Omicidio Saman, madre torna in Italia: estradata dal Pakistan
Il ministro Nordio: "Fondamentale passo in avanti per il percorso di giustizia per la giovane diciottenne uccisa barbaramente"
Con l'estradizione della madre di Saman Abbas, Nazia Shaheen, è arrivata oggi in Italia dopo essere stata arrestata in Pakistan a seguito di un mandato di cattura internazionale, "si compie un fondamentale passo in avanti per il percorso di giustizia per la giovane diciottenne di origini pakistane barbaramente uccisa il primo maggio del 2021". Lo comunica in una nota il ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
La donna è atterrata nel primo pomeriggio all’aeroporto di Fiumicino (VIDEO) da dove, espletate le formalità di rito, è stata presa in consegna dalla polizia penitenziaria e portata in carcere a Roma in attesa del trasferimento in un carcere emiliano a disposizione dell’autorità giudiziaria. In seguito a un'attività di cooperazione giudiziaria internazionale, svolta con il supporto del ministero della Giustizia italiano e dell’ambasciata italiana ad Islamabad, la Procura di Reggio Emilia, diretta dal Procuratore Calogero Gaetano Paci, ha ottenuto l’estradizione della donna.
La donna, condannata alla pena dell’ergastolo con sentenza di primo grado dalla corte di assise di Reggio Emilia insieme al marito, era latitante dal primo maggio 2021, il giorno in cui era tornata in patria dopo l'omicidio della figlia. Dopo mesi di richieste e attese il governo di Islamabad ha accolto la richiesta del Ministero della Giustizia per l’estradizione in Italia della donna.
"Si tratta di un risultato frutto di una intensa e proficua collaborazione del Ministero della Giustizia con il Ministero dell’Interno e il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, che rappresenta un efficiente esempio di sinergia istituzionale a servizio della giurisdizione. A nome del governo italiano voglio ringraziare le autorità pakistane per aver compreso l’importanza per il nostro Paese di assicurare una piena risposta di giustizia per un delitto che ha sconvolto le nostre coscienze", ha concluso il Nordio.
L'omicidio, le ricerche, l'estradizione
Il personale del servizio per la cooperazione internazionale di polizia della direzione centrale della polizia criminale si è recato in Pakistan dove ha preso in consegna dalle autorità locali Nazia Shaheen. La donna, insieme al marito Shabbar Abbas e al cognato Hasnain Danish, dopo il giudizio di primo grado definito il 19 dicembre 2023, è stata ritenuta dalla Corte d’Assise di Reggio Emilia responsabile dell’omicidio di Saman Abbas, avvenuto a Novellara la notte del 1 maggio 2021. Dopo l’efferato delitto, Nazia e il marito Shabbar avevano fatto rientro in Pakistan. Le indagini condotte dai carabinieri del nucleo investigativo di Reggio Emilia e del Nor della compagnia di Guastalla, con il coordinamento della procura, hanno permesso di acquisire elementi a sostegno delle loro responsabilità penali, a carico dei quali, il 20 e 28 maggio 2021, era stata emessa dal gip un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, rendendosi subito latitanti.
Le ricerche svolte dai carabinieri, supportati dal servizio per la cooperazione internazionale di polizia della direzione centrale della polizia criminale, hanno permesso di confermare la presenza del padre e della madre sul territorio pakistano. Con la collaborazione della polizia federale del Pakistan e di quella dello Stato del Punjub, il 15 novembre 2022, era stato arrestato il padre di Saman, poi estradato in Italia il 31 agosto 2023. Le autorità di polizia pachistane, il 31 maggio scorso, hanno eseguito la Red Notice-Interpol (richiesta d’arresto ai fini estradizionali), inserita dal servizio per la cooperazione internazionale di Polizia-Divisione Interpol successivamente alla commissione dei fatti, anche nei confronti della madre. Al termine di un procedimento giudiziario l’Alta Corte Pakistana ha ritenuto applicabile la procedura di estradizione anche a carico di Nazia Shaheen che peraltro non si è opposta alla richiesta. In forza del giudizio dell’Alta Corte, il governo pakistano a metà agosto ha dato l’assenso per l’estradizione dell’arrestata che arriverà oggi in Italia.
Cronaca
Basciano esce dal carcere: “La verità è venuta a...
