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Ucraina-Russia, giornalisti Tg1 Battistini e Traini rientrano in Italia: la decisione della Rai

Roberto Sergio: "Ritenuto, esclusivamente per garantire sicurezza e tutela personale, di farli rientrare temporaneamente in Italia". Stasera al Tg1 Stefania Battistini racconta il 'dietro le quinte' del reportage a Kursk

Stefania Battistini e Simone Traini

La Rai "ha ritenuto, esclusivamente per garantire sicurezza e tutela personale, di far rientrare, temporaneamente in Italia, la giornalista Stefania Battistini e l’operatore Simone Traini". Lo ha annunciato l'amministratore delegato, Roberto Sergio, dopo le minacce di ritorsioni e di azioni penali avanzate dalla Russia a carico dei giornalisti.

L'Fsb in Russia ha reso noto di aver aperto un procedimento penale contro i due giornalisti della Rai con l'accusa di "aver attraversato illegalmente il confine" con la Russia ed effettuato riprese video a Sudzha, nella regione di Kursk. In un comunicato citato da Ria Novosti, l'Fsb menziona il terzo paragrafo dell'articolo 322 del codice penale russo.

"Una decisione procedurale sarà presa in funzione dell'esito della verifica", avviata, si aggiunge.

Ieri il canale Baza aveva anticipato la possibile apertura di un procedimento penale a carico dei due giornalisti del Tg1 autori di un reportage dalla regione russa di Kursk dove questo mese ha preso il via una incursione delle forze ucraine. Sarebbe coinvolto nel procedimento anche il giornalista di Cnn Nick Paton Walsh.

La Tass ha scritto che "l'ambasciatore italiana in Russia Cecilia Piccioni è stata convocata presso il Ministero degli Esteri russo a causa dell'ingresso illegale di giornalisti della Rai nella regione di Kursk per coprire l'attacco dei militanti ucraini".

Al Tg1 Stefania Battistini racconta il 'dietro le quinte' del reportage a Kursk

Questa sera, al Tg1 delle 20, l'inviata Rai Stefania Battistini racconterà il dietro le quinte del reportage realizzato con Simone Traini che si è trasformato in uno scoop mondiale. La prima troupe internazionale ad entrare in territorio russo teatro dell'incursione ucraina. Un reportage - sottolinea la Rai in una nota - che ha rispettato le norme del diritto internazionale sulla figura specifica del corrispondente di guerra e che aveva come solo scopo quello di testimoniare, di vedere con i nostri occhi, di documentare la realtà di un conflitto.

La polemica

Sulla vicenda si è innestata una polemica politica. "Non capisco cosa stia aspettando il governo italiano, la Farnesina a convocare immediatamente l’ambasciatore russo per la intimidazione inaccettabile nei confronti di Stefania Battistini e Simone Traini. Non capisco questi ritardi, queste ritrosie. Inaccettabile", scrive su X il senatore del Pd Filippo Sensi.

“Chiederemo chiarimenti in Vigilanza sulla decisione della Rai di richiamare in Italia Stefania Battistini”, dichiara la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai, che spiega: “A quanto apprendiamo la giornalista del Tg1, autrice insieme all’operatore Simone Traini dello scoop sullo sconfinamento ucraino in Russia, avrebbe preferito restare per continuare a svolgere quel lavoro che l’ha portata a bruciare sul tempo anche emittenti come la Cnn. Con la scelta di richiamare Battistini in Italia sembra che l’azienda anziché pensare alla libertà di stampa, all’importanza di dare notizie, al dovere di informare cittadine e cittadini, metta quasi in atto una punizione all’inviata per aver fatto il suo lavoro al meglio”.

“Sorge il dubbio - conclude Boschi - che più che la sicurezza della giornalista abbiano a cuore la serenità del Governo, in cui sono evidenti le frizioni con la Lega sulla Russia. Per i dirigenti Rai nessuno deve disturbare il manovratore, neppure quello russo, con buona pace della libertà di stampa”.

"L’amministratore delegato Sergio ha precisato che il richiamo in Italia da parte della Rai della giornalista Stefania Battistini e dell'operatore Simone Traini risponda a esigenze di sicurezza e tutela personale - afferma il deputato di Più Europa Benedetto Della Vedova - Operare in teatri di guerra, come fa Battistini da tempo, mette i giornalisti costantemente a rischio. Confidiamo che le parole di Sergio siano sincere e che la Rai abbia individuato specifici fattori di pericolo imminente che non sono a nostra conoscenza. In ogni caso, la Rai e Sergio stesso farebbero bene a specificare se ci siano state richieste da parte del Governo oppure no”.

