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Sanità, Consulcesi: “Contro aggressioni guida pratica per disinnescare violenza”

In un video le novità legislative che tutelano i professionisti sanitari

 - (Fotogramma)

Un’altra estate da incubo per medici e professionisti sanitari: un’escalation di aggressioni segnalate ai loro danni e riportate nelle cronache più recenti. Le ultime due rivolte contro due dottoresse in Puglia: una nel Salento e una nel tarantino; entrambe si sono dimesse per accendere una luce sul tema dell’incolumità dei sanitari durante l’esercizio del proprio lavoro. Professionisti che lavorano spesso anche su doppi turni per supplire alla carenza di personale e rinunciano alle ferie e al riposo, specie nella stagione estiva. La situazione è talmente grave che il presidente dell'Ordine dei Medici (Fnomceo) Filippo Anelli, ha minacciato dimissioni di massa dei medici italiani per protestare contro le aggressioni.

Andando incontro alla necessità dei professionisti della salute di conoscere i propri diritti e gli step da percorrere Consulcesi Club - riporta una nota - si propone come supporto strategico: non solo legale, ma anche formativo. In una innovativa versione eBook scaricabile, è stata realizzata una guida redatta in collaborazione con la psichiatra Marina Cannavò, su come gestire il pericolo di aggressioni nei reparti più difficili, come Pronto soccorso, Medicina d’urgenza e psichiatria. Inoltre, una originale serie video 'Dal legalese all’italiano' con un episodio dedicato a come gestire un'aggressione subita da sanitario e gli step legali da affrontare, spiegati in maniera semplice dagli avvocati del network Consulcesi Club.

Secondo stime recenti - si legge - il 40% dei lavoratori in ambito sanitario ha dichiarato di aver subito un’aggressione, con il 9% di essi che ha riportato conseguenze fisiche o psichiche. Le vittime di violenza sono donne nel 71% dei casi. Gli infermieri e gli operatori sociosanitari registrano il maggior numero di infortuni, sia per la componente femminile (con incidenze rispettivamente del 25% e 31%) che per quella maschile (39% e 19%). Molte delle vittime sono professioniste donne di età compresa tra 51 e 60 anni e lavorano come operatore sociosanitario o infermiere in strutture ospedaliere o in Rsa, prevalentemente in ambito psichiatrico o dell’emergenza/urgenza. Anche gli educatori professionali sono le figure professionali maggiormente oggetto di episodi di violenza. Seguono, con il 29% dei casi, gli operatori sociosanitari delle professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali e, con il 16%, le professioni qualificate nei servizi personali e assimilati.

La guida di Consulcesi Club 'Aggressioni ai Sanitari, come gestire l’emergenza nei reparti difficili' fornisce una fotografia dettagliata dello stato dell’arte e consigli pratici per la prevenzione nei reparti più a rischio (Pronto soccorso, Emergenza/Urgenza, Psichiatria) e la gestione del trauma post-aggressione. Per riconoscere e gestire le aggressioni - riferisce la nota - infatti, è fondamentale formare il personale sanitario sulle tecniche di de-escalation, comunicazione assertiva e gestione dei conflitti. Intercettare i segni prodromici, come la rabbia controllata, gesti minacciosi e posture aggressive, è essenziale per prevenire l’escalation. Durante un’aggressione, è cruciale mantenere la calma, utilizzare tecniche verbali di de-escalation e, se necessario, allontanarsi rapidamente e chiedere aiuto per garantire la sicurezza propria e degli altri presenti.

Oltre alla guida, Consulcesi Club mette a disposizione dei suoi membri la serie video 'Dal legalese all’italiano', un format innovativo che rende accessibili e comprensibili le questioni legali più complesse. Nell’episodio “Le aggressioni al personale sanitario”, l’avvocato offre una panoramica dettagliata delle norme e delle leggi in vigore, spiegando le tutele penali e risarcitorie disponibili per le vittime. Questo episodio rappresenta un'importante risorsa per i professionisti, che li aiuta comprendere i loro diritti e a sapere come agire in caso di aggressione.

"Il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario è in costante crescita, e il legislatore ha risposto con provvedimenti mirati ad ampliare le tutele e inasprire le pene - spiega il team legale di Consulcesi Club - Il nostro obiettivo è quello di fornire ai professionisti della sanità gli strumenti necessari per difendersi, sia in termini legali che pratici, e di assisterli nell'aggiornamento continuo sulle novità legislative e sulle azioni legali da intraprendere".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Salute e Benessere

Neurologi: “Entro 2050 triplicheranno casi demenza...