L'influencer accusato di stalking: "Sto alla grande, non ho fatto niente. Il gip mi manda a casa perché non c’è nessun reato, dirò la verità su quel che ho passato per un anno intero"
"Giustizia è stata fatta, almeno nel senso che ora è chiara la mia estraneità ai fatti. Dall'ordinanza che dispone la revoca della misura cautelare emerge come le menzogne vengano a galla. Ora chi ha mentito pagherà le conseguenze nelle opportune sedi". Con queste parole Alessandro Basciano, influencer e deejay 35enne, accusato di stalking dalla sua ex Sophie Codegoni. annuncia sui social la sua scarcerazione.
“Sto benissimo, non avendo fatto niente sto alla grande”, le sue prime parole all’uscita dal carcere di San Vittore. “Tra le mille colpe che ho c’è quella di averle regalato una borsa Chanel da 10mila euro. Pensi dove sono finito”, si sfoga Basciano, accolto all’uscita del carcere da un gruppo di amici.
La prima cosa che farò? “È dire la verità su tutto un anno intero”. “L’ordinanza è su una querela vecchia che la ragazza ha ritirato in quanto un paparazzo lo scorso anno la seguiva e pensavano fossi stato io a dare l’incarico dell’inseguimento della ragazza. Nel momento in cui la ragazza ha ritirato questa querela e sono successe dinamiche che in sede opportuna racconterò, purtroppo una cosa del genere va avanti d’ufficio”, spiega l’influencer.
Dopo la querela sporta e ritirata da Codegoni a dicembre 2023, “lei è venuta a convivere con me e ci sono state tante circostanze quest’estate in cui cercava di ritornare insieme”, riferisce Basciano, promettendo: “Nelle sedi opportune dirò tutta la verità di un anno a questa parte, di tutti gli abusi e di tutto quello che ho passsto fino a 5 giorni fa, quando lei ha ricevuto una borsa da 10mila euro con tanto di lettera”. Per l’influencer se la gip Anna Magelli, dopo l’interrogatorio in carcere di questa mattina, “all’istante mi ha mandato a casa è perché non sussiste alcun tipo di reato”.
Cronaca
Napoli, donna si lancia da un’auto in corsa per...
Era salita pensando che fosse il taxi che stava aspettando ma a bordo c'era l'uomo che ha tentato di violentarla. La polizia lo ha identificato e fermato in via Brin
Sale in auto pensando sia il suo taxi, ma a bordo trova un uomo che tenta di violentarla al centro di Napoli. Lei si lancia dall'auto in corsa per sottrarsi agli abusi, viene soccorsa e la polizia identifica e arresta un 38enne di origini casertane per rapina e violenza sessuale.
La scorsa notte, a seguito di una nota pervenuta alla locale Sala Operativa, gli agenti del Commissariato Ponticelli sono intervenuti in viale Fratelli Grimm poiché un utente della strada aveva segnalato la presenza di una donna che si era lanciata da una vettura in movimento. Giunti immediatamente sul posto, i poliziotti hanno accertato che la donna, in corso Umberto, era salita a bordo di un’autovettura, pensando fosse il taxi che stava attendendo per fare rientro a casa.
Durante il tragitto, però, il conducente l’avrebbe toccata nelle parti intime e, al suo rifiuto di consumare un rapporto, l’aveva presa a schiaffi, sottraendole con forza il telefono cellulare e continuando ad importunarla. Così, la ragazza, nel tentativo di sottrarsi alle violenze, aveva aperto la portiera lanciandosi dall’auto in movimento. Grazie alle descrizioni del veicolo e dell’aggressore, gli agenti del Commissariato Vasto-Arenaccia hanno rintracciato in via Brin il responsabile che, dopo essere stato identificato e trovato in possesso degli effetti personali della vittima, è stato arrestato. Inoltre, nel veicolo i poliziotti hanno trovato diversi documenti di riconoscimento intestati ad altre persone, di cui il 38enne di Caserta non ha saputo giustificare la provenienza, ed è stato denunciato anche per ricettazione.
Cronaca
Corteo a Roma contro la violenza sulle donne:...
In piazza in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Prima dell'inizio del corteo bruciata foto di Valditara da alcuni manifestanti di fronte al ministero
La marea fucsia torna in piazza a Roma. "Siamo 150mila" annunciano al megafono le attiviste di Non Una di Meno durante il corteo promosso in occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne.
Sullo striscione che apre la manifestazione è scritto 'disarmiamo il patriarcato' mentre su un altro appeso al lato di uno dei due tir presenti si legge 'La vergogna deve cambiare lato'. In testa al corteo sfilano i centri antiviolenza femministi. Tra i tanti slogan e cartelli si legge: "Siamo rivoluzione", "se il patriarcato non esiste perché continuiamo a morire", "vietare alle donne di lavorare è violenza", "principessa sei solo mia, possedere non è amare e la scuola lo deve insegnare".
