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Harris-Trump, scontro sull’aborto: “Lo vogliono fino al nono mese”, ma la moderatrice smentisce il tycoon

Il diritto all’aborto è stato uno dei temi più caldi del dibattito televisivo Harris-Trump. Nonché il primo tema su cui il candidato repubblicano è scivolato gravosamente, facendosi richiamare dalla moderatrice. Da sempre, l’aborto rappresenta uno dei terreni di scontro più accesi non solo tra i “rossi” e i “blu” degli Usa, ma tra i conservatori e i progressisti di tutto il mondo.

Donald Trump ha accusato i democratici di voler permettere l’aborto “fino al nono mese” di vita del bambino, prima di essere smentito.

Trump-Harris, lo scontro sull’aborto

Al quindicesimo minuto del dibattito, la moderatrice Lindsay Davis chiede ai candidati di esporti sul diritto all’aborto, partendo da Trump:

Hai sorpreso molti con il tuo divieto di aborto a sei settimane, perché inizialmente avevi detto che era troppo breve e hai affermato, cito testualmente: ‘voterò che abbiamo bisogno di più di sei settimane’. Il giorno dopo però hai cambiato rotta e hai detto che avresti votato a favore del divieto a sei settimane. La vicepresidente Harris dice che le donne non dovrebbero fidarsi di te su questo tema, poiché hai cambiato posizione molte volte. Perché dovrebbero fidarsi?”

Il candidato repubblicano spiega che il suo cambio di rotta è dovuto alle posizioni degli avversari politici: “I Democratici sono radicali in questo. E la sua scelta per la vicepresidenza – dice Trump riferendosi a Walz – che penso sia una scelta orribile per il nostro Paese, perché lui è davvero fuori strada, dice che l’aborto al nono mese va benissimo. Dice anche che l’esecuzione dopo la nascita, non è più un aborto perché il bambino è nato.

E questo – continua il tycoon – non va bene per me, quindi ho votato così. Ma ciò che ho fatto è qualcosa che da 52 anni cercano di fare: trasferire Roe v. Wade agli Stati. E grazie al genio, al cuore e alla forza di sei giudici della Corte Suprema, siamo riusciti a farlo”.

Trump smentito dalla moderatrice

Le dichiarazioni di Trump hanno costretto la moderatrice a un fact checking e alla smentita: “Non esiste alcuno stato in questo Paese dove sia legale uccidere un bambino dopo che è nato. Signora Vicepresidente, vuole rispondere a Donald Trump?”

“Come ho detto, sentirete un sacco di bugie. E questo non è affatto sorprendente. Cerchiamo di capire come siamo arrivati a questo punto”. Con queste parole, la replica di Kamala Harris si sposta sulla ‘revoca’ della sentenza Roe v. Wade, vantata da Trump come un successo repubblicano.

La sentenza Roe v. Wade

Il riferimento è alla decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di ribaltare Roe v. Wade, la sentenza storica del 1973 che garantiva il diritto costituzionale all’aborto a livello federale. Prima di essere annullata nel 2022 con il caso Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, la sentenza impediva agli Stati federati di imporre restrizioni significative sull’aborto nelle prime fasi della gravidanza.

Trump rivendica come un successo la scelta della Corte Suprema di restituire ai singoli Stati la facoltà di decidere autonomamente le proprie leggi sull’aborto, piuttosto che seguire una normativa federale unificata.

Per la vicepresidente Kamala Harris, invece, la dinamica è più controversa: “Donald Trump ha scelto personalmente tre membri della Corte Suprema degli Stati Uniti con l’intenzione che avrebbero annullato le protezioni di Roe v. Wade. E hanno fatto esattamente quello che lui intendeva”.

