Ucraina, procede avanzata nel Kursk. Russia: “Nato ha aiutato Kiev”
Kiev: 6 agosto "un giorno che entrerà nella storia della guerra russo-ucraina". Podolyak: "Così costringeremo la Russia a negoziare". Mosca: "Nato ha aiutato Kiev"
L'Ucraina ha pubblicato oggi le prime immagini ufficiali dell'incursione delle sue forze nella regione russa di Kursk, iniziata dieci giorni fa. Sulla pagina Facebook delle Forze d'assalto aereo di Kiev sono stati pubblicati dei video che mostrano le prime ore dell'operazione nella regione dl là del confine iniziata il 6 agosto, "un giorno che entrerà nella storia della guerra russo-ucraina".
"La preparazione attenta, la pianificazione, il fattore sorpresa e il silenzio informativo sono stati cruciali nella fase iniziale dell'operazione", rivendicano da Kiev nel post che accompagna il video. "Adesso tutto dipende dalla resistenza che saranno in grado di mettere in campo i militari ucraini, appartenenti a tutti i settori delle Forze armate, che sono coinvolti nell'operazione", si legge ancora.
Il capo di Stato maggiore, Oleksandr Syrskyi, ha annunciato che le forze ucraine hanno aperto un ufficio di comando militare nel Kursk, precisando che il responsabile è il generale Edouard Moskaliov. L'ufficio avrà compiti di polizia, vale a dire "assicurare il rispetto della legge e rispondere alle necessità dei civili". Syrskyi ha informato il presidente ucraino Volodymir Zelensky che le forze militari sono penetrate di 35 chilometri in profondità in territorio russo e ora controllano 82 insediamenti e 1.150 chilometri quadrati di territorio. Analisti indipendenti e russi parlano tuttavia di cifre inferiori.
Podolyak: "Così costringeremo la Russia a negoziare"
"L'Ucraina non è interessata a occupare territori russi", ma "se parliamo di possibili negoziati, sottolineo potenziali, dovremo mettere la Federazione russa al tavolo dal lato opposto, alle nostre condizioni". Così Mykhailo Podolyak, consigliere dell'ufficio del presidente Zelensky, in un lungo post su X dedicato alla "guerra difensiva" dell'Ucraina "nel quadro del diritto internazionale" in cui parla di "mezzi di coercizione efficaci" per costringere Mosca a negoziare, passati più di due anni dall'invasione russa dell'Ucraina, della "necessità di infliggere sconfitte tattiche significative alla Russia".
"Nella regione di Kursk possiamo vedere chiaramente come lo strumento militare venga impiegato obiettivamente per convincere la Russia a partecipare a un processo negoziale equo", aggiunge, affermando che l'incursione influenzerà anche l'opinione pubblica perché "i russi si sono ovviamente spaventati, sono scioccati". "Cambiamenti in negativo nello stato psicologico della popolazione russa - conclude - saranno un altro argomento a favore dell'avvio di negoziati".
Mosca: "Nato ha aiutato Kiev"
L'incursione dell'Ucraina nella regione russa di confine di Kursk è stata pianificata con la partecipazione della Nato e dei servizi speciali occidentali ed è stata provocata dalla consapevolezza di Kiev del suo imminente collasso. A dichiararlo il consigliere presidenziale russo Nikolay Patrushev, citato dalla Tass.
“È stato l'Occidente a portare al potere la giunta criminale in Ucraina. I Paesi della Nato hanno inviato armi e istruttori militari in Ucraina, continuano a fornire loro informazioni di intelligence e controllano le azioni dei gruppi neonazisti”, ha dichiarato ancora Patrushev in un'intervista al quotidiano Izvestia. “L'operazione nella regione di Kursk è stata pianificata anche con la partecipazione della Nato e dei servizi speciali occidentali”.
"Questa iniziativa criminale è stata sollecitata dalla consapevolezza da parte del regime neonazista di Kiev del suo imminente crollo", ha aggiunto il funzionario del Cremlino, respingendo le affermazioni del Dipartimento di Stato americano secondo cui gli Usa non sarebbero coinvolti. "È comune per gli Stati Uniti dire una cosa e fare esattamente l'opposto. Senza la loro partecipazione e il loro appoggio diretto, Kiev non avrebbe mai osato mettere piede sul territorio russo", ha detto ancora Patrushev.
