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Solo 2 bambini su 5 che frequentano la scuola primaria di primo e secondo grado hanno accesso al tempo pieno, e meno della metà degli alunni può usufruire di una palestra o di una mensa. Queste sono solo alcune delle disuguaglianze emerse dal report Save The Childre “Scuole disuguali. Gli interventi del Pnrr su mense, tempo pieno e palestre”.

In vista della riapertura degli istituti scolastici è bene evidenziare le disparità territoriali nell’offerta di spazi e servizi scolastici, come anche la presenza o meno delle palestre, ad esempio. Ecco cos’è emerso dal report.

Mense e palestre

La mensa scolastica, il tempo pieno e le palestre sono al centro del rapporto, che mostra come l’accesso a questi servizi sia fortemente disomogeneo tra le regioni italiane. Questi servizi non solo favoriscono l’apprendimento, ma contrastano anche la povertà educativa e la dispersione scolastica. In altre parole, offrono ai bambini vere e proprie opportunità educative, ricreative e culturali che migliorano il loro rendimento.

Tuttavia, le disuguaglianze territoriali continuano a penalizzare molte zone d’Italia, soprattutto al Sud.
Nel biennio 2021-22, solo il 36,9% delle studentesse e degli studenti delle scuole statali primarie e secondarie di primo grado usufruiva del servizio mensa. A livello regionale, i dati mostrano che solo il 55,2% degli alunni della primaria e il 10,5% di quelli della secondaria di primo grado hanno accesso a una mensa.

Queste percentuali variano enormemente tra Nord e Sud: in alcune province settentrionali, come Trento e Monza e della Brianza, oltre il 65% degli studenti ha accesso a una mensa, mentre in molte province del Sud, come Agrigento e Palermo, meno del 10% degli alunni ne può usufruire.

Pnrr: opportunità mancata?

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) ha rappresentato un’opportunità unica, con oltre 17 miliardi di euro destinati al Ministero dell’Istruzione per ridurre le disparità educative tra Nord e Sud.

Tuttavia, l’analisi del rapporto evidenzia che, in molte aree svantaggiate, gli interventi già avviati non stanno avendo l’impatto sperato. Per quanto riguarda le mense scolastiche, il 50% degli interventi finanziati dal Pnrr si trova nelle regioni del Sud, ma solo il 38,1% delle risorse totali è stato allocato a queste aree. Questo squilibrio mostra come gli interventi nel Sud siano meno costosi, ma anche meno efficaci nel colmare il divario con il Nord.

Disparità territoriali: province a confronto

Le disuguaglianze emergono chiaramente dall’analisi delle province italiane. A Biella e Monza e nella Brianza, il 70% degli studenti della primaria e secondaria di primo grado usufruisce della mensa scolastica, mentre in Trentino-Alto Adige il dato arriva al 91,3%.

Al Sud, invece, le province di Agrigento, Palermo, Siracusa, Ragusa e Catania vedono meno del 10% degli alunni accedere a questo servizio essenziale. Inoltre, l’allocazione delle risorse è stata disomogenea anche all’interno delle regioni meridionali: Palermo ha ricevuto 2 milioni di euro per 6 interventi, mentre Foggia ha ricevuto quasi 6,5 milioni per 18 interventi, nonostante una situazione di bisogno simile.

Il tempo pieno, una risorsa non per tutti

Anche l’accesso al tempo pieno nelle scuole italiane è fortemente disomogeneo. Mentre nelle regioni del Centro-Nord, come Lazio (58,4%) e Lombardia (55,1%), oltre la metà delle scuole primarie offre il tempo pieno, al Sud le percentuali sono molto più basse.

In Molise, solo il 9,4% degli alunni della primaria può usufruirne, seguita dalla Sicilia con l’11,1% e la Puglia con il 18,4%. Le province più penalizzate sono Ragusa, Catania, Palermo, Siracusa, Campobasso e Isernia, che mostrano percentuali di tempo pieno inferiori al 10%. In molti casi, queste province coincidono anche con quelle che presentano le percentuali più basse di alunni che usufruiscono della mensa.

Palestre: un lusso per pochi

Anche le palestre scolastiche sono un servizio poco diffuso. Meno della metà delle scuole italiane (46,4%) ha una palestra, con una percentuale che varia dal 41,5% per le scuole primarie al 53,2% per quelle secondarie di primo grado.

