimenti freschi e leggeri, ricchi di nutrienti essenziali. L’idratazione è cruciale: bere molta acqua e consumare tisane fresche può aiutare a mantenere il corpo in equilibrio, evitando la disidratazione, che può influire negativamente sulla salute generale e sulla fertilità. È consigliabile limitare l’assunzione di bevande zuccherate, alcoliche e caffeinate, che possono avere un effetto diuretico e contribuire a una riduzione dei livelli di idratazione.
Un’altra considerazione importante riguarda l’attività fisica. Sebbene l’esercizio regolare sia benefico per la salute, durante i trattamenti di PMA è consigliabile evitare sport ad alto impatto o attività fisiche estreme che potrebbero provocare traumi o stress eccessivo. Galliano suggerisce di optare per attività più leggere e rilassanti, come lo yoga o le passeggiate nel verde, che possono migliorare la circolazione sanguigna e ridurre lo stress senza sovraccaricare il corpo.
Infine, le coppie dovrebbero mantenere una comunicazione aperta con il proprio medico o specialista in fertilità. Ogni percorso di PMA è unico, e le raccomandazioni possono variare a seconda delle circostanze individuali. È fondamentale seguire le indicazioni del medico, che potrà fornire consigli personalizzati per affrontare al meglio la stagione estiva durante il trattamento.
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6 genitori su 10 vogliono più supporto psicologico: i dati...
La ricerca di Nestlé e Unobravo certifica le difficoltà di essere genitore in Italia. L’azienda offre tre sedute gratuite ai genitori
Sempre meno italiani decidono di avere figli. Tra quelli che lo fanno, molti si sentono abbandonati di fronte a una sfida piena di incertezze, paure e ansie mai affrontate prima.
La conferma arriva dalla survey “Genitori ai primi passi” condotta da Nestlé e Unobravo. L’indagine ha coinvolto oltre 1.100 genitori o aspiranti tali per comprendere le difficoltà emotive, psicologiche e pratiche del diventare genitori oggi.
Genitori chiedono supporto mentale
L’esito più netto riguarda la salute mentale: il 60% dei genitori afferma di volere un supporto psicologico per affrontare le sfide della genitorialità, ma solo il 4% si rivolge effettivamente a un professionista, segnalando un notevole divario tra il bisogno percepito e l’azione.
Un dato particolarmente preoccupante è quello legato alla salute mentale delle madri. Solo il 35% delle madri dichiara di sentirsi bene fisicamente e mentalmente, rispetto al 52% dei padri. Questa disparità conferma il gender gap domestico per cui le madri tendono a sacrificare il proprio benessere (e spesso anche la carriera) per concentrarsi sul bambino e sulla cura della casa.
Negli ultimi anni, qualcosa sta cambiando, ma la differenza tra le responsabilità della donna e quelle dell’uomo è ancora evidente.
Il ruolo del partner e il sostegno reciproco
Il contesto economico non consente a tutti di rivolgersi allo psicologo, anche perché già mantenere un figlio costa e gli incentivi, pur esistenti, non bastano.
La maggior parte dei genitori (il 67%) dichiara di rivolgersi al proprio partner per chiedere aiuto nei momenti critici, sottolineando l’importanza della collaborazione nella coppia. Il 69% dei genitori si sente adeguatamente supportato dal proprio partner, un segnale positivo che evidenzia come la condivisione delle responsabilità genitoriali sia in crescita. Tuttavia, nonostante questo miglioramento, molte coppie sentono la necessità di un ulteriore sostegno per affrontare le pressioni quotidiane.
La percezione del controllo
Un altro dato emerso dalla ricerca di Nestlé e Unobravo è che solo il 32% dei genitori sente di avere sotto controllo le sfide della genitorialità. La sensazione di non riuscire a gestire la situazione, unita all’enorme responsabilità nei confronti dei figli, crea un circolo vizioso: più i genitori si sentono sopraffatti, più aumenta lo stress e la sensazione di inadeguatezza.
Questo fenomeno è strettamente connesso alle alte aspettative sociali e alle opinioni altrui, vissute come un peso da quasi il 40% dei genitori.
