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Manovra, più incentivi per chi ha figli, fine bonus per chi non ne ha

Le maglie sono strette, l’intenzione è chiara: con la Manovra finanziaria, il governo vuole aumentare i sostegni per chi ha figli e diminuire i bonus a chi non ne ha. L’obiettivo, dichiarato e necessario, è contrastare la denatalità, da cui dipende la tenuta del sistema Paese, incluse le Manovre future. Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha chiarito che non si può fare tutto con le poche risorse a disposizione, (25 miliardi di euro, come la scorsa manovra).

Tra conferme e possibili cambiamenti, la Manovra dovrebbe mantenere alcuni dei pilastri della scorsa Legge di bilancio, mentre il Mef studia la possibile introduzione del quoziente familiare per le detrazioni.

Conferme: taglio del cuneo fiscale e rimodulazione Irpef

Tra le conferme più attese spicca il taglio del cuneo fiscale. Già previsto per il 2024, sarà esteso anche al 2025 e riguarderà circa 14 milioni di lavoratori, con una riduzione dei contributi previdenziali di 7 punti percentuali per i redditi fino a 25 mila euro e di 6 punti per quelli fino a 35 mila euro. Il taglio ha un costo stimato di 9,4 miliardi di euro e si traduce in un aumento dello stipendio netto di circa 100 euro al mese per circa 14 milioni di lavoratori.

Parallelamente, il governo confermerà anche la riduzione dell’Irpef, passata da quattro a tre aliquote, forse con qualche ritocco. Senza modifiche la conferma varrebbe circa 4 miliardi di euro.
Parte della maggioranza, Lega in primis, spinge per una riduzione della seconda aliquota dal 35% al 33% e dell’estensione del tetto del secondo scaglione fino ai 60 mila euro annui. Oltre, scatterebbe il terzo e ultimo scaglione con un’aliquota del 43%. Questa nuova misura coinvolgerebbe circa 8 milioni di lavoratori, il cosiddetto ceto medio, con un costo ulteriore di circa 4 miliardi.

Alcune forze politiche, come Forza Italia, spingono inoltre per l’introduzione di una zona “zero tasse” per i redditi fino a 12 mila euro. Il partito guidato da Antonio Tajani chiede anche l’innalzamento delle pensioni minime da 615 a 650 euro mensili, “con l’obiettivo di arrivare a mille euro entro la fine della legislatura”.

Detrazioni per chi ha figli: che cosa è il quoziente familiare?

Un cambiamento significativo potrebbe riguardare le detrazioni fiscali per chi ha figli. Il principio alla base di questa misura è semplice: alleggerire il carico fiscale delle famiglie numerose, riducendo o eliminando alcune detrazioni per chi non ha figli.

Per fare questo, il governo pensa al quoziente familiare, un indicatore della situazione economica delle famiglie che permette di calcolare l’imposta sul reddito non solo in base ai guadagni individuali, ma anche in base al numero di componenti del nucleo familiare. In questo modo, le famiglie con più figli potrebbero beneficiare di detrazioni più elevate e quindi pagare meno imposte.
Al momento, viene utilizzato solo in via di sperimentazione per l’agevolazione del superbonus edilizio al 90% sugli edifici unifamiliari. Il dicastero dell’Economia e delle Finanze ha già provato ad estenderne l’applicazione in occasione della scorsa legge di Bilancio, ma l’ipotesi è stata poi accantonata.

Il quoziente familiare, già adottato in altri Paesi europei come la Francia, è un indicatore più semplice rispetto all’Isee perché si ottiene dividendo il reddito complessivo del nucleo familiare per il numero dei suoi componenti in base a dei coefficienti, senza tener conto della composizione del patrimonio, come fa l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Entrambi gli indicatori favoriscono le famiglie con più figli, anche se con motivazione differenti: il quoziente familiare perché divide il reddito per un numero maggiore di componenti, l’Isee perché considera la presenza di figli come un fattore che aumenta il bisogno economico della famiglia.

