“Fiume Sarno bomba a orologeria, salute a rischio”: lo studio choc
Il sindaco di Scafati commissiona indagine all'oncologo della Terra dei fuochi Antonio Giordano e deposita fascicolo: i livelli di contaminazione delle sue acque e dei fanghi di drenaggio "sono a un punto di non ritorno"
Il fiume Sarno è "una bomba a orologeria". I livelli di contaminazione delle sue acque e dei fanghi di drenaggio "sono a un punto di non ritorno", con "rischi concreti per la salute dell'ecosistema e dell'uomo". Sono "risultati choc", lo specchio di "una situazione allarmante", quelli messi nero su bianco da un'analisi condotta pro bono dall'oncologo della Terra dei fuochi Antonio Giordano, commissionata dal sindaco di Sacafati (Salerno) Pasquale Aliberti che questa mattina ha depositato "una dettagliata relazione tecnico-scientifica alle autorità e agli enti competenti: Presidenza del Consiglio dei ministri, ministero dell'Ambiente, ministero della Salute, prefetto di Salerno, prefetto di Napoli, prefetto di Avellino, procura della Repubblica di Nocera Inferiore, presidente della Regione Campania", informa Giordano, scienziato italiano in forze negli Usa dove dirige lo Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia, e in Italia guida il Dipartimento di Biotecnologie mediche dell'università degli Studi di Siena.
Cosa dice o studio
In base alla disamina delle relazioni della Geoconsultlab, società incaricata dal Consorzio di bonifica dell'Agro-Nocerino-Sarnese per conto della Regione Campania di analizzare le acque, Giordano paventa "ripercussioni sulla salute dei cittadini provocate dai sedimi presenti nel Rio Sguazzatorio". La sua relazione tecnico-scientifica sulla contaminazione dei fanghi di dragaggio del corso d'acqua che attraversa Scafati indica che, "nonostante la rimozione della classificazione HP7 dal report aggiornato, le concentrazioni di contaminanti rilevati, tra cui antimonio, arsenico, cadmio, cromo esavalente, mercurio, selenio, stagno e tallio, sono rimaste invariate. La loro presenza in concentrazioni rilevabili è preoccupante per gli effetti tossici anche a basse dosi - avverte l'oncologo - per i meccanismi di bioaccumulo e di tossicità cronica". Inoltre, aggiunge Giordano, "la loro persistenza nell'ambiente può determinare la contaminazione del suolo e delle risorse idriche, con ripercussioni sull'ecosistema e sulla salute umana".
"La profondità di campionamento - approfondisce lo scienziato - è un fattore determinante per comprendere la cronologia della contaminazione. Campionamenti superficiali possono indicare contaminazioni recenti, mentre prelievi più profondi potrebbero rivelare la presenza di accumuli di inquinanti a lungo termine, che potrebbero essere legati a fonti di contaminazione storiche. Studi epidemiologici dimostrano che l'esposizione prolungata a basse dosi di metalli pesanti è associata a un aumento del rischio di sviluppare gravi patologie, tra cui tumori, malattie cardiovascolari, disfunzioni renali e malattie metaboliche. I campioni sono stati prelevati in un'area urbana soggetta a frequenti esondazioni, un fattore che potrebbe rendere più problematica la contaminazione", precisa Giordano.
"Di fronte alla superficialità della Regione sulla questione 'fiume Sarno', non potevamo attendere - dichiara il sindaco Aliberti - Ho chiesto aiuto a Giordano, scienziato di fama internazionale, per un supporto nella battaglia di verità che stiamo conducendo. I dati sul grado di pericolosità riportati dalla Regione nelle relazioni commissionate dal Consorzio di bonifica alla società Geoconsultlab nell'aprile 2023 e nel novembre 2023 sono falsati", denuncia: "A distanza di pochi mesi risultano diversi e discordanti, con un declassamento della pericolosità dei metalli presenti nelle acque giustificato come mero errore di battitura. Il governatore De Luca non si volti dall'altra parte", è l'appello del primo cittadino di Scafati.
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Cronaca
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Ritorno a Wuhan: un nuovo studio punta sull'origine naturale Sars-CoV-2
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Lo studio collaborativo internazionale porta la firma di scienziati di diversi atenei statunitensi ed europei e si basa su una nuova analisi dei dati pubblicati dal Cdc cinese, Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, provenienti da oltre 800 campioni raccolti nel mercato di Huanan e nei dintorni, a partire dall'1 gennaio 2020 e dai genomi virali segnalati dai primi pazienti Covid.
Nell'elenco delle specie da cui secondo il team molto probabilmente ha fatto il salto all'uomo Sars-CoV-2, ci sono diversi sospettati: secondo la ricerca, il virus era presente in alcune delle stesse bancarelle della fauna selvatica venduta al mercato, tra cui cani procioni (piccoli animali simili a volpi con macchie simili ai procioni) e zibetti (piccoli mammiferi carnivori imparentati con manguste e iene).
