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Strage di Paderno Dugnano, quanto pesa il ‘nichilismo emotivo’ tra i giovani?

La strage familiare di Paderno Dugnano è l’ennesimo campanello di allarme sulla situazione dei giovani e delle famiglie italiane. Negli ultimi decenni sono aumentate le stragi inattese, risultato estremo e criminale di sofferenze silenziose. Per alcuni, il dialogo non è neanche un’opzione: tutto avviene nella propria testa, senza che ci sia un confronto con gli altri, familiari in primis.

Da un punto di vista sociologico, spaventa quello che possiamo definire un crescente senso di “nichilismo emotivo”, emerso anche dalle parole dell’omicida nella strage di Paderno Dugnano.

Non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio. Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato”, ha detto il 17enne, crollato dopo dodici ora di interrogatorio.

Strage di Paderno Dugnano e il silenzio dei giovani

Nella notte tra sabato e domenica 1°settembre, qualche ora dopo i festeggiamenti per il cinquantunesimo compleanno del papà, è stato lo stesso adolescente a dare l’allarme intorno all’una, chiamando il 118: “Venite, ho ucciso mio padre”. In un primo momento il ragazzo aveva riferito di aver colpito solo il padre perché quest’ultimo aveva ucciso il resto della famiglia. Un racconto che da subito non aveva convinto del tutto gli inquirenti.

Poi la confessione tra le lacrime: “Non è successo niente di particolare sabato sera. Ma ci pensavo da un po’, era una cosa che covavo”.

I vicini sono sconvolti, le testimonianze tanto incredule quanto già sentite in tante altre stragi simili: era una famiglia “normale e serena”, senza particolari problematiche. La classica famiglia da cui “non te lo aspetti. Impossibile dubitare sulla sincerità dei testimoni, doveroso riflettere su una situazione che ritorna nella sua inaspettata tragicità: famiglie tranquille che diventano lo scenario di strage incomprensibili.

La mancanza di appartenenza e il senso di isolamento possono avere effetti devastanti, specialmente in un adolescente. Spesso, chi è in questa condizione, non dà alcun segnale di allarme all’esterno. L’assenza di dialogo, la pressione delle aspettative familiari, o semplicemente l’incapacità di esprimere il proprio disagio possono portare a un’escalation di emozioni negative che, se non affrontate, possono sfociare in atti violenti e criminali.

Negli ultimi anni, il disagio psicologico tra i giovani è in costante aumento, e gli effetti vengono resi ancora più preoccupanti dalla mancanza di dialogo.

Studi recenti mostrano che i disturbi d’ansia, la depressione e i comportamenti autolesionistici sono in crescita, influenzati da fattori sociali, economici e culturali. In Italia, un’indagine del Censis del 2023 ha rivelato che circa il 20% degli adolescenti soffre di disagio psicologico significativo. Questo fenomeno è alimentato da una serie di fattori, tra cui l’iperconnessione digitale, il bullismo online e offline, la pressione scolastica e la crescente incertezza sul futuro.

Nonostante la crescente consapevolezza dei problemi di salute mentale, molti giovani percepiscono ancora un profondo senso di oppressione e isolamento, di cui, però, non parlano con nessuno. Allargando lo sguardo oltre lo specifico fatto di cronaca di Paderno Dugnano, secondo gli psicologi, questo senso di oppressione è spesso radicato in aspettative familiari irrealistiche, in una mancanza di comunicazione autentica all’interno della famiglia, e nella difficoltà di esprimere il proprio disagio in un contesto che può sembrare giudicante o poco accogliente. I dati di Telefono Azzurro dimostrano che sempre più giovani soffrono d’ansia, ma uno su tre si vergogna di parlarne, e, senza volerlo, alimenta il problema.