Gli effetti del quoziente familiare

Il quoziente familiare impatterebbe sul calcolo dell’Irpef: a parità di reddito viene avvantaggiato il nucleo familiare più grande e il risparmio aumenterebbe al crescere del reddito, avvantaggiando così le famiglie con redditi più elevati. Inoltre, l’aliquota Irpef verrebbe probabilmente applicata sull’intero reddito del nucleo e non più solamente sul reddito personale di ognuno dei componenti.

In pratica, il quoziente familiare ribalterebbe l’attuale sistema di tassazione, che è basato su redditi individuali. Infatti, oggi se i due coniugi hanno redditi diversi, vengono tassati diversamente, in base alle aliquote. Con il quoziente familiare, invece, si tasserebbe l’intero reddito del nucleo con la stessa aliquota rischiando di disincentivare il coniuge che guadagna meno.

[Qui per approfondire: come si calcola il quoziente familiare?]

Per la Manovra 2025, l’idea è di utilizzare questo sistema per determinare l’entità delle singole detrazioni. L’idea alla base è sempre la stessa: sostenere la natalità in un Paese che, secondo le previsioni, vedrà la sua popolazione in età lavorativa ridursi di 5,5 milioni di persone nei prossimi 15 anni.

Bonus mamme a rischio?

Se il taglio del cuneo fiscale e la rimodulazione dell’Irpef sembrano andare spedite verso la riconferma, non si può dire lo stesso per il bonus mamme. La conferma di questa misura, che prevede l’esenzione totale dai contributi per le lavoratrici madri con almeno due figli fino ai dieci anni, è una di quelle più in dubbio per la Manovra 2025.

Le incertezze derivano soprattutto dall’alto costo della misura e dal dibattito politico in corso su quali siano le priorità di spesa per il 2024. La sua cancellazione potrebbe comportare una riduzione del supporto diretto alle famiglie che il governo potrebbe compensare con un rafforzamento di altre misure per la natalità, come l’assegno unico (di cui il ministro Giorgetti ha smentito il taglio) e le detrazioni fiscali.

Le richieste delle famiglie numerose

La ratio con cui vuole intervenire il governo incontra le richieste delle famiglie numerose (con 3 o più figli), che recentemente si sono radunate a Brescia. La convention annuale dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose (Anfn) ha riunito 350 famiglie con tre o più figli provenienti da tutta Italia. Le coppie che con tre o più figli rappresentano l’8,7% del numero complessivo dei nuclei familiari; una percentuale che scende all’1% se si considerano le coppie con quattro o più figli.

L’incontro è stato un’occasione per discutere delle difficoltà che le famiglie numerose affrontano in Italia e per fare il punto sulle politiche di sostegno che, secondo molti partecipanti, sono ancora gravemente insufficienti. Nonostante la presenza simbolica della ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, tramite videomessaggio, il sentimento prevalente è stato di frustrazione, con numerosi genitori che hanno espresso il loro malcontento per la propria situazione anche in relazione agli altri Paesi europei.

I genitori delle famiglie numerose chiedono un impegno più concreto e incisivo da parte della politica.

A differenza di altri Paesi europei, dove le famiglie numerose ricevono sostanziali agevolazioni fiscali e sussidi, in Italia gli aiuti questi aiuti vengono spesso definiti come “briciole”. L’aumento del caro-vita ha aggravato questa condizione soprattutto perché gli effetti dell’inflazione si moltiplicano all’aumentare dei figli molto più velocemente dei benefici.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Uk, divieto di energy drink per gli under 16 e limiti agli...

