Morto a 75 anni Greg Kihn, addio alla pop star nota per ‘Jeopardy’
Solo 'Beat It' di Michael Jackson impedì alla canzone i conquistare il primo posto nelle classifiche del 1983
Addio a Greg Kihn, cantante, cantautore, chitarrista e pop star della West Coast noto soprattutto per la sua hit 'Jeopardy'. Il musicista statunitense è morto a San Francisco, in California, all'età di 75 anni in seguito alle complicazioni dell'Alzheimer. L'annuncio della scomparsa, avvenuta martedì 13 agosto, è stato dato a nome della famiglia dal suo agente Michael Brandvold.
Kihn fondeva folk, rock classico, blues e pop melodico in uno stile che ha contribuito a definire la scena musicale della San Francisco Bay Area negli anni Ottanta. Il suo primo successo fu 'The Breakup Song (They Don't Write 'Em)', che raggiunse il n. 15 della Hot 100 nel maggio 1981. La Greg Kihn Band pubblicò la ballabile 'Jeopardy' nel gennaio 1983, e solo 'Beat It' di Michael Jackson le impedì di conquistare il primo posto nelle classifiche, ottenendo così all'epoca il numero 2 della Billboard Hot 100. Molto amata da Mtv, fu rapidamente parodiata da Weird Al Yankovic con il titolo 'I Lost on Jeopardy', in cui comparivano persino il conduttore del game show, Art Fleming, e il suo annunciatore, Don Pardo (La canzone di Kihn parlava di una relazione andata male).
Gregory Stanley Kihn era nato a Baltimora il 10 luglio 1949. Suo padre, Stanley, era un ispettore del dipartimento sanitario della città. Assistere per la prima volta all'esibizione dei Beatles all'Ed Sullivan Show nel 1964 fu "un evento che ha cambiato la sua vita", ha raccontato. Quando aveva 17 anni, sua madre, Jane, inviò una cassetta di una sua canzone alla stazione radio locale Wcao, grazie alla quale vinse una chitarra elettrica Vox. Nel 1974 si trasferì a San Francisco, firmò con la Beserkley Records di Matthew Kaufman e pubblicò il suo primo album, con il suo ensemble, nel 1976. Tra i suoi Lp figurano anche 'Rockihnroll' del 1981, 'Kihntinued' del 1982, 'Kihnspiracy' del 1983, 'Kihntageous' del 1984, 'Citizen Kihn' del 1985, 'Love & Rock & Roll' del 1986, 'Mutiny' del 1994, 'Horror Show' del 1996 e 'Rekihndled' del 2017.
Cronaca
Carabinieri, Mario Cinque nominato vicecomandante generale
Lo riferisce la nota del Cdm
Su proposta del ministro della Difesa, Guido Crosetto, il consiglio dei ministri ha deliberato la nomina del Generale di Corpo d’armata del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri in servizio permanente, Mario Cinque, a Vicecomandante generale dell’Arma dei Carabinieri. Lo riferisce la nota del Cdm.
Nato a Napoli il 6 febbraio 1963, sposato, con due figli, il generale di Corpo d'Armata Mario Cinque ha intrapreso la vita militare nel 1978, frequentando la Scuola Militare “Nunziatella” di Napoli e successivamente i corsi dell’Accademia Militare di Modena, della Scuola di Applicazione Carabinieri di Roma e della Scuola di Guerra a Civitavecchia.
Laureato in Giurisprudenza e in Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna, master in “Scienze Strategiche”, Cinque ha ricoperto numerosi incarichi nelle varie organizzazioni dell’Arma. In quella addestrativa, ha svolto servizio presso la Scuola Sottufficiali di Firenze e all’Accademia Militare di Modena. Nell’Arma territoriale, ha operato per diversi anni nel Lazio, quale Comandante della Compagnia di Bracciano e del Reparto Territoriale di Frascati, in Campania, quale Comandante Provinciale di Napoli e della Legione e in Sicilia, in provincia di Catania, quale Comandante di Compagnia. In Sicilia è stato anche Comandante della Sezione Anticrimine del Raggruppamento Operativo Speciale.
I suoi periodi di Comando sono stati alternati con incarichi di Stato Maggiore presso il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, tra cui Capo Sala Operativa e Capo Ufficio Operazioni, Capo Ufficio Personale Ufficiali e Capo del I Reparto. Inoltre, da Colonnello, ha retto l’incarico di Comandante del Reggimento Corazzieri e Aiutante di Campo del Presidente della Repubblica. Dal 6 settembre 2018 al 24 gennaio 2021 è stato Sottocapo di Stato Maggiore del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Il 25 gennaio 2021 è stato nominato Capo di Stato Maggiore del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri dopo che il suo predecessore Teo Luzi ha assunto la carica di Comandante generale dell'Arma dei Carabinieri.
Spettacolo
Emin Haziri, piatti a base di formiche vive e il...
Il giovane chef inserito nei Forbes 30 Under 30 protagonista della nuova puntata di 'On the Go with Ginta'
Giovane chef e promessa della haute cuisine italiana, Emin Haziri è il protagonista della nuova puntata di 'On the Go with Ginta'. Nel podcast ha condiviso le esperienze sotto la guida del suo mentore Antonino Cannavacciuolo che gli sono valse una stella Michelin, racconti che spiazzano dal leggendario NOMA di Copenaghen – dove ha preparato piatti insoliti come quelli a base di api e formiche vive – fino alla sua attuale ricerca dell’eccellenza.