Pressioni sociali e perfezionismo
Dalla ricerca, emerge che la pressione di dover essere “genitori perfetti” è una delle principali fonti di ansia per molti neogenitori. “C’è una convinzione diffusa che tutto debba essere perfetto per accogliere un bambino, ma voler tendere alla perfezione potrebbe significare rincorrere una condizione irrealizzabile”, spiega Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e direttore clinico del servizio di psicologia online Unobravo. Più del 59% dei genitori si sente stressato dall’opinione altrui, il che contribuisce ad alimentare l’ansia di non essere all’altezza delle aspettative sociali.
Nestlé lancia il progetto “Genitori ai primi passi”
In risposta ai dati emersi dalla survey, Nestlé ha lanciato il progetto “Genitori ai primi passi”, un’iniziativa che offre supporto psicologico gratuito ai neogenitori, in collaborazione con Unobravo. L’obiettivo del progetto è fornire un sostegno pratico, che si traduce in tre sedute gratuite di supporto psicologico, per aiutare i genitori a superare le difficoltà emotive e a prevenire il senso di solitudine e inadeguatezza. “Il sostegno di chi ci circonda è importante, ma a volte da solo non basta”, afferma Perris. “Per questo – aggiunge – è fondamentale sensibilizzare i neo-genitori sull’importanza di chiedere un aiuto professionale in una fase così delicata”.
Molti genitori rischiano di auto sabotarsi, di sentirsi sbagliati, inadatti alla situazione. Invece, conclude Perris, “Considerare l’ansia o la preoccupazione come una parte naturale del percorso può aiutare a proiettarsi in questo ruolo con maggiore serenità e sicurezza”.
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Denatalità, Bilotta: “Infertilità per il 15% di coppie, ma...
Circa il 15% delle coppie in Italia non è fertile. Il numero medio di figli per donna negli ultimi sessant’anni è sceso dal 2,70 a 1,20. Da quarant’anni il tasso di fertilità non supera l’1.5. E l’infertilità è una delle cause.
Le crescenti difficoltà di concepimento nelle coppie che desiderano avere un figlio rischiano di contribuire all’aumento della denatalità. Il 22 settembre si celebra la Giornata nazionale della salute riproduttiva. Per quell’occasione, il Professor Pasquale Bilotta, direttore del Centro Fecondazione Assistita “Alma Res” di Roma, ha spiegato quali sono e come si possono superare tali difficoltà.
Le cause della denatalità
La dimensione del fenomeno della denatalità è evidente. Con appena 379mila bambini venuti al mondo, il 2023 ha evidenziato nel nostro Paese l’ennesimo minimo storico di nascite, l’undicesimo di fila dal 2013. Il trend non si è fermato sin dal 2008 (577mila nascite), determinato sia da un’importante contrazione della fecondità (numero di figli per donne in età riproduttiva) sia dal calo del numero di donne in tale fascia di età (per l’invecchiamento della popolazione).
E se nel 1964 il numero di figli per donna si assestava sui 2.70, nel 2023 era pari a 1.20. Il bassissimo numero medio di figli per donna interessa tutto il territorio nazionale. Nel dettaglio, il Nord Italia ha una media di 1.21 figli per donna, il Centro 1.12 e Sud e Isole, 1.24. Fino a trent’anni fa la fecondità era molto superiore nel Sud rispetto al Centro e al Nord: basti pensare che nel 1964 era 3.30 nel Mezzogiorno, 2.38 nel Centro e 2.37 nel Nord.
Diverse sono le cause che hanno contribuito in questi anni a peggiorare la situazione:
• Cause economico-sociali: come stipendi bassi, aumento del costo della vita, mancanza di servizi a sostegno delle famiglie
• Crescenti difficoltà di concepimento nelle coppie che desiderano avere un figlio.
In Italia è stata istituita la Giornata nazionale della salute riproduttiva (22 settembre), proprio con l’obiettivo di promuovere l’attenzione e l’informazione sul tema della fertilità.
“Infertilità? C’è soluzione”
“Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità – afferma il Professor Pasquale Bilotta, direttore del Centro Fecondazione Assistita “Alma Res” di Roma -, in Italia circa il 15% delle coppie è infertile e questa condizione può dipendere in egual misura sia dalla donna che dall’uomo. Non esistono in Italia dati specifici sulla prevalenza di questo fenomeno. Generalmente si parla di infertilità di coppia in caso di mancato raggiungimento della gravidanza dopo un anno di rapporti sessuali regolari e non protetti”.