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Il premier inglese Keir Starmer vuole vietare la vendita di bevande energetiche (energy drink) ai minori di 16 anni e mettere dei limiti alle pubblicità dei cibi spazzatura (junk food). I provvedimenti fanno parte di una più ampia strategia volta a migliorare la salute pubblica nel Regno Unito, in cui il tasso di obesità e malattie legate al consumo di cibi e bevande ad alto contenuto di zuccheri e grassi è in costante aumento con inevitabili conseguenze sulla salute dei cittadini e sulle casse pubbliche. Alcune misure, però, appaiono controverse e fanno gridare le opposizioni al “nanny state”, lo Stato-bambinaia che si intromette nelle vite private dei cittadini.

Il piano di Starmer tra salute e libertà

Il piano del premier laburista prevede che i minori di 16 anni non possano consumare bevande energetiche, perché troppo ricche di caffeina e zucchero, che nuocciono alla salute degli adolescenti, inclusa quella dentale. I denti, appunto: tra le misure che entreranno in vigore dall’anno prossimo, c’è anche la supervisione nell’uso dello spazzolino da denti nelle scuole materne, una scelta che fa discutere.

Dall’anno prossimo, poi, sarà vietato pubblicizzare cibo spazzatura in tv prima delle 21, mentre per i siti online (che non hanno una programmazione lineare) il bando sarà totale. Qui il problema è soprattutto formale perché manca una definizione chiara di “junk food”, che potrebbe includere ogni prodotto ad alta concentrazione di sale, zucchero o grassi, dalle bibite gasate alle patatine, passando per dolci già pronti e cioccolata.

Il contesto

A chi critica le scelte “puritane” del premier Starmer, il governo replica con la disastrosa situazione del servizio sanitario britannico, strettamente connessa al pessimo stato di salute dei cittadini britannici e alla loro alimentazione.
Nel Regno Unito, più del 25% della popolazione è obeso e un terzo dei bambini finisce la scuola primaria già in sovrappeso. L’Ufficio per la Responsabilità di Bilancio, l’organo indipendente che vigila sui conti, ha stimato il costo complessivo di questa condizione in 100 miliardi di sterline.

Inoltre, 2,8 milioni di cittadini non lavorano a causa di malattie di lungo termine. Il danno, quindi, è triplice perché colpisce la salute dei cittadini, la spesa sanitaria e la produttività Uk.

Le conseguenze di una alimentazione sbagliata

Le bevande energetiche, che contengono elevate quantità di zucchero e caffeina, sono state associate a diversi problemi di salute nei più giovani. Uno studio del British Medical Journal ha rilevato che il consumo regolare di queste bevande aumenta il rischio di obesità del 27% tra i minori. L’eccesso di zucchero, combinato con alti livelli di caffeina, può anche causare disturbi del sonno, ansia e, a lungo termine, problemi cardiovascolari.

Uno studio del Royal College of Paediatrics and Child Health ha confermato che i bambini esposti regolarmente a junk food e bevande zuccherate hanno il 40% di probabilità in più di sviluppare problemi di salute legati al peso rispetto ai loro coetanei che seguono una dieta più bilanciata. Una alimentazione sana, inoltre, è una delle principali regole da seguire per ridurre il rischio di tumore.

Non solo salute fisica, anche mentale

Il consumo eccessivo di cibi spazzatura non comporta solo un aumento del peso corporeo, ma ha anche conseguenze sul benessere mentale. Uno studio del Journal of Adolescent Health ha dimostrato che i ragazzi che consumano frequentemente cibi ricchi di zucchero e grassi hanno maggiori probabilità di soffrire di depressione e ansia. Questo avviene perché gli alimenti altamente processati influenzano la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore legato alla regolazione dell’umore.

Inoltre, l’elevato contenuto di zucchero nelle bevande energetiche non solo causa picchi glicemici, ma aumenta anche il rischio di diabete di tipo 2, la cui diffusione, secondo il National Health Service (NHS) è aumentata del 50% nell’ultimo decennio nel Regno Unito.

