Ucraina, Stoltenberg: “Nato poteva fare di più per evitare guerra”
Il mea culpa della Nato. Stoltenberg: "Potevamo fare di più per evitare guerra". Medvedev minaccia: "Se Kiev lancia missili occidentali, la raderemo al suolo"
"La nostra gente è tornata finalmente a casa". A scriverlo, su X, è il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, celebrando la notizia dell'avvenuto rilascio dei militari di Kiev nel quadro di un nuovo scambio di prigionieri con la Russia. "Siamo riusciti a riportare indietro con successo in Ucraina altri 103 soldati dalla prigionia russa". Si tratta, spiega, di "82 soldati semplici e sergenti, 21 ufficiali". Erano "difensori delle regioni di Kiev e Donetsk, Mariupol e Azovstal, Luhansk, Zaporizhzhia e Kharkiv. Guerrieri delle Forze armate dell'Ucraina, della Guardia nazionale dell'Ucraina, guardie di frontiera e ufficiali di polizia. Ringrazio il nostro team responsabile dello scambio per aver portato queste buone notizie all'Ucraina".
Il mea culpa della Nato
La Nato avrebbe potuto fare di più per evitare la guerra in Ucraina. Il mea culpa dell'Alleanza arriva con le parole del segretario generale, Jens Stoltenberg, in un'intervista al magazine tedesco Fas. La Nato, dice, avrebbe potuto agire in maniera differente per evitare il conflitto innescato dall'invasione della Russia ordinata da Vladimir Putin a febbraio del 2022.
"Adesso forniamo materiale bellico per una guerra. Allora avremmo potuto fornire materiale bellico per evitare una guerra", dice Stoltenberg evidenziando che i paesi membri dell'Alleanza si sono mossi in ritardo e non hanno adottato soluzioni che avrebbero potuto scoraggiare il conflitto.
Per l'ex premier norvegese la fine della guerra non può che essere decisa al tavolo negoziale. "Per mettere fine a questa guerra dovrà tornare ad esserci un dialogo con la Russia in una determinata fase. Però dovrà essere basata sulla forza ucraina", dice.
Missili contro obiettivi in Russia?
Le parole di Stoltenberg arrivano mentre Stati Uniti e Regno Unito valutano l'ipotesi di consentire a Kiev l'utilizzo di missili contro obiettivi militari nel territorio russo. Se appare improbabile un via libera in tempi brevi per i missili Atacms americani, è più concreta la possibilità di un semaforo verde ai missili Storm Shadow che Londra fornisce a Kiev. Il tema è stato discusso alla Casa Bianca nell'incontro tra il presidente americano Joe Biden e il premier britannico Keir Starmer.
L'Ucraina da oltre un mese ha invaso la regione russa di Kursk e, pertanto, potrebbe lanciare i suoi missili da posizioni più avanzate per provare a colpire obiettivi militari in profondità nel territorio russo. Mosca ha ripetutamente minacciato risposte 'adeguate' se l'Ucraina sarà autorizzata ad utilizzare missili a lungo raggio senza limitazioni. Dopo i ripetuti messaggi di Putin, ecco anche l'avvertimento di Dmitry Medvedev, ex presidente ed attuale numero 1 del Consiglio di sicurezza: "Kiev verrà rasa al suolo", dice, annunciando che la pazienza della Russia "sta per finire". La Russia, dice, ha già motivi formali per ricorrere all'utilizzo di armi nucleari dopo l'incursione dell'Ucraina nella regione di Kursk, ma potrebbe invece utilizzare alcune delle sue nuove tecnologie belliche per ridurre Kiev a "un gigantesco luogo fuso". La Russia potrebbe distruggere la capitale dell'Ucraina solo con le sue armi non nucleari. Finora ha 'scelto' di non farlo, puntualizza, sottolineando poi che la "pazienza ha i suoi limiti".