Tra le cause primarie, spiega Bilotta, vi è senz’altro il fattore età: “Dai 40 anni in poi la percentuale di fertilità media è il 20% rispetto a quella riscontrata a 25 anni”. Ma non solo. A pesare sull’infertilità ci sono “anche abitudini non sane, come fumo, consumo di alcol oppure condizioni psicologiche limitanti, quali ansia e stress da ritmi di vita/lavoro troppo frenetici”.
Spesso, quest’ultime, sono patologie prevenibili facilmente curabili: “Per questo è molto importante una corretta informazione”, ha aggiunto il professore.
Prevenzione e possibili soluzioni all’infertilità
Ricorrere a trattamenti di fecondazione assistita è una soluzione. Stando ai dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2021, oltre 86.000 donne in Italia si sono sottoposte a questo tipo di procedure. La fascia d’età più rappresentata è quella tra i 35 e i 40 anni, seguita dalla fascia tra i 30 e i 35 anni.
Il tasso di successo delle procedure varia in base all’età della donna e alla tecnica utilizzata, con una media nazionale del 25% di gravidanze per ciclo di trattamento di fecondazione in vitro. Le donne sotto i 35 anni hanno registrato i tassi di successo più alti, con una percentuale che raggiunge il 40%, mentre per le donne sopra i 40 anni il tasso di successo scende al 15%.
“Non esiste un percorso universalmente valido per tutte le coppie – ha spiegato il Professor Bilotta – Per questo, l’obiettivo primario del nostro Centro è ricercare approcci personalizzati, basati su caratteristiche genetiche e biologiche individuali. Non solo: puntiamo al miglioramento delle tecniche di congelamento e scongelamento di ovociti ed embrioni e investiamo nello sviluppo di nuove metodologie per la diagnosi precoce di malattie genetiche rare”.
Secondo il prof. Bilotta – tra i primi ricercatori in Italia che, nel 1980, realizzarono su coppia infertile il prelievo, la fecondazione dell’ovocita ed il trasferimento embrionario in utero – è fondamentale continuare a migliorare il quadro normativo per assicurare un accesso equo e sicuro per tutti: “Nel Lazio, per esempio, le coppie che decidono di ricorrere alla fecondazione assistita tramite Sistema sanitario nazionale si recano in altre regioni. Le motivazioni sono legate alla scarsa offerta pubblica o convenzionata nel territorio regionale, lunghe liste d’attesa e costi elevati. Con altri 21 Centri autorizzati privati, stiamo costituendo un Coordinamento a livello regionale: auspichiamo la creazione di un Network di centri pubblici e privati, disponibili a erogare prestazioni in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, in modo da aumentare l’offerta e garantire alle coppie un maggiore accesso ai trattamenti di fecondazione assistita”.
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La voce dei giovani: una lettera aperta alla Scuola
Cosa pensano i giovani della Scuola? A rispondere a questa domanda c’è il collettivo “Nubi Pe(n)santi”, composto da ragazzi e ragazze della provincia di Torino, che ha deciso di scrivere una lettera aperta a questa istituzione.
Utilizzando il metodo maieutico, gli studenti hanno riflettuto profondamente sul tema dell’educazione. La lettera è stata presentata durante il Caffè pedagogico con Daniele Novara (premio ricevuto durante il convegno Cpp “La scuola non è una gara” a cui i ragazzi e le ragazze hanno partecipato con una rappresentanza).
La Scuola è una seconda casa?
La scuola è spesso definita come una “seconda casa” per i giovani, ma non sempre ciò corrisponde al vero. “La maggior parte di noi non sente questo luogo simile a una casa perché nel percorso scolastico gli aspetti negativi prevalgono rispetto a quelli positivi.” Questo mette in luce come molti studenti non percepiscano la scuola come un luogo sicuro e di supporto.
Un sondaggio condotto da Unisona Live e Unicef ha rilevato che il 75% degli studenti associa il proprio malessere a episodi legati alla scuola. Questo dato sottolinea quanto sia cruciale creare un ambiente scolastico positivo per il benessere degli studenti. La percezione di un ambiente accogliente è fondamentale per la salute mentale degli studenti.
Il peso del giudizio
Uno dei temi principali emersi è il giudizio costante a cui sono sottoposti gli studenti. “Essere valutati e valutate e avere un voto che giudichi il nostro operato non può che generare in ognuno di noi un vorticoso senso di ansia e frustrazione.”