La situazione in Italia

Anche in Italia, il consumo di junk food e bevande energetiche è un problema rilevante tra i giovani, anche se i dati sono in miglioramento. Nel 2023, i bambini e le bambine italiane di 8-9 anni in sovrappeso erano il 19%, il 9,8% era obeso, inclusi bambine e bambini con obesità grave che rappresentavano il 2,6%. I dati sono stati pubblicati a maggio scorso da OKkio alla SALUTE, il sistema di sorveglianza nazionale coordinato dal Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e Promozione della Salute dell’Istituto superiore di sanità.

Una delle principali cause è il consumo di cibi ultra-processati e bevande zuccherate. Dallo studio è emerso che, durante la pandemia, i bambini e le bambine hanno aumentato il consumo di snack salati (24%) e cibi dolci (25%) e hanno leggermente diminuito quello di frutta (8%) e verdura (9%). Nonostante sia emersa una maggiore irregolarità quotidiana nel consumo dei pasti, sono stati rilevati anche cambiamenti positivi come un maggiore consumo di pasti in famiglia (39%) e di cibo cucinato in casa insieme a figli e figlie (42%). Insomma, non tutto è perduto anche se c’è ancora tanta strada da fare.

Intanto, Oltremanica il premier Keir Starmer ha chiara la ricetta, rigorosamente priva di zuccheri.

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Un genitore su cinque ha paura che il figlio non abbia amici

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Sviluppare amicizie durante l’infanzia è fondamentale, ma non per tutti è facile. Un recente sondaggio condotto dall’University of Michigan Health C.S. Mott Children’s Hospital National Poll on Children’s Health ha rivelato che molti genitori sono preoccupati per le relazioni sociali dei loro figli.

Secondo i dati, un genitore su cinque afferma che il proprio figlio, di età compresa tra 6 e 12 anni, non ha amici o ne ha troppo pochi.

Il sondaggio ha coinvolto 1.031 genitori negli Stati Uniti ed è stato condotto nell’agosto 2024. I risultati evidenziano che il 90% dei genitori crede che i propri figli desiderino fare nuove amicizie, ma molti incontrano delle difficoltà.

Ostacoli nel fare amicizia: barriere sociali e personali

“Le amicizie rivestono un ruolo cruciale nella salute generale, nello sviluppo emotivo e nelle abilità sociali dei bambini”, ha spiegato Sarah Clark, M.P.H., co-direttrice del Mott Poll. Tuttavia, più della metà dei genitori intervistati ha segnalato la presenza di almeno un fattore che rende difficile per i propri figli creare nuove amicizie. Tra questi ostacoli, un genitore su cinque ha indicato la timidezza o la difficoltà ad essere socialmente disinvolti come principali impedimenti.

Meno genitori hanno riportato problemi legati alla crudeltà di altri bambini o a condizioni mediche o disabilità che complicano il processo di creazione di nuove amicizie. Inoltre, i genitori di bambini più grandi si sono detti più preoccupati rispetto ai genitori di bambini più piccoli, poiché spesso la difficoltà nel fare amicizia è legata al fatto che i gruppi di amici esistenti sono già formati o ci sono poche occasioni per incontrarsi.

Come i genitori possono aiutare i figli a fare nuove amicizie

Tre genitori su quattro hanno dichiarato di aver adottato delle strategie per aiutare i loro figli a fare amicizia. Le azioni più comuni includono l’organizzazione di incontri di gioco o uscite, l’iscrizione dei figli ad attività in cui possono incontrare bambini con interessi simili e il fornire loro consigli su come socializzare.

Circa un quarto dei genitori tenta di stringere amicizia con altri genitori che hanno figli della stessa età, nella speranza che ciò faciliti le relazioni tra i bambini. Secondo Sarah Clark, è importante trovare un equilibrio tra guida, incoraggiamento e lasciar spazio ai bambini per navigare autonomamente le situazioni sociali.

Bambini con difficoltà legate alla timidezza, ansia sociale o condizioni mediche potrebbero aver bisogno di essere gradualmente inseriti in ambienti sociali. Così la dottoressa suggerisce di iniziare con attività di gruppo in piccoli contesti che siano già familiari e piacevoli per il bambino, permettendo di acquisire sicurezza nei confronti dei pari man mano che si familiarizzi con tali contesti.