Nuova ondata di droni contro l'Ucraina
Intanto, la Russia ha lanciato più di 70 droni Shahed sull'Ucraina la notte scorsa. A scriverlo, su Telegram, è stato il presidente Zelensky, precisando che la maggior parte dei droni è stata abbattuta.
I sistemi di difesa aerea sono entrati in funzione a Kiev, Cherkasy, Zhytomyr, Vinnytsia, Odessa, Sumy, Dnipropetrovsk, Poltava, Kherson, Kharkiv e Donetsk, aggiunge. "Abbiamo bisogno di maggiori capacità per rafforzare il nostro scudo aereo, la nostra difesa aerea e le capacità di lungo raggio in modo da continuare a proteggere il nostro popolo. Stiamo lavorando su questo con tutti i partner dell'Ucraina".
Esteri
“Da Russia a Corea del Nord petrolio in cambio di...
L'analisi di immagini satellitari, condivise con la Bbc, condotta da Open Source Centre: "Da marzo più di un milione di barili in violazione delle sanzioni Onu"
Più di un milione di barili di petrolio da marzo. Così, si stima, Mosca 'ripagherebbe' la Corea del Nord e Kim Jong-un per gli armamenti e le truppe inviate da Pyongyang in Russia per sostenere la campagna militare in Ucraina. A parlare è l'analisi di immagini satellitari, condivise con la Bbc, condotta da Open Source Centre, basato nel Regno Unito. E, dicono alla rete britannica il ministro degli Esteri britannico David Lammy ed esperti, il petrolio serve come metodo di pagamento per armi e truppe nordcoreane arrivate in Russia, con il conflitto in Ucraina che va avanti da oltre mille giorni, innescato dall'invasione russa su vasta scala avviata il 24 febbraio 2022. "Per continuare a combattere in Ucraina, la Russia - rileva Lammy - è diventata sempre più dipendente dalla Corea del Nord per le truppe e le armi in cambio di petrolio". Con "un impatto diretto sulla sicurezza nella penisola coreana, in Europa e nell'Indo-Pacifico".
Cosa mostrano le immagini satellitari
Le immagini satellitari mostrano più di una decina di petroliere nordcoreane che arrivano al porto russo di Vostochny per un totale di 43 'viaggi' negli ultimi otto mesi, tutti 'in incognita'. Alcune immagini sembrano immortalare le petroliere scariche all'arrivo e quasi a pieno carico alla partenza, al 90% della capacità secondo lo studio del pescaggio. Inoltre, evidenzia la Bbc, più della metà dei 'viaggi' tracciati da Open Source Centre è stata effettuata da imbarcazioni sanzionate. No comment dal ministero degli Esteri russo.
Il primo trasferimento di petrolio documentato da Open Source Centre in un nuovo rapporto risale al 7 marzo scorso, sette mesi dopo - evidenzia la Bbc - le prime notizie sull'invio di armi in Russia da parte di Pyongyang, che nel frattempo ha dispiegato nella Federazione migliaia di truppe. L'ultimo trasferimento registrato risale al 5 novembre.
"Il flusso costante di petrolio dà alla Corea del Nord un livello di stabilità che non ha avuto da quando sono state introdotte le sanzioni", osserva Joe Byrne di Open Source Centre, che parla di "navi che appaiono silenziosamente, quasi ogni settimana", di un "flusso abbastanza costante da marzo". E, "questi trasferimenti stanno alimentando la macchina da guerra di Putin", commenta con la Bbc Hugh Griffiths, che dal 2014 ha guidato per cinque anni il gruppo Onu responsabile per il monitoraggio delle sanzioni alla Corea del Nord. "Petrolio in cambio di missili, petrolio in cambio di artiglieria e ora petrolio in cambio di soldati", sintetizza.
Violate sanzioni Onu
Si tratta di trasferimenti che violano le sanzioni Onu (la Russia è membro permanente del Consiglio di Sicurezza), che impediscono la vendita di petrolio alla Corea del Nord, se non in piccole quantità. A Pyongyang non è consentito acquistare l'oro nero sul mercato. Dal 2017 può ricevere, hanno stabilito le Nazioni Unite, un massimo di 500.000 barili di petrolio raffinato all'anno, a fronte di un consumo di nove milioni di barili.