I voti e le valutazioni generano ansia e frustrazione, distogliendo l’attenzione dal vero obiettivo dell’educazione: l’apprendimento e la crescita personale. Lo ha dimostrato un’indagine Ocse-Pisa che ha rilevato che gli studenti italiani manifestano ansia e disagio in situazioni legate al rendimento scolastico, con il 56% degli alunni che dichiara di diventare particolarmente nervoso durante le verifiche. Questo evidenzia l’importanza di un ambiente scolastico che supporti non solo l’apprendimento, ma anche il benessere emotivo degli studenti.
Incoerenza e preferenze
Il collettivo torinese ha, inoltre, criticato la mancanza di coerenza tra i professori, che inviano messaggi contraddittori riguardo all’importanza dei voti. “Ci insegnano che il giudizio personale negativo non va bene, ma invece perché quello positivo va bene?”. La risposta è “No”. Il fenomeno si chiama “ansia da prestazione” e ha portato centinaia di studenti a soffrire di disturbi di vario tipo o, spesso, anche al suicidio.
L’American College Health Association (Acha), ritiene che ansia e depressione siano i principali ostacoli al rendimento negli studi. Questo espone i soggetti ad un maggiore rischio di abuso di sostanze tossiche e a pensieri suicidi. Secondo i dati, il 65,7% degli studenti ammette di aver provato “ansia travolgente” raddoppiata negli ultimi 10 anni.
Inoltre, nella lettera è emerso quanto gli studenti percepiscano i favoritismi e i pregiudizi, che influenzano negativamente il clima scolastico e i rapporti tra pari. Studi hanno dimostrato che le percezioni degli insegnanti riguardo alla motivazione e all’impegno degli studenti possono influenzare significativamente i risultati scolastici.
Competizione e conformismo
La scuola per i giovani del collettivo viene poi descritta come un ambiente competitivo e conformista, dove gli studenti sono spinti a competere tra loro piuttosto che a collaborare. “Si innesca una competizione ‘sgomitante, muscolare, darwiniana’ in cui si perde di vista il significato originario di ‘cumpetere: procedere insieme, correre insieme verso la stessa meta’”.
Questo sistema promuove una standardizzazione che annulla il pensiero critico e la crescita individuale, favorendo un conformismo opprimente. Un’analisi del Centro Studi Erickson ha esaminato l’inclusione scolastica e sociale in Italia, evidenziando come la competizione possa creare un ambiente meno inclusivo e aumentare il rischio di esclusione per gli studenti.
Il Registro Elettronico: tra controllo e fiducia
Il registro elettronico, sebbene utile, è stato descritto come uno strumento di controllo che riduce l’autonomia degli studenti e la comunicazione tra loro e i genitori. “I nostri genitori vengono costantemente informati di quello che facciamo, i voti che prendiamo, dove siamo, annullando la comunicazione tra genitori e studenti“.
Questo sistema, infatti, tende a ridurre la comunicazione diretta e immediata, fondamentale per il funzionamento delle relazioni umane, soprattutto quando si parla di figli in età scolare.
Non è la prima volta che l’uso di strumenti digitali influenzi negativamente l’autonomia degli studenti e la loro capacità di autoregolarsi. Ma se si parla sempre dei cellulari e del loro divieto nelle scuole, si deve considerare anche valido poter mettere in discussione anche gli strumenti di controllo e non solo di “distruzione di massa” (come definito dal ministro italiano Valditara).
Il collettivo “Nubi Pe(n)santi” è costituito da un gruppo di adolescenti residenti nella ValMessa, Bassa Val di Susa, che si interrogano, negli spazi dell’Associazione LiberAmente, concessi dal Comune di Almese, in collaborazione con la Consulta Giovani, su argomenti a loro cari, su cui hanno necessità di esprimersi liberamente, senza giudizio, scambiando pensieri ed emozioni, utilizzando diversi linguaggi.
La loro lettera rappresenta una voce critica e riflessiva sul sistema scolastico attuale. I giovani esprimono il desiderio di un cambiamento radicale, basato su una maggiore comunicazione, empatia e comprensione reciproca. La loro speranza è che, attraverso il dialogo e la riflessione, sia possibile rendere la scuola un luogo migliore per tutti.