Mosca: "Respinto attacco al Ponte di Crimea con missili di fabbricazione Usa Atacms"
La Russia sostiene di aver respinto un attacco notturno contro il Ponte di Crimea con 12 missili di fabbricazione americana Acams. "E' stata usata la difesa aerea per deviare missili Usa contro il Ponte di Crimea. Tutti i missili sono stati distrutti", ha scritto il ministero della Difesa. Il Ponte di Crimea, inaugurato nel 2018, collega Kerch, in Crimea, con la regione russa di Krasnodar. E' stato frequente obiettivo di attacchi da parte delle forze di Kiev dall'inizio dell'invasione russa del 2022. Mosca ha inoltre rivendicato la distruzione, a opera di elicotteri, di cinque droni nel Mar Nero diretti in Crimea.
L'esercito russo afferma inoltre di aver respinto un tentativo delle forze armate ucraine di attaccare obiettivi in territorio russo, distruggendo diversi droni aerei e marittimi nella regione della Crimea. Lo ha riferito il ministero della Difesa russo, precisando che "durante la scorsa notte i sistemi di difesa aerea hanno intercettato e distrutto cinque Uav di tipo aereo sul Mar Nero".
L'Ucraina ha colpito nella notte un traghetto nella città di Kerch, in Crimea, e un'imbarcazione nei pressi della comunità di Chernomorsk, nel territorio russo di Krasnodar, ha affermato Serhii Bratchuk, portavoce dell'Amministrazione militare dell'oblast di Odessa.
Non è chiaro se l'imbarcazione colpita sia di tipo militare oppure no. Esplosioni sono risuonate in diverse città occupate durante la notte, scrive il canale Telegram Crimean Wind, citando resoconti di residenti. Un incendio è stato segnalato nei pressi della città di Kerch, nell'area portuale. Secondo quanto riportato dai media locali, gli abitanti di Sebastopoli, Simferopoli e Kerch hanno udito delle esplosioni intorno alle 3,30 del mattino, ora locale. Segnalate diverse esplosioni anche nella comunità di Chernomorsk, nella vicina regione russa di Krasnodar, intorno alle 4,30 del mattino, ora locale.
Kiev: "Catturati centinaia di prigionieri russi, ci sarà scambio"
L'Ucraina afferma inoltre di aver catturato "centinaia" di prigionieri russi nella regione russa Kursk, da dove il 6 agosto le forze ucraine sono penetrate in territorio russo. In dichiarazioni alla Bbc Yuriy Sak, consigliere del governo ucraino, ha affermato che "verranno scambiati successivamente con i prigionieri di guerra ucraini presi dalla Russia".
Secondo Sak, uno degli "obiettivi tattici di questa operazione" è neutralizzare le basi aeree nella regione di Kursk, utilizzata - secondo il consigliere - "per sferrare più di duemila attacchi sul territorio ucraino" solo questa estate.
Esteri
Ucraina, ministri Difesa Nato: “Minacce Russia...
Incontro a Berlino per discutere le misure per rafforzare la sicurezza e la difesa in Europa
Non solo all'Ucraina: le minacce della Russia sono rivolte anche ai paesi Nato allo stesso tempo. Dopo il lancio del nuovo missile a medio raggio, è questa la convinzione dei ministri della Difesa di Germania, Francia, Polonia, Italia e Regno Unito, che ieri si sono incontrati a Berlino per discutere le misure per rafforzare la sicurezza e la difesa in Europa. Il Ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov è intervenuto in videocollegamento.
Pistorius, il francese Sébastien Lecornu, il britannico John Healey, il polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz e il sottosegretario italiano Isabella Rauti in rappresentanza del ministro Guido Crosetto si sono incontrati sullo sfondo dell'incombente presidenza statunitense di Donald Trump, notoriamente critico della Nato che ha chiesto all'Europa di investire molto più denaro nella propria sicurezza e che si prevede che taglierà gli aiuti militari all'Ucraina. La Germania e altri Paesi della Nato intendono incrementare la produzione di armi all'interno dell'Ucraina in risposta all'escalation delle azioni di guerra della Russia, ha dichiarato il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius. Lo sviluppo e l'acquisto di droni controllati dall'intelligenza artificiale è una priorità, ha detto, così come una migliore cooperazione per aiutare la produzione di munizioni.