Proprio a marzo, tre settimane dopo il primo trasferimento documentato, la Russia ha usato il veto al Consiglio di Sicurezza per far saltare il gruppo di esperti e di fatto il monitoraggio delle sanzioni Onu a Pyongyang. "Stavamo monitorando alcune delle navi e delle compagnie coinvolte, ma il nostro lavoro è stato interrotto, forse dopo che avevano già superato il limite dei 500.000 barili", ha confermato Ashley Hess, che lavorava nel panel.
Ma in ballo non c'è solo il petrolio. "Pensavo non fosse nell'interesse della Russia condividere tecnologia militare, ma forse i calcoli sono cambiati - dice Andrei Lankov, esperto di relazioni Mosca-Pyongyang alla Kookmin University di Seul - I russi hanno bisogno di queste truppe e questo dà più potere alla Corea del Nord".
Come osserva Go Myong-hyun dell'Istituto sudcoreano per la strategia di sicurezza nazionale, "ora Kim riceve il petrolio direttamente (non più con rischiosi e costosi trasferimenti in mare aperto), probabilmente di qualità superiore ed è possibile gratuitamente come contropartita per la fornitura di munizioni". E, dice, "un milione di barili non sono nulla per un grande produttore come la Russia, ma è un quantitativo considerevole per la Corea del Nord".
Quindi, l'allarme. "Se mandi la tua gente a morire in una guerra straniera - conclude Go - un milione di barili di petrolio non è una ricompensa sufficiente".
Esteri
Netanyahu e il mandato d’arresto, cosa faranno i...
Crosetto: "Mandato va eseguito". Salvini: "Netanyahu benvenuto in Italia". In Usa condanna per la sentenza da Biden a Trump. Quali Paesi daranno seguito alla decisione della Cpi
Mandato di arresto nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu - e dell'ex ministro della Difesa israeliana Yoav Gallant - disposto dalla Corte penale internazionale per presunti crimini di guerra a Gaza. Ma quali Paesi daranno seguito alla sentenza della Cpi? Dall'Italia agli Usa, passando da Ungheria e Cina, ecco le posizioni dei leader e dei governi sulla cattura del numero uno dello Stato ebraico e del suo ex ministro.
Crosetto: "Mandato va eseguito". Salvini: "Netanyahu benvenuto in Italia"
“La linea è quella del presidente del Consiglio che io ho il dovere di attuare anche perché la condivido. Esamineremo, leggeremo le carte per capire quali sono le motivazioni che hanno portato la Corte a fare questa scelta”, spiega il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “Rispettiamo la Corte, la sosteniamo ma siamo altresì convinti che la Corte debba svolgere un ruolo giuridico e non politico. Per quanto riguarda le decisioni le prenderemo insieme ai nostri alleati: da lunedì inizia il G7 Esteri, ne parlerò anche con i miei alleati e vedremo cosa si dovrà fare”, ha aggiunto Tajani. "Questa è la linea scelta dal presidente del consiglio la politica estera la fa il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri la attua, questa - ha ribadito - è la posizione ufficiale".
"Ritengo sia una sentenza sbagliata, che ha messo sullo stesso piano il Presidente israeliano e il Ministro della Difesa israeliano con il capo degli attentatori, quello che ha organizzato e guidato l'attentato vergognoso che ha massacrato donne, uomini, bambine e rapito persone a Israele, che è quello da cui è partita la guerra. Sono due cose completamente diverse", commenta quindi il ministro della Difesa Guido Crosetto, che continua: "Da una parte c'è un atto terroristico fatto da un'organizzazione terroristica che colpisce nel profondo cittadini inermi, dall'altra c'è un Paese che a seguito di quest'atto va e cerca di estirpare un'organizzazione criminale terroristica. Poi, se vogliamo giudicare come Israele si è mosso a Gaza, quanto della forza usata fosse necessaria da usare, quanto dei danni collaterali, che fa senso chiamare in questo modo con delle vittime innocenti, quante migliaia ci sono state e quante linee rosse siano superate, è un altro discorso".
