Cybersicurezza, non solo gli azzurri del pallone: ‘TeamItaly’ la nazionale italiana dei cyber defender
Raduno a Lucca in vista dell'European cybersecurity challenge (Ecsc), i campionati europei di cybersecurity
Giovani appassionati, preparati, pronti a mettersi in gioco. Sono i membri del 'TeamItaly', la nazionale italiana di cyber defender, composta da 20 convocati: 10 senior, Marco Meinardi, Andrea Maugeri, Lorenzo Leonardini, Leandro Pagano, Gennaro Pierro, Lorenzo Siriu, Dario Petrillo, Sofia Rita Tocco, Daniele Mammone, Kristjan Tarantelli, e 10 junior Alessandro Zanier, Gabriel Prostitis, Jacopo Di Pumpo, Salvatore Abello, Francesco Lugli, Antonio Polignano, Carlo Collodel, Marco Pellero, Alessio Ghidini, Diego Oliva. Meno famosi degli azzurri del pallone, sono in questi giorni in ritiro, a Lucca non a Coverciano, ma anche per loro è fondamentale il gioco di squadra in vista dell'European cybersecurity challenge (Ecsc), i campionati europei di cybersecurity organizzati dall’Agenzia dell'Unione europea per la cibersicurezza (Enisa), in collaborazione quest’anno con l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) e il Cybersecurity National Lab del Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica (Cini) e con il patrocinio del Comune di Torino, che si svolgeranno alle Officine Grandi Riparazioni di Torino dal 7 all’11 ottobre 2024.
Una gara che vedrà la nazionale azzurra sfidarsi con le squadre di altri 40 Paesi in una due giorni di competizioni di cybersicurezza. La squadra, per il quinto anno consecutivo, sarà allenata dal coach Mario Polino, già allenatore del TeamEurope, la squadra europea di cyber defender, e supervisionata da Emilio Coppa. Nel team dei preparatori atletici anche: Lorenzo Pisu e Davide Maiorca dall’Università di Cagliari, Leonardo Nodari già membro del TeamItaly nel 2018, Gabriele Di Gregorio dottorando al Politecnico di Milano e Jacopo Ferrigno security engineer e membro del team mHACKeroni.
"Collaborare e cooperare è necessario per competere bene", sottolinea Polino che all'Adnkronos spiega gli ingredienti principali dei giovanissimi hacker azzurri 'buoni': "Una delle caratteristiche che ritrovo spesso è l'autonomia nell'apprendimento. Non si fermano a ciò che gli viene raccontato, approfondiscono in autonomia con grande attenzione ai dettagli. Sono tutti ragazzi molto svegli, per questo tipo di gare bisogna essere in grado di apprendere velocemente". Capitano della squadra è Dario Petrillo, che da autentico veterano del TeamItaly partecipò già alla competizione del 2017. "A partecipare mi ha spinto da un lato una grande passione, è molto stimolante partecipare a questo ritiro e a questi eventi - racconta Petrillo - Con il tempo ho provato a espandermi anche oltre alla mia categoria, poi lo scorso anno per la prima volta ho ricoperto il ruolo di capitano e ho imparato un altro lato: aiutare tutti a partecipare al meglio".