Disagio mentale crescente e soluzioni estreme

Negli ultimi anni si moltiplicano gli appelli degli psicologi sulla salute dei giovani italiani. Due anni fa, commentando l’indagine sociologica condotta su tutto il territorio nazionale intitolata “Adolescenza, tra speranze e timori” per iniziativa del Laboratorio Adolescenza in collaborazione con l’Istituto IARD e presentati insieme a Lundbeck Italia, Stefano Vicari, primario di Neuropsichiatria Infantile al Bambino Gesù di Roma, ha sottolineato come il crescente senso di vuoto e la perdita di punti di riferimento solidi stiano contribuendo a un aumento dei comportamenti impulsivi e violenti tra i giovani. “Ci troviamo di fronte a una generazione che fatica a trovare senso e direzione,” ha affermato in quella occasione Vicari spiegando che “questo li porta a cercare soluzioni drastiche e immediate al loro disagio, spesso senza considerare le conseguenze”, proprio come emerso dalle parole del giovane omicida.

La superficialità con cui alcuni giovani affrontano la vita e il senso di vuoto che ne deriva non sono solo una percezione, ma un fenomeno documentato. L’accelerazione della vita moderna, la pressione sociale per il successo e la mancanza di dialogo sincero in molte famiglie hanno creato un terreno fertile per l’emergere di questi comportamenti estremi.

Le stragi familiari in Italia dal 1950 al Duemila

Il fenomeno delle stragi familiari in Italia ha subito un’evoluzione significativa negli ultimi decenni. Negli anni ‘50 e ‘60, questi episodi erano rari e spesso legati a contesti rurali o a dinamiche di onore. Con il progressivo cambiamento sociale ed economico del Paese, a partire dagli anni ‘70 e ‘80, si è osservato un aumento dei casi. Negli anni ‘90 e 2000, la frequenza di questi eventi è cresciuta, complice la crescente instabilità economica e le difficoltà relazionali all’interno delle famiglie.

Secondo i dati del Ministero dell’Interno e dell’ISTAT, tra il 2010 e il 2015 si è registrato un picco di stragi familiari, spesso riconducibili a motivazioni economiche, stress lavorativo, e patologie mentali non diagnosticate. Negli ultimi anni, grazie a una maggiore attenzione verso la salute mentale e la prevenzione della violenza domestica, il trend ha mostrato una lieve diminuzione, anche se la pandemia di COVID-19 ha riacceso tensioni e isolamenti che hanno riportato alla luce situazioni critiche.

I dati indicano che molte di queste stragi avvengono in contesti di apparente normalità, dove le problematiche restano sommerse fino a quando esplodono in maniera tragica. La percezione di una famiglia “tranquilla” può quindi nascondere dinamiche disfunzionali che, se non intercettate e gestite per tempo, possono sfociare in episodi di violenza estrema.

L’omicidio di Sharon Verzeni, vittima scelta a caso

Nelle ultime ore, un altro fatto di cronaca nera ha sconvolto l’Italia: l’omicidio di Sharon Verzeni, la giovane ragazza uccisa nella notte tra il 29 e il 30 luglio a Terno d’Isola, in provincia di Bergamo. Il killer 31enne Moussa Sangare ha dichiarato di averla uccisa senza un movente: “Ho visto questa ragazza che camminava guardando le stelle e ascoltando la musica e dentro di me ho sentito un ‘feeling’”. Una semplice sensazione, tanto è bastato per togliere la vita ad una donna scelta a caso.

Con le dovute differenze tra i due fatti di cronaca, a partire dalla mancanza di alcun rapporto con la vittima, le parole di Sangare ricordano quelle del 17enne di Paderno Dugnano nella misura in cui denotano un profondo senso di distacco dalla realtà e dalla conseguenza delle proprie azioni.

Il nichilismo emotivo è sempre più diffuso, affrontarlo deve diventare una priorità.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Salta la Champions per assistere alla nascita del figlio,...

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Sta facendo discute l’attacco di Zvonimir Boban a Walter Benitez. Nel pre-partita di Juventus-Psv Eindhoven, Boban ha criticato duramente la scelta del portiere ospite, ‘reo’ di aver saltato il match per raggiungere in ospedale la moglie che stava per partorire.

“Ma cosa è ‘sta roba che parti e vai da tua moglie per la nascita del figlio?”, ha detto l’opinionista di Sky Sport prima della partita di Champions League. Poco prima, l’estremo difensore classe ‘93 aveva lasciato all’ultimo minuto Torino per tornare in Olanda e assistere alla nascita del figlio. Una decisione condivisa con il club, come si legge in un comunicato del Psv Eindhoven: “Walter Benítez non sarà parte della nostra squadra questa sera. Questa mattina ha lasciato l’hotel dei giocatori a Torino a causa della nascita di suo figlio. È stato concordato di comune accordo che tornerà dalla sua famiglia”.

