Dieci i morti nell'attacco. Le forze speciali di Tel Aviv: "Stiamo conducendo un'operazione anti-terrorismo". Katz: "Sgomberare la popolazione come a Gaza". Abbas rientra a Ramallah
Nuovo raid di Israele oggi, 28 agosto, a nord della Cisgiordania. Dieci palestinesi sono morti in una operazione su larga scala, condotta dall'Idf con l'utilizzo di droni. L'intervento, secondo fonti militari come riporta il Times of Israel, dovrebbe durare diversi giorni. L'agenzia palestinese Wafa conferma per ora, invece, un bilancio di nove morti.
L'operazione si concentra principalmente nell'area di Tulkarem, ma le truppe stanno svolgendo attività anche a Jenin, Nablus e Tubas. Secondo l'esercito, nel corso dell'operazione sarebbero stati arrestati anche diversi palestinesi ricercati. Le forze di sicurezza israeliane hanno dichiarato di aver condotto "un'operazione antiterrorismo" a Jenin e Tulkarem. I militari hanno riferito, riportano le fonti israeliane, di aver avviato l'operazione dopo il fallito attacco del 18 agosto a Tel Aviv.
Secondo quanto sostengono fonti militari israeliane, le truppe che partecipano al raid su larga scala dell'Idf in Cisgiordania stanno infatti operando in un'area da cui nei giorni scorsi c'è stato un tentativo di attentato suicida a Tel Aviv. L'esercito ritiene che la rete terroristica che ha pianificato e diretto l'attentato abbia sede nell'area di Tulkarm.
Coprifuoco nella zona est di Jenin
Le forze israeliane "hanno imposto il coprifuoco nella parte orientale di Jenin", riferisce l'agenzia palestinese Wafa, citando fonti locali secondo cui i gli abitanti dell'area non possono lasciare le loro case. Secondo quanto riportato dai palestinesi, le strade principali di Jenin sono state chiuse con scontri armati nel campo profughi della città.
Un soldato dell'Idf è morto nel blitz
L'Idf annuncia, inoltre, che un loro soldato ha perso la vita nei ultimi combattimenti. Si tratta del sergente maggiore Amit Friedman, 19 anni, è stato ucciso combattendo nel sud di Gaza. Era in forza al 932esimo battaglione della Brigata Nahal.
"In Cisgiordania fare come a Gaza"
"Sgomberare temporaneamente" aree della Cisgiordania. E' l''idea' avanzata stamani dal ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, mentre le forze israeliane (Idf) sono impegnate in un'operazione "antiterrorismo" nel nord del Territorio palestinese. "Dobbiamo affrontare la minaccia del terrorismo allo stesso modo in cui affrontiamo l'infrastruttura del terrorismo a Gaza, anche con lo sgombero temporaneo degli abitanti palestinesi e qualsiasi misura sia necessaria - scrive Katz su X con un riferimento all'operazione nelle zone di Jenin e Tulkarem - E' una guerra in tutti i sensi e dobbiamo vincerla".
Nel post il ministro afferma che l'obiettivo dell'operazione è "contrastare le infrastrutture terroristiche islamico-iraniane". L'Iran, accusa "sta lavorando per stabilire un fronte terroristico orientale contro Israele in Cisgiordania, secondo il modello di Gaza e Libano, finanziando e armando i terroristi e contrabbandando armi sofisticate dalla Giordania".
La condanna dell'Onu
L'Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha condannato la "risposta sempre più militare" delle forze di sicurezza israeliane nella Cisgiordania occupata affermando - come riporta la Bbc - che la recente operazione militare israeliana in Cisgiordania è condotta "in un modo che viola il diritto internazionale e rischia di infiammare ulteriormente una situazione già esplosiva".
"La violenza tra le Idf e i palestinesi armati in Cisgiordania non costituisce un conflitto armato ai sensi del diritto internazionale umanitario", afferma la dichiarazione, aggiungendo che "l'uso della forza in Cisgiordania deve rispettare le norme sui diritti umani".
