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Alpinisti morti su Monte Bianco, chi erano Sara Stefanelli e Andrea Galimberti

Lei Dottoressa, lui studi al Politecnico: li univa una grande passione per la montagna. Oggi il ritrovamento dei loro corpi dopo la scomparsa

Sara e Andrea, dalla pagina Fb di lui

Appassionato di montagna lui da sempre, lei da pochi mesi. I due alpinisti Andrea Galimberti e Sara Stefanelli sono morti sul Monte Bianco. Oggi il tragico ritrovamento dei corpi dopo che da sabato gli amici avevano dato l'allarme, sperando fino all'ultimo in un finale diverso. "La guardo negli occhi e ci leggo dentro una passione infinita, grande come la mia" scriveva il 53enne Andrea sulla sua pagina Facebook condividendo tanti, tantissimi scatti insieme. Studi al Politecnico di Milano e citazione di Jim Morrison sul suo profilo: "Noi gente pazza ragioniamo con il cuore". Le foto raccontano della salita al Monte Cervino del 3 settembre, resa ancora più difficile da una grandinata, il bivacco a 4mila metri e, poi, solo silenzio e preghiere.

"Ti ho conosciuto l'anno scorso per caso al rifugio Rosalba e abbiamo pranzato insieme" scrive Valentina, prima del tragico ritrovamento di oggi. "Io e il mio compagno 'passeggiatori della domenica' tu dovevi ancora raggiungere la cresta e con i tuoi racconti ci hai fatto sognare quelle cime e quei paesaggi. I tuoi occhi brillavano mentre ci raccontavi di tutte le tue imprese senza un filo di presunzione solo con un grande amore per la montagna che ti portavi dietro dall'infanzia".

"Ci siamo conosciuti a giugno, mentre scendevamo dal Monte Rosa, io e altri due cari amici con tenda e sci, e tu con una compagna di cordata a piedi... Ad Alagna mangiammo tutti assieme e mi fa ancora sorridere quando penso che scambiai il tuo panino per il mio e ci diedi un bel morso...!Allora ci fu uno scambio di morsi quando arrivò anche il mio panino... Capii subito che eri una persona semplice, disponibile, e molto "alla mano" a 360 gradi..." scrive Michele condividendo il suo ricordo sulla sua pagina Fb.

Più riservata lei, con la pagina chiusa sui social, visibile solo agli amici, ma i commenti non mancano anche sulle foto di lui. "Ciao Sara, la nostra meravigliosa Dottoressa", le scrive una collega dopo la terribile notizia. "Avevo avuto modo di conoscerla per i problemi di salute di mia mamma" scrive il genovese Stelvio su Fb. "Un medico veramente con la M maiuscola e una persona incantevole! Avevo percepito da alcune sue parole una grande passione comune...quella per la montagna! Aveva una lunga lista di "sogni nel cassetto" in particolare le salite al Cervino e al Monte Bianco. Chi come noi fequenta l'alta montagna e pratica l'alpinismo conosce le regole del gioco.....e deve mettere in conto anche eventi estremi come questo purtroppo! Poi non mi sento di aggiungere niente e tantomeno di esprimere un giudizio o alcuni pensieri che mi frullano in testa. Un grande abbraccio ai suoi familiari!"

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cronaca

“Mio figlio autistico di 8 anni messo su sedia...

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La donna: "Da allora ha iniziato a farsi la pipì addosso"

Un'aula  - (Fotogramma)

Mio figlio autistico di 8 anni messo sulla sedia della vergogna in classe, da allora ha iniziato a farsi la pipì addosso”. E' la denuncia di una mamma pubblicata oggi sul quotidiano 'La Repubblica' edizione di Bari che spiega come il caso coinvolga una scuola primaria della provincia.

La denuncia della mamma

La donna ha segnalato l’episodio e alla fine l’insegnante di sostegno è stata spostata per far tornare quella precedente che aveva costruito un rapporto solido con il bambino. La chiamano “sedia camomilla” o “della riflessione”, si legge sul quotidiano, ma per molti è solo “la sedia della vergogna”. È il metodo che una insegnante ha utilizzato per punire un bambino autistico in una scuola primaria della provincia di Bari: “Ha fatto sedere mio figlio di fronte ai compagni di classe, tra l’armadio e il muro, senza dover toccare nessuno - racconta la madre, Giulia, scrive il quotidiano - Senza motivo, solo perché la nuova docente temeva che il bambino potesse far male a qualcuno". Il figlio ha 8 anni e mezzo e soffre di disturbi dello spettro autistico di secondo livello.

Il giornale scrive ancora che "i fatti risalgono a due anni fa quando l’insegnante di sostegno del primo anno è stata sostituita da un’altra. Una discontinuità che ha avuto un impattato negativo sull’alunno". E la mamma evidenzia che “in una settimana è precipitato a livello psichiatrico. Ha iniziato a farsi la pipì addosso dopo essere stato sottoposto alla sedia della vergogna - ricorda ancora - viene anche chiamata sedia della riflessione, ma ha rappresentato soltanto un momento di mortificazione”. L’insegnante avrebbe applicato questo metodo per calmare il bambino “ma – secondo la mamma – non sapeva gestire la situazione. Mi ha chiamata affermando che dovevamo mandarlo in una struttura ad hoc”. Dopo la segnalazione del caso al corpo docente e alla presidenza, scrive il quotidiano, l’insegnante di sostegno è andata via ed è tornata la maestra del primo anno.