“In questi giorni, infatti, da esponenti di Governo e della maggioranza - ricorda - ci sono state prese di distanza dalle operazioni ucraine in territorio russo, sempre nell’ambito della guerra di resistenza alla proditoria e distruttiva invasione russa, e poco o nulla a difesa dei giornalisti Rai minacciati da Mosca”.

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Politica

Rai, sudoku nomine ancora senza soluzione: ‘fumata...

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Dopo la visita di Roberto Sergio ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Giorgia Meloni, salgono i rumors su una sua permanenza in Viale Mazzini, seppur nelle vesti di direttore generale

Sede Rai (Fotogramma/Ipa)

C'è chi si dice convinto che il sudoku verrà risolto 24 ore prima del voto del Parlamento, non un minuto prima. La deadline per l'elezione del Cda Rai si avvicina - il 26 settembre il giorno X - ma maggioranza e opposizione navigano ancora a vista, seppur sia convinzione diffusa che la fumata bianca arriverà senza colpi di scena o nuovi rinvii. Dopo la visita di Roberto Sergio ieri a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Giorgia Meloni, salgono i rumors su una sua permanenza in Viale Mazzini, seppur nelle vesti di direttore generale. L'incarico di amministratore delegato, salvo sorprese, dovrebbe andare a Giampaolo Rossi, in quota Fdi, anche se, raccontano i beninformati, il suo nome nei mesi scorsi avrebbe 'ballato' anche in seno al partito di via della Scrofa oltre che nei piani alti di Palazzo Chigi.

E se sui vertici la soluzione sembrerebbe ormai a portata di mano, l'affaire Cda al momento è lungi dall'esser risolta. Per la presidenza serve infatti l’ok dei due terzi della Commissione di Vigilanza Rai, quindi un accordo con almeno una parte dell'opposizione. Il Cda Rai è composto da sette membri: due vengono eletti dalla Camera e due dal Senato, altri due vengono indicati dal ministero dell'Economia (uno è l'amministratore delegato, l'altro il presidente che appunto deve passare per il gradimento della Vigilanza) e un altro membro viene eletto dai dipendenti dell'azienda.

Dopo il passaggio di Maria Stella Gelmini nelle file di Noi Moderati, al centrodestra mancano due voti per portare a casa la partita, vale a dire il raggiungimento del quorum dei due terzi necessario per l'entrata in carica del presidente. Forza Italia continua a puntare su Simona Agnes, che farà sì parte del Cda - su indicazione del Mef o del Parlamento, semmai dovesse servire un piano B - ma che difficilmente la spunterà come guida del Consiglio d'amministrazione. In caso di indicazione parlamentare, i piani di Meloni e del centrodestra, che attualmente prevedono un nominato in quota Fdi (Valeria Falcone) e uno in quota Lega verrebbero scompaginati. A dare le carte potrebbe essere ancora una volta Matteo Renzi, potenziale ago della bilancia visti i due membri in quota Iv. Ma è soprattutto il M5S che potrebbe fare la differenza, mentre Pd e Avs minacciano l'Aventino.

Giuseppe Conte ha aperto alla possibilità di convergere su un nome di garanzia, qualora "ci fosse un presidente autorevole, assolutamente non riconducibile a logiche partitiche". Un identikit che però non corrisponde, secondo i pentastellati, al profilo di Agnes: "Per noi - spiegano fonti M5S vicine al dossier Rai - non si tratta di un veto sulla persona, ma di un problema di metodo. Agnes non può essere un presidente di garanzia" in quanto "espressione di Fi": un mix di fattori che renderebbe per i 5 Stelle "molto difficile" esprimere un voto a favore della figlia di Biagio Agnes.

La palla, sottolineano nel Movimento, è nelle mani della maggioranza: "Serve uno sforzo comune per trovare un nome condiviso". Negli ultimi giorni sono tornate ad affacciarsi diverse ipotesi alternative per la presidenza Rai, come Antonio Di Bella e Gianni Minoli, due figure interne all'azienda con alle spalle una lunga carriera nel servizio pubblico. Nei sondaggi interni al M5S, Di Bella verrebbe preferito a Minoli alla luce del contenzioso milionario (ormai chiuso, ndr) che vedeva contrapposti il padre di Mixer e Viale Mazzini sui diritti di 'La storia siamo noi'. Altra ipotesi gradita per il Movimento guidato da Giuseppe Conte sarebbe Milena Gabanelli.