Lorenzo Leonardini ha 23 anni, anche per lui non è la prima volta al TeamItaly: "E' divertente, è un'opportunità di crescita e incontro con persone capaci - afferma all'Adnkronos - Questa settimana abbiamo appreso cose nuove, il team è un'occasione per crescere e imparare". E poi i campionati hanno "un grande valore perché si entra in contatto con team europei". Leonardini spiega di aver studiato al liceo scientifico tradizionale senza un indirizzo informatico: "Ho iniziato per i fatti miei a studiare, sono incappato per caso in un programma di cyber challenge in quarta, già pianificavo di fare Informatica all'università, poi ho iniziato gli studi a Pisa. Inizialmente non c'era davvero un percorso tecnico informatico diretto, ma poi spontaneamente ho iniziato a interessarmi e a studiare". Unica ragazza tra gli azzurri in raduno è Sofia Rita Tocco, 22 anni, studentessa di Informatica: "Mi sono trovata molto bene questi giorni e sono contenta di essere qui", sottolinea spiegando che nonostante i ragazzi siano più numerosi i 'Cybertrials', programma gratuito di gaming e formazione per le esperte digitali del futuro, organizzato dal Cybersecurity National Lab del Cini dimostrano che "c'è molto interesse anche da parte delle ragazze a questo mondo". Dieci saranno i selezionati per gli Ecsc di Torino e sugli avversari più temibili il coach Mario Polino spiega: "Sicuramente c'è la Germania che ha più titoli ed è sempre stata tra le migliori. Poi, insieme al noi, sempre al vertice ci sono anche la Francia, l'Olanda e quest'anno penso sia molto forte l'Austria".
Le attività del TeamItaly sono sostenute dagli sponsor platinum Cisco Italia (anche sponsor tecnico) e Pirelli e patrocinate dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) e dal Garante per la Protezione dei Dati Personali (Gpdp). La squadra è stata presentata ufficialmente oggi nell’Aula Magna Cappella Guinigi nella sede della Scuola Alti Studi Imt Lucca. A fare gli onori di casa è stato Rocco De Nicola, magnifico rettore dell’Imt mentre Arturo Di Corinto, capo della Divisione della Comunicazione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), ha moderato l'incontro: "Presentiamo la nazionale italiana di hacker buoni - ha detto - Esiste da diversi anni, ma non tutti sanno che l'Italia, oltre ad avere una nazionale di calcio o pallacanestro, ha anche una nazionale di cyber defender. Gli hacker sono virtuosi della tastiera, una nazionale di giovani talentuosi che speriamo staranno sempre vicini al lato luminoso della forza, non andranno mai verso il lato oscuro e aiuteranno il Paese a raggiungere gli obiettivi di pace, democrazia e libertà".
Liviana Lotti, vice capo servizio Programmi industriali, tecnologici e di ricerca dell'Acn, ha ricordato che l'Agenzia ha "per mandato istitutivo supportare lo sviluppo delle capacità e delle competenze industriali tecnologiche e scientifiche e sostenere la formazione". "I soggetti pubblici e privati vogliono ragazzi preparati, ma anche già skillati sul campo e in questo voi finalisti - ha detto rivolgendosi ai giovani del Team Italy - insieme a tutti i ragazzi che hanno partecipato al percorso, siete la risposta positiva a livello nazionale ed europeo. Siete risorse preziosissime, questo vi dà responsabilità ma anche opportunità: vi aspettiamo nel mondo lavoro con tante possibilità per applicare le vostre conoscenze. La vostra grande responsabilità sarà quella di proteggere le nostre infrastrutture e i nostri sistemi".
I convocati hanno sviluppato tutti le proprie esperienze nel campo dell’hacking etico all’interno dei percorsi offerti da “The Big Game”, la filiera di formazione gratuita e gaming organizzata dal Cybersecurity National Lab del Cini e rivolta ai giovani dai 14 ai 24 anni che intendono acquisire competenze e conoscenze in ambito cyber. I partecipanti hanno infatti preso parte alle diverse edizioni di CyberChallenge.IT e OliCyber.IT, Olimpiadi Italiane di Cybersicurezza. "Stiamo costruendo una filiera di formazione in cybersicurezza che corrisponde ai bisogni del Paese", ha spiegato Alessandro Armando, nuovo direttore del Cybersecurity National Lab - Cini. Come ha sottolineato il nuovo direttore del Cybersecurity National Lab - Cini, si è arrivati ai giovani selezionati per il Team Italy attraverso un lavoro "radicato sul territorio che vede la partecipazione di 43 tra atenei e altri centri di ricerca e istituti che collaborano nella selezione, formazione e addestramento ai temi della cybersecurity". "Una filiera, 'the big game' - ha spiegato - per incrementare la sensibilizzazione e la cultura della cybersicurezza, affrontare la carenza di forza lavoro, creare e far crescere una comunità di cyber defencer". "Avere ragazzi preparati e far crescere la sensibilità nella conoscenza di queste tematiche è importante", ha osservato Silvia Beretta, head of Information security governance Pirelli spiegando i motivi che hanno spinto a confermare il sostegno all'iniziativa.