Dal rapporto emerge che il 62,8% degli interventi Pnrr per palestre è stato avviato nelle regioni del Sud e delle Isole, che hanno ricevuto il 52,7% dei fondi complessivi. Questo dato è rilevante, poiché dimostra un tentativo di colmare il divario nelle infrastrutture sportive tra Nord e Sud.

Le province con meno del 30% di scuole dotate di palestra, come Messina, Reggio Emilia, Ferrara, Palermo, Crotone, Catanzaro, Cosenza, Catania e Vibo Valentia, hanno ricevuto circa 51,3 milioni di euro per 72 interventi, ovvero 3 progetti ogni 100 scuole. Tuttavia, la distribuzione rimane disomogenea: Crotone ha ricevuto 14 interventi, mentre Palermo, pur con una maggiore popolazione scolastica, ne ha ricevuti solo 6.

Inoltre, le province con percentuali di palestre superiori al 65%, come Prato, Barletta-Andria-Trani, Firenze, Savona, Genova, Lecce, Grosseto, Taranto e Siena, hanno ottenuto circa 17,6 milioni di euro per 21 interventi, una distribuzione che riflette un progetto ogni 100 scuole.

Nonostante i 433 interventi complessivi sulle strutture sportive scolastiche rappresentino un passo avanti, essi risultano insufficienti per garantire una copertura uniforme su tutto il territorio nazionale e ridurre i divari tra le province.

La necessità di interventi strutturati

“È un campanello di allarme che deve spingere a realizzare al più presto un’analisi di impatto sulla povertà educativa di tutti gli investimenti della missione 4 del Pnrr, dedicati all’istruzione, in corso ed in programma. Nei territori più svantaggiati, è necessario integrare le risorse del Pnrr con altri fondi disponibili, per garantire un’offerta di servizi educativi a tutti i minori”, ha affermato Raffaela Milano, Direttrice Ricerca di Save the Children Italia.

Save the Children chiede al Governo di definire i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) sulla mensa e il tempo pieno alla scuola primaria, assicurando il servizio mensa gratuito alle bambine e ai bambini in condizioni di povertà. È necessario agire sulle disuguaglianze territoriali che con l’autonomia differenziata rischiano di aggravarsi ancor di più. “Il futuro dei giovani va messo al centro dell’agenda politica, è l’investimento più importante per lo sviluppo del Paese”, ha dichiarato Giorgia D’Errico, Direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children Italia.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Sophia Loren, 90 anni e non sentirli…ma come?

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Sophia Loren oggi compie 90 anni, anche se per crederci bisognerebbe guardare la sua carta di identità. Nata a Roma il 20 settembre 1934 con il nome Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, a 15 anni partecipa al concorso di bellezza Miss Italia e vince il titolo di Miss Eleganza. In quella occasione viene notata da registi e produttori cinematografici, tra cui Carlo Ponti, che le offrirà un contratto per recitare nei suoi film e diventerà suo marito dal 1966 al 2007, anno della sua dipartita.

Da quel concorso, nulla è stato come prima. Nella vita di Sophia Loren e del cinema italiano, di cui rappresenta una leggenda vivente. Con due Oscar all’attivo, tra cui uno alla carriera, e ruoli iconici in pellicole come La ciociara e Matrimonio all’italiana, Loren ha conquistato il mondo con il suo talento, il suo fascino senza tempo e il suo carisma ineguagliabile.

Oggi, nonostante le 90 candeline, continua a rappresentare una fonte di ispirazione per molte donne che vedono in lei l’esempio perfetto di come affrontare l’invecchiamento con grazia e in salute.

I consigli di Sophia Loren per invecchiare bene

Sophia Loren ha più volte condiviso i suoi segreti per invecchiare bene, senza mai tradire la sua immagine di donna autentica e naturale, che non ha mai cambiato forma al suo corpo, neanche quando ritenuto ‘non del tutto conforme’ ai canoni dello spettacolo. Celebre la sua frase: “Non voglio un corpo e un viso perfetto. Voglio semplicemente indossare la vita che ho vissuto”.

Non vedere la sua bellezza esterna è impossibile, ma tutto parte da dentro, assicura lei: “Esiste una fonte di giovinezza: è la tua mente, il tuo talento, la creatività che metti nella tua vita e nella vita delle persone che ami. Quando impari a sfruttare questa fonte, avrai veramente sconfitto l’età”.

