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Trump: “Non ci sarà terzo dibattito”. Harris insiste: “Lo dobbiamo agli elettori”

L'ex inquilino della Casa Bianca attacca: "Quando un pugile perde un incontro vuole la rivincita"

Donald Trump e Kamala Harris

''Non ci sarà un terzo dibattito'' dopo quello con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e con la sua vice presidente Kamala Harris. Lo ha scritto l'ex inquilino della Casa Bianca e candidato repubblicano Donald Trump sul suo social Truth.

"Kamala dovrebbe concentrarsi su ciò che avrebbe dovuto fare durante gli ultimi quattro anni. Non ci sarà nessun terzo dibattito'', ha scritto Trump in un lungo post su Truth Social.

"Quando un pugile perde un incontro, le prime parole che gli escono dalla bocca sono: 'Voglio una rivincita'", ha scritto Trump. "I sondaggi mostrano chiaramente che ho vinto il dibattito contro la compagna Kamala Harris, la candidata della sinistra radicale dei democratici, martedì sera, e lei ha immediatamente chiesto un secondo dibattito", ha aggiunto.

Harris: "Lo dobbiamo agli elettori"

"Penso che abbiamo il dovere nei confronti degli elettori di organizzare un altro dibattito'', ha invece dichiarato Kamala Harris dopo essere salita sul palco per il suo comizio elettorale a Charlotte, nella Carolina del Nord. Entrata sulle note di Freedom di Beyoncé, la colonna sonora della sua campagna, e tra gli applausi scroscianti del pubblico, Harris ha calmato i suoi sostenitori dicendo: "Ok, abbiamo del lavoro da fare. Lo faremo nella Carolina del Nord?".

Dibattito Harris-Trump visto da oltre 67 milioni

Sono oltre 67 milioni i telespettatori che martedì sera hanno assistito al dibattito televisivo tra la vice presidente americana Kamala Harris e il candidato repubblicano Donald Trump. Lo rende noto Nielsen, spiegando che 67,1 milioni di telespettatori hanno visto su 17 reti il dibattito a Philadelphia, ospitato da Abc News. Si tratta di un dato nettamente superiore rispetto a quanti hanno visto il dibattito tra Trump e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, 51 milioni a giugno sulla Cnn.

Ma il primo dibattito tra Biden e Trump, nel 2020, aveva attirato più di 73 milioni di persone su tutte le reti televisive. Il record risale però al 2016, quando 84 milioni di persone si sono sintonizzate sul primo confronto di dibattito tra Hillary Clinton e Trump.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Maltempo con piogge forti fino a giovedì, poi torna il...

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Giuliacci: "Estate finita, temperature risaliranno ma inferiori alla norma". Tedici: "Sussulto estivo nel weekend, ma da lunedì torna il freddo"

Maltempo sull'Italia - (Fotogramma)

Il ciclone 'Boris' insiste oggi e domani sull'Italia, portando maltempo con un quadro meteo caratterizzato da pioggia forte e freddo. Scatta l'allerta arancione sull'Emilia-Romagna e allerta gialla per temporali su una lunga lista di regioni al Centro e al Sud: dalle Marche al Lazio e all'Umbria, dall'Abruzzo al Molise, dalla Campania alla Calabria e alla Puglia. Ma il caldo è davvero finito?

Secondo il meteorologo Andrea Giuliacci di 'Meteo.it' "oramai l'estate la rivedremo il prossimo anno perché, almeno per quel che riguarda settembre, e fatta eccezione per la possibilità di singole giornate con temperature più alte, non si prevede il ritorno del caldo estivo. In particolare tra oggi e giovedì sull'Italia insisterà un vortice di bassa pressione che porterà nuvole, e a tratti anche pioggia, praticamente su tutte le nostre regioni, con le piogge più abbondanti in Emilia e nelle regioni del versante tirrenico".

