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La revisione in arrivo dall’Istat potrebbe anche contribuire a limare il rapporto deficit/Pil di quest’anno liberando eventualmente risorse per la legge di bilancio

Palazzo Chigi

Possibile revisione al rialzo del Pil 2024 se i dati Istat in arrivo il 23 settembre dovessero rivelarsi migliore delle attese. A quanto apprende l’Adnkronos, nel governo si confida in un ritocco al rialzo della stima del +1% indicata nel Def.

Ma la revisione in arrivo dall’Istat potrebbe anche contribuire a limare il rapporto deficit/Pil di quest’anno liberando eventualmente risorse per la Manovra 2024-2025. Il condizionale è tuttavia d’obbligo e sulle stime si sta ancora lavorando: “Al momento è prematuro dire che spazi fiscali avremo”, premettono le stesse fonti.

Intanto, dopo quella di lunedì scorso, nella mattina del 12 settembre si è tenuta una nuova riunione per fare il punto sulla Manovra tra la premier Giorgia Meloni, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, e gli altri leader di centrodestra, ovvero i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini e il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi.

Le maglie sono strette, ma il governo vuole aumentare i sostegni per chi ha figli e diminuire i bonus a chi non ne ha per contrastare la denatalità, da cui dipende la tenuta del sistema Paese, incluse le Manovre future. Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha chiarito che non si può fare tutto con le poche risorse a disposizione, (25 miliardi di euro, come la scorsa manovra).

Tra conferme e possibili cambiamenti, la Manovra dovrebbe mantenere alcuni dei pilastri della scorsa Legge di bilancio, mentre il Mef studia la possibile introduzione del quoziente familiare per le detrazioni.

Conferme: taglio del cuneo fiscale e rimodulazione Irpef

Tra le conferme più attese spicca il taglio del cuneo fiscale. Già previsto per il 2024, sarà esteso anche al 2025 e riguarderà circa 14 milioni di lavoratori, con una riduzione dei contributi previdenziali di 7 punti percentuali per i redditi fino a 25 mila euro e di 6 punti per quelli fino a 35 mila euro. Il taglio ha un costo stimato di 9,4 miliardi di euro e si traduce in un aumento dello stipendio netto di circa 100 euro al mese per circa 14 milioni di lavoratori.

Parallelamente, il governo confermerà anche la riduzione dell’Irpef, passata da quattro a tre aliquote, forse con qualche ritocco. Senza modifiche la conferma varrebbe circa 4 miliardi di euro.

Parte della maggioranza, Lega in primis, spinge per una riduzione della seconda aliquota dal 35% al 33% e dell’estensione del tetto del secondo scaglione fino ai 60 mila euro annui. Oltre, scatterebbe il terzo e ultimo scaglione con un’aliquota del 43%. Questa nuova misura coinvolgerebbe circa 8 milioni di lavoratori, il cosiddetto ceto medio, con un costo ulteriore di circa 4 miliardi.

Alcune forze politiche, come Forza Italia, spingono inoltre per l’introduzione di una zona “zero tasse” per i redditi fino a 12 mila euro. Il partito guidato da Antonio Tajani chiede anche l’innalzamento delle pensioni minime da 615 a 650 euro mensili, “con l’obiettivo di arrivare a mille euro entro la fine della legislatura”.

Detrazioni per chi ha figli

Un cambiamento significativo potrebbe riguardare le detrazioni fiscali per chi ha figli. Il principio alla base di questa misura è semplice: alleggerire il carico fiscale delle famiglie numerose, riducendo o eliminando alcune detrazioni per chi non ha figli.

Per fare questo, il governo pensa al quoziente familiare, un indicatore della situazione economica delle famiglie che permette di calcolare l’imposta sul reddito non solo in base ai guadagni individuali, ma anche in base al numero di componenti del nucleo familiare. In questo modo, le famiglie con più figli potrebbero beneficiare di detrazioni più elevate e quindi pagare meno imposte.