Per la candidata repubblicana le conseguenze per le donne sono state devastanti: “Ora, in più di 20 Stati, ci sono divieti sull’aborto voluti da Trump, che rendono criminale per un medico o un’infermiera fornire assistenza sanitaria. In uno Stato, si prevede l’ergastolo per i medici […]

Ho parlato con donne in tutto il Paese. Vogliamo parlare di ciò che la gente voleva? Donne incinte che volevano portare a termine la gravidanza, ma hanno subito un aborto spontaneo, negata l’assistenza in un pronto soccorso perché i medici temevano di finire in prigione e lei stava perdendo sangue in macchina nel parcheggio”. Per questo, sostiene Harris, la storica sentenza va ripristinata al più presto: “Vi prometto – continua – che quando il Congresso approverà una legge per ripristinare le protezioni di Roe v. Wade, come Presidente degli Stati Uniti, la firmerò con orgoglio. Ma se Donald Trump fosse rieletto, firmerebbe un divieto nazionale sull’aborto”.

Le considerazioni della candidata repubblicana muovono anche dalla scelta di J.D. Vance come vice Trump. Il senatore dell’Ohio, infatti, è noto per le sue posizioni estreme in materia di diritti civili.

Secondo il sito LGBTI Washington Blade, il senatore repubblicano si sarebbe opposto persino alle eccezioni per le vittime di stupro e incesto.

Le eccezioni per stupro, incesto e saluto della donna

Queste posizioni non saranno portate avanti in caso di vittoria, sostiene Trump: “Credo fortemente nelle eccezioni per stupro, incesto e per la vita della madre. Anche Ronald Reagan lo credeva. L’85% dei Repubblicani sostiene le eccezioni, è molto importante. Ma siamo riusciti a farlo e ora gli Stati stanno votando su questo”.
Per il candidato repubblicano, il diritto all’aborto va dibattuto sul piano burocratico: “Per 52 anni, ogni studioso legale, ogni democratico, ogni repubblicano, liberale o conservatore, voleva che questa questione fosse riportata agli stati, dove il popolo poteva votare. E questo è ciò che è successo”, ha detto Trump sottolineando che il diritto all’aborto va normato dai singoli Stati e non dal governo federale.

Harris smentisce Trump parlando dei divieti previsti dal suo mandato che “non prevedono eccezioni, nemmeno per stupro o incesto, il che significa che una sopravvissuta a un crimine, una violazione del suo corpo, non ha il diritto di decidere cosa succederà dopo al suo corpo. Questo è immorale. E non è necessario abbandonare la propria fede o le proprie convinzioni profonde per concordare che il governo”. Poi, la candidata repubblicana chiude sul tema: “Certamente Donald Trump non dovrebbe dire a una donna cosa fare con il proprio corpo”.

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Un genitore su cinque ha paura che il figlio non abbia amici

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Sviluppare amicizie durante l’infanzia è fondamentale, ma non per tutti è facile. Un recente sondaggio condotto dall’University of Michigan Health C.S. Mott Children’s Hospital National Poll on Children’s Health ha rivelato che molti genitori sono preoccupati per le relazioni sociali dei loro figli.

Secondo i dati, un genitore su cinque afferma che il proprio figlio, di età compresa tra 6 e 12 anni, non ha amici o ne ha troppo pochi.

Il sondaggio ha coinvolto 1.031 genitori negli Stati Uniti ed è stato condotto nell’agosto 2024. I risultati evidenziano che il 90% dei genitori crede che i propri figli desiderino fare nuove amicizie, ma molti incontrano delle difficoltà.

Ostacoli nel fare amicizia: barriere sociali e personali

“Le amicizie rivestono un ruolo cruciale nella salute generale, nello sviluppo emotivo e nelle abilità sociali dei bambini”, ha spiegato Sarah Clark, M.P.H., co-direttrice del Mott Poll. Tuttavia, più della metà dei genitori intervistati ha segnalato la presenza di almeno un fattore che rende difficile per i propri figli creare nuove amicizie. Tra questi ostacoli, un genitore su cinque ha indicato la timidezza o la difficoltà ad essere socialmente disinvolti come principali impedimenti.