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Neurologi:

A causa del rapido invecchiamento della popolazione in Italia, "si prevede che il numero di persone affette da demenza quasi triplicherà entro il 2050, passando da 1,2 milioni nel 2019 a oltre 3 milioni, con costi stimati diretti fino a più di 60 miliardi di euro. L'aumento dell'aspettativa di vita inoltre determinerà un aumento delle persone affette da demenza nei paesi a basso reddito e in povertà". A fare il punto è la Sin, la Società italiana di Neurologia, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer che si celebra il 21 di settembre e della riunione del G7 sulle demenze prevista ad Ancona l’8 di ottobre.

"Negli ultimi anni diversi studi hanno sottolineato come lo sviluppo di una demenza e soprattutto della Malattia di Alzheimer non sia inevitabile. Infatti, intervenire sui fattori di rischio modificabili, a partire dall'infanzia e continuando per tutta la vita, potrebbe prevenire o ritardare di molti anni quasi la metà dei casi di demenza - prosegue la Sin - Anche se in Italia le persone vivono più a lungo e a parità di età si ammalano meno rispetto a 30 anni fa, il numero di persone affette da demenza è destinato ad aumentare in virtù dell’invecchiamento della popolazione. Ciononostante, il potenziale per prevenire e gestire meglio la demenza è elevato se si interviene per contrastare i fattori di rischio, anche nelle persone con un elevato rischio genetico di demenza".

Sulla base di recenti prove, "sono stati individuati due nuovi fattori di rischio: elevati di lipoproteine a bassa densità (Ldl) o colesterolo 'cattivo' nella mezza età e la perdita della vista non trattata in età avanzata - ricordano i neurologi - Questi nuovi fattori di rischio si aggiungono ai fattori di rischio precedentemente identificati dalla 'Lancet Commission' nel 2020 (bassi livelli di istruzione, problemi di udito, ipertensione, fumo, obesità, depressione, inattività fisica, resistenza all’insuline e diabete, consumo eccessivo di alcol, traumi cranici, inquinamento atmosferico e isolamento sociale), che sono collegati al 40% di tutti i casi di demenza. Oltre a questi, tuttavia, devono essere tenuti in considerazione anche la contaminazione e sofisticazione degli alimenti, le alterazioni del microbiota intestinale e orale, i disturbi del sonno, le infezioni da Hsv e probabilmente l’invecchiamento immunitario o immunosenescenza".

La Sin chiede ai governi e alla società di 'impegnarsi nell'affrontare i rischi della demenza nel corso della vita'

La Sin chiede ai governi e alla società "di impegnarsi nell'affrontare i rischi della demenza nel corso della vita, sostenendo che una azione di promozione a favore della Prevenzione primaria e secondaria rappresenta la vera arma per vincere la sfida con le demenze, incrementando nello stesso tempo i sostegni socio-sanitari a favore dei malati e dei loro familiari".

“Per ridurre il rischio di Alzheimer può e deve essere fatto molto di più - afferma Alessandro Padovani, presidente della Sin - Abbiamo prove convincenti del fatto che un'esposizione più lunga ai diversi fattori di rischio ha un effetto maggiore e che i rischi agiscono maggiormente nelle persone vulnerabili. Ecco perché è fondamentale incentivare gli sforzi preventivi verso coloro che ne hanno più bisogno, compresi coloro che vivono in aree a basso e medio reddito e nei gruppi socio-economicamente svantaggiati. É un compito che riguarda tutti e che deve mirare a ridurre le disuguaglianze di rischio rendendo gli stili di vita sani il più possibile raggiungibili per tutti".

