Economia
Telegram, Sterpi (Gop): “Dubbi arresto Durov, no a...
Telegram, Sterpi (Gop): “Dubbi arresto Durov, no a società del controllo”
Parla all'Adnkronos l'avvocato, tra i massimi esperti in Europa in materia di proprietà intellettuale
L’arresto in Francia del fondatore di Telegram Pavel Durov solleva "perplessità", serve "cautela" perché "la società del controllo è dietro l'angolo". In un'intervista all'Adnkronos, l'avvocato Massimo Sterpi, tra i massimi esperti in Europa in materia di proprietà intellettuale in tutte le sue evoluzioni fino alle implicazioni del web, mutua il concetto caro al filosofo francese Gilles Deleuze per mettere in guardia contro i rischi di una vigilanza capillare che irradia ogni forma di espressione.
Partner dello studio Gianni&Origoni, per Sterpi "l’arresto in Francia del fondatore di Telegram Pavel Durov con apparenti accuse di truffa, traffico di droga, crimine organizzato, promozione del terrorismo e cyberbullismo suscita profonde perplessità". Telegram, osserva, "è primariamente un servizio di messaggeria criptato, a cui si aggiungono varie funzionalità di un social network. Per il momento non esiste un generale obbligo di monitoraggio dei contenuti trasmessi o postati online, e questo sembra del tutto ragionevole poiché pare poco ragionevole e pratico delegare le funzioni di law enforcement a operatori digitali privati".
Tuttavia, osserva il legale, "sempre più le normative di vari Stati o organizzazioni internazionali, tra cui l’Ue, impongono specifici obblighi di monitoraggio e/o segnalazione alle autorità per determinati crimini, tra cui terrorismo, pedopornografia e hate speech, attirando veementi critiche - che in gran parte condivido - per l’indeterminatezza di tali obbligazioni ed il rischio di creare una società del controllo in cui a cittadini e società private viene richiesto di spiare e denunziare altri cittadini e aziende, con drammatici effetti sulla libertà di espressione, privacy e principio di segretezza delle comunicazioni".
Dal punto di vista giuridico, prosegue, "vanno poi distinte due tipologie di potenziale responsabilità penale: da un lato, quella generale a titolo di attivo concorso del digital service provider nella commissione di reati da parte dei propri utenti, concorso che normalmente presuppone il dolo del legale rappresentante del prestatore dei servizi digitali e, quindi, la sua volontà di partecipare alla commissione del reato; mentre dall’altro, esistono in talune legislazioni nazionali (ma non nel Digital Service Act, Dsa Ue) delle specifiche sanzioni penali per non aver rimosso e riferito alle autorità determinati contenuti illegali dopo esserne venuti specificamente a conoscenza (normalmente, a seguito di una notifica)".
Declinato nella fattispecie del caso del 'padre' di Telegram, Sterpi rileva come dalle notizie di stampa non sia "affatto chiaro in quale dei due casi ci si trovi, anche se alcuni riferimenti alla ‘complicità’ di Durov nella commissione di vari reati sembrerebbe alludere al primo scenario".
Norme alla mano, spiega il giurista, "per quanto riguarda eventuali forme obbligatorie di monitoraggio dei contenuti da parte del digital service provider previsti dal Dsa, ricordo innanzitutto che l’articolo 8 del Regolamento esclude ogni obbligo generale di monitoraggio ('ai prestatori di servizi intermediari non è imposto alcun obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che tali prestatori trasmettono o memorizzano, né di accertare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attivita illegali'), mentre l’articolo 18 si limita a prevedere l’obbligo del service provider di segnalare alle autorità competenti le informazioni di cui venga a conoscenza e che facciano sospettare la commissione di reati che comportino una minaccia 'per la vita o per la sicurezza di una o più persone''.
Concetto questo che, rileva, "specie per quanto riguarda la 'sicurezza', si presta ad interpretazioni molto diverse: per la violazione di tale obbligo, tuttavia il Dsa prevede solo sanzioni amministrative pecuniarie e non penali. Quindi, il Dsa non poteva essere, ed in effetti non è stato, la base giuridica per l’arresto di Durov, come del resto ribadito da un comunicato stampa della Commissione europea". Ecco perché, conclude Sterpi, "suggerisco molta cautela nell’imposizione di obblighi di monitoraggio su social network o digital service provider, poiché la società del controllo è dietro l’angolo".
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