Meno genitori hanno riportato problemi legati alla crudeltà di altri bambini o a condizioni mediche o disabilità che complicano il processo di creazione di nuove amicizie. Inoltre, i genitori di bambini più grandi si sono detti più preoccupati rispetto ai genitori di bambini più piccoli, poiché spesso la difficoltà nel fare amicizia è legata al fatto che i gruppi di amici esistenti sono già formati o ci sono poche occasioni per incontrarsi.

Come i genitori possono aiutare i figli a fare nuove amicizie

Tre genitori su quattro hanno dichiarato di aver adottato delle strategie per aiutare i loro figli a fare amicizia. Le azioni più comuni includono l’organizzazione di incontri di gioco o uscite, l’iscrizione dei figli ad attività in cui possono incontrare bambini con interessi simili e il fornire loro consigli su come socializzare.

Circa un quarto dei genitori tenta di stringere amicizia con altri genitori che hanno figli della stessa età, nella speranza che ciò faciliti le relazioni tra i bambini. Secondo Sarah Clark, è importante trovare un equilibrio tra guida, incoraggiamento e lasciar spazio ai bambini per navigare autonomamente le situazioni sociali.

Bambini con difficoltà legate alla timidezza, ansia sociale o condizioni mediche potrebbero aver bisogno di essere gradualmente inseriti in ambienti sociali. Così la dottoressa suggerisce di iniziare con attività di gruppo in piccoli contesti che siano già familiari e piacevoli per il bambino, permettendo di acquisire sicurezza nei confronti dei pari man mano che si familiarizzi con tali contesti.

L’uso dei social media e le amicizie online

I genitori di bambini più grandi tendono a permettere l’uso dei social media con più facilità per mantenere i contatti con gli amici, con un quarto dei genitori di ragazzi in età scolare che consente l’accesso a queste piattaforme al proprio figlio quotidianamente.

Alcuni genitori acquistano anche dispositivi tecnologici per aiutare i figli a “integrarsi” meglio tra i coetanei. Tuttavia, i ricercatori hanno messo in guardia sull’uso dei social media, che può aumentare il rischio di sviluppare problemi di salute mentale come ansia e depressione.

Amicizie “simili”: le preferenze dei genitori sui background familiari

Il sondaggio ha rivelato che oltre la metà dei genitori ritiene molto importante conoscere le famiglie degli amici dei propri figli. Più di un quarto è preoccupato che gli amici possano incoraggiare i figli a fare cose che non approvano. Sorprendentemente, due terzi dei genitori affermano che è importante che gli amici dei loro figli provengano da famiglie simili alle loro, con preferenze che riguardano principalmente stili educativi simili, ma anche affinità politiche o religiose.

Meno genitori si sono mostrati preoccupati per l’istruzione o il reddito delle famiglie degli amici, ma Clark avverte che limitare le amicizie dei figli a cerchie ristrette potrebbe ostacolare lo sviluppo di una mentalità aperta e di abilità sociali più ampie.

Per questo motivo, Sarah Clark ha concluso sottolineando che è la scuola il luogo dove i bambini possono incontrare e formare legami con coetanei provenienti da background diversi. Limitare le amicizie solo a famiglie con caratteristiche simili potrebbe impedire loro di sviluppare la capacità di interagire con una vasta gamma di persone anche in un futuro professionale.

Lo studio, condotto a livello nazionale, ha fornito un’importante panoramica sulle sfide e le preoccupazioni che riguardano le amicizie dei bambini, offrendo spunti utili su come i genitori possono supportare i loro figli nello sviluppo delle competenze sociali.

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La gravidanza cambia cervello di una donna: lo studio

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La gravidanza provoca cambiamenti significativi nel cervello delle donne, con modifiche rilevanti nella materia grigia e bianca che potrebbero avere implicazioni sulla salute mentale, inclusa la depressione postpartum. Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università della California Santa Barbara (Ucsb) ha evidenziato queste trasformazioni durante la gestazione, offrendo nuove prospettive per la ricerca sulla salute femminile.

Questi cambiamenti, osservati per la prima volta in modo continuativo, potrebbero rivoluzionare la comprensione di come il cervello si adatta alle profonde trasformazioni fisiche e ormonali durante i nove mesi.