Gaspare Ferraro, co-chair di Ecsc 24, ha sottolineato che i campionati europei di cybersecurity partirono come evento lanciato da un paio di Paesi ed è arrivato quest'anno a coinvolgere "più di 40 Paesi: non solo tutti i membri della Ue ma anche quelli potenziali e rappresentanti dell'America, dell'Oceania e dell'Asia. Quest'anno ci mostriamo al mondo come organizzatori e sarà un momento di confronto e unione".
Cronaca
Covid 2024, cosa c’è di nuovo su XEC la variante che...
Dall'efficacia dei vaccini alla trasmissibilità: tutte le informazioni sulla mutazione che potrebbe rovinarci il Natale
Sarà probabilmente il 'convitato di pietra' a cenoni, aperitivi e festeggiamenti di Natale e Capodanno. Anche se ormai la luce dei riflettori sembra essersi abbassata, il Covid continua a circolare in versioni sempre nuove. L'ultima è XEC. In un focus pubblicato su 'Jama' si fa il punto su origini e ascesa di questa variante che per gli esperti è ormai "destinata a dominare l'ondata invernale" di Covid.
L'efficacia del vaccino
"Ricombinante di discendenti di Omicron, fortunatamente", si evidenzia nell'analisi, XEC non sembra discostarsi troppo dalle varianti a cui mirano gli ultimi vaccini Covid (JN.1 e KP.2), dicono gli scienziati. "Sono molto simili", afferma Nicole Doria-Rose, capo della sezione Antibody Immunity al Vaccine Research Center del National Institute of Allergy and Infectious Diseases. XEC presenta solo 4 cambiamenti di aminoacidi sia rispetto a JN.1 che a KP.2, spiega.
Europei e Olimpiadi: la genesi di XEC
Com'è nata? Si ritiene che la ricombinazione avvenga di solito in una persona immunodepressa, infettata contemporaneamente da più varianti di Sars-CoV-2, dice l'epidemiologo Bill Hanage, direttore associato del Center for Communicable Disease Dynamics dell'Harvard TH Chan School of Public Health. L'ipotesi, dato che XEC è stata rilevata per la prima volta in Germania il 7 agosto, è che - vista tempistica e luogo dell'identificazione iniziale - possa essere emersa in un tifoso che ha assistito al torneo di calcio Euro 2024, tenutosi da metà giugno a metà luglio negli stadi di tutta la Germania, ragiona Hanage. Sebbene "non sapremo mai esattamente dove è successo", ha detto, "eventi come questo offrono sicuramente opportunità per l'affermarsi di nuove varianti". Oppure, XEC potrebbe essere nata alle Olimpiadi di Parigi, iniziate a fine luglio, interviene Doria-Rose, facendo eco ad Hanage: "Non lo sapremo mai".
La diffusione nel mondo
Non importa però dove sia nata, precisano gli esperti. XEC ha preso piede in tutto il mondo: già nella seconda settimana di ottobre costituiva circa il 17% delle sequenze Sars-CoV-2 a livello globale, in aumento rispetto al 9% circa della settimana conclusasi il 22 settembre, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Tra quei 2 periodi, XEC è cresciuta nelle Americhe, in Europa e nel Pacifico occidentale. E' considerata da fine settembre una variante sotto monitoraggio per l'Oms, il che significa che le autorità sanitarie pubbliche dovrebbero tenerla d'occhio nel caso in cui diventasse una minaccia più grande di altre varianti circolanti. Negli Stati Uniti, il sistema nazionale di sorveglianza genomica l'ha sequenziata per la prima volta nella seconda metà di agosto. Al 9 novembre, i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) stimavano che fosse al 28%, in aumento rispetto al 17% delle 2 settimane precedenti.