L’uso dei social media e le amicizie online

I genitori di bambini più grandi tendono a permettere l’uso dei social media con più facilità per mantenere i contatti con gli amici, con un quarto dei genitori di ragazzi in età scolare che consente l’accesso a queste piattaforme al proprio figlio quotidianamente.

Alcuni genitori acquistano anche dispositivi tecnologici per aiutare i figli a “integrarsi” meglio tra i coetanei. Tuttavia, i ricercatori hanno messo in guardia sull’uso dei social media, che può aumentare il rischio di sviluppare problemi di salute mentale come ansia e depressione.

Amicizie “simili”: le preferenze dei genitori sui background familiari

Il sondaggio ha rivelato che oltre la metà dei genitori ritiene molto importante conoscere le famiglie degli amici dei propri figli. Più di un quarto è preoccupato che gli amici possano incoraggiare i figli a fare cose che non approvano. Sorprendentemente, due terzi dei genitori affermano che è importante che gli amici dei loro figli provengano da famiglie simili alle loro, con preferenze che riguardano principalmente stili educativi simili, ma anche affinità politiche o religiose.

Meno genitori si sono mostrati preoccupati per l’istruzione o il reddito delle famiglie degli amici, ma Clark avverte che limitare le amicizie dei figli a cerchie ristrette potrebbe ostacolare lo sviluppo di una mentalità aperta e di abilità sociali più ampie.

Per questo motivo, Sarah Clark ha concluso sottolineando che è la scuola il luogo dove i bambini possono incontrare e formare legami con coetanei provenienti da background diversi. Limitare le amicizie solo a famiglie con caratteristiche simili potrebbe impedire loro di sviluppare la capacità di interagire con una vasta gamma di persone anche in un futuro professionale.

Lo studio, condotto a livello nazionale, ha fornito un’importante panoramica sulle sfide e le preoccupazioni che riguardano le amicizie dei bambini, offrendo spunti utili su come i genitori possono supportare i loro figli nello sviluppo delle competenze sociali.

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La gravidanza cambia cervello di una donna: lo studio

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La gravidanza provoca cambiamenti significativi nel cervello delle donne, con modifiche rilevanti nella materia grigia e bianca che potrebbero avere implicazioni sulla salute mentale, inclusa la depressione postpartum. Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università della California Santa Barbara (Ucsb) ha evidenziato queste trasformazioni durante la gestazione, offrendo nuove prospettive per la ricerca sulla salute femminile.

Questi cambiamenti, osservati per la prima volta in modo continuativo, potrebbero rivoluzionare la comprensione di come il cervello si adatta alle profonde trasformazioni fisiche e ormonali durante i nove mesi.

Un cambiamento non trascurabile nel cervello

I ricercatori hanno evidenziato trasformazioni significative nella materia bianca e grigia del cervello delle donne incinte. Le analisi hanno mostrato che, durante la gravidanza, il cervello femminile subisce modifiche coreografate in modo preciso, come spiegato dalla coautrice dello studio, la professoressa Emily Jacobs, docente di scienze psicologiche e cerebrali alla Ucsb: “Il cervello materno subisce un cambiamento coreografato durante la gestazione, e finalmente possiamo osservarne il processo – ha dichiarato la professoressa Jacobs -, è di fondamentale importanza poter seguire da vicino l’evoluzione di questi cambiamenti”.

La metodologia dello studio: scansioni regolari

Lo studio, pubblicato il 16 settembre sulla rivista Nature Neuroscience, è considerato il primo a monitorare i cambiamenti cerebrali durante l’intero arco di una gravidanza, invece di limitarsi a osservare momenti specifici.

Il team di ricerca ha seguito il cervello di una donna alla sua prima gravidanza, eseguendo scansioni cerebrali regolari ogni settimana: a partire da prima del concepimento, durante i nove mesi di gestazione e fino a due anni dopo il parto.