“L'Ucraina deve essere in grado di agire da una posizione di forza”, ha detto Pistorius, sottolineando che l'invasione russa ha “assunto una dimensione internazionale”, riferendosi ai circa 10.000 soldati della Corea del Nord che il Presidente russo Vladimir Putin ha fatto entrare nel Paese per addestrarsi e combattere. "La Russia ha preso di mira l'Ucraina con un nuovo missile a medio raggio, che ha implicazioni di sicurezza per tutta l'Europa, ha avuto un ruolo durante le discussioni - ha detto Pistorius - Le minacce russe sono sempre rivolte a noi allo stesso tempo”.
Francia e Regno Unito non escludono l'ipotesi di inviare soldati in Ucraina.
E mentre aumenta la pressione delle forze armate russe nel Donetsk e le difficoltà ucraine a tenere botta, secondo Le Monde torna d'attualità la discussione sull'ipotesi di intervento di soldati di altri paesi. "Sono in corso discussioni tra Regno Unito e Francia sulla cooperazione in materia di difesa, in particolare con l'obiettivo di creare un nucleo di alleati in Europa, concentrato sull'Ucraina e sulla sicurezza europea in generale", riferisce a Le Monde una fonte militare britannica.
Germania pensa a bunker antiatomici
La Germania, davanti all'ipotesi di un'escalation della guerra tra Kiev e la Russia, comincia a pensare ai bunker antiatomici. Berlino sta stilando una lista di bunker che potrebbero rappresentare un rifugio di emergenza per i civili, come ha annunciato il ministero degli Interni, specificando che l'elenco includerebbe stazioni ferroviarie sotterranee, parcheggi, edifici statali e proprietà private.
Un portavoce del ministero ha dichiarato che verrà redatto un elenco digitale di bunker e rifugi di emergenza, in modo che le persone possano trovarli rapidamente utilizzando un'app telefonica. Il portavoce ha inoltre incoraggiato la popolazione a creare rifugi nelle proprie case, convertendo scantinati e garage.
Esteri
Ucraina, asse Mosca-Pyongyang allarma Cina: silenzio su...
Pechino teme che la collusione militare possa favorire la spinta americana a tessere una rete di alleanze con la Corea del Sud e il Giappone in Asia orientale
La Cina non vede di buon occhio il riavvicinamento e la crescente cooperazione tra Corea del Nord e Russia. A dirsene convinto è stato il vicesegretario di stato americano Kurt Campbell, dando il proprio contributo al dibattito tra i partner asiatici degli Stati Uniti sulla posizione cinese. Il silenzio di Pechino, secondo il ministero degli Esteri giapponese, sarebbe un chiaro segnale di questo disagio e del timore che la collusione militare sull'Ucraina possa favorire la spinta americana a tessere una rete di alleanze con la Corea del Sud e il Giappone in Asia orientale. Finalizzata, per la Cina, a limitare il suo potere.
Il gesto conciliante recentemente compiuto da Pechino nei confronti del Giappone - cui ha annunciato l'intenzione di rimuovere una boa di segnalazione installata all'interno della zona economica esclusiva giapponese vicino alle isole Senkaku, amministrate da Tokio, nel Mar Cinese Orientale - viene visto come il segno di uno sforzo volto a incoraggiare quanti in Giappone non vogliono essere coinvolti in un conflitto con la Cina diretto dagli Usa. Un passo piccolo, ma che riguarda un tema delicato.
"Il tema che sta diventando sempre più scomodo per gli interlocutori cinesi è l'impegno della Corea del Nord con la Russia", ha dichiarato Campbell - citato dal Guardian - nel corso di un recente seminario presso il Center for Strategic and International Studies, un thinktank di Washington. "In alcune discussioni che abbiamo avuto, sembra che li stiamo informando di cose di cui non erano a conoscenza sulle attività della Corea del nord, e sono preoccupati che l'incoraggiamento russo possa portare Pyongyang a contemplare mosse o azioni militari che potrebbero non rientrare nell'interesse della Cina". "La Cina non è intervenuta direttamente per criticare la Russia, ma crediamo che il crescente coordinamento tra Pyongyang e Mosca li stia innervosendo", ha aggiunto.
Frattura tra Cina e Russia?
Ma gli analisti non sono unanimi sull'esistenza di una frattura tra Cina e Russia. Per l'ammiraglio Samuel Paparo, a capo del Comando indo-pacifico degli Stati Uniti, nelle relazioni tra Russia, Cina e Corea del Nord c'è una "certa simbiosi transazionale". "La Corea del Nord - ha dichiarato al forum sulla sicurezza di Halifax - soddisfa le richieste di artiglieria e missili della Russia e la Russia in cambio fornirà probabilmente tecnologia missilistica e sottomarina alla Corea del Nord". La Cina da parte sua avrebbe fornito alla Russia il 90% dei suoi semiconduttori e il 70% delle sue macchine utensili per ricostruire la sua macchina da guerra.