"Questo - evidenzia Florence Débarre, coautrice corrispondente del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (Cnrs) - è uno dei set di dati più importanti esistenti sull'origine della pandemia di Covid e siamo grati che siano stati condivisi". Lo studio, aggiunge il coautore corrispondente Kristian Andersen dello Scripps Research Institute, "aggiunge un ulteriore livello alle prove accumulate che puntano tutte allo stesso scenario: che gli animali infetti sono stati introdotti nel mercato da metà a fine novembre 2019, il che ha innescato la pandemia". Come si è arrivati a questi risultati. Analizzando i dati raccolti dal Cdc cinese "in modi nuovi e rigorosi", interviene l'altro coautore corrispondente, Michael Worobey dell'Università dell'Arizona.
Le indagini
L'1 gennaio 2020, dopo che gli animali erano stati rimossi e a poche ore dalla chiusura del mercato di Huanan, i ricercatori del Cdc cinese si sono recati nella struttura per raccogliere campioni. Hanno fatto tamponi su pavimenti, pareti e altre superfici delle bancarelle e sono tornati giorni dopo per concentrarsi sulle aree in cui si vendevano animali selvatici, e quindi su gabbie e carrelli usati per spostare gli animali. Infine hanno anche raccolto campioni dagli scarichi e dalle fogne.
Su quei campioni è stato eseguito il sequenziamento metatrascrittomico, tecnica che mira a ottenere tutte le sequenze di Rna (e che può anche raccogliere il Dna) da tutti gli organismi presenti in un campione: virus, batteri, piante, animali, esseri umani. Il team cinese, guidato da Liu Jun, ha pubblicato i propri risultati nel 2023 su 'Nature' e ha condiviso in modalità ad accesso aperto i dati raccolti. Quello che veniva lasciato irrisolto era il nodo delle identità esatte delle specie animali trovate che potrebbero rappresentare plausibili ospiti intermedi. Secondo l'ultima analisi di questi dati condotta dal team internazionale, in alcuni casi il materiale genetico del virus Sars-CoV-2 e degli animali è stato persino trovato sugli stessi tamponi. Le specie sono state identificate tramite la genotipizzazione dei loro genomi mitocondriali nei campioni.
"Molte delle specie animali chiave erano state eliminate prima dell'arrivo dei team del Cdc cinese, quindi non possiamo avere prove dirette che gli animali fossero infetti", afferma Débarre. "Stiamo osservando i 'fantasmi' del Dna e dell'Rna di questi animali nei campioni ambientali, e alcuni si trovavano in stand in cui è stato trovato anche il virus. Questo è ciò che ci si aspetterebbe di vedere in uno scenario in cui ci fossero stati animali infetti nel mercato". Tra l'altro, fa notare Worobey, "questi sono gli stessi tipi di animali che sappiamo aver facilitato il passaggio del coronavirus Sars originale agli esseri umani nel 2002. La cosa più rischiosa che si può fare è prendere animali selvatici che pullulano di virus e poi metterli a contatto con esseri umani che vivono nel cuore di grandi città, la cui densità di popolazione rende facile per questi virus prendere piede".
Potrebbe essere successo proprio questo nel 2019. Il team internazionale ha anche eseguito un'analisi evolutiva dei primi genomi virali riportati, comprese queste sequenze ambientali, e ha dedotto i genotipi progenitori più probabili del virus che ha infettato gli esseri umani e portato alla pandemia di Covid. I risultati implicano che ci fossero pochissime persone infettate, se non nessuna, prima del focolaio nel mercato.
Gli animali 'sospettati'
Attraverso la nuova analisi si è arrivati alla short list di specie animali presenti nel mercato umido e trovate contestualmente a campioni virali, che potrebbero rappresentare gli ospiti intermedi più probabili per Sars-CoV-2: il comune cane procione, specie suscettibile al virus e nota per aver portato la Sars nel 2003, è l'animale geneticamente più abbondante nei campioni delle bancarelle, e poi è stato trovato in una bancarella con Rna di Sars-CoV-2 del materiale genetico di civette delle palme mascherate, anch'esse associate alla precedente epidemia di Sars. Anche altre specie come il ratto del bambù e i porcospini malesi sono state trovate presenti in campioni positivi a Sars-CoV-2, così come una moltitudine di altre specie.
Gli esperti sottolineano l'importanza di comprendere le origini della pandemia di Covid, anche ora che è alle spalle, soprattutto alla luce di altri recenti 'spillover', salti di specie come quello che ha portato negli Usa alla diffusione del virus dell'influenza aviaria nei bovini. "C'è stata molta disinformazione" sulle radici di Sars-CoV-2, conclude Worobey. Capire queste dinamiche può avere un peso, a suo avviso, per la sicurezza nazionale e la salute pubblica. "La verità - chiosa - è che da quando la pandemia è scoppiata più di 4 anni fa, nonostante ci sia stata una maggiore attenzione al tema della sicurezza in laboratorio, non è stato fatto molto per ridurre la possibilità che uno scenario perfetto per una zoonosi si verifichi di nuovo".
Cronaca
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