Brasile spegne X, lo scontro tra il giudice e Elon Musk: cosa è successo
Perché la Corte Suprema ha ordinato lo stop del social, le minacce del magnate
X dopo Telegram. Il Brasile dopo la Francia. Elon Musk dopo Pavel Durov. E' la seconda volta nell'arco di una settimana che un governo straniero usa il 'pugno di ferro' contro una piattaforma social. Prima l'annuncio dell'arresto, al suo arrivo in Francia, di Durov, 'padre' di Telegram con sei capi d'accusa formalizzati nei suoi confronti in relazione ad attività illecite sull'app. La Corte Suprema del Brasile ha ordinato la sospensione di X in un'escalation della disputa che si trascina da mesi con Musk sui limiti della libertà di parola in un'epoca - come scrive il Washington Post - attanagliata dalla polarizzazione e dalla disinformazione.
Il caso Durov è un attacco alla libertà di espressione, dice Musk. Ora la decisione del giudice Alexandre de Moraes riguarda più di 20 milioni di utenti di X in Brasile, quarto mercato per la piattaforma.
Le motivazioni del provvedimento
L'ordine per X è arrivato dopo il rifiuto di Musk di adeguarsi a una richiesta di Moraes di ristabilire una presenza fisica in Brasile. Moraes, in prima linea contro la disinformazione, ritiene che per X serva un rappresentante nel Paese, con una popolazione di 215 milioni di persone, per rispondere alle richieste delle autorità di sospensione degli account accusati di diffondere fake news.
Musk si è rifiutato perché convinto che chiunque fosse nominato sarebbe esposto al rischio di essere arrestato. E Moraes ha risposto congelando i conti bancari di Starlink e concedendo 24 ore per la nomina di un rappresentante in Brasile. Termine scaduto giovedì sera, quando X ha fatto sapere di considerare "illegali" gli ordini di Moraes di bloccare alcuni account e rivendicato come, "a differenza" di altre piattaforme "non rispetterà in segreto ordini illegittimi".
E venerdì è arrivata la sospensione di X. "La libertà di espressione è il fondamento della democrazia e uno pseudo-giudice non eletto in Brasile la sta distruggendo per scopi politici", ha attaccato Musk dopo che Moraes aveva chiesto la rimozione di account accusati di minare le istituzioni brasiliane. Musk lo ha accusato di censura. Un dibattito che non divide solo gli osservatori internazionali, ma anche molti in Brasile, dove decine di milioni di persone usano i social per parlare di notizie e di politica.
Moraes, nella battaglia contro fake news e disinformazione online, ha ordinato la rimozione di decine di account su vari social e spiccato mandati d'arresto contro decine di persone. "Le reti dei social media sono una terra senza legge", ha scritto a inizio anno in ordinanze con X nel mirino, accusando Musk di guidare una "campagna di disinformazione" contro il tribunale.
Le decisioni di Musk
Nel mezzo della disputa, a metà mese, X aveva annunciato la chiusura delle operazioni in Brasile dopo che Moraes avrebbe minacciato di arrestare il rappresentante legale della società per il 'no' alla chiusura di alcuni account. Ma il servizio era rimasto attivo. Fino a quando è arrivata la disposizione in cui, stando al testo ottenuto dal Post, Moraes ordina all'ente per le telecomunicazioni e i provider internet di bloccare l'accesso degli utenti a X e di dare a Apple e Google cinque giorni per impedire il download dell'app. E chiunque venga 'sorpreso' a usare Vpn per accedere a X rischia fino a 9.000 dollari di multa ogni giorno, ha avvertito Moraes. Oggi il blocco è diventato realtà.
Musk torna ad accusare Moraes, di aver infranto le leggi del Paese ordinando. E il patron di X ha promesso che da domani mattina inizierà a pubblicare "il lungo elenco dei crimini" che avrebbe commesso il magistrato, con l'indicazione delle "leggi brasiliane che ha infranto".