"Il maltempo - spiega all'Adnkronos - sarà anche accompagnato da temperature al di sotto della norma, con valori che in diverse località del Nord saranno addirittura tipici di metà ottobre". "Venerdì la perturbazione si allontanerà e il tempo migliorerà con più spazio al sole e meno piogge, per lo più concentrate sulle zone montuose della Penisola; anche le temperature risaliranno ma rimarranno comunque nel complesso inferiori alla norma, specie al Nord", conclude Giuliacci.

Anche Lorenzo Tedici conferma che "il tempo nei prossimi giorni sarà condizionato ancora dal ciclone 'Boris' che, dopo aver devastato Romania, Polonia, Repubblica Ceca ed Austria porta piogge forti fino a giovedì su Emilia Romagna e Marche e a macchia di leopardo un po' su tutta l'Italia. Quindi anche a Roma, dove le temperature saranno sotto la media con massime intorno ai 20, 21 gradi e piogge abbastanza frequenti”, afferma all'Adnkronos

Secondo il meteorologo de 'iLMeteo.it', tuttavia, “la novità è che comunque il fine settimana, ad esempio, a Roma tornano 27 gradi e al sud 30 quindi nel week end avremo un sussulto estivo. Ma da lunedì tornano le piogge al centro nord e le temperature scenderanno, quindi diciamo che siamo entrati nell'autunno e che il cambio di stagione, al nord è già stato fatto con temperature minime anche di 8 gradi, d'altronde domenica prossima è l'equinozio d'autunno”, conclude Tedici.

Protezione Civile, allerta arancione in E. Romagna, allerta gialla in undici regioni

Nel frattempo, sulla base delle previsioni disponibili, il Dipartimento della Protezione Civile d'intesa con le regioni coinvolte, ha emesso un avviso di condizioni meteorologiche avverse che prevede dalla mattina di oggi, mercoledì 18 settembre, il persistere di precipitazioni diffuse su Emilia-Romagna e Marche e precipitazioni sparse su Toscana, Umbria e Abruzzo, in particolare sui rispettivi settori settentrionali. Tali fenomeni saranno accompagnati da rovesci di forte intensità, frequente attività elettrica, locali grandinate e forti raffiche di vento.

Sulla base dei fenomeni previsti e in atto è stata valutata per oggi allerta arancione sui settori meridionali dell'Emilia-Romagna. Allerta gialla sull'intero territorio delle regioni Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria, su gran parte dell'Emilia-Romagna e su settori di Toscana, Lazio e Campania.

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Esteri

Ucraina, attacco a Kursk non convince tutti a Kiev: i dubbi...

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Non mancano le voci non allineate al piano di Zelensky

Volodymyr Zelensky

L'Ucraina ha invaso da oltre un mese la regione russa di Kursk aprendo un secondo fronte nella guerra con Mosca. Le forze armate di Kiev sono arrivate a controllare centinaia di km quadrati 'a casa' di Vladimir Putin, mettendo a nudo la fragilità delle difese nemiche. La Russia sta cercando di riprendere il controllo della situazione, con l'obiettivo di respingere i soldati ucraini al di là del confine.

L'offensiva ucraina, che secondo il presidente Volodymyr Zelensky prosegue "secondo il piano", non ha modificato in maniera radicale l'equilibrio della guerra. Non ha determinato, ad esempio, la diminuzione della pressione russa nel Donetsk, altra zona caldissima del conflitto.

Dubbi e domande dopo 40 giorni di offensiva in Russia

Dopo 40 giorni dall'inizio dell'incursione, ci si interroga sull'obiettivo finale dell'azione: allargare le maglie delle forze di Mosca? Conquistare peso in un eventuale tavolo delle trattativa? Le domande abbondano e anche i dubbi non mancano, anche ai vertici dell'apparato ucraino.

L'ex comandante delle forze di Kiev, ora ambasciatore a Londra, Valery Zaluzhny, non aveva nascosto la sua opposizione all'incursione. Identica posizione aveva espresso il comandante della 80esima brigata d'assalto dell'aeronautica, Emil Ishkulov, allontanato dall'incarico lo scorso luglio, non senza proteste degli ufficiali del suo entourage.