Abbas interrompe visita in Arabia Saudita
Intanto il leader dell'Autorità palestinese, Mahmoud Abbas ha interrotto la visita in Arabia Saudita per far rientro in Cisgiordania e "seguire gli ultimi sviluppi nel contesto dell'aggressione israeliana", riferisce l'agenzia di stampa Wafa.
Esteri
Tregua in Libano, la fretta di Netanyahu: attesa per...
Secondo i media israeliani, il Paese dei Cedri dovrebbe replicare entro 24 ore alla proposta di cessate il fuoco inviata tramite gli Stati Uniti
Potrebbe arrivare nell'arco delle prossime 24 ore una risposta dal Libano a una proposta di cessate il fuoco inviata a Beirut tramite gli Stati Uniti. A riferirlo è Channel 12 in una notizia rilanciata dal Times of Israel mentre proseguono le operazioni militari israeliane contro Hezbollah nel Paese dei Cedri.
Cessate il fuoco in Libano, perché Israele ha fretta
Secondo il Washington Post, che cita tre funzionari ed ex funzionari israeliani, un consigliere del premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe riferito questa settimana a Donald Trump e Jared Kushner che Israele si sta affrettando verso un cessate il fuoco in Libano per consegnare al presidente eletto un primo successo in politica estera.
Ron Dermer, ministro per gli Affari strategici del governo Netanyahu, ha fatto domenica a Mar-a-Lago - ha scritto il giornale - la prima tappa del suo viaggio negli Stati Uniti, per parlare della proposta israeliana di cessate il fuoco in Libano, per poi andare a Washington ad aggiornare funzionari dell'Amministrazione Biden, compreso Amos Hochstein, sullo stato dei colloqui.
Un portavoce di Dermer ha confermato al Post che la missione è servita per parlare di una serie di questioni, senza entrare nei dettagli. No comment dall'ufficio di Netanyahu e da un portavoce di Trump. Nessuna risposta da un portavoce di Kushner, che contribuì alla normalizzazione tra quattro Paesi arabi e Israele durante il primo mandato di Trump alla Casa Bianca.
Esteri
“Ucraina può sviluppare una bomba nucleare in pochi...
Secondo un documento di un think tank ucraino presentato al ministero della Difesa di Kiev che però smentisce
Nel giro di "mesi" l'Ucraina potrebbe sviluppare una bomba nucleare rudimentale, da utilizzare in teoria nella guerra contro la Russia, qualora il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, decidesse di sospendere l'assistenza militare a Kiev.
Lo indica un documento pubblicato dal Center for Army, Conversion and Disarmament Studies (Cacds), un influente think tank militare ucraino, secondo cui Kiev sarebbe in grado rapidamente di costruire un ordigno elementare con una tecnologia simile alla 'Fat Man', la bomba sganciata su Nagasaki nel 1945.
Ecco come l'Ucraina potrebbe sviluppare la bomba atomica
"Creare una semplice bomba atomica, come hanno fatto gli Stati Uniti nell'ambito del Progetto Manhattan, non sarebbe un compito difficile 80 anni più tardi", si legge nel documento citato dal Times, mentre martedì prossimo saranno mille giorni dall'inizio dell'invasione. Senza tempo per costruire e gestire le strutture necessarie per arricchire l'uranio, l'Ucraina userebbe il plutonio estratto dalle barre di combustibile esaurito prelevate dai suoi reattori nucleari. L'Ucraina può ancora contare su nove reattori operativi e ha una notevole competenza in ambito nucleare nonostante nel 1996 abbia accettato di disfarsi del terzo arsenale nucleare più grande al mondo.