“La maestra è andata via ammettendo che stava scaricando sul bambino la frustrazione di molti problemi legati al lavoro in classe", aggiunge la madre, che ogni anno lotta per mantenere la stessa insegnante del primo anno e perché puntualmente rischia di essere sostituita per lo scorrimento delle graduatorie per posti in deroga.

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Cronaca

Djokovic: “Niente cellulare ai miei figli, non devono...

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Il campione di tennis: "Devono acquisire un po' di consapevolezza". Oltre 22mila firme per la petizione in Italia

Novak Djokovic  (Fotogramma/Ipa)

Il campione di tennis Novak Djokovic prende posizione sull'uso degli smartphone da parte dei giovanissimi. In un'intervista alla televisione serba 'Blic Tv' ha spiegato che i due figli Stefan (10 anni) e Tara (7 anni) "si lamentano perché sono gli unici a scuola senza cellulare, io gli spiego che così ci differenziamo dagli altri, perché siamo testardi sia in senso positivo che in senso negativo. E' importante che le persone acquisiscano un po' più di consapevolezza su quello che accade intorno a noi, non è necessario seguire il gregge".

Il pensiero del campione serbo, spesso criticato per le sue posizioni controcorrente durante l'emergenza Covid, si è concentrato anche sull'epoca digitale: "Oggi ci sono le sfide dei social network, disprezziamo i giovani e diciamo che sono incompetenti, che non sanno niente. E' inevitabile perché viviamo nell'era digitale. Sono genitore di due bambini piccoli e anch'io mi pongo gli stessi interrogativi".

Sicuramente Djokovic firmerebbe la petizione su Change.org 'Stop smartphone e social sotto i 16 e 14 anni: ogni tecnologia ha il suo giusto tempo', che invita il Governo italiano a vietare l'uso personale di smartphone ai minori di 14 anni e l'apertura di profili social ai ragazzi sotto i 16. La raccolta firme, che ha ormai raggiunto oltre 22mila firme, ha visto la sottoscrizione di tanti attori dell'Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo, tra cui anche Paola Cortellesi e Pierfrancesco Favino.

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Cronaca

Bridge-Uganda, Iannantuoni (UniMiB): “Con Africa...

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Alla presentazione del progetto, 'importante diffondere qualità medica in Paese fragile come Uganda'

Bridge-Uganda, Iannantuoni (UniMiB):

"Già da diversi anni i nostri medici e i nostri specializzandi scendono in Africa. Abbiamo però voluto istituzionalizzare questa partnership perché riteniamo, e abbiamo visto essere così, che quando i nostri medici hanno la possibilità di trascorrere alcuni mesi in contesti in cui non c'è niente, se non la salute e il rispetto verso il paziente, tornano a casa molto arricchiti. Questo è, secondo me, ciò che conta per una professione vocazionale come quella del medico, dell'infermiere o dell'ostetrica". Lo ha detto la rettrice dell'università Milano-Bicocca, Giovanna Iannantuoni, oggi alla presentazione di Bridge (Bicocca research and innovation for development and global health)-Uganda, il nuovo progetto dell'università milanese nel distretto di Gulu nel nord dell'Uganda.

"Quella di oggi - continua la rettrice - è una giornata molto speciale perché si parla di internazionalizzazione, di sistema sanitario nazionale e di medicina. In un contesto in cui, nel nostro Paese, riflettiamo sul numero di medici e di infermieri e sulla qualità del Servizio sanitario nazionale, per noi è molto importante diffondere questa qualità non solo nel nostro Paese, ma anche in una delle zone più fragili a livello internazionale. E' questo il caso del nord dell'Uganda, una delle aree con le maggiori fragilità economiche e sociali a livello mondiale". Si tratta del secondo avamposto all'estero dell'ateneo milanese, dopo il 'MaRhe Center' nell'arcipelago delle Maldive, centro di ricerca e formazione dedicato agli studi di biologia marina. Outpost fondamentali per Milano-Bicocca perché, spiega Iannantuoni, "pensiamo che le eccellenze di cui disponiamo, da un lato quella della sostenibilità e dell'ecologia e dall'altro quella della medicina, debbano trovare un loro significato laddove siano prioritarie nella quotidianità delle persone che lì vivono".

L'outpost Bridge-Uganda si inserisce nel progetto Bicocca Global Health Center, che coinvolge tutte le professionalità dell'ateneo nello sviluppo di soluzioni innovative e sostenibili per affrontare le sfide della salute globale attraverso un approccio multidisciplinare e per promuovere la salute e il benessere nei Paesi a basso e medio reddito. La rete formativa dell'ateneo milanese, che già comprende ospedali di eccellenza come il San Gerardo, il Papa Giovanni, il Niguarda e molti altri, si allarga quindi anche al Lacor Hospital in Uganda, "un luogo in cui medici, ostetriche, infermieri, specializzandi e i nostri studenti di medicina degli ultimi 2 anni possono godere di un momento formativo fondamentale. E' importante anche sottolineare che formeremo medici specializzandi in loco, necessari - conclude la rettrice - su un territorio così difficile come quello ugandese".

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