Le raccomandazioni della Sin

Per ridurre il rischio di demenza nel corso della vita, la Sin delinea diverse raccomandazioni tra cui: offrire un'istruzione scolastica di buona qualità incentivando gli studi superiori; promuovere un’istruzione permanente nelle diverse fasi della vita sostenendo le Università della terza età e le attività associative volontarie: promuovere l’uso del casco e protezioni per la testa nell’uso di monopattini e biciclette, nei luoghi di lavoro a rischio e nelle attività sportive di contatto: ridurre l'esposizione all'inquinamento ambientale e alimentare attraverso rigorose politiche per un ambiente pulito e sano; ampliare le misure volte a ridurre il fumo di sigaretta, come il controllo dei prezzi, l'innalzamento dell'età minima per l'acquisto e il divieto di fumo nei luoghi comuni anche all’esterno; ridurre il consumo di alcol e ampliare le misure volte a ridurre l’eccessivo consumo di superalcolici nei luoghi di ritrovo

E ancora: la promozione di una lotta all’isolamento e alla solitudine a tutte le età favorendo la realizzazione di ambienti comunitari e alloggi di supporto per contrastare il disagio sociale; promuovere una attiva campagna di prevenzione dei disturbi della vista e dell’udito nella logica dell’approccio 'One Health', favorendo screening oftalmologici e audiologici dell’età di 65 anni; promozione della salute dentaria rendendo accessibili a tutti gli screening odontoiatrici mediante il coinvolgimento degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri; monitorare i livelli di trigliceridi e colesterolo unitamente alla glicemia e al colesterolo Ldl, a partire dai 35 anni promuovendo una campagna di prevenzione ai disturbi alimentari; monitorare i livelli di pressione arteriosa periodicamente a partire dai 35 anni riducendo l’uso di sale negli alimenti; prevenire e trattare i disturbi del sonno mediante un’educazione all’igiene del sonno; individuare precocemente i disturbi del tono dell’umore anche mediante il coinvolgimento dell’Ordine degli Psicologi favorendo una tempestiva presa in carico da parte della Psichiatria nei centri di cura; promuovere nelle scuole e nei luoghi di lavoro una attiva campagna di informazione a favore di un’alimentazione sana e di una attività fisica costante anche nelle età avanzate

Secondo la Sin, "queste azioni sono particolarmente importanti alla luce delle nuove prove che dimostrano che la riduzione dei rischi di demenza non solo aumenta gli anni di vita in buona salute, ma riduce anche il tempo che le persone che sviluppano demenza trascorrono in cattiva salute, a supporto della necessità di una diagnosi precoce e di interventi di prevenzione secondaria".

'Puntare a migliorare la qualità della vita'

"Uno stile di vita sano – prosegue Padovani - che preveda esercizio fisico regolare, non fumare, un sonno regolare, fornire stimoli cognitivi e mentali anche al di fuori dell'istruzione formale e che eviti un uso eccessivo di sostanze alcoliche e favorisca un’alimentazione equilibrata ricca in verdure e frutta, non solo è in grado di ridurre il rischio di demenza, ma può anche ritardarne l'insorgenza così come rallentarne il decorso. Ciò ha enormi implicazioni sulla qualità della vita per gli individui e benefici in termini di risparmio sui costi per le società". Secondo i neurologi, l’Italia "potrebbe in questo modo ottenere in 20 anni risparmi sui costi attuali pari a circa 10 miliardi di euro da destinare alla realizzazione di attività di sostegno ai malati e ai familiari".

In uno studio pubblicato sulla rivista 'The Lancet Healthy Longevity', Naaheed Mukadam (UCL Psychiatry) e i coautori hanno modellato l'impatto economico dell'implementazione di alcune di queste raccomandazioni, usando l'Inghilterra come esempio. I risultati "dello studio suggeriscono che l'uso di interventi a livello di popolazione di nota efficacia per affrontare i fattori di rischio della demenza potrebbe avere un profondo effetto sulla prevalenza della demenza e sulle disuguaglianze, nonché significativi risparmi sui costi", chiosa la Sin.

Proprio per sensibilizzare la popolazione sulla Malattia di Alzheimer, a partire da sabato 21 settembre sui canali social ufficiali della Società italiana di Neurologia verranno pubblicate delle video pillole in risposta ad alcune delle domande ricevute dagli utenti.

Le richieste della Sin al Governo

La Sins chiede anche "un maggiore supporto per le persone affette da demenza e le loro famiglie. In molte regioni e in molte aree del nostro Paese, gli interventi efficaci che si sa possano giovare alle persone affette da demenza non sono ancora disponibili o non sono una priorità. Allo stesso modo, le esigenze di molti caregiver non sono adeguatamente considerate e soddisfatte. Sarebbe importante fornire interventi di 'coping' per i familiari che prestano assistenza e che sono a rischio di depressione e ansia, garantendo oltre ad agevolazioni e supporti economici, anche supporto emotivo, pianificazione per il futuro e informazioni sulle risorse mediche e socio-sanitarie. A maggior ragione, è quanto mai necessario promuovere azioni concertate a sostegno delle persone sole e isolate così come di tutte le persone fragili, data l’evidenza che queste sono a maggior rischio di sviluppare la Malattia di Alzheimer".