Sarà la variante dominante?
Sebbene XEC potrebbe non aumentare così rapidamente come suggeriscono le stime Cdc, "sarà responsabile di una parte sostanziale della trasmissione che vedremo nelle prossime settimane", prevede Hanage. "Penso che ci siano buone probabilità che diventi la variante dominante". Ma gli esperti non prevedono che causi sintomi peggiori delle altre varianti attuali o comprometta la capacità degli ultimi vaccini Covid di prevenire la malattia grave. "Non ci sono prove che stia rendendo le persone più malate", puntualizza Hanage. Negli anni precedenti, Covid è salito dopo le Feste di dicembre. Difficile però dire stavolta come andrà, dicono alcuni esperti. XEC non è la prima variante ricombinante ed è improbabile che sarà l'ultima.
La strategia del virus
La ricombinazione "aiuta il virus a mutare più velocemente", spiega Doria-Rose. E questo può rivelarsi vantaggioso, poiché aumenta la trasmissibilità e l'evasione immunitaria, sottolinea in una e-mail il virologo Kei Sato, professore all'Istituto di scienze mediche dell'Università di Tokyo. Entro la fine del 2022, erano state designate 60 varianti ricombinanti di Sars-CoV-2; alcune hanno viaggiato per il mondo, mentre altre sono rimaste cluster locali. Tuttavia, avvertono gli studiosi, rilevare, monitorare e rispondere alle nuove varianti ricombinanti è diventato più difficile, anche a causa della diminuzione dei sequenziamenti in tutto il mondo dopo la fine delle emergenze di sanità pubblica. "Non stiamo più spendendo soldi per questo", osserva Doria-Rose a proposito della sorveglianza genomica.
E quindi oggi cosa si sa di XEC, qual è il suo profilo? Secondo Sato, praticamente ogni anno si verifica un evento importante nell'evoluzione della variante Omicron. "Non sono ancora sicuro che il grande evento del 2024 sia XEC", precisa però nella sua email. Il 6 novembre, Sato ha pubblicato insieme ad altri coautori una lettera di ricerca su 'The Lancet' in cui si illustravano le caratteristiche virologiche di XEC. Gli autori hanno stimato il numero di riproduzione effettiva (quante persone suscettibili possono essere infettate da un singolo individuo): negli Usa risulta che sia superiore del 13% rispetto a quello di KP.3.1.1, la variante predominante nel mondo a inizio novembre. "Penso che il livello di attività di neutralizzazione tramite infezione naturale stia diminuendo", ha detto Sato a Jama Medical News, spiegando che con i suoi collaboratori sta ora studiando gli anticorpi neutralizzanti nei sieri di chi ha ricevuto i vaccini Covid 2024-2025. Se in ogni caso il Covid per la maggior parte delle persone sane è ormai diventato una malattia più lieve, continua a provocare più ricoveri dell'influenza, si precisa nel focus evidenziando la necessità di continuare a fare attenzione ai più fragili.
Cronaca
Daniele, nato due volte, dal trapianto di cuore alla mezza...
Oggi correrà la Milano21 e sogna già la sfida del mezzo Ironman: "Da un dono la mia seconda vita, lo sport fa bene al corpo e alla mente"
Ci vuole cuore per affrontare le salite della vita, per lasciarsi alle spalle le paure e correre fino al traguardo. Anche se quel cuore è di un altro e adesso batte nel tuo petto. Daniele Sironi, 32 anni, di Pregnana Milanese, onora questo impegno - sfidando se stesso ogni giorno di più - dal giorno del suo 'secondo compleanno': 2 aprile 2021, data del suo trapianto di cuore. Una 'sliding door' che si è aperta grazie al dono di un 42enne di Bologna - morte e vita, destini che si incrociano - e che lo ha portato fino a qui, ai nastri di partenza della Milano21, dove oggi, 24 novembre, esordirà con la sua prima mezza maratona.