Haziri ha svelato i segreti dell’alta cucina, riflettendo su temi come il rigore necessario per ottenere e mantenere una stella Michelin e il 'prezzo' che ne deriva: "Avere le stelle significa dedicare tutto te stesso, mettere da parte ogni cosa e concentrarsi solo su quell'obiettivo". Eppure, la 'fame' di Haziri è il suo motore, spingendolo a vincere ogni sfida per affermarsi tra i grandi chef.
Non mancano momenti di crisi, di desiderio di mollare tutto, ma Haziri emerge ogni volta più determinato, spinto dalla passione che lo ha portato a essere inserito tra i migliori chef emergenti in Italia di Forbes 30 Under 30. Con uno sguardo verso il futuro, Emin Haziri ha discusso la crescente tendenza verso una cucina vegetale, riflettendo su come l’alta cucina stia evolvendo per rispondere alle esigenze di sostenibilità.
Infine, per i più curiosi, lo chef ha condiviso una semplice ma deliziosa ricetta a base di peperoni, facile da realizzare anche a casa, perfetta per chi vuole avvicinarsi ai sapori della cucina stellata. Un episodio imperdibile di On The Go with GINTA, che offre uno sguardo esclusivo sull’alta cucina e sul cammino di uno chef dalle umili origini che sta rivoluzionando la scena culinaria italiana.
Cronaca
Violenza sulle donne. “La mia Paola uccisa mentre...
Vito Calabrese, marito della psichiatra Labriola: "Se fosse stata uomo forse sarebbe ancora con noi. Recuperiamo i valori della bellezza e della gentilezza"
"Ho un pensiero fortissimo, anche se non potrei sostenerlo in nessun modo: che se al posto di Paola ci fosse stato un uomo, quel giorno, sarebbe andata diversamente". Chissà quante volte avrà sognato di riportare indietro le lancette del tempo, Vito Calabrese, marito di Paola Labriola, la psichiatra uccisa a coltellate da un paziente nel settembre del 2013 nel Centro di salute mentale in cui prestava servizio. "A mio parere - ragiona mentre si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne - la sua morte si potrebbe definire un femminicidio. E' stato certo un episodio di violenza verso un operatore sanitario, violenza che è molto aumentata", ma colpiscono i numeri: in 2 casi su 3 anche qui ad essere colpite sono le donne. "E' chiaro che è un discorso anche culturale e c'è sempre tantissimo da fare, in tutti i momenti della vita, in tutte le situazioni, a partire dal linguaggio. E' un lavoro culturale che, secondo me, dobbiamo fare tutti", per opporre "cultura, bellezza, gentilezza", alla violenza sulle donne, ma anche in sanità, dice Calabrese, psicologo in pensione, amante del bello e della letteratura.
Sul fronte sanitario "non è cambiato niente. Penso che la risposta non sia quella 'securitaria'. Certo, l'inasprimento delle pene ci sta, anche il rafforzamento della sicurezza con vigilantes e tutto il resto, è chiaro che ci vogliono centri attrezzati anche contro questo tipo di problematica. Ma c'è anche altro: la sanità pubblica è diventata sempre più calpestata. Le risorse sono sempre diminuite. Dalla situazione di Paola in poi, se ci penso, le cose sono peggiorate, è aumentata la violenza ed è diminuito il personale. Sono cresciute le liste d'attesa. E se si lavora male, diminuisce la gentilezza, le persone sono esasperate dal grandissimo disagio sociale ed economico. Questo non giustifica la violenza - precisa - Ma sono dei presupposti. Noi viviamo in un mondo violento, le cose belle vengono poco rappresentate. Penso a una mia cara amica, che faceva rappresentare i sogni dei bambini, e ha scritto un libro bellissimo. Sarebbe bello che si parlasse di questo, anche del fatto che in un piccolo paesino è stata fatta un'esperienza così bella in una scuola. Ma non importa a nessuno. Sembra una banalità, o facile buonismo, ma si tratta di opporre la gentilezza, le cose belle alla violenza".
Il film di quello che è accaduto in quel terribile giorno del 2013 lo ha scorso tante volte nella sua mente, Vito. "Ma questo fa parte dei tormenti di una persona che vive una vicenda del genere, è normale, fa parte di un percorso personale - racconta - E' stata una prova notevole per la nostra famiglia. Però, devo essere anche sincero, ho sentito una grande partecipazione da parte delle persone. Paola è stata molto rappresentata. Anche gli aspetti simbolici sono importanti. C'era chi mi diceva: che cosa ti interessa di una medaglia se ti hanno ammazzato la moglie? Lo pensavo anch'io, però poi ho capito il senso. Noi non dobbiamo soltanto abitare lo spazio, dobbiamo anche abitare il tempo, la ritualità".
Insomma, "anche l'aspetto simbolico è importante, per i miei figli lo è stato - assicura - Paola ha avuto un riconoscimento, una medaglia d'oro, siamo stati dal presidente della Repubblica, che ha parlato con noi. Non è che questo me la può restituire, ma quel discorso sarà stato prezioso per i miei figli, sono state anche esperienze di partecipazione. Io poi ho scritto un libro, sto continuando anche una mia riflessione. Ho fondato un'associazione, come fanno un po' tutte le vittime. E' una risposta che uno può dare per dare un senso a quel che è successo. Potevo chiudermi nel mio silenzio, non l'ho fatto. E oggi mi sento un uomo più forte di prima, anche se è chiaro che Paola mi manca da morire, e mi mancherà per sempre".