“Per dare la piena attuazione alle azioni sopradescritte è necessario creare una migliore organizzazione dei servizi per la demenza a livello dei distretti sanitari – sostiene Camillo Marra, presidente delle Sindem (Associazione autonoma aderente alla Sin per le demenze) - allo scopo di mettere in rete tutte le competenze presenti a livello territoriale dando piena attuazione a quelli che sono i dettami del Dm 77. La creazione di Pdta locali potrà facilitare l’accesso dei pazienti in fase più precoce di malattia e permettere quelle politiche di stratificazione del rischio e screening di popolazione propedeutiche alla attuazione di programmi di prevenzione e presa in carico precoce dei pazienti e dei caregiver”.

Per la ricerca, la Sin chiede "una maggiore integrazione tra le diverse Istituzioni nazionali e regionali al fine di accedere a finanziamenti Europei per incentivare la ricerca di base, traslazionale e epidemiologica nel nostro paese, già tra i primi al mondo per quanto riguarda gli studi su Alzheimer e Demenze. Ancora molto deve essere fatto per comprendere i diversi meccanismi che favoriscono le malattie del cervello e ad oggi non abbiamo una terapia miracolosa in grado di impedire lo sviluppo della Malattia di Alzheimer né di bloccare la Malattia. Ci sono diverse evidenze a supporto del fatto che essa può essere rallentata con farmaci che in Europa non sono ancora autorizzati, soprattutto se diagnosticata precocemente, ma dobbiamo fare di più per garantire cure efficaci e sicure e soprattutto per sostenere la creazione di reti regionali che permettano di avere registri di patologia".

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Salute e Benessere

Bere 3 caffè al giorno può proteggere da diabete e malattie...

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Un nuovo studio pubblicato sul 'Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism'

Bere 3 caffè al giorno può proteggere da diabete e malattie del cuore

Il caffè fa male o bene al cuore? E' una domanda ricorrente nella patria dei cultori dell'espresso. Una risposta arriva dalla scienza: secondo un nuovo studio pubblicato sul 'Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism', consumare regolarmente quantità moderate della bevanda e quindi quantità moderate di caffeina può offrire un effetto protettivo contro diverse malattie cardiometaboliche, tra cui diabete di tipo 2, coronaropatie, ictus. I ricercatori che firmano il lavoro hanno scoperto un'associazione fra un rischio più basso di multimorbilità cardiometabolica (Cm) di nuova insorgenza - che si riferisce alla coesistenza di almeno 2 malattie cardiometaboliche - e l'assunzione regolare di caffè o caffeina.

Quanto caffè 'fa bene'?

Quale sarebbe la quantità ideale per un effetto-scudo? "Consumare 3 tazze di caffè o 200-300 mg di caffeina al giorno potrebbe aiutare a ridurre il rischio di sviluppare multimorbilità cardiometabolica" in persone senza alcuna malattia di questo tipo, dichiara l'autore principale dello studio Chaofu Ke, Dipartimento di epidemiologia e biostatistica della School of Public Health al Suzhou Medical College - Soochow University, in Cina. Oggi con l'invecchiamento della popolazione che si osserva un po' in tutto il mondo, la prevalenza di persone con più patologie cardiometaboliche sta diventando una preoccupazione crescente per la salute pubblica, si osserva nello studio. Il consumo di caffè e caffeina potrebbe svolgere un ruolo protettivo da non trascurare, rilevano i ricercatori.

Dallo studio è emerso che chi assumeva regolarmente una quantità moderata di caffè (3 al giorno) o caffeina (200-300 mg al giorno) aveva un rischio di multimorbilità cardiometabolica ridotto del 48,1% rispetto ai non consumatori o del 40,7% rispetto ai consumatori di meno di 100 mg di caffeina al giorno. Ke e i suoi colleghi hanno basato le loro scoperte sui dati della UK Biobank, ampio e dettagliato studio longitudinale sulla dieta, con oltre 500mila partecipanti di età compresa tra 37 e 73 anni. Lo studio ha escluso chi aveva informazioni ambigue sull'assunzione di caffeina. E il pool di partecipanti ha raggiunto un totale di 172.315 persone, prive in partenza di malattie cardiometaboliche, usate per le analisi della caffeina, e 188.091 per le analisi del consumo di caffè e tè.