Il sogno della maratona di New York
"Chi l'avrebbe detto, pensando al primo giorno di riabilitazione post intervento quando stare seduto 6 ore sul letto dopo una settimana in terapia intensiva era già un traguardo", sorride. Sono passati solo poco più di 3 anni da quei giorni. E oggi Daniele, sommelier nella vita, ha grandi aspirazioni e si allena a colpi di triathlon per raggiungere le prossime tappe: "Mezzo Ironman - elenca - il sogno di correre un giorno la maratona di New York".
La sua storia
Nato in Brianza nel 1992, "vita tranquilla fino ai 27 anni", poi "nel 2019 tutto cambia", racconta all'Adnkronos Salute. E a cambiare non è solo il fatto che a febbraio Daniele ha provato la gioia di diventare papà di Ludovica, uno dei 3 amori della sua vita, insieme alla compagna Alice e alla seconda figlia Sofia. E' una diagnosi a scombinare il futuro: cardiomiopatia dilatativa, patologia del cuore che causa insufficienza cardiaca. Qualche 'spia rossa' si era già accesa. "Ma l'epilogo di quello che avrebbe dovuto essere un breve ricovero di 3 giorni è totalmente inaspettato per me", ripercorre. "Mi dicono che il cuore va molto male e che la mia ultima speranza di vita è il trapianto". Siamo a novembre-dicembre. "Dopo lo sconforto iniziale scopro anche che cosa vuol dire aspettare un trapianto, senza sapere se riuscirai a farlo. Vengo trasferito dal Monzino al Niguarda dove viene valutata la mia idoneità all'intervento. Dopo un mese sono ufficialmente in lista d'attesa".
Nel frattempo ci si mette anche il Covid a complicare le cose. "La mia fortuna - dice Sironi - è stata mia figlia, che allora aveva poco più di un anno e mi ha permesso di non pensarci troppo, tutte le energie erano concentrate su di lei. Intanto, durante le visite imparo cosa vuol dire trapianto di cuore e cosa avrei potuto fare dopo. Una dottoressa mi mette una pulce all'orecchio. Mi dice: 'ci sono anche trapiantati che fanno le maratone'. Ma la strada è lunga e non ci penso più".
Il cuore nuovo
La vita intanto continua a scorrere. "Finché l'1 aprile del 2021, neanche fosse uno scherzo, ricevo la chiamata che tutti i trapiantati si ricordano. Ero tornato in ufficio, rispondo al telefono: 'Ci sarebbe un cuore per lei', la frase che mi resterà per tutta la vita". Uno tsunami di emozioni, e il 2 aprile Daniele è sotto i ferri. "L'operazione dura 6-8 ore e si conclude bene. Da lì comincia una lenta riabilitazione".
All'inizio "cammino a fatica", ricorda. Poi "la cyclette", e "con la bella stagione le camminate fuori. A giugno rientro a casa, dopo un periodo dai miei in un contesto un po' più protetto. Neanche 10 giorni dopo nasce la mia seconda figlia e riesco anche ad assistere al parto". E' estate, e il mare è un'occasione: "Comincio a fare più chilometri. Poi a ottobre riprendo anche a correre un po'. Prima dello stop forzato imposto dal mio cuore facevo una vita attiva, giocavo a tennis, a calcio con gli amici". I sintomi? "In realtà i medici si stupiscono del fatto che stessi ancora in piedi. Erano preoccupati, tanto che mi hanno anche messo un defibrillatore nell'attesa. Conosco persone che hanno passato mesi in ospedale prima del trapianto".
Lo sport
Comunque pian piano Daniele, con il suo cuore nuovo, riprende a fare sport, "anche il padel, un po' di tennis. Supero un po' la paura di riprendere la corsa. E nell'estate del 2022 incomincio a vedere qualche progresso in più". Una delle tante svolte della sua vita è l'incontro con le associazioni Aido e Aned. "Quest'ultima in particolare si occupa di sport per trapiantati e con loro partecipo ai giochi nazionali. Conosco altri che hanno fatto il trapianto e fanno sport. E con Aido inizio ad andare a parlare nelle scuole ai ragazzi di quello che mi è successo. Ne parlo anche per quelle persone che ho conosciuto e che purtroppo non ho più rivisto. E a settembre 2023 mi viene in mente che il mio messaggio posso farlo arrivare attraverso lo sport".