Un cambiamento non trascurabile nel cervello

I ricercatori hanno evidenziato trasformazioni significative nella materia bianca e grigia del cervello delle donne incinte. Le analisi hanno mostrato che, durante la gravidanza, il cervello femminile subisce modifiche coreografate in modo preciso, come spiegato dalla coautrice dello studio, la professoressa Emily Jacobs, docente di scienze psicologiche e cerebrali alla Ucsb: “Il cervello materno subisce un cambiamento coreografato durante la gestazione, e finalmente possiamo osservarne il processo – ha dichiarato la professoressa Jacobs -, è di fondamentale importanza poter seguire da vicino l’evoluzione di questi cambiamenti”.

La metodologia dello studio: scansioni regolari

Lo studio, pubblicato il 16 settembre sulla rivista Nature Neuroscience, è considerato il primo a monitorare i cambiamenti cerebrali durante l’intero arco di una gravidanza, invece di limitarsi a osservare momenti specifici.

Il team di ricerca ha seguito il cervello di una donna alla sua prima gravidanza, eseguendo scansioni cerebrali regolari ogni settimana: a partire da prima del concepimento, durante i nove mesi di gestazione e fino a due anni dopo il parto.

Le scansioni cerebrali sono state effettuate utilizzando la risonanza magnetica (MRI), una tecnica non invasiva che consente di osservare in modo dettagliato la struttura e la funzione del cervello.

Grazie a queste scansioni ripetute, i ricercatori sono stati in grado di mappare con precisione i cambiamenti nella materia bianca e grigia. Questa metodologia ha permesso di documentare, in tempo reale, come il cervello si adatti alle fluttuazioni ormonali e ai cambiamenti fisici indotti dalla gravidanza.

Cambiamenti nella materia grigia e bianca del cervello

La scoperta principale dello studio riguarda il rapporto tra la materia bianca e la materia grigia del cervello. La materia grigia, situata sulla superficie cerebrale, ha mostrato una riduzione di volume durante i cambiamenti ormonali della gravidanza. Questo tipo di cambiamento, tuttavia, non è da considerarsi negativo.

I ricercatori suggeriscono, infatti, che potrebbe trattarsi di un processo di “affinamento” del cervello, simile a quanto accade durante la pubertà, quando il corpo attraversa significative trasformazioni biologiche.

D’altro canto, la materia bianca, che si trova nelle aree più profonde del cervello ed è fondamentale per la comunicazione tra diverse aree cerebrali, ha subito un aumento durante la gravidanza. Questo aumento, tuttavia, è stato temporaneo: ha raggiunto il picco durante il secondo trimestre per poi tornare ai livelli pre-gravidanza intorno al momento del parto.

Le implicazioni della neuroplasticità osservata

La “neuroplasticità” osservata nel cervello della donna studiata – ovvero la capacità del cervello di adattarsi e cambiare – è stata definita “incredibile” dai ricercatori. Questa capacità di adattamento è particolarmente evidente durante periodi di grande cambiamento biologico, come la gravidanza, e suggerisce che il cervello femminile è estremamente dinamico.

Secondo Laura Pritschet, dottoranda nel laboratorio della professoressa Jacobs e prima autrice dello studio, queste scoperte sono fondamentali per sfatare il mito della fragilità femminile durante la gravidanza. “L’85% delle donne vive una o più gravidanze durante la propria vita, e circa 140 milioni di donne sono incinte ogni anno,” ha spiegato Pritschet. “Spero che questo studio possa contribuire a sfatare il dogma secondo cui le donne siano fragili durante la gravidanza, dimostrando invece come il cervello si adatti in modo dinamico a un nuovo ambiente biochimico”.

Possibili sviluppi nella ricerca sulla depressione post-partum

Le implicazioni di questa ricerca vanno oltre la comprensione della gravidanza. Lo studio potrebbe infatti migliorare la comprensione generale del cervello umano, anche in relazione ai processi di invecchiamento. Inoltre, potrebbe fornire nuovi spunti per la ricerca sulla depressione post-partum, una condizione che colpisce circa una donna su cinque dopo il parto.