Perché il caffè fa bene

L'assunzione di caffè e caffeina a tutti i livelli era inversamente associata al rischio di multimorbilità cardiometabolica nei partecipanti senza questo tipo di malattie. Ma chi aveva consumi moderati mostrava il rischio più basso, secondo i risultati dello studio. Un'assunzione moderata di caffè o caffeina era inversamente associata a quasi tutte le fasi di sviluppo della multimorbilità cardiometabolica.

"I risultati - conclude Ke - evidenziano che promuovere quantità moderate di caffè o caffeina come abitudine alimentare per le persone sane potrebbe avere benefici di vasta portata per la prevenzione" di questo problema.

Numerosi studi epidemiologici hanno rivelato effetti protettivi del consumo di caffè, tè e caffeina sulla morbilità di singole malattie cardiometaboliche. Tuttavia, i potenziali effetti di queste bevande sullo sviluppo di multimorbilità su questo fronte erano in gran parte sconosciuti. Gli autori hanno esaminato la ricerca disponibile sull'argomento e hanno rilevato che le persone con una singola malattia cardiometabolica possono avere un rischio di mortalità per tutte le cause due volte superiore rispetto a quelle prive di qualsiasi malattia cardiometabolica. E hanno scoperto che gli individui con multimorbilità cardiometabolica possono avere un rischio di mortalità per tutte le cause quasi da 4 a 7 volte superiore. Rispetto a quest'ultima condizione, i ricercatori hanno infine notato anche che può presentare rischi più elevati di perdita di funzionalità fisica e stress mentale rispetto ai pazienti con singole malattie.

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Salute e Benessere

Milano, al via campagna prevenzione cancro seno per donne...

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Milano, al via campagna prevenzione cancro seno per donne Polizia

La prevenzione contro il cancro al seno si fa in Questura e fra i banchi della scuola di Polizia. In 4 città - Milano, Brescia, Bologna e Piacenza - le donne in forze alla Polizia di Stato e le allieve potranno accedere a controlli clinici ed ecografici gratuiti nella fascia d'età tra i 20 e i 44 anni (non compresa negli screening mammografici regionali che partono dai 45 anni) e a counselling informativo ed educazionale nella fascia over 45. Obiettivo della campagna, battezzata 'Care for Caring': ampliare in modo mirato la prevenzione e aumentare la sensibilizzazione su temi cruciali come la diagnosi precoce contro questa neoplasia. Il progetto, presentato oggi nella sede della Questura di Milano, nasce dalla collaborazione tra la Polizia di Stato, la Fondazione Irccs Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, gli Spedali Civili di Brescia, l'Irccs Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna Sant'Orsola-Malpighi e l'Ausl di Piacenza.

"E' un progetto che si prende cura delle donne della Polizia di Stato - ha spiegato il questore di Milano, Bruno Megale - un'idea bellissima, originale: noi che ci prendiamo cura dei cittadini riceviamo dalla stessa cittadinanza questo 'ritorno' per le nostre donne. Gli screening e i controlli vengono fatti in struttura" dai medici messi a disposizione dalle strutture sanitarie coinvolte. L'iniziativa è ideata e coordinata da Ladies First. E la campagna, pianificata dalla Direzione centrale di Sanità - Ufficio di coordinamento sanitario per le Regioni Lombardia ed Emilia Romagna, rientra nell'ambito dell'attività di promozione della salute nel personale della Polizia di Stato. Un progetto che gode del patrocinio dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e viene realizzato con il supporto non condizionante dell'azienda main sponsor AstraZeneca e delle aziende, quali partner tecnici, Centro Diagnostico Italiano-Gruppo Bracco, GE HealthCare e Samsung Electronics.