Benítez non gioca per assistere alla nascita del figlio

L’allenatore ospite Bosz ha quindi schierato il secondo portiere Drommel, uscito dall’Allianz Stadium con tre gol subiti nel 3-1 finale. Forse le cose non sarebbero cambiate molto con il portiere titolare tra i pali, ma per Boban la sua scelta è stata clamorosamente sbagliata: “Magari non sarò moderno io, ma queste cose non le capisco: giochi una partita di Champions, non puoi mancare”, ha detto l’ex attaccante del Milan, che ha proseguito “È il tuo lavoro, giochi e poi scappi. Sarebbe potuto scendere regolarmente in campo per poi abbracciare la moglie e il bambino al suo ritorno”. Nel suo discorso Zvone lascia implicito l’allusione ai contratti milionari dei calciatori, che per alcuni giustificherebbero il suo richiamo. Le nuove generazioni, però, credono in un sistema di valori molto più umano, che predilige l’aspetto umano a quello professionale.

E così, il riferimento ai “compagni da aiutare” non ha salvato l’ex calciatore croato dalle critiche degli utenti sui social, che hanno trovato un “maschilismo” intrinseco nel suo ragionamento.
Di sicuro, ‘Zorro’ ha ragione quando dice di non essere moderno, perché negli ultimi anni il ruolo del padre sta cambiando velocemente.

Il ruolo dei papà sta cambiando

L’era del papà che porta il pane a casa e la mamma che stira è destinata a scomparire. Le mansioni di casa sono distribuite ancora in maniera diseguale, ma le nuove generazioni vogliono un sistema più inclusivo di quello ereditato dai propri genitori. Un sistema dove sia la madre che il padre possano far carriera liberamente, senza che la cura della famiglia imbrigli la donna e i suoi sogni.

Sia chiaro: non sono solo le donne a chiedere un profondo cambio di paradigma, anche i papà “moderni” vogliono avere più tempo per stare con i propri figli. Basta parlare con qualcuno di loro per capirlo, o leggere i numeri per avere un quadro ancora più chiaro. In Italia, ad esempio, il tasso di congedo di paternità è triplicato tra il 2013 e il 2022, come emerge da un’elaborazione di Save The Children su dati Inps. Essendo aumentata l’età media degli italiani che scelgono di avere un bambino, non sorprende che a richiedere il congedo siano gli uomini nelle fasce d’età comprese tra i 30 e i 39 anni (65,4%) e tra i 40 e i 49 anni (65,6%). Età in cui in Italia sei ancora considerato ‘giovane’, ma questo è un altro discorso.

Sono in costante aumento i papà-lavoratori che chiedono più tempo e flessibilità per essere coinvolti attivamente nella vita dei loro figli. Secondo un’indagine condotta da Pew Research Center, il 63% dei padri americani desidera una maggiore flessibilità lavorativa per bilanciare meglio famiglia e carriera. Anche in Italia si sta assistendo a un cambiamento culturale: un sondaggio Istat del 2022 ha rilevato che il 45% dei padri italiani vorrebbe poter trascorrere più tempo con i propri figli, ma spesso è ostacolato da dinamiche lavorative rigide e da una cultura che ancora percepisce il lavoro come prioritario rispetto alla famiglia. Un’indagine condotta da Manageritalia in collaborazione con Ipsos ha rivelato che l’85% dei manager under 45 in Italia vorrebbe avere la possibilità di trascorrere più tempo con i propri bambini, dicendosi d’accordo sul rendere obbligatorio anche il congedo parentale.

I congedi di paternità

Nonostante le richieste di mamme (nel 2022, il 63% delle dimissioni delle donne italiane è stato provocato dalla neo maternità) e papà, le norme non sono cambiate. In Italia, il congedo di paternità è di 10 giorni obbligatori e uno facoltativo solo per i padri lavoratori dipendenti, sia pubblici sia privati, retribuiti al 100%, utilizzabili tra i due mesi precedenti e quelli successivi al parto. Il congedo di maternità, invece, è di 5 mesi che possono essere distribuiti in vari modi tra i mesi prima del parto e quelli successivi.

