Ucraina, Modi abbraccia Zelensky e lo invita in India: “Pronti a ruolo da amici”
Modi abbraccia Zelensky e lo invita in India: "Pronti a ruolo da amici". Mosca: "Stiamo identificando altri giornalisti occidentali che hanno varcato confine Kursk"
"Oggi è stata fatta la storia. Il primo ministro dell'India Narendra Modi ha fatto la sua prima visita in Ucraina dall'indipendenza del nostro Paese, alla vigilia del Giorno dell'Indipendenza". Inizia così un post sui social in cui il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, non nasconde la sua soddisfazione per l'arrivo a Kiev del capo del governo di Nuova Delhi.
Zelensky ha annunciato su X che Ucraina e India hanno raggiunto quattro intese che riguardano il campo medico, la cooperazione agricola, le relazioni umanitarie e la cultura. "Dopo la visita, abbiamo anche concordato una dichiarazione congiunta incentrata sullo sviluppo di una partnership strategica, sul commercio bilaterale e sulla continua cooperazione tecnico-militare", ha aggiunto Zelensky, secondo cui "l'India sostiene la sovranità nazionale e l'integrità territoriale dell'Ucraina. E questo è fondamentale perché tutti nel mondo devono rispettare allo stesso modo la Carta delle Nazioni Unite".
"L'India è al fianco dell'Ucraina", ha detto Modi che ha confermato la disponibilità a "svolgere un ruolo da amico", riporta il Times of India.
L'arrivo di Modi a Palazzo Mariinskij, sede dell'ufficio presidenziale, è stato segnato da un abbraccio con Zelensky, sei settimane dopo le ire di quest'ultimo per l'abbraccio a Mosca tra Modi e il leader russo Vladimir Putin. Un "caloroso abbraccio" quello di stamani, secondo l'agenzia Ani. Le immagini hanno mostrato Zelensky con un volto tirato.
Ad accompagnare Modi, giunto in treno a Kiev dalla Polonia, c'era tra gli altri il ministro degli Esteri, Subrahmanyam Jaishhankar. Quella di Modi, appena riconfermato al potere, è la prima visita in Ucraina di un premier indiano dal 1991. Modi, ha reso noto il ministro degli Esteri indiano, ha invitato Zelensky a recarsi in India. Il gigante asiatico non ha mai aderito alle sanzioni contro la Russia per l'invasione dell'Ucraina.
Mosca: "Stiamo identificando altri giornalisti occidentali che hanno varcato confine Kursk"
Intanto Mosca annuncia che sta identificando altri giornalisti occidentali che hanno varcato il confine a Kursk. "Le nostre forze dell'ordine, i nostri diplomatici ed esperti incaricati di seguire tali questioni, stanno identificando i cosiddetti giornalisti occidentali che hanno varcato illegalmente il confine del nostro Paese senza documenti di autorizzazione, senza visto, senza permesso di soggiorno, e certamente senza accredito dal ministero degli Esteri", ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, citata dall'agenzia Tass, sottolineando che "non sono solo giornalisti italiani e americani (in realtà britannico, ndr) ad averlo fatto".
Quanto ai casi già aperti, Zakharova ne ha voluto sottolineare la gravità: "Stiamo parlando di casi penali. Questo include, fra le altre cose, un mandato di arresto, un passaggio in tribunale, scadenze. Quindi sarà una situazione più grave e complessa per loro (per i due giornalisti italiani e quello britannico, ndr) che non un rifiuto alla concessione del visto e un respingimento. Devono capire che saranno chiamati a risponderne penalmente".
"Sfortunatamente, giornalisti di altri Paesi, inclusa Spagna, Francia e Belgio, sono stati sorpresi a farlo", ha aggiunto dopo che la scorsa settimana sono state aperte inchieste penali a carico di giornalisti Rai, Stefania Battistini e Simone Traini, e di Cnn Nick Paton Walsh entrati a Kursk.
"Le agenzie di sicurezza stanno ora raccogliendo prove e saranno prese decisioni appropriate", ha quindi aggiunto. Mosca, ha sottolineato, ha "ripetutamente" usato le missioni e ambasciate diplomatiche russe per comunicare "l'inammissibilità" di tali azioni ai media occidentali dato che sono loro "in prevalenza" a violare tali norme. "Tali azioni saranno soppresse e punite dalla legge, siamo impegnati a farlo". Ieri sono state aperte inchieste penali con le stesse accuse anche contro due giornalisti ucraini, Diana Butsko e Olesya Borovik.
Russia accusa: "Tentato attacco Ucraina a centrale nucleare Kursk con drone kamikaze"
La Russia ha intanto accusato l'Ucraina di tentato attacco alla centrale nucleare nel Kursk. Mosca afferma che "il regime di Kiev" avrebbe tentato di attaccare la centrale nucleare di Kurchatov, nella regione russa del Kursk, con un "drone kamikaze e commettere un atto di terrorismo nucleare". E' quanto riporta l'agenzia Tass aggiungendo che il drone sarebbe stato abbattuto nei pressi della centrale "dai sistemi di difesa elettronica russi". Secondo l'agenzia russa, il drone abbattuto sarebbe stato recuperato nei pressi del deposito per il combustibile nucleare esausto.
