Cancro seno avanzato, cambia pratica clinica nella lotta a metastasi cerebrali
All'Esmo 2024 presentato studio su trastuzumab deruxtecan che dimostra tasso sopravvivenza libera da progressione a 12 mesi del 61,6%
Oltre 55mila donne in Italia convivono con un tumore al seno in fase avanzata, circa il 20% ha la forma Her2-positiva e di queste una parte presenta anche metastasi cerebrali. Per queste pazienti, con neoplasia non operabile o già resistenti ad altri trattamenti, dal congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo) in corso a Barcellona arrivano buone notizie. Secondo nuovi studi presentati all'evento e contemporaneamente pubblicati su 'Nature Medicine', trastuzumab deruxtecan - nuovo anticorpo farmaco-coniugato (Adc) specifico per il recettore Her2 - dimostra un tasso di sopravvivenza libera da progressione del 61,6% a 12 mesi.
I risultati dello studio di fase III/IV Destiny-Breast-12 hanno rilevato un'efficacia sostanziale e duratura del nuovo trattamento in 504 pazienti con carcinoma mammario metastatico Her2-positivo, compresi quelli con metastasi cerebrali. Nella coorte con metastasi cerebrali (263) il tasso di sopravvivenza libera da progressione a 12 mesi è stato del 61,6%. I 504 pazienti arruolati nello studio avevano manifestato progressione della malattia in linee terapeutiche precedenti.
"Trastuzumab deruxtecan appartiene a una nuova classe di farmaci in oncologia - spiega Giampaolo Bianchini, professore associato e responsabile del Gruppo mammella dell'Irccs Ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano - E' costituito da un anticorpo monoclonale, che riconosce un bersaglio terapeutico sulla cellula tumorale (la proteina Her2), e da un chemioterapico molto potente che è attaccato all'anticorpo tramite un legame (linker) che viene rotto dentro la cellula tumorale. In sintesi, l'anticorpo funge da cavallo di troia per portare in modo mirato la chemioterapia dentro la cellula. Questo approccio è anche definito chemioterapia 'smart'. La presenza di metastasi encefaliche è sempre stata percepita sia dai medici che dai pazienti come una situazione di grande gravità e con limitate opzioni terapeutiche, generalmente limitate alla radioterapia, perché molti farmaci utilizzati comunemente non riescono a raggiungere le metastasi encefaliche o hanno un'efficacia estremamente limitata su queste".
"Il risultato più importante dello studio Destiny-Breast12 - sottolinea Bianchini - è stato quello di dimostrare che, in donne con metastasi encefaliche da neoplasia Her2-positiva già trattate con radioterapia o non trattabili con terapie locali (né radioterapia né chirurgia), questo farmaco è in grado ridurre significativamente le dimensioni delle lesioni encefaliche in più di 2 pazienti su 3 (Orr a livello del sistema nervoso centrale 71,7%), alcune con una scomparsa completa della malattia visibile. Inoltre, a 12 mesi dall'inizio del trattamento, il 61,6% delle pazienti ne stava ancora beneficiando".
"Le terapie mirate hanno cambiato la storia del carcinoma della mammella metastatico Her2-positivo e oggi molte donne hanno una lunga aspettativa di vita. Resta però un forte bisogno clinico di strumenti ancora più efficaci per la malattia metastatica già trattata con la terapia standard, in particolare in presenza di metastasi cerebrali - afferma Valentina Guarneri, direttore dell'Oncologia 2 dell'Istituto Oncologico Veneto - Irccs di Padova e professore ordinario di Oncologia medica all'Università di Padova - Nello studio Destiny-Breast12 sono state coinvolte 504 pazienti con malattia metastatica Her2-positiva precedentemente trattata, con o senza metastasi cerebrali. Circa 250 presentavano metastasi encefaliche. E' un aspetto molto importante, perché spesso le pazienti con metastasi al cervello sono escluse dagli studi registrativi o sono arruolate in numeri molto bassi. Ma nella malattia Her2-positiva una percentuale significativa di pazienti, fino al 50%, può sviluppare metastasi cerebrali. Pertanto è cruciale disporre di studi prospettici disegnati per persone con queste caratteristiche, molto difficili da gestire".