"Non capiamo perché i comandanti che hanno una autorità non messa in dubbio fra il personale, che hanno riportato risultati vittoriosi sul campo ed esperienza di una grande guerra, cadono in disgrazia fra i vertici delle forze armate", hanno dichiarato alcuni di loro in un video di protesta pubblicato sui social.

Qual è l'obiettivo a Kursk?

I media ucraini avevano allora scritto che la rimozione di Ishkulov era dovuta al fatto che "si opponeva a un compito che non corrispondeva alla forza della brigata". Compito che, testimoniano ora due alti ufficiali citati da Politico, era proprio l'operazione a Kursk. Il comandante temeva che la sua brigata sarebbe stata troppo esposta in Russia e che il numero delle vittime poteva aumentare drammaticamente.

Zaluzhny, dal canto suo, sosteneva che non era chiaro quale sarebbe stato il secondo passo dopo l'incursione oltre confine da parte delle unità di elite delle forze selezionate da quattro brigate. 'Una volta che hai la testa di ponte, che fai?' aveva chiesto, senza mai ottenere una risposta chiara da Zelensky, come testimoniano le fonti. "Appariva come un gioco d'azzardo", diceva il generale rimosso dall'incarico lo scorso febbraio, considerato un possibile sfidante politico di Zelensky.

Ucraina in difficoltà nel Donetsk

Domanda, la sua, che risuona fra i molti scettici, sia in Ucraina che in Occidente, per cui il dispiegamento di forze a Kursk significa meno contingenti nel Donetsk, dove è in corso una offensiva russa diretta verso Pokrovsk, cittadina di importanza strategica, e la strada che collega Donetsk a Zaporizhzhia, verso le linee difensive occidentali intorno a Vuhledar.

"Le forze russe continuano a fare progressi tattici significativi a sud est di Pokrovsk, un importante hub logistico che si trova all'incrocio di alcune fra le più importanti linee di rifornimento ferroviario", commenta l'Institute for the Study of War, think tank che monitora quotidianamente il conflitto sin dall'inizio.

Zelensky insiste invece nel dire che la situazione nel Donetsk si stia normalizzando, anche se ammette che continua a essere difficile. Il collegamento fra Kursk e Donetsk si riduce, secondo il presidente ucraino, a pensare che i russi sono stati costretti a distogliere risorse dalla linea del fronte dell'est dell'Ucraina. Una tesi ribadita dal comandante delle forze Oleksandr Syrskyi, considerato l'artefice dell'operazione Kursk, secondo cui le forze di Kiev hanno ora il controllo di quasi mille chilometri quadrati nella regione russa.

Ma il numero di militari ucraini che rimangono feriti o uccisi nel Donetsk aumenta rapidamente, testimoniano soldati al fronte. Ed è Syrskyi a essere costretto a iniziare il ridispiegamento di alcune unità da Kursk per potenziare le difese nel Donetsk. Tutto questo non conta però per i soldati in prima linea, euforici dal poter portare in Russia il dramma che soffrono in casa dal febbraio del 2022. "Mi sono sentito parte della storia perché era la prima volta dalla Seconda guerra mondiale che la Russia veniva invasa", testimonia Sergei, uno di loro.

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Esteri

Commissione Ue, arriva la von der Leyen bis: Ppe asso...

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Su 27 membri, ben 14, inclusa la presidente, sono espressione dei Popolari

Von der Leyen - (Afp)

Ha preso ufficialmente forma la squadra di “governo bis” di Von der Leyen. A due mesi dalla riconferma alla guida della Commissione Ue, la 65enne tedesca ha presentato nella mattinata di martedì 17 settembre il nuovo esecutivo comunitario, che sarà egemonizzato dal Ppe, che con i due commissari Conservatori potrà avere la maggioranza nel collegio. Su 27 membri, ben 14, inclusa la presidente, sono espressione dei Popolari.