"La popolazione femminile negli ultimi anni è cresciuta in modo notevole", ha evidenziato Mario Mazzotti, dirigente superiore medico della Polizia di Stato. E con il progetto lanciato oggi, ha aggiunto, "andiamo a intercettare una fascia di popolazione giovane nelle nostre realtà, la fascia 20-44 anni" per i controlli. "Abbiamo aderito per dare una prevenzione maggiore alle nostre poliziotte, ma soprattutto per educare alla prevenzione. Oggi vediamo che le percentuali di adesione agli screening fra Nord, Centro e Sud sono diverse. E l'idea di questo progetto è sensibilizzare le donne della Polizia di Stato sia a prendersi cura di se stesse, ma anche a diventare poi esse stesse ambasciatrici e portare questo messaggio di prevenzione su tutto il territorio nazionale, sensibilizzando" a loro volta altre donne. Oggi il tumore al seno "è diventato trattabile, una patologia da cui si può guarire, ma la prevenzione è fondamentale" e così la diagnosi precoce.

La campagna sarà presentata ufficialmente a seguire a Bologna (23 settembre), Piacenza (24 settembre) e Brescia (26 settembre). Da qualche giorno si sono già aperte le prenotazioni per le visite, i controlli e il counselling proposto (sul sito ufficiale della campagna careforcaring.it). Attività che per Milano si terranno in piazza Sant'Ambrogio nell'Ufficio sanitario provinciale della Questura e nel Centro sanitario polifunzionale della Polizia in via Umberto Cagni. Mentre a Brescia la sede del progetto è la scuola di Polizia Pol.G.A.I. in via Pavoni; a Bologna l'Ufficio sanitario provinciale della Questura in via Bovi Campeggi; e infine a Piacenza nella Scuola allievi agenti Polizia di Stato in via Malta.

L'iniziativa punta a coinvolgere circa 1.500 donne: a seconda della fascia di età, potranno accedere a visite specialistiche e controllo ecografico o a colloqui individuali con medici specialisti per sessioni educazionali su prevenzione oncologica, importanza di controlli mammografici regolari, autopalpazione e conduzione di stili di vita sani. Nel corso del progetto, verranno inoltre diffusi materiali informativi per ampliarne il raggio d'azione e sostenere le azioni di prevenzione messe in atto dalle Regioni per il controllo mammografico, con l'obiettivo di incrementare il numero delle donne che rispondono positivamente all'invito allo screening e inserirle quindi nei programmi nazionali di prevenzione.

Le attività saranno concentrate su 3 giorni infrasettimanali, oltre il sabato a Milano e a Bologna, e su 2 giorni infrasettimanali a Brescia e Piacenza. Le donne che dovessero avere necessità di approfondimenti diagnostici saranno indirizzate a ospedali, presidi e poliambulatori del territorio. Il materiale informativo che verrà distribuito è stato realizzato grazie ai partner medico-scientifici e sarà disponibile per tutto il personale interessato. L'attività educazionale riguarderà anche altre forme di tumore, come quello ovarico, del collo dell'utero, del colon, oggi monitorabili attraverso i programmi di screening e prevenzione messi a disposizione dal Ssn per tutta la popolazione.

"L'incidenza del tumore al seno è in aumento e quindi diventa sempre più importante monitorare la donna nel corso della sua vita, già a partire da un'età inferiore a quella attualmente prevista dai programmi di screening", è il messaggio di Giuseppe Curigliano, presidente della Società europea di oncologia medica (Esmo) e vice direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano. "Oltre a garantire una prospettiva di salute o di intervento immediato laddove il problema si presenti, è necessario incrementare la consapevolezza dell'importanza della prevenzione primaria, cioè di sottoporsi a controlli regolari, astenersi dal fumare e dal consumo di alcol, adottare stili di vita sani e una corretta alimentazione, associati all'attività fisica".

La campagna sarà lanciata anche attraverso i canali di comunicazione della Polizia di Stato, e con la distribuzione di locandine e flyer negli uffici sanitari ed altri ambienti accessibili al personale. "Un'iniziativa preziosa perché sensibilizza le donne sull'importanza della prevenzione nella lotta al tumore al seno - ha affermato Romano La Russa, assessore regionale alla Sicurezza - L'adesione agli screening è fondamentale, insieme all'adozione dei corretti stili di vita raccomandati dai medici. Temi sui quali Regione Lombardia è impegnata attivamente con campagne e iniziative". L'auspicio, ha continuato, "è che sempre più donne si affidino con fiducia ai programmi di screening".

"Dietro ogni poliziotta c'è una donna, una madre, una famiglia, c'è un corpo che deve essere curato. Questa campagna è un dono a chi per professione, o meglio, per missione, volge lo sguardo costantemente verso gli altri", ha concluso Megale.

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