Ci sarebbe anche il congedo parentale, che, però, spesso è un congedo di maternità mascherato, perché viene usato soprattutto dalle mamme perché, nonostante i progressi degli ultimi anni, la cura della casa e della famiglia è ancora fortemente sbilanciata a loro sfavore.
Il congedo parentale spetta ai genitori entro i primi 12 anni di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) per un periodo complessivo, tra i due genitori, non superiore a dieci mesi secondo le nuove norme, elevabili a undici se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo, continuativo o frazionato, di almeno tre mesi.

I mesi di congedo parentale possono essere utilizzati anche non consecutivamente ed essere ripartiti non equamente dalla coppia, ma nessuno dei due genitori può usufruire del congedo parentale per più di 6 mesi. I genitori possono usufruire il congedo parentale anche contemporaneamente.

La scorsa Manovra ha aumentato l’indennità del congedo parentale 2024. Con queste modifiche, l’indennità del secondo mese è salita dal 30% al 60%, che diventa 80% per il 2024. La legge di Bilancio, infatti, ha inserito una nuova norma che porterà i primi due mesi di congedo parentale a un indennizzo dell’80%.
Dal 2019 l’Unione europea ha adottato una direttiva specifica che prevede linee comuni sui congedi di paternità, stabilendo che alla nascita di un figlio o una figlia i padri hanno diritto a 10 giorni lavorativi di congedo. Una nullità rispetto al congedo obbligatorio previsto per le madri, una conferma della gender-gap che inizia tra le mura di casa e ricade su ogni aspetto della vita privata, a partire dal lavoro.

Insomma, anche le norme sul congedo sono “poco moderne” come Zvonimir Boban, ma il diritto è specchio della società, di cui segue i cambiamenti e gli stimoli. E fa sempre in tempo ad ammodernarsi.

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Georgia, arriva legge contro Pride e diritti Lgbtq+

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Prosegue la campagna di censura e limitazione dei diritti in Georgia. I legislatori del Paese hanno approvato la terza e ultima lettura di una legge sui “valori della famiglia e protezione dei minori” che ha severe limitazioni ai diritti Lgbtq+.

La legge prevede il divieto degli eventi del Pride e delle esposizioni pubbliche della bandiera arcobaleno, nonché la censura di film e libri che trattano temi Lgbtq+. E le polemiche non sono tardate ad arrivare.

Cosa c’è dietro il provvedimento

Il provvedimento è stato ampiamente sostenuto dai leader del partito al governo, Sogno Georgiano, che hanno ritenuto la legge necessaria per mantenere gli standard morali “tradizionali” in Georgia. Nel Paese, la Chiesa ortodossa profondamente conservatrice esercita una notevole influenza.

E non è un caso, quindi, che questo provvedimento arrivi a poco più di un mese prima dalle elezioni parlamentari del 26 ottobre. Il partito al governo sembra, infatti, cercare di consolidare il sostegno conservatore attraverso programmi che tutelino la famiglia tradizionale e i valori della Chiesa stessa.

Critiche e opposizioni a confronto

A commentare l’accaduto è Tamara Jakeli, direttrice del gruppo di attivisti Tbilisi Pride, che a Reuters ha descritto il disegno di legge come una delle più gravi minacce mai affrontate dalla comunità Lgbtq+ in Georgia. Jakeli ha dichiarato che “questa legge è la cosa più terribile che sia mai capitata alla comunità in Georgia. Molto probabilmente dovremo chiudere i nostri centri. Non c’è modo per noi di continuare”.

Il disegno di legge non solo ribadisce il divieto sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, ma proibisce anche gli interventi di riassegnazione chirurgica del sesso.

Ad opporsi ad esso c’è anche la presidente georgiana Salome Zourabichvili che, pur essendo critica dal suo stesso partito e avendo poteri principalmente cerimoniali, ha dichiarato che si opporrà al provvedimento con un veto. Veto che, tuttavia, con la maggioranza parlamentare del partito, è probabile che venga superato.