"Non penso che la Corte Penale Internazionale dovesse intervenire con questa sentenza a tre. Ciò detto, se arrivassero in Italia dovremmo arrestarli perché noi rispettiamo il diritto internazionale". Nel caso di un arrivo di Netanyahu o Gallant in Italia, spiega il ministro della Difesa, "noi dovremmo applicare le disposizioni della Corte Penale internazionale alla quale aderiamo: quindi, se venissero in Italia dovremmo arrestarli, ma non per decisione politica, non c'entra nulla la decisione politica, per applicazione di una normativa internazionale".
Di diverso parere il vicepremier Matteo Salvini: “Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri. Non entro nel merito delle dinamiche internazionali - ha aggiunto - Israele è sotto attacco da decenni, i cittadini israeliani vivono con l’incubo dei missili e con i bunker sotto le case da decenni, adesso dire che il criminale di guerra da arrestare è il premier di una delle poche democrazie che ci sono in Medioriente mi sembra irrispettoso, pericoloso perché Israele non difende solo se stesso ma difende anche le libertà le democrazie e i valori occidentali”. “Mi sembra evidente che sia una scelta politica dettata da alcuni paesi islamici che sono maggioranze in alcuni istituzioni internazionali”, ha osservato ancora Salvini.
Sulla decisione della Corte penale "sono convinto che Giorgia Meloni troverà una sintesi, ma il problema è a livello internazionale", ha poi aggiunto a margine degli Stati Generali della Sanità della Lega, in corso a Milano. "Ringrazio Giorgia Meloni e il governo italiano che stanno cercando di portare pace ed equilibrio - ha poi aggiunto -. Conto che la vittoria di Trump sia salvifica per l’Occidente, per la pace. Alcune uscite non mi sembra che avvicinino né la pace né l’equilibrio. E anche su questo troveremo sintesi come l’abbiamo sempre trovata".
I cronisti hanno poi chiesto al ministro Salvini se non gli desse fastidio che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, prendesse le distanze da lui. Il vicepremier ha ribadito che "non mi dà fastidio nulla" perché "ottimista per natura".
La condanna Usa da Biden a Trump (che pensa a sanzioni contro la Cpi)
Oltreoceano, gli Stati Uniti “respingono categoricamente” la decisione della Corte penale internazionale. “Rimaniamo profondamente preoccupati dalla fretta del Procuratore di richiedere i mandati d'arresto e dai preoccupanti errori di procedura che hanno portato a questa decisione - ha dichiarato un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale -. Gli Stati Uniti sono stati chiari sul fatto che la Corte penale internazionale non ha giurisdizione su questa vicenda”.
"La Corte penale internazionale non ha credibilità e queste accuse sono state contestate dal governo Usa". Così Mike Waltz, che sarà il consigliere per la Sicurezza Nazionale della prossima presidenza di Donald Trump, condanna quindi i mandati d'arresto contro Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant. "Israele difende in modo legale il suo popolo e i suoi confini da terroristi genocidi, potete aspettarvi una forte risposta contro i pregiudizi antisemiti di Cpi e Onu a partire da gennaio", ha poi aggiunto riferendosi all'insediamento, il 20 gennaio prossimo, di Trump alla Casa Bianca.
La prossima amministrazione Trump starebbe intanto valutando l'introduzione di sanzioni contro la Corte penale internazionale, rende noto Kan News, citando fonti di Washington, secondo cui il provvedimento riguarderebbe in particolare il procuratore capo della Cpi, Karim Khan, e i giudici che hanno emesso i mandati.