Anche Andrew Shearer, direttore generale dell'Office of National Intelligence australiano, si è detto scettico sulla portata del disagio della Cina. "L'idea di ampliare presunte divisioni tra Putin e Xi è piuttosto fantasiosa e se non affrontiamo la realtà che Putin è ancora in guerra in Ucraina oggi solo grazie al sostegno militare, diplomatico e di tecnologia dual use della Cina, non riusciremo a elaborare strategie efficaci".
I dubbi del Giappone
I dubbi sull'atteggiamento della Cina si riflettono anche tra gli osservatori in Giappone. "Non è possibile che la Cina non sapesse cosa stava progettando la Russia. La Cina non può permettersi di vedere la Russia perdere contro l'Occidente, e se la Russia contribuisce a creare una propaganda" di successo, "sarà un precedente per la Cina nel tentativo di controllare Taiwain", ha dichiarato la professoressa Emi Mifune, della facoltà di legge dell'Università di Komazawa.
E per Hideya Kurata, dell'Accademia Nazionale di Difesa del Giappone, la posizione di Pechino non è di approvazione o disapprovazione, ma di disagio e difficoltà. Il conflitto - ha sottolineato - deve essere visto nel contesto della decisione della Corea del Nord di abbandonare gli sforzi per riunificare la penisola coreana. Pyongyang sta cercando di definire e impostare una escalation a tappe, progressiva, che parte dalle armi nucleari tattiche, si estende ai missili balistici a raggio intermedio diretti in Giappone, quelli a medio-lungo raggio diretti a Guam e ai missili balistici intercontinentali che potrebbero colpire la terraferma degli Stati Uniti.
Esteri
Israele, tregua in Libano vicina. G7 cerca sintesi su...
Il gabinetto di sicurezza israeliano si riunirà oggi per approvare il testo dell'accordo
La notizia di un'intesa che mai come stavolta sembra vicina su un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah piomba sul G7 Esteri a Fiuggi, dove i sette Grandi continuano a lavorare per trovare una sintesi sulla spinosa questione del mandato d'arresto spiccato dalla Corte penale internazionale (Cpi) per il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. "Siamo forse vicini a un cessate il fuoco in Libano, speriamo che sia vero e che non ci sia qualche marcia indietro dell'ultimo minuto", ha confermato il 'padrone di casa', il ministro degli Esteri Antonio Tajani, aprendo ieri la sessione della ministeriale con i rappresentanti del Quintetto arabo (Arabia Saudita, Qatar, Emirati, Giordania e Egitto).
Le notizie su una possibile svolta nel Paese dei cedri si sono rincorse per tutto il giorno. Secondo fonti ben informate citate dal quotidiano Asharq Al-Awsat, oggi il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il capo dell'Eliseo, Emmanuel Macron, "annunceranno la cessazione delle ostilità tra Libano e Israele per un periodo di 60 giorni". I media israeliani sostengono che il gabinetto di sicurezza si riunirà per approvare il testo dell'accordo. Channel 12 riferisce che l'intesa sia stata finalizzata nelle scorse ore e che dovrebbe succedere "qualcosa di drastico" per far naufragare l'accordo. Lo stesso portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha confermato che l'accordo è "vicino", ma "non ci siamo ancora". Insomma tutti i segnali puntano in un'unica direzione.
I dettagli della tregua
L'accordo prevede che l'esercito di Beirut entri nel sud del Libano per un periodo di 60 giorni, mentre l'Idf si ritira. Il coordinamento con la parte libanese avverrà attraverso l'ufficio del capo del Comando Centrale degli Stati Uniti, il generale Michael E. Kurilla. L'organo di coordinamento includerà la Francia, il cui coinvolgimento è stato voluto da Washington e Beirut. Secondo la fonte, Israele si sarebbe convinto ad accettare il coordinamento di Parigi solo dopo che la Francia ha indicato di non voler procedere all'applicazione della sentenza della Corte penale internazionale sull'arresto di Netanyahu.