Al momento, viene utilizzato solo in via di sperimentazione per l’agevolazione del superbonus edilizio al 90% sugli edifici unifamiliari. Il dicastero dell’Economia e delle Finanze ha già provato ad estenderne l’applicazione in occasione della scorsa legge di Bilancio, ma l’ipotesi è stata poi accantonata.

Il quoziente familiare, già adottato in altri Paesi europei come la Francia, è un indicatore più semplice rispetto all’Isee perché si ottiene dividendo il reddito complessivo del nucleo familiare per il numero dei suoi componenti in base a dei coefficienti, senza tener conto della composizione del patrimonio, come fa l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Entrambi gli indicatori favoriscono le famiglie con più figli, anche se con motivazione differenti: il quoziente familiare perché divide il reddito per un numero maggiore di componenti, l’Isee perché considera la presenza di figli come un fattore che aumenta il bisogno economico della famiglia.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Politica

Gelmini, Versace e Carfagna lasciano Calenda

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Dopo l'addio di Enrico Costa, altre uscite dal partito

Mariastella Gelmini e Mara Carfagna (Fotogramma)

Prima Enrico Costa, ora Mariastella Gelmini e Giusy Versace. E in serata Mara Carfagna. 'Azione' continua a perdere pezzi. Dopo le indiscrezioni di qualche giorno fa, è stata l'ex ministro del Berlusconi quater a ufficializzare nel pomeriggio l'addio al partito di Carlo Calenda con una nota: ''Il mio percorso in Azione si conclude oggi, resta un rapporto di stima con Calenda, ma le scelte politiche del movimento a cui ho aderito con entusiasmo due anni fa vanno in una direzione che non posso condividere perché significativamente diversa da quella originaria".

A stretto giro è arrivata un'altra 'defezione', quella dell'ex atleta paralimpica, Versace: ''Nell'incontro avvenuto oggi con Calenda gli ho confermato la stima e l'affetto che nutro nei suoi confronti e la gratitudine per la fiducia riposta in me, ma, al contempo, devo prendere atto che le scelte politiche, benché legittime, portano il partito in una direzione che non è quella che auspicavo".

In serata Azione in un comunicato ha reso nota la decisione di Mara Carfagna di lasciare il partito. "Apprendo da una nota di agenzia di aver lasciato Azione" ha dichiarato l'ex ministra. "E' una decisione che stavo maturando, ma che sentivo il dovere di rendere pubblica in modi più seri e meno estemporanei". "Già nell'ultima riunione di gruppo avevo manifestato apertamente il mio dissenso per l'apertura di un dialogo 'esclusivo' con la sinistra. Ne ho parlato anche venerdì scorso con Carlo Calenda e un nuovo appuntamento era previsto per questa sera, poi, da me rinviato a domani. La scelta di aderire alle candidature del campo largo in tutte e tre le Regioni, dove si vota è un diritto di Carlo Calenda: ha fondato Azione, l'ha portata avanti anche con grandi sacrifici personali, ne è il leader".

"Ma la mia storia e le mie idee mi impediscono di seguirlo su quella strada, che come è ovvio a tutti prelude a intese più generali con la sinistra. Pensavo, inoltre, di affrontare questo discorso a viso aperto nel direttivo convocato per domani pomeriggio, davanti agli iscritti e ai dirigenti, che intendevo anche ringraziare per la collaborazione e l'amicizia che mi hanno sempre dimostrato. La nota di Azione, in tutta evidenza, me lo impedisce e me ne dispiace: le mie scelte politiche - conclude Carfagna - le ho fatte sempre a viso aperto".

Il campo largo

La causa che ha spinto i tre parlamentari a mollare Calenda è sempre la stessa: l'alleanza con M5S e Avs in vista delle prossime regionali in Emilia Romagna, Liguria e Umbria, ovvero il cosiddetto campo largo. Il deputato Costa è 'tornato' in Forza Italia, mentre la senatrice Gelmini (ormai ex portavoce e vicesegretaria di Az) e Versace si sono iscritte al gruppo Misto di palazzo Madama ma sarebbero pronte ad approdare in 'Noi Moderati', la formazione centrista guidata da Maurizio Lupi, che fa parte della maggioranza di centrodestra e sostiene il governo Meloni.