Georgia: adesione europea e diritti a rischio

In Georgia, il tema dei diritti all’autodeterminazione e sessualità è particolarmente sentito. I sondaggi nazionali rilevano una diffusa disapprovazione delle relazioni omosessuali. La costituzione vieta matrimonio e adozione tra persone dello stesso sesso e le marce del Pride a Tbilisi sono spesso oggetto di contromarce o attacchi dagli anti-Lgbtq+.

Il Paese vorrebbe, inoltre, entrare a far parte dell’Unione europea e le elezioni di ottobre sarebbero decisive in tal senso. Ma la campagna contro i diritti sociali e civili e i profondi legami con la Russia del partito di maggioranza (candidato per un secondo mandato consecutivo), potrebbero rallentare il procedimento di adesione. Votare in controtendenza resterebbe l’unica alternativa possibile.

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La sfida demografica secondo Orsini: un’emergenza per il...

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La sfida demografica non può essere rimandata. Lo ha sostenuto con chiarezza, durante l’Assemblea di Confindustria 2024, il presidente Emanuele Orsini che ha posto l’accento su una delle questioni più critiche per il futuro dell’Italia: l’emergenza che la denatalità sta creando nel nostro Paese.

In un discorso che ha toccato temi economici e industriali di rilevanza globale, Orsini ha sottolineato come l’invecchiamento della popolazione e il basso tasso di natalità rappresentino una minaccia per la competitività e la stabilità nazionale.

“L’Italia sta affrontando un enorme deficit demografico”, ha affermato Orsini, spiegando come la diminuzione della popolazione attiva stia già avendo un impatto negativo su settori cruciali, frenando lo sviluppo industriale e aggravando la situazione economica, specialmente nel Mezzogiorno. Senza interventi strutturali, il trend non potrà che peggiorare, mettendo a rischio la sostenibilità del sistema sociale e produttivo.

Il nodo della natalità e le migrazioni regolari

Orsini ha sottolineato che uno dei maggiori problemi legati alla questione demografica è il basso tasso di natalità. Per far fronte a questa emergenza, ha proposto interventi volti a favorire la crescita della popolazione giovane, evidenziando che la scarsa attrattività del Paese per le professioni qualificate sta spingendo molti giovani laureati a cercare opportunità all’estero. “Vogliamo riportare a casa i nostri giovani“, ha detto il presidente, facendo riferimento alla necessità di trattenere i talenti italiani, così come di attrarre giovani professionisti stranieri.

Un altro aspetto affrontato è stato il tema dei flussi migratori regolari, che Orsini vede come una parte fondamentale della soluzione. La migrazione può colmare il divario tra domanda e offerta di lavoro in settori in cui le imprese italiane faticano a trovare manodopera qualificata. Per questo, è necessaria una riflessione più ampia sulla gestione delle migrazioni, sia in termini di formazione che di inclusione nel mercato del lavoro.

L’impatto sul sistema economico e sociale

L’invecchiamento della popolazione non solo riduce la forza lavoro disponibile, ma aumenta anche la pressione sui sistemi di welfare e sanità pubblica. La crescita della popolazione anziana richiede un adeguamento delle infrastrutture sociali e sanitarie, e Orsini ha invitato le istituzioni e il governo a elaborare politiche di lungo termine che possano affrontare questa sfida complessa.

Inoltre, Orsini ha ricordato che il declino demografico va di pari passo con la crisi del mercato immobiliare e dell’occupazione giovanile. Una delle iniziative proposte, il Piano Straordinario di Edilizia per i lavoratori neoassunti, mira a risolvere uno dei problemi centrali per i giovani: la difficoltà di accedere a una casa a prezzi accessibili. Questo piano, accolto positivamente dal governo, dovrebbe contribuire a creare le condizioni necessarie per incentivare la natalità e garantire un futuro più stabile alle nuove generazioni.

Il discorso di Orsini ha lanciato un chiaro segnale: l’Italia non può permettersi di ignorare la questione demografica. Solo attraverso politiche di sostegno alla natalità, una gestione efficace delle migrazioni e un rinnovato impegno per attrarre e trattenere i giovani talenti, il Paese potrà garantire un futuro prospero e competitivo. La demografia, ha concluso Orsini, non è solo una questione numerica, ma un tassello fondamentale per la crescita economica e sociale dell’Italia

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