Chi arresterà Netanyahu? La posizione dei Paesi
"Sulla questione della Palestina" la Cina afferma di essersi "sempre schierata dalla parte dell'imparzialità, della giustizia e del diritto internazionale" e "si oppone a tutte le azioni che violano il diritto internazionale, anche il diritto umanitario internazionale". Queste le parole arrivate dal portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Lin Jian, all'indomani dei mandati d'arresto. "Condanniamo tutte le pratiche che provocano danni per i civili e gli attacchi a strutture civili", ha aggiunto Lin nelle dichiarazioni rilanciate dal Global Times in cui ribadisce il sostegno della Repubblica Popolare a "tutti gli sforzi della comunità internazionale che contribuiscono a raggiungere equità e giustizia e a sostenere l'autorità del diritto internazionale per quanto riguarda la questione palestinese".
"Nessun commento da parte della Santa Sede” sul mandato di cattura, ha evidenziato invece il card. Pietro Parolin a margine di un evento all’Università Lumsa di Roma. “Abbiamo preso nota di quanto avvenuto ma quello che a noi interessa è che si ponga fine alla guerra “, ha aggiunto.
La Francia "prende atto" dei mandati d'arresto. "Fedele ai suoi impegni di lunga data a sostegno della giustizia internazionale", Parigi "ricorda il suo attaccamento al lavoro indipendente della Cpi", si legge in una nota del ministero degli Esteri.
Dal canto suo, la Germania ha promesso un "esame coscienzioso" riguardo i mandati di arresto, senza precisare per il momento se metterà in atto la decisione della Cpi. "Esamineremo attentamente" le misure da adottare, ha dichiarato in una nota il portavoce del governo Steffen Hebestreit, sottolineando che "la Germania ha partecipato all'elaborazione dello statuto della Cpi ed è uno dei suoi maggiori sostenitori". Ma la posizione tedesca, sottolinea Hebestreit, "è anche il risultato della storia tedesca" segnata dalla Shoah, dallo sterminio sistematico degli ebrei sotto il totalitarismo nazista. "Di conseguenza" la Germania ha "rapporti unici e una grande responsabilità con Israele", aggiunge il portavoce. Il governo tedesco terrà conto di "queste due condizioni" per determinare l'atteggiamento da tenere. Un possibile arresto resta "teorico", poiché il primo ministro Benjamin Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant non si trovano "al momento" in Germania, ha sottolineato da parte sua il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, in un'intervista alla televisione pubblica Ard.
I mandati d'arresto emessi dalla Corte penale internazionale contro Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant sono "vincolanti" e per tanto tutti i membri della Ue devono garantirne l'applicazione, quanto dichiara l'Alto rappresentate dell'Unione Europa per la politica Estera, Josep Borrell. "Non è una decisione politica, è una decisione di un tribunale di giustizia internazionale e la decisione dei tribunali devono essere sempre rispettate e applicate", ha aggiunto il capo della diplomazia europea dalla Giordania, ricordando alla decisione della Corte è "vincolante" e tutti i Paesi della Ue, tanto più in quanto membri del Cpi, "sono vincolati ad applicare questa decisione giudiziaria". Borrell ha quindi detto che "prende atto" dell'ordine del Cpi ed ha insistito sul fatto che la "tragedia a Gaza deve concludersi" e la comunità internazionale deve fare un passo avanti per affrontare la situazione "apocalittica" nella Striscia.
"Non abbiamo altra scelta che sfidare questa decisione", tuona invece Viktor Orban, il premier dell'Ungheria che a luglio ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione Europea, dopo i mandati d'arresto. "Inviterò Netanyahu a venire in Ungheria, dove posso garantirgli che la decisione della Cpi non avrà alcun effetto", ha affermato Orban ai microfoni della radio ungherese.
Il primo ministro israeliano verrebbe invece arrestato se mettesse piede in Irlanda, ha annunciato il Taoiseach, Simon Harris, all'indomani della decisione della Corte penale internazionale.
I mandati d'arresto “ignorano” il diritto del Paese a difendersi, ha obiettato il presidente argentino Javier Milei. L'Argentina “dichiara il suo profondo disaccordo” con la decisione, che “ignora il legittimo diritto di Israele all'autodifesa contro i continui attacchi di organizzazioni terroristiche come Hamas ed Hezbollah”, ha scritto Milei in un post su X.