I 'movimenti' di queste ore confermano le grandi manovre al centro alimentate dal voto europeo, che ha sancito un 'vuoto' al centro appunto, tutto da colmare, e la conseguente corsa a occupare questo spazio politico, espressione del mondo moderato e civico a cui guardano da tempo Giorgia Meloni, Matteo Salvini e, in particolare, Antonio Tajani.

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Politica

Ue, Meloni: “A Fitto ruolo peso perché l’Italia...

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"Fitto supererà esame ma Italia sia compatta, ogni partito ha un peso"

Giorgia Meloni (Afp)

"L'Italia è una nazione che conta". E' quanto ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ospite di 'Cinque minuti' su Rai1, commentando la squadra, resa nota oggi da Ursula von der Leyen, in cui Raffaele Fitto compare come vicepresidente esecutivo a Coesione e Riforme. "Nella definizione della Commissione europea vale il peso delle nazioni. Credo che da questo risultato, molto importante e di cui sono molto soddisfatta, dobbiamo anche un po' imparare rispetto al dibattito che c'è in Italia".

"Sbaglia chi pensa che le dinamiche dei partiti in Europa debbano contare più della forza degli Stati membri - va avanti -. Sbaglia chi eventualmente in passato avesse preferito altre logiche rispetto a far valere la forza della nazione. L'Italia è una nazione forte, vale la pena di imparare e sapere rivendicare con maggiore determinazione il peso dell'Italia, soprattutto se poi si ha un'Italia seria, affidabile, leale, pur non rinunciando a dire quello che pensa per il bene dell'Europa".

"Allora - ha aggiunto il premier rivendicando la nomina del commissario italiano- i fondi di coesione sono quasi 400 miliardi di euro di competenza del commissario Fitto per questa programmazione che finisce nel 2027, dopodiché c'è quella che inizierà nel 2028 e sono altri 400 miliardi. Sono fondi molto importanti: l'Italia ha 47 miliardi di fondi di coesione in questa programmazione, sono quelli che servono a combattere il divario tra i territori. Quindi per esempio in Italia sono importantissimi per il Mezzogiorno, per le aree interne, ma sono in generale importanti in Europa".

Meloni poi ricorda "il Pnrr che prima aveva solamente commissario Dombrovskis e adesso hanno insieme Dombrovskis e Fitto sono altri 600 miliardi di euro di competenza. Dopodiché Fitto come vicepresidente della commissione coordina il lavoro di alcuni altri commissari. Quali sono le materie che vengono affidate a Raffaele? Agricoltura, trasporti, turismo, pesca, economia del mare. Tutte deleghe fondamentali per gli interessi italiani".

"L'Agricoltura è molto importante, c'è attenzione particolare ai nostri agricoltori, al loro sviluppo, al loro futuro. Sull'economia del mare, noi siamo stati il primo governo che in Italia ha istituito un ministero che si occupava di mare. Perché? E vuol dire anche che Fitto ha un ruolo molto importante secondo me per quelle che sono le nazioni mediterranee d'Europa. Ci siamo detti tante volte che forse il Mediterraneo dovrebbe far sentire un po' più il suo ruolo e il suo peso. Quel momento arriva ed è un momento nel quale l'Italia ha un ruolo particolarmente centrale", ha detto la premier.

"A Fitto e all'Italia uno dei ruoli più influenti della Commissione"

"Io penso che Fitto e l'Italia abbiano avuto una delega molto importante, una vicepresidenza esecutiva, che era la nostra grande ambizione, vuol dire chiaramente avere uno dei ruoli più influenti all'interno della Commissione europea, con una delega molto importante che è Riforme e fondi di coesione". "Nella lettera di incarico che Ursula von der Leyen scrive a Raffaele Fitto, quando si parla di riforme si dice 'garantire che l'Europa metta in campo gli adeguati investimenti e le adeguate riforme per la sua crescita', quindi va inteso come materia di competenza economica".