Sette uomini si affacciano da una terrazza di piazzale Ostiense mentre il corteo sta per partire, esponendo cartelli a sostegno della manifestazione. "Il silenzio uccide, la giustizia salva", "no significa sempre no", "non è un caso isolato si chiama patriarcato", si legge sui cartelli.
Un lungo striscione fucsia con i nomi delle 106 vittime di femminicidio, lesbicidio e transicidio viene esposto davanti al Colosseo. "Mi hanno chiesto come si può ballare con 106 vittime dall'inizio dell'anno e io rispondo perché queste donne sono state uccise proprio perché volevano ballare, perché volevano essere loro stesse", dice una delle organizzatrici della manifestazione al megafono mentre alcuni fumogeni viola e fucsia vengono accesi davanti al monumento.
Bruciata foto Valditara di fronte ministero
Prima dell'inizio del corteo una fotografia del ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara viene bruciata da alcuni manifestanti di fronte al ministero. Gli studenti "prima di raggiungere la piazza nazionale contro la violenza di genere bruciano il ministro Valditara" si legge in una storia pubblicata su Instagram dal movimento femminista 'Aracne' e dai collettivi.
"Disarmiamo il patriarcato"
"Siamo in piazza con lo slogan disarmiamo 'il patriarcato' proprio perché la violenza sulle donne non è un'emergenza, se non nella sua drammaticità, ma è una dimensione strutturale che ogni anno ripete gli stessi numeri e le stesse modalità a fronte di una carenza di fondi per i centri antiviolenza e per le politiche a sostegno delle donne vittime di violenza. E quindi siamo in piazza per ribadire che c'è una guerra sui nostri corpi - e c'è una guerra globale - in cui i governi cercano di rafforzare costantemente la famiglia patriarcale e il razzismo contro le donne", dice Carlotta di Non Una di Meno.
"E ben sappiamo - spiega Carlotta - che il femminicidio è solo la punta dell'iceberg che riguarda molestie sul posto di lavoro, discriminazioni nelle scuole, forme di violenza che non arrivano al femminicidio ma portano più di 20mila a rivolgersi ogni anno ai centri antiviolenza". E sottolinea: "Siamo in piazza per potenziare una forza collettiva partita dal basso e affermare che il patriarcato esiste e continua a ucciderci".
Non Una di Meno conferma "la sua autonomia dai partiti politici e questo non vuole dire che non abbiamo una nostra posizione. In questo senso, chiediamo lo stop al genocidio perché riconosciamo che l'autodeterminazione della Palestina non è solo una questione femminista e transfemminista, ma anche perché nelle guerre le donne sono sempre le prime vittime insieme ai bambini".
"Parole Valditara? Dati dicono che responsabili sono soprattutto italiani"
"A noi non interessa chi commette la violenza ma se guardiamo i dati a noi risulta che si tratta soprattutto di uomini italiani. Se vogliamo stare sui dati è interessante vedere che più dell'80% delle persone che commettono violenza sono partner o ex partner. Questo ci dice che non conta la nazionalità ma la relazione che le donne instaurano con gli uomini e il senso di possesso che gli uomini hanno sulle donne che considerano proprie e questo è vero a ogni latitudine e in ogni parte del mondo", dice Carlotta di Non Una di Meno rispondendo poi sulle dichiarazioni del ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. "La violenza è trasversale, il patriarcato lo è, può assumere forme diverse ma sicuramente non c'è un aumento dei femminicidi dovuto a un cambiamento della popolazione italiana", aggiunge.
"Questo è indubitabilmente un governo patriarcale: non basta avere una donna presidente del Consiglio perché il governo cambi di segno - afferma ancora Carlotta - Quello che dobbiamo guardare sono le politiche e le politiche ci parlano davvero di un rafforzamento della famiglia patriarcale in cui le donne vengono considerate valide solo in quanto madri e mogli".
In piazza performance ispirata al gesto della studentessa iraniana
La prima performance di Non Una di Meno al corteo a Roma vede diverse giovani incappucciate con passamontagna ricoperti di lustrini, volendo replicare il gesto della studentessa iraniana, Ahoo Daryaei, che si è spogliata davanti all'università a Teheran per protestare contro l'imposizione del velo (VIDEO). "Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce", lo slogan con cui si apre la performance. Le giovani, coperte dallo striscione sopra il quale c'è la scritta "il corpo è mio, decido io", si tolgono le maglie e sul finale tirano giù lo striscione mostrandosi a seno nudo.