"E' chiaro che non deve rispettare le leggi degli Stati Uniti, ma quelle del suo Paese", ha affermato Musk in una serie di post su X, accusando il giudice di essere "un dittatore e un impostore". "Il popolo del Brasile verrà a sapere dei suoi crimini - ha incalzato - Non importa quanto si sforzi di impedirlo". E, ha ribadito, "X è la fonte di notizie più utilizzata in Brasile ed è quello che la gente vuole".
Esteri
Usa, pacchi con polvere sospetta inviati a uffici...
Indaga l'Fbi. In nessun caso la polvere si è rivelata essere pericolosa
L'Fbi ha avviato un'indagine su pacchi contenenti una polvere bianca sospetta inviati negli uffici elettorali in almeno 16 Stati. Secondo quanto riferisce Abcnews i pacchi sono arrivati questa settimana in uffici elettorali a New York, Tennessee, Wyoming, Kentucky, Oklahoma, Iowa, Nebraska, Missouri, Kansas, Indiana, Massachusetts e Colorado, facendo scattare l'allarme e in alcuni casi l'evacuazione dei locali. In altri Stati, tra i quali Arizona, Georgia, Connecticut e Maryland, i pacchi sono stati intercettati dagli inquirenti prima di arrivare negli uffici elettorali.
In nessun caso la polvere si è rivelata essere pericolosa, in un caso si trattava di farina, rendono noto fonti dell'indagine, che l'Fbi sta conducendo insieme all'ispettorato dell'Us Postal Service. Alcuni dei pacchi sono stati inviati da un sedicente 'United States Traitor Elimination Army', l'Esercito per l'eliminazione dei traditori degli Stati Uniti, rivela ancora l'emittente americana.
E' la seconda volta che negli ultimi mesi pacchi contenenti polvere sospetta vengono inviati a uffici elettorali: lo scorso novembre erano arrivati negli uffici di 5 Stati, e l'Fbi riscontrò la presenza di Fentanyl in quattro pacchi. Gli addetti elettorali di molti Stati hanno seguito corsi per rispondere a situazioni di emergenza con materiale pericoloso inviato per posta. Mentre l'associazione dei segretari di Stato, che a livello statale sono responsabili del processo elettorale, ha chiesto la fine di "minacce e intimidazioni verso i funzionari elettorali: devono finire, punto e basta, la nostra democrazia non ha spazio per la violenza politica, minacce e intimidazioni di ogni tipo".
Esteri
Ucraina, droni colpiscono arsenale Russia: Mosca perde armi...
L'attacco a segno nella regione di Tver: civili costretti a lasciare le case
I droni dell'Ucraina assestano un duro colpo ai piani della Russia. Un attacco con un drone di Kiev nella regione russa di Tver ha colpito un arsenale di missili e proiettili di artiglieria del ministero della difesa russo, provocando un vasto incendio e costringendo le autorità a chiedere ai residenti di lasciare le loro case.
Le fiamme si sono sviluppate in una zona di 13 chilometri quadrati di Toropets, dove vivono 11mila persone, ha reso noto l'amministrazione regionale. Il governatore, Igor Rudenya, ha annunciato una "evacuazione parziale" delle case vicino al sito che, secondo quanto rende noto il Moscow Times, corrisponde a un arsenale della direzione principale per i missili e proiettili di artiglieria, a 488 chilometri dal confine con l'Ucraina.
Perché l'attacco è importante
Andriy Kovalenko, a capo del centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev ha spiegato, in una intervista a Rbc, che nel magazzini si trovavano missili S-300, S-400, sistemi Grad, Iskander e i Kn24 nordcoreani.
Nella cittadina ci sono due siti militari russi, uno dei quali era già stato colpito da raid di droni ucraini due volte negli ultimi sei mesi. Il deposito di missili e munizioni era stato costruito a Toropets nel 2018. I residenti dell'insediamento di Tsikarevo, su un lago a est di Topets, non riescono a lasciare le loro case e sono in attesa di aiuto. Avevano chiesto sei barche ma le autorità avrebbero perso i contatti con loro, secondo il sito di notizie Astra.
Esteri
Offensiva ucraina nel Kursk, vittoria tattica e dilemma...
Una spina nel fianco per Mosca, dura ormai da 40 giorni l’operazione militare ucraina nella regione russa del Kursk.