"Se io devo guardare alla competenza, alla serietà di Raffaele Fitto, che è una persona stimata a 360 gradi anche in Europa, non ho dubbi che superi l'esame" del Parlamento Ue, "poi le altre dinamiche sono politiche". "E lì chiaramente tutto diventa più complesso. Però, io dico questo, dipende da noi, dipende da quanto l'Italia riesce a muoversi compatta, perché noi dobbiamo ricordare che Raffaele Fitto non è il commissario di Fratelli d'Italia, il commissario del governo, è il commissario italiano. E poiché le forze politiche tutte hanno una loro influenza in Europa, in Europa fa la differenza la nostra compattezza".

"Faccio l'esempio - va avanti la presidente del Consiglio - il gruppo dei socialisti è una forza molto influente nel Parlamento europeo. Ora però nel gruppo dei socialisti la delegazione di maggioranza relativa, cioè quella più numerosa, sono gli italiani. Escludo che il Partito Socialista europeo possa prendere sul Commissario italiano una posizione diversa da quella che indica la delegazione italiana, che è anche la più rappresentativa. Quindi credo che se noi riusciamo a muoverci in maniera compatta, non ho dubbi. Tra l'altro ricordo, ma giusto per storia, Raffaele Fitto, esponente al Parlamento Europeo di Fratelli d'Italia all'opposizione dell'allora governo di centrosinistra, votò Paolo Gentiloni".

"Silvio Berlusconi, al tempo - ricorda ancora Meloni -, che era al Parlamento Europeo e stava in un'altra commissione, si fece cambiare di commissione per andare a fare la dichiarazione di voto a favore di Paolo Gentiloni. E non eravamo esponenti di quel partito. Mi aspetto che ci si sappia muovere come fanno le nazioni serie e quindi diciamo al di là di quelli che sono le nostre giuste contrapposizioni interne, quando ci si muove fuori dai confini nazionali ci si muove diciamo facendo prevalere l'interesse nazionale all'interesse dei partiti".

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Politica

M5S, nuova lettera di Grillo a Conte: “Demolisci...

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Il garante attacca: "Demolisci presidi democratici, segnalerò tue minacce". La replica: "Se ha altro da dire o da scrivere parlasse con gli avvocati..."

Giuseppe Conte e Beppe Grillo (Fotogramma/Ipa)

Continuano a volare stracci tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte. "Finiamola qua con questa pantomima. Se il garante ha altro da dire o da scrivere parlasse con gli avvocati..." è il ragionamento che Conte sta portando avanti in queste ore, dopo la diffusione di una nuova lettera di Beppe Grillo in cui, tra l'altro, il fondatore del Movimento minaccia di rivolgersi al comitato di garanzia 5S.

L'ex premier, raccontano, sarebbe tra l'altro parecchio infastidito dall'"uso di missive riservate, date in pasto alla stampa". Per il leader del Movimento, "un chiaro segno di debolezza del garante e di chi lo consiglia...": parole, le sue, che sembrerebbero dirette a Virginia Raggi, che oggi, chiamata in ballo da diversi quotidiani sul braccio di ferro in atto, ha scritto un post su Facebook marcando le distanze.

Conte sarebbe dunque determinato a tirare dritto. Tant'è che oggi, riferiscono i beninformati, sul sito del Movimento potrebbe essere fatto un ulteriore passo avanti per la seconda fase della 'costituente', con la pubblicazione dei temi e dossier della kermesse scelti sulla base dei 22mila contributi arrivati dagli attivisti pentastellati.

Il post e la lettera di Beppe Grillo

Mentre continuano a volare stracci, il garante del Movimento ci scherza su e posta su X i "consigli per il nuovo simbolo...". Nel logo le pec - simbolo dello scambio di missive al vetriolo delle ultime settimane - prendono il posto delle 5 stelle, e sotto la dicitura M5S.it viene sostituita da 'movimento5pec.it'.