Esteri
Israele-Hamas, Qatar non media più per ostaggi e cessate il...
Doha fa sapere che "riprenderà i suoi sforzi con i partner quando le parti dimostreranno la loro volontà e serietà nel porre fine a una guerra brutale". Famiglie ricordano 400 giorni di prigionia a Gaza
Il Qatar conferma di aver sospeso la mediazione tra Israele e Hamas sul cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi. E fa sapere che "riprenderà i suoi sforzi con i partner quando le parti dimostreranno la loro volontà e serietà nel porre fine a una guerra brutale e alle sofferenze dei civili causate da condizioni umanitarie catastrofiche nella Striscia". E' quanto si legge in una dichiarazione del portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, dopo una giornata di indiscrezioni e smentite sul ruolo di Doha e sulla chiusura degli uffici di Hamas nella capitale dell'emirato.
Il Qatar, si legge nel comunicato in cui si definiscono "inaccurate" le notizie su un ritiro dalla mediazione, "ha notificato alle parti dieci giorni fa, durante gli ultimi tentativi di raggiungere un accordo, che avrebbe sospeso i suoi sforzi di mediazione non fosse stata raggiunta un'intesa in quel round".
"Sede Hamas a Doha non ha ragion d'essere"
Ancora, il portavoce del ministero degli Esteri afferma che il Qatar "non accetterà che la mediazione sia una ragione per ricattarci...e per sfruttare la continuazione dei negoziati come giustificazione del proseguimento della guerra per servire piccoli interessi politici".
Il Qatar ha inoltre avvertito Hamas che il suo ufficio nella capitale quindi "non ha più ragion d'essere", ha dichiarato una fonte diplomatica all'Afp. "I qatarini hanno informato sia gli israeliani che Hamas che, finché ci sarà un rifiuto a negoziare un accordo in buona fede, non potranno continuare a fare da mediatori". Di conseguenza, "l'ufficio politico di Hamas a Doha non serve più", ha dichiarato la fonte.
La reazione di Hamas
Dal canto suo Hamas ha fatto sapere di non aver ricevuto "alcuna richiesta" di lasciare il Qatar, ha reso noto una fonte del movimento di resistenza islamica. "Non abbiamo nulla da confermare o smentire su quanto pubblicato da una fonte diplomatica non identificata, e non abbiamo ricevuto alcuna richiesta di lasciare il Qatar", ha dichiarato un funzionario di Hamas da Doha, raggiunto per via telefonica da Afp.
Contattato dal Times of Israel, un funzionario israeliano ha dichiarato di aver accolto con favore la decisione del Qatar di porre fine al suo ruolo di mediazione. "C'è una logica in questo. Nel momento in cui i qatarini espellono Hamas, la mediazione non ha più alcun vantaggio e diventa superflua - ha affermato il funzionario - Hamas è un'organizzazione terroristica assassina che deve essere soppressa a livello globale, piuttosto che ricevere ospitalità di emergenza in qualsiasi Paese - ha dichiarato - E' già da un po' che Israele e gli Stati Uniti spingono affinché il Qatar espella Hamas".
La notizia che circolava da giorni
La notizia della richiesta del Qatar si era già diffusa nei giorni scorsi. Alti funzionari dell'amministrazione Usa avevano reso noto, parlando con il Times of Israel, che il Qatar aveva comunicato ad Hamas oltre una settimana fa che dovrà chiudere la sede. Dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre, gli Stati Uniti hanno informato il Qatar che Doha non avrebbe dovuto portare avanti le cose come prima rispetto al gruppo.
Tuttavia, l'amministrazione aveva rinunciato a chiedere allo Stato del Golfo di chiudere l'ufficio di Hamas, ritenendo che il canale di comunicazione con Hamas fosse quanto mai importante per mediare un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Secondo quanto dichiarato da un funzionario statunitense al Times of Israel, a far cambiare idea agli americani sarebbe stata l'esecuzione da parte di Hamas dell'ostaggio americano-israeliano Hersh Goldberg-Polin insieme ad altri cinque ostaggi alla fine di agosto e il successivo rifiuto di ulteriori proposte di cessate il fuoco. A partire da qual momento la permanenza del gruppo terroristico a Doha sarebbe stata ritenuta "non più praticabile o accettabile".
Famiglie ostaggi ricordano 400 giorni di prigionia a Gaza
Le famiglie degli ostaggi israeliani di Hamas ricordano intanto i 400 giorni di prigionia a Gaza. Centinaia di persone si sono riunite sabato sera di fronte al quartier generale delle Forze armate a Tel Aviv innalzando cartelli con su scritto: "Perché sono ancora a Gaza? 400 giorni", "400 giorni, la vergogna di Netanyahu". "Tutti gli ostaggi devono tornare", hanno scandito i manifestanti, che da un anno scendono in piazza per chiedere il rilascio dei loro e che nei giorni scorsi hanno protestato duramente contro la destituzione decisa dal premier del ministro della Difesa Yoav Gallant, uno dei principali sostenitori dell'accordo per Gaza.