“Attualmente esistono trattamenti approvati dalla Fda (Food and Drug Administration) per la depressione post-partum,” ha spiegato Pritschet, “ma la diagnosi precoce rimane una sfida. Più impariamo sul cervello materno, maggiori saranno le possibilità di fornire un aiuto efficace”. La speranza è che, approfondendo lo studio delle trasformazioni cerebrali durante e dopo la gravidanza, si possano individuare nuovi strumenti per diagnosticare e trattare in modo tempestivo la depressione post-partum, migliorando così la qualità della vita di milioni di donne.

Questo studio rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione del cervello delle donne durante la gravidanza e apre nuove strade per lo studio della neuroplasticità. Le scoperte non solo mettono in discussione vecchi stereotipi sulla fragilità femminile, ma forniscono anche un nuovo quadro per analizzare le complesse trasformazioni che il cervello subisce in risposta ai cambiamenti biologici della vita.

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Bonus 100 euro aumentato e anticipato a dicembre? Le...

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Il Bonus 100 euro, annunciato ad aprile e conosciuto anche come Bonus Befana, potrebbe essere anticipato e aumentato per il ceto medio. Il governo sta infatti valutando di anticiparne l’erogazione nelle tredicesime del 2024 per aiutare le famiglie in un periodo, quello natalizio, di particolare pressione finanziaria.

Il Bonus riguarderebbe le famiglie con un reddito entro i 28.000 euro, che riceverebbero forse anche più di 100 euro aggiuntivi nella busta paga della tredicesima, a dicembre. La misura rientra nell’ottica del governo di aiutare le famiglie più in difficoltà, soprattutto se hanno figli a carico.

Bonus 100 euro, chi può accedere?

L’aumento in busta paga dovrebbe essere destinato a coloro che nel 2024 rispettano i seguenti requisiti:

reddito complessivo non superiore a 28.000 euro;
coniuge non separato e (almeno) un figlio entrambi a carico. In alternativa, il richiedente dovrà avere almeno un figlio a carico, nel caso in cui l’altro genitore manchi o non abbia riconosciuto il figlio. In questo caso, il richiedente non deve essere coniugato o, se coniugato, deve essersi successivamente separato. Il richiedente dovrà avere almeno un figlio a carico anche se ci sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non sia coniugato o, se coniugato, si sia successivamente separato;
l’imposta lorda viene determinata sui redditi da lavoro dipendente, percepiti dal lavoratore, (escluse pensioni e assegni equiparati) d’importo superiore a quello delle detrazioni spettanti.

In pratica, potranno ricevere il Bonus 100 euro i nuclei monogenitoriali e i dipendenti che hanno un coniuge e almeno un figlio o una figlia a carico, sempre entro i 28.000 di reddito annuo.

Aiutare le famiglie e il ceto medio

Le mosse del governo, al lavoro per la Manovra 2025, partono da due convinzioni: il ceto medio è troppo tassato; gli attuali incentivi alla natalità non sono sufficienti.

Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, conferma le priorità dell’esecutivo in vista della Legge di Bilancio: “Agiremo in continuità con quanto fatto in questi due anni, guardando sempre all’equilibrio dei conti pubblici”.

Sul Bonus Befana dice: “Non escludiamo che il bonus da 100 euro previsto a gennaio per le famiglie possa essere rivisto e anticipato nel 2024 sostanzialmente implementando le tredicesime di questo anno. Vogliamo sostenere le famiglie, soprattutto in un momento particolare dell’anno”.
Chiaramente, per quanto utile, si tratterebbe di una misura spot, utile per il breve periodo, ma che non cambia la situazione delle famiglie durante l’anno. Per questo, l’obiettivo del Mef è confermare le principali misure adottate con la scorsa Manovra per sostenere le famiglie.
Tra le conferme più attese c’è il taglio del cuneo fiscale. Già previsto per il 2024, sarà esteso anche al 2025 e riguarderà circa 14 milioni di lavoratori, con una riduzione dei contributi previdenziali di 7 punti percentuali per i redditi fino a 25 mila euro e di 6 punti per quelli fino a 35 mila euro. Il taglio ha un costo stimato di 9,4 miliardi di euro e si traduce in un aumento dello stipendio netto di circa 100 euro al mese per circa 14 milioni di lavoratori.
Parallelamente, il governo confermerà anche la riduzione dell’Irpef, passata da quattro a tre aliquote, forse con qualche ritocco. Senza modifiche la conferma varrebbe circa 4 miliardi di euro.