Si aggiungono un commissario e un vicepresidente esecutivo dell'Ecr, il ceco Jozef Sikela (indipendente, ma nominato da un governo a guida conservatrice) e l'italiano Raffaele Fitto, di Fratelli d'Italia. Ci sono, poi, cinque Liberali di Renew Europe, quattro Socialisti più uno, lo slovacco Maros Sefcovic, che è membro dello Smer, sospeso dal gruppo S&D. C'è, infine, il commissario ungherese, Oliver Varhelyi, un diplomatico indipendente ma di area Fidesz, il partito del premier Viktor Orban, del gruppo dei Patrioti. All'ex rappresentante permanente magiaro, noto per non avere peli sulla lingua (ha dato degli "idioti" agli eurodeputati), la presidente Ursula von der Leyen intende affidare la Salute e il Benessere animale. Il suo Paese, durante la pandemia di Covid-19, si distinse per aver vaccinato i propri cittadini anche con i vaccini russi (Sputnik) e cinesi (Sinopharm). L'audizione del commissario ungherese si preannuncia vivace.

Un team di 16 uomini e 11 donne

Con 21 membri nuovi e 6 confermati, inclusa la presidente, a prima vista la von der Leyen II appare, nelle parole del capodelegazione del Pd Nicola Zingaretti, una Commissione "conservatrice". E' espressione dei governi nazionali, perché così prevedono i trattati, quindi, fotografa la situazione attuale nelle cancellerie. L'equilibrio di genere, vanto della von der Leyen uno, viene di fatto abbandonato, con 16 uomini e 11 donne a comporre il collegio. La presidente ha cercato di rimediare indicando sei vicepresidenti esecutivi, ben quattro dei quali donne.

Ha anche fatto pressioni sui Paesi più piccoli affinché le venissero presentate candidate donne, cosa che ha portato al cambio del candidato sloveno con una diplomatica, Marta Kos. Von der Leyen, prima di presentare il collegio alla stampa a Strasburgo, ha parlato nella conferenza dei presidenti del Parlamento, l'equivalente europeo della nostra capigruppo, ma, a quanto pare, mantenendosi sul generico e senza collegare alcun nome al rispettivo portafoglio.

"Non abbiamo dettagli", ha riferito la capogruppo di Renew Valérie Hayer subito dopo l'incontro. Von der Leyen, ha detto la capogruppo della Left Manon Aubry, "non ha presentato i portafogli né la lista dei commissari". La squadra è stata presentata subito dopo alla stampa. Alta Rappresentante e vicepresidente, come già deciso a giugno, sarà l'estone liberale Kaja Kallas. Una delle figure più forti del nuovo collegio, sulla carta, è la spagnola Teresa Ribera Rodriguez, del Psoe, che ottiene un portafoglio molto pesante: vicepresidente esecutiva, si occuperà di assicurare una "transizione pulita, giusta e competitiva" e avrà la delega alla Concorrenza, una delle competenze esclusive Ue.

I Socialisti, la cui capogruppo è una spagnola, Iratxe Garcìa Perez, anche lei del Psoe, si sono battuti molto per Ribera, portando a casa un evidente successo per il governo di Pedro Sanchez. Gli spagnoli sono la seconda delegazione del gruppo S&D, ma il ruolo di capogruppo è stato lasciato loro dal Pd, malgrado gli italiani abbiano la truppa di eurodeputati più numerosa. Oltre agli interessi di partito, a Bruxelles contano anche gli interessi nazionali. E gli spagnoli lo sanno benissimo.

Altro peso massimo, almeno sulla carta, è Stéphane Séjourné, francese di Renew, vicepresidente esecutivo per la prosperità e la strategia industriale. Séjourné prende il posto di un ex top manager ed ex ministro dell'Economia della caratura di Thierry Breton, che aveva criticato von der Leyen e che lei ha deciso di togliersi di torno (per “motivi personali", secondo Breton), promettendo ad Emmanuel Macron deleghe maggiori se avesse fatto un altro nome.

L'italiano Raffaele Fitto, di casa a Bruxelles e in ottimi rapporti nel Ppe (il capogruppo Manfred Weber lo ha chiamato “il mio amico Fitto”), si occuperà di Coesione e Riforme, il portafoglio affidato alla portoghese Elisa Ferreira, come ha spiegato la stessa von der Leyen. La delega al Pnrr è divisa con il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis. Le altre due vicepresidenti esecutive sono Henna Virkkunen, finlandese del Ppe, che si occuperà di Sovranità tecnologica, sicurezza e democrazia, e la rumena Roxana Minzatu (S&D), alle Persone, competenze e preparazione.