"Nello studio Destiny-Breast12 - evidenzia Guarneri - anche le pazienti con metastasi cerebrali, che storicamente presentano una prognosi sfavorevole, hanno raggiunto una sopravvivenza globale molto lunga. A 12 mesi quest'ultima è risultata superiore al 90% in entrambi i gruppi di pazienti, con e senza metastasi cerebrali. E' un dato molto importante, se si considera che si tratta di donne che hanno già seguito una o 2 linee di trattamento per la malattia metastatica. La terapia sistemica con trastuzumab deruxtecan è quindi molto efficace nel controllo delle metastasi cerebrali. Si conferma, inoltre, il valore della ricerca del nostro Paese. I 7 centri italiani hanno arruolato complessivamente 87 pazienti sul totale di 504 nello studio".
Il tumore al seno è il secondo tumore più comune e una delle principali cause di morte per cancro a livello mondiale. Nel 2022 sono stati diagnosticati più di 2 milioni di tumori al seno con più di 665.000 decessi globalmente. In Italia nel 2023 sono state stimate 55.900 nuove diagnosi di carcinoma mammario. Mentre i tassi di sopravvivenza sono alti nel caso di diagnosi precoce di tumore al seno, si prevede che solo circa il 30% delle pazienti con diagnosi di malattia metastatica o in progressione verso la malattia metastatica sia vivo a 5 anni dalla diagnosi.
Trastuzumab deruxtecan è un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato (Adc) DXd specifico per il recettore Her2 formulato da Daiichi Sankyo e sviluppato e commercializzato congiuntamente da Daiichi Sankyo e AstraZeneca.
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Ritorno a Wuhan: un nuovo studio punta sull'origine naturale Sars-CoV-2
Alle radici del covid. Ritorno a Wuhan, Cina, dove tutto è cominciato a fine 2019, anno in cui un nuovo coronavirus, Sars-CoV-2, faceva il suo ingresso nel mondo degli esseri umani scatenando di lì a poco una pandemia senza confini. Virus fuggito da un laboratorio o arrivato all'uomo per vie naturali, tramite un animale 'ospite intermedio'? E' il giallo mai risolto di Covid-19. Un nuovo studio riavvolge il nastro, seguendo le tracce del 'Dna fantasma' nei campioni ambientali raccolti a inizio 2020 nel mercato all'ingrosso di frutti di mare di Huanan, dove sono stati censiti i primi casi umani. Gli autori del lavoro pubblicato su 'Cell' sono riusciti così a stringere il cerchio, fornendo una 'short list' delle specie selvatiche presenti nel mercato su cui si concentrano i sospetti.
Lo studio collaborativo internazionale porta la firma di scienziati di diversi atenei statunitensi ed europei e si basa su una nuova analisi dei dati pubblicati dal Cdc cinese, Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, provenienti da oltre 800 campioni raccolti nel mercato di Huanan e nei dintorni, a partire dall'1 gennaio 2020 e dai genomi virali segnalati dai primi pazienti Covid.
Nell'elenco delle specie da cui secondo il team molto probabilmente ha fatto il salto all'uomo Sars-CoV-2, ci sono diversi sospettati: secondo la ricerca, il virus era presente in alcune delle stesse bancarelle della fauna selvatica venduta al mercato, tra cui cani procioni (piccoli animali simili a volpi con macchie simili ai procioni) e zibetti (piccoli mammiferi carnivori imparentati con manguste e iene).
"Questo - evidenzia Florence Débarre, coautrice corrispondente del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (Cnrs) - è uno dei set di dati più importanti esistenti sull'origine della pandemia di Covid e siamo grati che siano stati condivisi". Lo studio, aggiunge il coautore corrispondente Kristian Andersen dello Scripps Research Institute, "aggiunge un ulteriore livello alle prove accumulate che puntano tutte allo stesso scenario: che gli animali infetti sono stati introdotti nel mercato da metà a fine novembre 2019, il che ha innescato la pandemia". Come si è arrivati a questi risultati. Analizzando i dati raccolti dal Cdc cinese "in modi nuovi e rigorosi", interviene l'altro coautore corrispondente, Michael Worobey dell'Università dell'Arizona.