“La bellezza di una donna – ha anche affermato Sophia Loren – aumenta con il passare degli anni. La bellezza di una donna non risiede nell’estetica, ma la vera bellezza in una donna è riflessa dalla sua anima.”

Ecco alcuni dei suoi consigli principali per invecchiare bene:

Curare la propria alimentazione: Sophia Loren è una grande sostenitrice della dieta mediterranea. In molte interviste ha sottolineato l’importanza di mangiare sano, favorendo alimenti freschi e naturali. Il suo amore per l’olio d’oliva è celebre: “Uso olio d’oliva per tutto”, ha dichiarato Loren in diverse occasioni, spiegando che lo utilizza non solo nella sua dieta, ma anche come idratante per la pelle;
L’importanza del sonno: “Vado a dormire presto. Mai dopo le 20. Guardo un po’ di tv e poi spengo. Se posso cerco di addormentarmi alle 21”, ha rivelato in passato al Corriere della Sera;
Mantenere un’attività fisica regolare: anche se non è mai stata un’appassionata di palestra, Loren ha sempre sostenuto l’importanza del movimento quotidiano. Passeggiate all’aria aperta, nuoto e yoga sono alcune delle sue attività preferite per mantenere il corpo attivo;
Pensare positivo e coltivare l’amore per la vita: come abbiamo visto, Sophia Loren ha sempre ribadito che il segreto della longevità non risieda solo nel prendersi cura del proprio corpo, ma anche nella mente. La diva senza tempo ha sempre sottolineato l’importanza di non lasciarsi travolgere dallo stress, ma di affrontare le difficoltà con serenità e ottimismo. La visione ‘costruttiva’ della vecchiaia è un chiaro esempio di questo approccio;
Non temere il passare del tempo: per Sophia Loren, accettare con serenità il processo di invecchiamento è fondamentale. Nella sua biografia ha scritto una delle frasi più apprezzate dalle donne: “Nulla rende una donna più bella della convinzione di essere bella”. Per lei, l’età non dovrebbe mai essere vista come un limite, ma come una fase naturale della vita che va vissuta appieno.

Un’icona senza tempo

Sophia Loren continua a rappresentare un esempio luminoso di eleganza e saggezza, anche nel suo novantesimo anno. Il suo approccio alla vita e all’invecchiamento è un invito a tutte le donne a prendersi cura di sé stesse, non solo esteticamente ma anche spiritualmente.

Come ha dichiarato a Vanity Fair nel 2020: “L’invecchiamento è una parte della vita, ma non deve definirti. Sono i sogni e la voglia di vivere che contano davvero”.

E Sophia Loren, evidentemente, ha ancora tanti sogni e ancora tanta voglia di vivere.

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6 genitori su 10 vogliono più supporto psicologico: i dati...

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La ricerca di Nestlé e Unobravo certifica le difficoltà di essere genitore in Italia. L’azienda offre tre sedute gratuite ai genitori

Sempre meno italiani decidono di avere figli. Tra quelli che lo fanno, molti si sentono abbandonati di fronte a una sfida piena di incertezze, paure e ansie mai affrontate prima.

La conferma arriva dalla survey “Genitori ai primi passi” condotta da Nestlé e Unobravo. L’indagine ha coinvolto oltre 1.100 genitori o aspiranti tali per comprendere le difficoltà emotive, psicologiche e pratiche del diventare genitori oggi.

Genitori chiedono supporto mentale

L’esito più netto riguarda la salute mentale: il 60% dei genitori afferma di volere un supporto psicologico per affrontare le sfide della genitorialità, ma solo il 4% si rivolge effettivamente a un professionista, segnalando un notevole divario tra il bisogno percepito e l’azione.

Un dato particolarmente preoccupante è quello legato alla salute mentale delle madri. Solo il 35% delle madri dichiara di sentirsi bene fisicamente e mentalmente, rispetto al 52% dei padri. Questa disparità conferma il gender gap domestico per cui le madri tendono a sacrificare il proprio benessere (e spesso anche la carriera) per concentrarsi sul bambino e sulla cura della casa.
Negli ultimi anni, qualcosa sta cambiando, ma la differenza tra le responsabilità della donna e quelle dell’uomo è ancora evidente.