Se non dovesse arrivare un accordo, ipotesi da non escludere, la soluzione sarebbe la nomina a presidente del membro più anziano: il timone del cda spetterebbe a quel punto ad Antonio Marano, ex direttore di Rai2 ma anche un passato da deputato nelle file della Lega.

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Politica

Lega, ecco i nuovi dipartimenti: Salvini lascia...

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Fontana lascia gli Esteri, Durigon il Lavoro, Molteni la Sicurezza. Anche Bongiorno cede il testimone

Bandiera della Lega (Fotogramma)

Avvicendamenti, nuovi dipartimenti, e un rimescolamento dei compiti nella Lega. Sono queste le decisioni rese note oggi da Matteo Salvini, che nei giorni scorsi aveva nominato due nuovi vicesegretari: Alberto Stefani e Claudio Durigon. Una mossa, quella della riorganizzazione dei dipartimenti, sempre coordinati da Armando Siri, che lo stesso leader ha spiegato servirà per gestire al meglio le prossime sfide, per cogliere "la vittoria anche alle politiche 2027".

Cosa cambia

Complessivamente, i dipartimenti salgono a 31 rispetto ai 29 precedenti, con alcuni nomi importanti in uscita e altri in ingresso. L'attuale presidente della Camera, Lorenzo Fontana, dopo aver lasciato la vicesegreteria non sarà più il responsabile del dipartimento Esteri, al suo posto il deputato Paolo Formentini. Un altro avvicendamento riguarda il dipartimento Lavoro: Claudio Durigon, da poco vicesegretario della Lega, lascia il dipartimento a Tiziana Nisini. Anche Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini a Palermo, lascia il posto all'ex sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone. Inoltre l'attuale sottosegretario all'Interno, Nicola Molteni, lascia la Sicurezza all'ex sindacalista di polizia Gianni Tonelli. Così come arriva all'Ambiente Vincenzo Pepe, al posto di Vannia Gava.

Tra le novità poi lo spacchettamento del dipartimento Agricoltura e Turismo. Qui resta Gian Marco Centinaio, che è anche vicepresidente di Palazzo Madama, mentre l'Agricoltura viene assegnata al senatore Giorgio Maria Bergesio. Mirco Carloni diventa invece nuovo responsabile delle Attività produttive al posto di Massimo Bitonci. Nasce infine il dipartimento della Cultura affidato alla deputata marchigiana Giorgia Latini.

La mossa, attesa da parte del leader della Lega, "per dare nuovo slancio al partito: l’obiettivo è creare eventi ad hoc in ogni provincia e spalancare le porte a nuovi ingressi", viene spiegato in un comunicato. Salvini e Siri hanno incontrato i coordinatori oggi pomeriggio, nel corso di una riunione negli uffici della Lega alla Camera.

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Politica

Tavolo su castrazione chimica, sponda governo a Lega:...

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Via libera del governo all'ordine del giorno al ddl Sicurezza, all'esame dell'aula di Montecitorio, presentato dal deputato Iezzi

Montecitorio (Fotogramma/Ipa)

La Lega rilancia la battaglia per arrivare a una legge sulla castrazione chimica per i pedofili e gli stupratori. Raccogliendo oggi il via libera del governo all'ordine del giorno al ddl Sicurezza, all'esame dell'aula di Montecitorio, presentato dal deputato Igor Iezzi che impegna l'esecutivo ad "istituire quanto prima una commissione o un tavolo tecnico con lo scopo di valutare, nel rispetto dei principi costituzionali e sovranazionali, in caso di reati di violenza sessuale o di altri gravi reati determinati da motivazioni sessuali, la possibilità per il condannato di aderire, con il suo consenso, a percorsi di assistenza sanitaria, di natura sia psichiatrica sia farmacologica, anche con eventuale trattamento di blocco androgenico mediante terapie con effetto temporaneo e reversibile, diretti ad escludere il rischio di recidiva". Un'apertura del governo che lo stesso Salvini subito saluta con favore: "Vittoria della Lega! Bene così, un altro importante passo in avanti per una nostra storica battaglia di giustizia e buonsenso: tolleranza zero per stupratori e pedofili".

 Insorgono le forze di opposizione. "Con buona pace di Fi il governo è ormai piegato sulle posizioni estremiste di Salvini e della Lega", attaccano dal Partito democratico. Sottolineando con la deputata Simona Bonafè che siamo di fronte a "una proposta incostituzionale che mina alle basi il nostro ordinamento giuridico che ha superato da secoli il ricorso alle pene corporali". Da Avs si accusano i leghisti di una "vocazione repressiva senza confini che trascina tutta la destra, senza distinzioni".

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