Se la conferma del taglio è l’obiettivo, la riduzione della seconda aliquota è il ‘sogno’. Parte della maggioranza, soprattutto la Lega, spinge per una riduzione della seconda aliquota dal 35% al 33% e dell’estensione del tetto del secondo scaglione fino ai 60 mila euro annui. Oltre, scatterebbe il terzo e ultimo scaglione con un’aliquota del 43%. Questa nuova misura coinvolgerebbe circa 8 milioni di lavoratori, il cosiddetto ceto medio, con un costo ulteriore di circa 4 miliardi.

L’obiettivo principale, nonché la ratio della Manovra, sarà quello di aiutare le famiglie con figli, anche a discapito di quelle senza figli. D’altronde le maglie sono strette; le risorse totali a per la Manovra sono 25 miliardi di euro.

Un elemento, quest’ultimo confermato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo in un’intervista al Messaggero: “Siamo consapevoli che la classe media ha un livello di tassazione troppo alto, perché chi guadagna fino a 50mila euro l’anno non può certo considerarsi ‘ricco’. Abbassare le tasse al ceto medio è necessario, ma lo si deve fare con risorse da individuare”.

Diverse strade per favorire la natalità

L’ipotesi di anticipare (e forse aumentare) il Bonus 100 euro aiuterà qualche famiglia ad affrontare i puntuali conguagli fiscali di fine anno, qualcun’altra a fare i regali di Natale con più serenità, per la gioia dei figli.
Prima e dopo dicembre, però, ci sono altri undici mesi e le difficoltà dei nuclei con figli si fanno sentire. Per non parlare delle difficoltà delle famiglie numerose, che hanno almeno tre figli: per loro gli effetti dell’inflazione sono moltiplicati. La crisi demografica dice che c’è ancora tanta strada da fare per tornare a riempire le culle italiane: “Ci sono diverse strade: o potenziare l’assegno unico o introdurre detrazioni specifiche per i figli. L’obiettivo è venire incontro alla famiglia. Questo è un tema prioritario”, conferma il viceministro Leo.

Per rendere strutturale, o quanto meno solido, il sostegno alle famiglie serve un’economia forte, che passa da un buon livello di occupazione. “Ridurre le tasse è un passo nella giusta direzione – afferma Leo – ma per avere un impatto reale e duraturo, bisogna anche lavorare su una riforma complessiva del sistema fiscale che garantisca maggiore equità e sostenga la crescita economica”.

L’idea dell’esecutivo è quella di continuare con la politica per cui le imprese più assumono, meno pagano. “Abbiamo introdotto una super deduzione del costo del lavoro per chi assume a tempo indeterminato, pari al 120% per tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato, che arriva fino al 130% per chi assume mamme, under30, ex percettori di reddito di cittadinanza e persone con invalidità. Sull’Ires ci stiamo lavorando. Il Cdm ha approvato in prima lettura il decreto e, come sempre fatto fin qui, ora apriremo il confronto in sede Parlamentare per raggiungere il migliore risultato possibile”, conferma il viceministro.

Ora è tempo di calcoli e di aggiustamenti, ma la direzione è chiara: la priorità assoluta sarà sostenere le famiglie con figli e del ceto medio. Meglio ancora se soddisfano entrambi i requisiti come per il Bonus 100 euro, che a dicembre potrebbe rendere aiutare a rendere l’albero di Natale più bello. Ma non a tenerlo in vita tutto l’anno.

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