Quanti sono gli ostaggi in vita secondo 007 israeliani
L'intelligence israeliana ritiene che solo 51 ostaggi, sui 101 che si trovano nella Striscia di Gaza, siano ancora vivi. Lo sostiene il quotidiano in lingua ebraica Israel Hayom citando valutazioni dell'intelligence israeliana. Sono state 215 le persone rapite in Israele durante l'assalto del 7 ottobre sferrato da Hamas. Quasi la metà di loro sono stati rilasciati grazie ad accordi o a operazioni delle Idf. Hamas ha annunciato più volte che alcuni ostaggi sono stati uccisi nei raid condotti da Israele sulla Striscia di Gaza.
Esteri
Usa, Biden e Trump si incontreranno alla Casa Bianca: è...
Il faccia a faccia mercoledì nello Studio ovale
Il presidente Joe Biden e il presidente eletto Donald Trump "si vedranno nello Studio Ovale mercoledì alle 11" ora di Washington (le 17 in Italia). Lo ha reso noto il portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. Due giorni fa, in una dichiarazione alla nazione, Biden aveva anticipato di aver invitato Trump alla Casa Bianca nel corso di un colloquio telefonico durante il quale aveva assicurato l'impegno per "una transizione pacifica e ordinata".
Sondaggi interni della campagna di Joe Biden indicavano che Donald Trump avrebbe potuto vincere "400 voti elettorali". Lo ha rivelato Jon Favreau, ex speechwriter di Barack Obama, durante una puntata del podcast 'Pod Save America', secondo quanto riferisce The Hill. “Poi scopriamo, quando la campagna di Biden diventa la campagna di Harris, che i sondaggi interni della campagna di Biden, nel momento in cui ci dicevano che era il candidato più forte, mostravano che Donald Trump avrebbe vinto 400 voti elettorali”, ha detto Favreau. Che ha definito il tentativo di rielezione di Biden un "errore catastrofico" e ha accusato la "cerchia ristretta" intorno al presidente di rifiutare di credere che fosse “impopolare”. “Si sono rifiutati di riconoscere fino a molto tardi che qualcuno potesse essere arrabbiato per l'inflazione. E continuavano a dirci che la sua presidenza era storica e che era la più grande economia di sempre”, ha lamentato l'ex speechwriter di Obama.
Esteri
Europa debole e indecisa e l’incognita Ucraina. Lo...
L'analisi del ricercatore dell’Ispi Gianluca Pastori all’Adnkronos
L’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti apre una nuova parentesi nelle politiche europee sul piano internazionale. Il rischio è grande anche perché a fare freno alle future politiche del tycoon statunitense c’è “un’Europa molto meno coesa” e si prospetta “un brutto scenario”. Lo dice in merito all’Adnkronos Gianluca Pastori, ricercatore dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale). Il tallone d’Achille dell’Unione è nella sua capacità decisionale, o meglio, nella sua difficoltà a cambiare. L’impulso al mutamento avviene nel momento in cui compare un problema da affrontare, manca una reale capacità di lavorare con una prospettiva di lungo termine. E oggi, a livello istituzionale, “siamo molto più deboli di 8 anni fa”, sottolinea Pastori, visto anche come le ultime elezioni del Parlamento Europeo hanno modificato gli equilibri interni.
Un’Europa che, viste le profonde divisioni interne, fatica a sostenere anche i suoi alleati. Sul piano del conflitto russo-ucraino, Donald Trump, durante la campagna elettorale ha più volte affermato di poter mettere termine al conflitto in meno di 24 ore. Il neo eletto presidente “ha detto in diverse occasioni che la sua idea è di portare Mosca e Kyiv al tavolo della pace, anche facendo pressioni sull’una e sull’altra – spiega il ricercatore -. Certo, se da una parte è facile capire che tipo di pressioni può fare sull’Ucraina, più complicato è intuire cosa possa fare nei confronti della Russia”.
Trump ha incontrato il presidente ucraino Zelensky lo scorso 27 settembre, in un meeting dall’esito positivo, ma secondo Pastori, il flusso dei rubinetti di aiuto verso il capo di Stato ucraino potrebbe comunque assottigliarsi, avvantaggiando notevolmente la Federazione Russa. La politica tenuta negli ultimi mesi dell’amministrazione Biden di fare abbastanza per permettere all’Ucraina di sopravvivere, ma non di vincere non ha poi aiutato, ed è probabile che Kamala Harris avrebbe proseguito sulla strada già tracciata. “C’è anche da dire che dopo quasi tre anni di conflitto anche Putin è stanco di una guerra costa parecchio al suo Paese. Quindi l’incentivo delle parti a trovarsi ad un tavolo c’è sia da una parte che dall’altra”. L’incognita più grande resta però chi dei due dovrà rinunciare a che cosa.