Il ruolo del partner e il sostegno reciproco

Il contesto economico non consente a tutti di rivolgersi allo psicologo, anche perché già mantenere un figlio costa e gli incentivi, pur esistenti, non bastano.

La maggior parte dei genitori (il 67%) dichiara di rivolgersi al proprio partner per chiedere aiuto nei momenti critici, sottolineando l’importanza della collaborazione nella coppia. Il 69% dei genitori si sente adeguatamente supportato dal proprio partner, un segnale positivo che evidenzia come la condivisione delle responsabilità genitoriali sia in crescita. Tuttavia, nonostante questo miglioramento, molte coppie sentono la necessità di un ulteriore sostegno per affrontare le pressioni quotidiane.

La percezione del controllo

Un altro dato emerso dalla ricerca di Nestlé e Unobravo è che solo il 32% dei genitori sente di avere sotto controllo le sfide della genitorialità. La sensazione di non riuscire a gestire la situazione, unita all’enorme responsabilità nei confronti dei figli, crea un circolo vizioso: più i genitori si sentono sopraffatti, più aumenta lo stress e la sensazione di inadeguatezza.

Questo fenomeno è strettamente connesso alle alte aspettative sociali e alle opinioni altrui, vissute come un peso da quasi il 40% dei genitori.

Pressioni sociali e perfezionismo

Dalla ricerca, emerge che la pressione di dover essere “genitori perfetti” è una delle principali fonti di ansia per molti neogenitori. “C’è una convinzione diffusa che tutto debba essere perfetto per accogliere un bambino, ma voler tendere alla perfezione potrebbe significare rincorrere una condizione irrealizzabile”, spiega Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e direttore clinico del servizio di psicologia online Unobravo. Più del 59% dei genitori si sente stressato dall’opinione altrui, il che contribuisce ad alimentare l’ansia di non essere all’altezza delle aspettative sociali.

Nestlé lancia il progetto “Genitori ai primi passi”

In risposta ai dati emersi dalla survey, Nestlé ha lanciato il progetto “Genitori ai primi passi”, un’iniziativa che offre supporto psicologico gratuito ai neogenitori, in collaborazione con Unobravo. L’obiettivo del progetto è fornire un sostegno pratico, che si traduce in tre sedute gratuite di supporto psicologico, per aiutare i genitori a superare le difficoltà emotive e a prevenire il senso di solitudine e inadeguatezza. “Il sostegno di chi ci circonda è importante, ma a volte da solo non basta”, afferma Perris. “Per questo – aggiunge – è fondamentale sensibilizzare i neo-genitori sull’importanza di chiedere un aiuto professionale in una fase così delicata”.

Molti genitori rischiano di auto sabotarsi, di sentirsi sbagliati, inadatti alla situazione. Invece, conclude Perris, “Considerare l’ansia o la preoccupazione come una parte naturale del percorso può aiutare a proiettarsi in questo ruolo con maggiore serenità e sicurezza”.

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Denatalità, Bilotta: “Infertilità per il 15% di coppie, ma...

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Circa il 15% delle coppie in Italia non è fertile. Il numero medio di figli per donna negli ultimi sessant’anni è sceso dal 2,70 a 1,20. Da quarant’anni il tasso di fertilità non supera l’1.5. E l’infertilità è una delle cause.

Le crescenti difficoltà di concepimento nelle coppie che desiderano avere un figlio rischiano di contribuire all’aumento della denatalità. Il 22 settembre si celebra la Giornata nazionale della salute riproduttiva. Per quell’occasione, il Professor Pasquale Bilotta, direttore del Centro Fecondazione Assistita “Alma Res” di Roma, ha spiegato quali sono e come si possono superare tali difficoltà.

Le cause della denatalità

La dimensione del fenomeno della denatalità è evidente. Con appena 379mila bambini venuti al mondo, il 2023 ha evidenziato nel nostro Paese l’ennesimo minimo storico di nascite, l’undicesimo di fila dal 2013. Il trend non si è fermato sin dal 2008 (577mila nascite), determinato sia da un’importante contrazione della fecondità (numero di figli per donne in età riproduttiva) sia dal calo del numero di donne in tale fascia di età (per l’invecchiamento della popolazione).