"Sempre dalla parte della giustizia e del diritto internazionale. Il genocidio palestinese non può rimanere impunito". E' quanto scrive invece su X e BlueSky, Yolanda Diaz, ministra del Lavoro e vice premier spagnola, a commento della notizia.
La decisione della Corte penale internazionale deve essere rispettata ed attuata secondo il ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi, sottolineando che i palestinesi meritano giustizia dopo i "crimini di guerra" israeliani a Gaza.
E anche l'Olanda si è detta pronta ad agire in linea con il mandato di arresto spiccato dalla Corte penale internazionale, se necessario. A riferirne è stata l'agenzia di stampa olandese Anp citando il ministro degli Esteri Caspar Veldkamp.
Esteri
Re Carlo, svelato il costo per l’incoronazione. E...
Secondo le cifre ufficiali, sono stati spesi oltre 85 milioni di euro
il governo britannico ha speso 72 milioni di sterline (oltre 85 milioni di euro) per l'incoronazione di re Carlo, la prima in Gran Bretagna dai tempi della regina Elisabetta II avvenuta nel 1953. Lo rende noto il Dipartimento britannico per la cultura, i media e lo sport (Dcms), che ha sostenuto il costo di 50,3 milioni di sterline (circa 63 milioni di euro) per coordinare l'incoronazione. A questa somma vanno poi aggiunti 21,7 milioni di sterline (25 milioni di euro) di costi del ministero dell'Interno per la sorveglianza durante l'evento. A titolo di paragone, il funerale della regina Elisabetta II e gli eventi organizzati durante il periodo di lutto nazionale sono costati al governo circa 162 milioni di sterline (194 milioni di euro).
Le cifre provengono dal rapporto annuale e dai conti pubblicati dal dipartimento della cultura, che ha sottolineato di aver "portato a termine con successo il fine settimana dell'incoronazione di Sua Maestà il Re Carlo III, a cui hanno partecipato milioni di persone sia nel Regno Unito che in tutto il mondo". L'evento è stato descritto come un "momento irripetibile per una generazione", che ha offerto l'occasione "per l'intero Paese di riunirsi per festeggiare". Sia il re che la regina sono stati incoronati nell'Abbazia di Westminster nel maggio dell'anno scorso, in una cerimonia a cui hanno partecipato dignitari provenienti da tutto il mondo.
La sera successiva si è tenuto al Castello di Windsor un concerto ricco di star, tra cui i Take That, Olly Murs, Katy Perry e Lionel Richie. Descritto come "evento ridotto" - con il Paese ancora alle prese con la crisi dovuta all'aumento del costo della vita - i conti mostrano una "sottospesa" relativa all'incoronazione di circa 2,8 milioni di sterline (poco più di 3 milioni di euro). Nonostante si parlasse di un'accelerazione in seguito all'incoronazione, l'economia del Regno Unito ha effettivamente subito una contrazione nel mese di maggio 2023, che gli analisti imputano principalmente al costo del giorno festivo aggiuntivo per l'evento, che ha influito sulla produzione.
Il gruppo Republic, che si batte per sostituire la monarchia con un capo di Stato eletto e un sistema politico "più democratico", ha descritto l'incoronazione come uno spreco "osceno" dei soldi dei contribuenti. "Sarei molto sorpreso se l'intero costo fosse di 72 milioni di sterline", ha detto al Guardian il ceo di Republic, Graham Smith, secondo cui la cifra è sottostimata. Oltre ai costi di polizia del ministero dell'Interno e del Dcms inclusi nelle cifre, ha affermato che anche il ministero della Difesa, Transport for London, i vigili del fuoco e i consigli locali hanno sostenuto costi correlati all'incoronazione, mentre altre stime parlano di una spesa totale tra 100 e 250 milioni di sterline (fino a più di 300 milioni di euro).