La composizione dei vicepresidenti riflette la ricerca di un equilibrio politico (due socialiste, due liberali, un conservatore e una popolare), ma anche geografico, con due nordiche (Virkkunen e Kallas), due mediterranei (Fitto e Ribera), un francese (Séjourné) e un’europea dell’est (Minzatu, cui può essere aggiunta anche Kallas). Von der Leyen ha spiegato di aver scelto di nominare un vicepresidente esecutivo dell’Ecr per riflettere gli equilibri politici attuali, ricordando che anche il Parlamento Europeo ha due vicepresidenti conservatori. Come ha ricordato il copresidente dell'Ecr Nicola Procaccini, nei confronti dell'Ecr non c'è più alcun "cordone sanitario".

Tra i commissari ‘semplici’ spicca Valdis Dombrovskis, inossidabile ‘falco’ lettone a palazzo Berlaymont dal 2014. Il politico popolare, pur non essendo più vicepresidente, ottiene l’Economia e la Produttività, più l’Attuazione e Semplificazione (su quest’ultima riporterà direttamente a von der Leyen). In questo mandato, Dombrovskis non avrà più il ‘contrappeso’ rappresentato da Paolo Gentiloni, che ad ogni occasione utile sottolineava la necessità di effettuare investimenti e di non ripetere gli errori fatti dall’Eurozona con la crisi finanziaria. Il Commercio e la Sicurezza Economica vanno allo slovacco Maros Sefcovic, anch’egli confermato: milita nello Smer di Robert Fico, ma è un eurocrate a tutto tondo, da molto tempo a Bruxelles.

La croata del Ppe Dubravka Suica è commissaria al Mediterraneo; il popolare olandese Wokpke Hoekstra ottiene il Clima, le emissioni nette zero e la crescita pulita. L’ex premier lituano Andrius Kubilius ottiene la Difesa e lo Spazio. La liberale slovena Marta Kos, diplomatica di carriera, ottiene l’Allargamento. L’ungherese Varhelyi, come detto, ha la Salute e il Benessere animale. Al ceco dell’Ecr Jozef Sikela vanno le Partnership internazionali, all’indipendente cipriota (area Ppe) Costas Kadis la Pesca e gli Oceani, alla portoghese Maria Luis Albuquerque (Ppe) i Servizi finanziari; alla liberale belga Hadja Lahbib la Preparazione alla gestione delle crisi e l’Uguaglianza.

Al popolare austriaco Magnus Brunner toccano gli Affari Interni e Migrazioni, alla popolare svedese Jessika Roswall l’Ambiente, la resilienza idrica e l’economia circolare, anche in questo caso, come per Ribera, “competitiva”. La scelta degli aggettivi non è casuale e indica la volontà di declinare il Green Deal in modo compatibile con le esigenze dell’economia europea. Il polacco Piotr Serafin (Ppe) si occuperà di Bilancio, lotta alle frodi e pubblica amministrazione. Il socialdemocratico danese Dan Jorgensen avrà l’Energia e la Casa (quest’ultima delega era stata insistentemente richiesta dai Socialisti). La popolare bulgara Ekaterina Zaharieva lavorerà su Start-up, ricerca e innovazione, mentre il liberale irlandese Michael McGrath ha la delega a Giustizia, Democrazia e Stato di diritto. Il greco Apostolos Tzitzikostas (Ppe) è commissario ai Trasporti sostenibili e al Turismo; il lussemburghese Christophe Hansen (Ppe) ha l’Agricoltura e Cibo, mentre al maltese Glenn Micallef (S&D) toccano l’equità intergenerazionale, giovani, cultura e sport. Ora inizierà il processo di esame dei candidati commissari. Intanto, ha annunciato il portavoce Eric Mamer, oggi pomeriggio von der Leyen accoglierà i nuovi commissari a Bruxelles, in vista delle audizioni che si terranno in ottobre.

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