Le indagini
L'1 gennaio 2020, dopo che gli animali erano stati rimossi e a poche ore dalla chiusura del mercato di Huanan, i ricercatori del Cdc cinese si sono recati nella struttura per raccogliere campioni. Hanno fatto tamponi su pavimenti, pareti e altre superfici delle bancarelle e sono tornati giorni dopo per concentrarsi sulle aree in cui si vendevano animali selvatici, e quindi su gabbie e carrelli usati per spostare gli animali. Infine hanno anche raccolto campioni dagli scarichi e dalle fogne.
Su quei campioni è stato eseguito il sequenziamento metatrascrittomico, tecnica che mira a ottenere tutte le sequenze di Rna (e che può anche raccogliere il Dna) da tutti gli organismi presenti in un campione: virus, batteri, piante, animali, esseri umani. Il team cinese, guidato da Liu Jun, ha pubblicato i propri risultati nel 2023 su 'Nature' e ha condiviso in modalità ad accesso aperto i dati raccolti. Quello che veniva lasciato irrisolto era il nodo delle identità esatte delle specie animali trovate che potrebbero rappresentare plausibili ospiti intermedi. Secondo l'ultima analisi di questi dati condotta dal team internazionale, in alcuni casi il materiale genetico del virus Sars-CoV-2 e degli animali è stato persino trovato sugli stessi tamponi. Le specie sono state identificate tramite la genotipizzazione dei loro genomi mitocondriali nei campioni.
"Molte delle specie animali chiave erano state eliminate prima dell'arrivo dei team del Cdc cinese, quindi non possiamo avere prove dirette che gli animali fossero infetti", afferma Débarre. "Stiamo osservando i 'fantasmi' del Dna e dell'Rna di questi animali nei campioni ambientali, e alcuni si trovavano in stand in cui è stato trovato anche il virus. Questo è ciò che ci si aspetterebbe di vedere in uno scenario in cui ci fossero stati animali infetti nel mercato". Tra l'altro, fa notare Worobey, "questi sono gli stessi tipi di animali che sappiamo aver facilitato il passaggio del coronavirus Sars originale agli esseri umani nel 2002. La cosa più rischiosa che si può fare è prendere animali selvatici che pullulano di virus e poi metterli a contatto con esseri umani che vivono nel cuore di grandi città, la cui densità di popolazione rende facile per questi virus prendere piede".
Potrebbe essere successo proprio questo nel 2019. Il team internazionale ha anche eseguito un'analisi evolutiva dei primi genomi virali riportati, comprese queste sequenze ambientali, e ha dedotto i genotipi progenitori più probabili del virus che ha infettato gli esseri umani e portato alla pandemia di Covid. I risultati implicano che ci fossero pochissime persone infettate, se non nessuna, prima del focolaio nel mercato.
Gli animali 'sospettati'
Attraverso la nuova analisi si è arrivati alla short list di specie animali presenti nel mercato umido e trovate contestualmente a campioni virali, che potrebbero rappresentare gli ospiti intermedi più probabili per Sars-CoV-2: il comune cane procione, specie suscettibile al virus e nota per aver portato la Sars nel 2003, è l'animale geneticamente più abbondante nei campioni delle bancarelle, e poi è stato trovato in una bancarella con Rna di Sars-CoV-2 del materiale genetico di civette delle palme mascherate, anch'esse associate alla precedente epidemia di Sars. Anche altre specie come il ratto del bambù e i porcospini malesi sono state trovate presenti in campioni positivi a Sars-CoV-2, così come una moltitudine di altre specie.
Gli esperti sottolineano l'importanza di comprendere le origini della pandemia di Covid, anche ora che è alle spalle, soprattutto alla luce di altri recenti 'spillover', salti di specie come quello che ha portato negli Usa alla diffusione del virus dell'influenza aviaria nei bovini. "C'è stata molta disinformazione" sulle radici di Sars-CoV-2, conclude Worobey. Capire queste dinamiche può avere un peso, a suo avviso, per la sicurezza nazionale e la salute pubblica. "La verità - chiosa - è che da quando la pandemia è scoppiata più di 4 anni fa, nonostante ci sia stata una maggiore attenzione al tema della sicurezza in laboratorio, non è stato fatto molto per ridurre la possibilità che uno scenario perfetto per una zoonosi si verifichi di nuovo".
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