L'Idf potrà agire non solo nel caso di attacchi a Israele, ma anche contro i tentativi di Hezbollah di accrescere la propria potenza militare. È una “guerra tra le guerre” in Libano, ha spiegato la fonte, facendo riferimento agli sforzi fatti da Israele per impedire che le armi iraniane raggiungessero i proxy attraverso attacchi aerei e operazioni di intelligence, principalmente in Siria.
La posizione dell'Italia
"Prima di concludere bisogna avere tutti gli accordi definitivi. Siamo fiduciosi, siamo qua, vediamo che accade", ha detto cautamente il titolare della Farnesina, secondo cui in ogni caso da Fiuggi "parte un messaggio forte a favore del cessate il fuoco". L'Italia, ha ribadito, è "pronta a fare la sua parte proprio per il grande impegno che abbiamo profuso in Libano in questi anni" e a giocare un ruolo "non secondario" nel futuro del Paese. Le ultime resistenze al tavolo delle trattative arrivano dall'Iran, ha osservato il vice premier, che in mattinata ha anche incassato la solidarietà del suo omologo libanese Abdallah Bou Habib per gli attacchi contro i militari italiani di Unifil.
La Repubblica islamica è "un po' contraria" all'intesa "o quanto meno vuole allungare i tempi", ha spiegato Tajani, che già guarda al giorno dopo in Libano, immaginando una presenza di primo piano dell'Italia. "Per quanto riguarda il Libano ho dato la piena disponibilità dell'Italia ad essere protagonista, se ci sarà l'accordo ovviamente con i libanesi, per sorvegliare l'applicazione dell'accordo insieme agli Stati Uniti ed altri Paesi", ha scandito il ministro che auspica anche "un'Unifil più forte", con "diverse regole di ingaggio".
Richiesta arresto Netanyahu
A Fiuggi, come annunciato nei giorni scorsi, è stata affrontata anche la questione del mandato di arresto spiccato dalla Cpi per crimini di guerra e contro l'umanità nei confronti di Netanyahu, dell'ex ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, e del leader di Hamas, Mohammed Deif. I sette ministri delle economie più avanzate del mondo non hanno ancora maturato una posizione univoca e si continua a limare il testo della dichiarazione finale, ma i rispettivi direttori politici lavorano per una sintesi ed evitare che si proceda in ordine sparso su un tema su cui l'attenzione di Tel Aviv è massima.
"Nessuno è al di sopra della legge", ha indicato a Fiuggi la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, mentre il suo omologo britannico, David Lammy, ha assicurato che il Regno Unito seguirà i principi del "giusto processo" se Netanyahu dovesse mettere piede oltremanica.
Nella prima sessione della ministeriale G7 "ho detto che bisognava avere una posizione univoca sulla decisione della Cpi. Abbiamo parlato, vediamo se si potrà avere nel comunicato finale una parte dedicata a questo", ha riferito Tajani, mentre da Teheran la Guida Suprema, Ali Khamenei, ha condito della consueta retorica anti-israeliana le sue dichiarazioni. Secondo l'ayatollah, che si è rivolto ai paramilitari Basij, contro i leader israeliani dovrebbero essere emesse condanne a morte, non mandati di arresto.
Il G7 a Fiuggi
Quella in corso a Fiuggi, che vede nel programma della prima giornata anche l'inaugurazione di una simbolica panchina rossa per dire no ai femminicidi nella giornata internazionale contro la violenze sulle donne, è la seconda ministeriale Esteri sotto presidenza italiana, dopo quella di Capri dell'aprile scorso, e l'ultima riunione prima della consegna del testimone al Canada, presidente di turno del G7 nel 2025. "L'unità in questo momento è la nostra forza", ha detto all'inizio della riunione Tajani, sottolineando come l'Italia, tra l'evento a Fiuggi ed i Med Dialogues in corso a Roma, "è protagonista e al centro del dibattito politico internazionale".
Dopo una prima giornata di lavori dedicata quasi esclusivamente alle crisi in Medio Oriente, oggi il focus si sposterà sull'Ucraina (sarà presente il ministro degli Esteri, Andrii Sybiha) e sulla situazione nell'Indo-Pacifico. Sullo sfondo, ma neanche troppo, c'è quanto accade sull'altra sponda dell'Atlantico, con gli occhi di tutti puntati sulle prossime mosse del presidente eletto, Donald Trump, che a gennaio entrerà alla Casa Bianca e ha già promesso che non avrà mezze misure su tutti i principali dossier internazionali.