Le scansioni cerebrali sono state effettuate utilizzando la risonanza magnetica (MRI), una tecnica non invasiva che consente di osservare in modo dettagliato la struttura e la funzione del cervello.

Grazie a queste scansioni ripetute, i ricercatori sono stati in grado di mappare con precisione i cambiamenti nella materia bianca e grigia. Questa metodologia ha permesso di documentare, in tempo reale, come il cervello si adatti alle fluttuazioni ormonali e ai cambiamenti fisici indotti dalla gravidanza.

Cambiamenti nella materia grigia e bianca del cervello

La scoperta principale dello studio riguarda il rapporto tra la materia bianca e la materia grigia del cervello. La materia grigia, situata sulla superficie cerebrale, ha mostrato una riduzione di volume durante i cambiamenti ormonali della gravidanza. Questo tipo di cambiamento, tuttavia, non è da considerarsi negativo.

I ricercatori suggeriscono, infatti, che potrebbe trattarsi di un processo di “affinamento” del cervello, simile a quanto accade durante la pubertà, quando il corpo attraversa significative trasformazioni biologiche.

D’altro canto, la materia bianca, che si trova nelle aree più profonde del cervello ed è fondamentale per la comunicazione tra diverse aree cerebrali, ha subito un aumento durante la gravidanza. Questo aumento, tuttavia, è stato temporaneo: ha raggiunto il picco durante il secondo trimestre per poi tornare ai livelli pre-gravidanza intorno al momento del parto.

Le implicazioni della neuroplasticità osservata

La “neuroplasticità” osservata nel cervello della donna studiata – ovvero la capacità del cervello di adattarsi e cambiare – è stata definita “incredibile” dai ricercatori. Questa capacità di adattamento è particolarmente evidente durante periodi di grande cambiamento biologico, come la gravidanza, e suggerisce che il cervello femminile è estremamente dinamico.

Secondo Laura Pritschet, dottoranda nel laboratorio della professoressa Jacobs e prima autrice dello studio, queste scoperte sono fondamentali per sfatare il mito della fragilità femminile durante la gravidanza. “L’85% delle donne vive una o più gravidanze durante la propria vita, e circa 140 milioni di donne sono incinte ogni anno,” ha spiegato Pritschet. “Spero che questo studio possa contribuire a sfatare il dogma secondo cui le donne siano fragili durante la gravidanza, dimostrando invece come il cervello si adatti in modo dinamico a un nuovo ambiente biochimico”.

Possibili sviluppi nella ricerca sulla depressione post-partum

Le implicazioni di questa ricerca vanno oltre la comprensione della gravidanza. Lo studio potrebbe infatti migliorare la comprensione generale del cervello umano, anche in relazione ai processi di invecchiamento. Inoltre, potrebbe fornire nuovi spunti per la ricerca sulla depressione post-partum, una condizione che colpisce circa una donna su cinque dopo il parto.

“Attualmente esistono trattamenti approvati dalla Fda (Food and Drug Administration) per la depressione post-partum,” ha spiegato Pritschet, “ma la diagnosi precoce rimane una sfida. Più impariamo sul cervello materno, maggiori saranno le possibilità di fornire un aiuto efficace”. La speranza è che, approfondendo lo studio delle trasformazioni cerebrali durante e dopo la gravidanza, si possano individuare nuovi strumenti per diagnosticare e trattare in modo tempestivo la depressione post-partum, migliorando così la qualità della vita di milioni di donne.

Questo studio rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione del cervello delle donne durante la gravidanza e apre nuove strade per lo studio della neuroplasticità. Le scoperte non solo mettono in discussione vecchi stereotipi sulla fragilità femminile, ma forniscono anche un nuovo quadro per analizzare le complesse trasformazioni che il cervello subisce in risposta ai cambiamenti biologici della vita.

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