Secondo il rapporto, l'Ucraina ha plutonio a sufficienza per realizzare "centinaia di testate con una resa tattica di diversi kilotoni". Una bomba del genere avrebbe circa un decimo della potenza di 'Fat Man', concludono gli autori del documento, che è stato condiviso con il vice ministro della Difesa ucraino e verrà presentato mercoledì a una conferenza a cui probabilmente parteciperanno i ministri della Difesa e delle Industrie strategiche.
La smentita di Kiev
Il rapporto del think tank non è avallato dal governo di Kiev, ma stabilisce la base giuridica in base alla quale l'Ucraina potrebbe ritirarsi dal Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), la cui ratifica era subordinata alle garanzie di sicurezza fornite da Stati Uniti, Regno Unito e Russia nel memorandum di Budapest del 1994.
Il mese scorso il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato di aver detto a Donald Trump che l'Ucraina avrebbe bisogno di armi nucleari per garantire la sua sicurezza se le venisse impedito di entrare nella Nato.
Esteri
Ucraina-Russia, Trump e il dialogo in salita: le condizioni...
L'analisi dell'Isw evidenzia che le posizioni della Russia non sono cambiate: Mosca vuole la resa di Kiev
Vladimir Putin non ha intenzione di fare alcuna concessione a Donald Trump. La Russia non cambia linea: vuole dettare le condizioni per la conclusione della guerra con l'Ucraina. E' il quadro che l'Institute for the study of war (Isw), think tank che monitora il conflitto quotidianamente, elabora in un momento cruciale nello scacchiere internazionale.
Trump, presidente eletto degli Stati Uniti, si insedierà a gennaio e appena arrivato alla Casa Bianca cercherà di dare seguito agli annunci fatti in campagna elettorale: lavorerà per favorire un rapido accordo tra Mosca e Kiev.
Il piano di Trump
Secondo il Wall Street Journal, i consiglieri di Trump avrebbero tracciato un perimetro del piano da sviluppare per arrivare alla pace: una zona demilitarizzata lungo la linea del fronte, con forze internazionali ma non americane presenti, e l'Ucraina fuori dalla Nato per almeno 20 anni. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sempre rifiutato l'ipotesi di sacrifici territoriali, ma a Kiev - evidenziano media Usa - la posizione potrebbe mutare parzialmente se un'eventuale intesa prevedesse garanzie di sicurezza blindate per il paese.
La Russia non cambia obiettivo
In realtà, secondo l'Isw, tali ragionamenti non tengono conto di un elemento chiave: la posizione della Russia e quella del suo presidente Vladimir Putin non pare cambiata rispetto all'inizio del conflitto e l'obiettivo ultimo di Mosca rimane sempre lo stesso, "la completa resa dell'Ucraina". "Il Cremlino -osserva il think tank- sembra poco disposto a fare concessioni alla nuova amministrazione Trump, così come non è stato disposto a farne all'attuale amministrazione", si legge nel rapporto.
"Il Cremlino sembra poco disposto a fare concessioni alla nuova amministrazione Trump, così come non è stato disposto a farne all'attuale amministrazione", si legge nel rapporto. Putin si è congratulato con Trump per l'elezione e nelle dichiarazioni pubbliche ha manifestato una generica disponibilità a riprendere il dialogo con Washington. Mosca ha smentito il contatto diretto tra i due presidenti che, secondo il Washington Post, sarebbe avvenuto con una telefonata giovedì 7 novembre.
I messaggi da Mosca
Nelle ultime ore, le posizioni russe sono state illustrate dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov e dalla sua portavoce Maria Zakharova. Per Lavrov, l'avvento di Trump non modificherà la situazione e l'ipotesi di congelare il conflitto va scartata. Per Zakharova, c'è solo un modo per arrivare alla pace: "Serve lo stop all'assistenza militare che l'Occidente fornisce all'Ucraina".
Apparentemente, quindi, lo spazio per dialogare è poco. A completare il quadro, le parole di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino: non ci sono stati contatti con la nuova amministrazione americana, gli eventuali piani di Trump in relazione all'Ucraina al momento sono ignoti.