E se nel 1964 il numero di figli per donna si assestava sui 2.70, nel 2023 era pari a 1.20. Il bassissimo numero medio di figli per donna interessa tutto il territorio nazionale. Nel dettaglio, il Nord Italia ha una media di 1.21 figli per donna, il Centro 1.12 e Sud e Isole, 1.24. Fino a trent’anni fa la fecondità era molto superiore nel Sud rispetto al Centro e al Nord: basti pensare che nel 1964 era 3.30 nel Mezzogiorno, 2.38 nel Centro e 2.37 nel Nord.

Diverse sono le cause che hanno contribuito in questi anni a peggiorare la situazione:
Cause economico-sociali: come stipendi bassi, aumento del costo della vita, mancanza di servizi a sostegno delle famiglie
• Crescenti difficoltà di concepimento nelle coppie che desiderano avere un figlio.

In Italia è stata istituita la Giornata nazionale della salute riproduttiva (22 settembre), proprio con l’obiettivo di promuovere l’attenzione e l’informazione sul tema della fertilità.

“Infertilità? C’è soluzione”

“Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità – afferma il Professor Pasquale Bilotta, direttore del Centro Fecondazione Assistita “Alma Res” di Roma -, in Italia circa il 15% delle coppie è infertile e questa condizione può dipendere in egual misura sia dalla donna che dall’uomo. Non esistono in Italia dati specifici sulla prevalenza di questo fenomeno. Generalmente si parla di infertilità di coppia in caso di mancato raggiungimento della gravidanza dopo un anno di rapporti sessuali regolari e non protetti”.
Tra le cause primarie, spiega Bilotta, vi è senz’altro il fattore età: “Dai 40 anni in poi la percentuale di fertilità media è il 20% rispetto a quella riscontrata a 25 anni”. Ma non solo. A pesare sull’infertilità ci sono “anche abitudini non sane, come fumo, consumo di alcol oppure condizioni psicologiche limitanti, quali ansia e stress da ritmi di vita/lavoro troppo frenetici”.

Spesso, quest’ultime, sono patologie prevenibili facilmente curabili: “Per questo è molto importante una corretta informazione”, ha aggiunto il professore.

Prevenzione e possibili soluzioni all’infertilità

Ricorrere a trattamenti di fecondazione assistita è una soluzione. Stando ai dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2021, oltre 86.000 donne in Italia si sono sottoposte a questo tipo di procedure. La fascia d’età più rappresentata è quella tra i 35 e i 40 anni, seguita dalla fascia tra i 30 e i 35 anni.

Il tasso di successo delle procedure varia in base all’età della donna e alla tecnica utilizzata, con una media nazionale del 25% di gravidanze per ciclo di trattamento di fecondazione in vitro. Le donne sotto i 35 anni hanno registrato i tassi di successo più alti, con una percentuale che raggiunge il 40%, mentre per le donne sopra i 40 anni il tasso di successo scende al 15%.

“Non esiste un percorso universalmente valido per tutte le coppie – ha spiegato il Professor Bilotta – Per questo, l’obiettivo primario del nostro Centro è ricercare approcci personalizzati, basati su caratteristiche genetiche e biologiche individuali. Non solo: puntiamo al miglioramento delle tecniche di congelamento e scongelamento di ovociti ed embrioni e investiamo nello sviluppo di nuove metodologie per la diagnosi precoce di malattie genetiche rare”.

Secondo il prof. Bilotta – tra i primi ricercatori in Italia che, nel 1980, realizzarono su coppia infertile il prelievo, la fecondazione dell’ovocita ed il trasferimento embrionario in utero – è fondamentale continuare a migliorare il quadro normativo per assicurare un accesso equo e sicuro per tutti: “Nel Lazio, per esempio, le coppie che decidono di ricorrere alla fecondazione assistita tramite Sistema sanitario nazionale si recano in altre regioni. Le motivazioni sono legate alla scarsa offerta pubblica o convenzionata nel territorio regionale, lunghe liste d’attesa e costi elevati. Con altri 21 Centri autorizzati privati, stiamo costituendo un Coordinamento a livello regionale: auspichiamo la creazione di un Network di centri pubblici e privati, disponibili a erogare prestazioni in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, in modo da aumentare l’offerta e garantire alle coppie un maggiore accesso ai trattamenti di fecondazione assistita”.

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