"Penso al triathlon - dice Daniele - Scopro che un coach importante, Simone Diamantini, allena a pochi chilometri da casa mia. Gli spiego la mia storia, il mio progetto, e lui lo sposa. La cosa divertente è che non ho mai avuto una bici da corsa, l'ho letteralmente presa nella cantina di uno zio. Alle prime due uscite sono caduto perché non riuscivo a staccarmi dai pedali. La corsa non l'avevo mai fatta in maniera seria e quando ho iniziato ad aumentare un po' i chilometri mi sono subito infortunato. Il nuoto l'avevo fatto da bambino, sapevo giusto stare a galla. Eppure il mese scorso ho esordito nel triathlon sprint a Peschiera del Garda e domani correrò 21 chilometri. Sono fiducioso - conclude Sironi - Il mio messaggio lo porto sulla maglietta. Ho 'riscritto' lo slogan di Aido ('Io dono, non so per chi ma so perché'). Per me è 'Io corro, non so per chi ma so perché", sorride. "Il senso - spiega - è che fare sport, ognuno come vuole e ognuno al proprio livello, fa bene sia al fisico che alla mente. Voglio anche dimostrare che dopo un trapianto si può tornare a vivere, e sensibilizzare le persone sulla donazione di organi". Prossime tappe? "A parte l'obiettivo di un triathlon medio, l'anno prossimo vorrei sfidarmi con la maratona, magari già a Milano il 6 aprile. Sarebbe un bel 'compleanno'. Un bel modo di festeggiare 4 anni dal trapianto".
Cronaca
Basciano esce dal carcere: “La verità è venuta a...
L'influencer accusato di stalking: "Sto alla grande, non ho fatto niente. Il gip mi manda a casa perché non c’è nessun reato, dirò la verità su quel che ho passato per un anno intero"
Alessandro Basciano esce dal carcere dopo l'arresto per le accuse di stalking nei confronti della sua ex compagna, Sophie Codegoni. "Giustizia è stata fatta, almeno nel senso che ora è chiara la mia estraneità ai fatti. Dall'ordinanza che dispone la revoca della misura cautelare emerge come le menzogne vengano a galla. Ora chi ha mentito pagherà le conseguenze nelle opportune sedi", le parole dell'influencer e deejay 35enne sui social.
"Sto benissimo, non avendo fatto niente sto alla grande", dice Basciano all'uscita dal carcere di San Vittore. "Tra le mille colpe che ho c'è quella di averle regalato una borsa Chanel da 10mila euro. Pensi dove sono finito", si sfoga Basciano, accolto all'uscita del carcere da un gruppo di amici.
La prima cosa che farò? "Dire la verità su tutto un anno intero”. L'ordinanza è su una querela vecchia che la ragazza ha ritirato in quanto un paparazzo lo scorso anno la seguiva e pensavano fossi stato io a dare l'incarico dell’inseguimento della ragazza. Nel momento in cui la ragazza ha ritirato questa querela e sono successe dinamiche che in sede opportuna racconterò, purtroppo una cosa del genere va avanti d’ufficio", spiega l’influencer.
Dopo la querela sporta e ritirata da Codegoni a dicembre 2023, "lei è venuta a convivere con me e ci sono state tante circostanze quest’estate in cui cercava di ritornare insieme", riferisce Basciano, promettendo: "Nelle sedi opportune dirò tutta la verità di un anno a questa parte, di tutti gli abusi e di tutto quello che ho passsto fino a 5 giorni fa, quando lei ha ricevuto una borsa da 10mila euro con tanto di lettera".
Per l’influencer se la gip Anna Magelli, dopo l’interrogatorio in carcere di questa mattina, “all’istante mi ha mandato a casa è perché non sussiste alcun tipo di reato”.