Nella lettera, pubblicata da Il Foglio, Beppe Grillo si rivolge a Conte con il consueto "Caro Giuseppe", ma di caro c'è ben poco. "Mi scrivi accusandomi per l’ennesima volta - dopo averlo fatto più volte pubblicamente - di avere una visione padronale del movimento e contraria suoi valori democratici. La verità è che, al contrario, ho sempre inteso tutelare i valori democratici su cui il movimento è stato fondato. Dunque, se proprio vogliamo parlare di atteggiamenti contrari ai valori democratici del movimento, questi sono da trovare nelle manovre striscianti con cui si sta tentando di demolirne i presidi, invocando ipocritamente un presunto processo democratico, che, come sai bene (ma fingi di non sapere) non può prescinderne", si legge nella missiva.

"Le ragioni per cui è in corso un tentativo di demolire i presidi democratici del movimento sono peraltro ben note, e non rispondono certo ai suoi valori democratici, ma agli interessi di pochi. Vorrei però tenermi alla larga dal girone in cui alcuni di voi sembrano essere sprofondati, per condurvi lungo la natural burella e farvi rivedere le nostre prime stelle, partendo dagli inizi del movimento, che nasce innanzitutto per realizzare una democrazia più autentica e vicina ai cittadini".

"In un mio post recente ho ricordato che Gianroberto e io abbiamo voluto prevenire i rischi delle altre forze politiche, che tendevano a sclerotizzarsi e alienarsi dai cittadini. Il limite del doppio mandato nasce proprio dalla volontà di prevenire questi rischi. Dunque, sostenere che l’insindacabilità di certe regole sia incompatibile con i valori democratici del movimento è non solo un ovvio controsenso, ma è addirittura un ribaltamento della realtà, che rivela, viceversa, le reali intenzioni di chi invece vorrebbe metterle in discussione", mette nero su bianco Grillo. "Sicché, accusarmi di una visione padronale del movimento non è altro che lo specchio delle intenzioni di altri. Al contrario, ribadire l’importanza di certe regole equivale a difenderne i suoi valori democratici. Tant’è vero che nessun’altro fondatore di una forza politica ha mai avuto il coraggio, l’altruismo e la fantasia di non porsi al suo vertice, ma solo di ritagliarsi un ruolo di garanzia, come abbiamo fatto Gianroberto e io".

"In questi giorni - prosegue Grillo - stiamo assistendo allo spettacolo delle tempeste ormonali di commentatori eccitati al pensiero di ciò che potrebbe accadere, che speculano su battaglie, scissioni, contese sul nome e sul simbolo, e così via. E’ uno spettacolo che francamente non m’interessa, e che trovo nauseante, perché il suo risultato sarebbe comunque dannoso per tutti. Quindi mi auguro che non sia messo in scena. Ciò posto è ormai diventato irrinunciabile tornare ai veri valori democratici del movimento, senza operazioni funzionali all’interesse di pochi. Il fatto che si cerchi di impedirlo con il metodo di legittimazione popolare tipico delle autocrazie non è certo un buon segno, ma quale che sia il suo risultato non potrà certo tradire i tratti distintivi e i valori del movimento, a prescindere dalla titolarità del nome e del simbolo, che peraltro è già stata accertata giudizialmente".

"Concludo rispondendo alla tua minaccia di sospendere gli impegni assunti dal movimento nei miei confronti, questa sì indegnamente strumentale e indebita, essendo essi strettamente legati alle funzioni che ho svolto e continuo a svolgere per il movimento. Nella mia qualità di “elevato” mi astengo dal scendere così in basso rispondendo a tono, ma mi limito a osservare che gli impegni di manleva sarebbero comunque dovuti, a prescindere da un impegno contrattuale in tal senso, mentre i miei “compensi” - che in realtà, come sai, coprono anche i costi d’ufficio della funzione che svolgo per il movimento - sono non solo congrui per la mia funzione e i relativi costi, ma lo sono a maggior ragione nel momento in cui è in corso un tentativo di stravolgere l’identità e i valori del movimento".

"Alla luce di quanto sopra - annuncia dunque Grillo - mi riservo di valutare il da farsi, eventualmente anche sottoponendo le tue minacce agli organi competenti del movimento. Ne approfitto per invitarti, piuttosto, a rispondere quanto prima alle mie richieste di chiarimenti sul processo che porterà alla assemblea “costituente” del prossimo ottobre".

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