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Confindustria, Longobardi: “In manovra conferma taglio cuneo, misure per energia e Sud”

Nella prossima legge di bilancio ''mi concentrerei sulla decontribuzione solo nel Mezzogiorno''. Il nucleare ''è l'unica risposta e non ce ne sono altre''

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Conferma del taglio del cuneo fiscale, interventi per ridurre il costo dell'energia e misure ad hoc per il mezzogiorno. Nella prossima manovra che il governo si prepara a presentare è fondamentale l'inserimento e la conferma di misure che vadano in favore delle imprese, alle prese con un prolungato periodo di difficoltà. Il presidente di Confindustria Molise, Vincenzo Longobardi, intervistato dall'Adnkronos, elenca le priorità degli industriali, che si riuniranno mercoledì prossimo per l'assemblea annuale. ''Siamo sicuramente favorevoli al taglio del cuneo fiscale, perché quello è un fattore di competitività, in qualunque modo aumenta il reddito disponibile delle persone, quindi si trasferisce in una maggiore domanda, oppure in qualche modo taglia anche un po' il costo delle imprese e qui entriamo nel discorso del Mezzogiorno, dove pesa la decontribuzione'', dichiara il presidente.

Nella prossima legge di bilancio ''mi concentrerei sulla decontribuzione solo nel Mezzogiorno'' perché nel caso di cessazione a dicembre, se la misura non dovesse essere confermata nella prossima manovra, ''molte imprese non rinnoveranno i contatti a termine, anzi ridurranno il personale''. ''Ci sono questi fattori che per noi sono fondamentali''. ''E' chiaro che nella nostra manovra di bilancio gli spazi sono quelli che sono'' ma le risorse, per Longobardi, ''dovrebbero essere destinate, il più possibile, a tagliare il costo degli altri fattori, cioè dell'energia in primis, e del gas, che sono due fattori competitivi che ci penalizzano nei confronti dei mercati internazionali''.

Il nucleare ''è l'unica risposta e non ce ne sono altre'', per il presidente. ''Cioè andando sulla decarbonizzazione, quindi sulle rinnovabili che per carità è l'unica cosa che possiamo fare per ridurre i costi dell'energia e sulla quale va investito ancora più di quello che stiamo investendo, poi l'unico modo per mantenere la capacità della rete di far fronte alle esigenze crescenti che ci saranno, che sono dovute da mille fattori, è il nucleare, non ce ne sono altri. Per cui le due cose vanno di pari passo, non abbiamo molte alternative''.

''Ci vuole un'attenzione particolare all'industria, perché noi stiamo rischiando realmente la deindustrializzazione dell'Europa e dell'Italia'', sottolinea Longobardi. ''Abbiamo una crisi industriale come non l'abbiamo mai vista prima, perché sebbene aumenti l'occupazione, di fatto le nostre aziende stanno soffrendo come non mai. Le notizie che io ricevo, che riceviamo tutti e che vediamo anche nelle nostre aziende, sono notizie che, tolto forse qualche raro caso, sono di contrazione degli ordini, sono di una fase sicuramente delicata, che è figlia di tutte queste manovre che sono state fatte in Europa, di tutte queste normative restrittive europee che vanno un po' in una direzione che non tiene conto di quelle che sono le implicazioni del sistema industriale''.

Condividendo le parole di Mario Draghi, il presidente evidenzia che ''in assenza di interventi a favore dell'industria, e non indirizzati esclusivamente in direzioni ideologiche di qualunque tipo, rischiamo il crollo dell'Europa in primis e una lenta morte di tutto il settore industriale europeo''. ''Non voglio parlare delle banalità dell'industria dell'auto perché io da Termoli, dal Molise, immagino benissimo cosa sta succedendo nel nostro territorio'', sottolinea il presidente. ''La caduta in picchiata dell'industria automobilistica vuol dire la perdita di centinaia di miliardi di posti di lavoro e di un indotto che è di tutto riguardo. Voglio dire, sono politiche che non hanno tenuto conto assolutamente degli impatti sociali e degli impatti sui tessuti industriali''.

In modo particolare sul Mezzogiorno perché, spiega Longobardi, ''da una parte l'Europa ci dà dei finanziamenti per incentivare la coesione e poi, dall'altra parte, ci toglie quelli che sono i pilastri. E quindi c'è un cortocircuito che non si capisce. Allora probabilmente queste politiche vanno un attimo riviste, anche perché poi se il consumatore stesso, come vediamo, è contrario a determinate scelte, diventa difficile per l'industria andare appresso a un cliente che non esiste per far contenta, diciamo l'Europa, per far contente a certe politiche''.

''Non siamo tutti uguali in Europa, lo sappiamo benissimo, ci sono paesi che hanno altre facilitazioni su certi tipi di intervento che possono essere sicuramente più green che in altri paesi'', ricorda il presidente. ''In altri paesi c'è maggiori difficoltà, ma anche difficoltà morfologiche, per come è strutturato il territorio e per la densità della popolazione. Quindi probabilmente, come hanno detto anche Draghi, vanno completamente riviste''.

''L'impressione che ne ho è che fino ad oggi si sia molto sottovalutato quello che sta accadendo. Qui l'impressione è che la valanga sta cominciando a scendere. Prima o poi lo vediamo tutti. In primis stiamo vedendo quello che succede in Germania. Quindi quando comincia a avere problemi un paese, che è stato la motrice dell'economia europea industriale, come la Germania, vuol dire che c'è qualcosa che va cambiato sostanzialmente'', conclude Longobardi.

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Economia

Pil e disuguaglianze, come stanno veramente gli italiani?

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Un'analisi dei dati Istat che tiene conto delle differenze territoriali, di genere e di istruzione

Istat

Ogni volta che si discutono i dati economici - Pil, Occupazione e Inflazione sono i principali - ci si chiede quanto siano in grado di rappresentare le reali condizioni di vita degli italiani. C'è una distanza tra i dati e la realtà e c'è anche una diversa velocità tra le rilevazioni periodiche, che inevitabilmente scontano un ritardo di raccolta ed elaborazione, e le effettive condizioni di chi deve fare i conti con il costo della propria vita. Può aiutare a fare un po' di chiarezza un'analisi che mette insieme i principali indicatori Istat e la pubblicazione 'Benessere e disuguaglianze in Italia', sempre Istat, del 4 novembre scorso.

Aprendo il sito dell'Istat sono in evidenza tre grafici significativi. Quello del Pil fa segnare nel terzo trimestre 2024 il dato più alto in valore assoluto dal 1996, 481.587 milioni di euro; gli occupati a settembre 2024 sono 23.983.000, sui massimi dal 2004, l'inflazione a ottobre 2024 è allo 0,9%, su valori non lontano dal minimo di gennaio 2015, 0,6%. Quindi, l'economia italiana è in piena salute e le condizioni economiche degli italiani lo sono altrettanto?

E' utile, a questo punto, andare a sfogliare la pubblicazione 'Benessere e diseguaglianze in Italia'. Il primo fattore che va considerato è che a livello territoriale persistono forti disuguaglianze. Le regioni del Nord emergono con valori di benessere superiori alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno presenta ancora situazioni di marcato svantaggio, soprattutto nei quando si parla di lavoro e conciliazione dei tempi di vita e relazioni sociali. La maggior parte degli indicatori mostrano, inoltre, uno svantaggio femminile. Le donne restano fortemente penalizzate nel mercato del lavoro, sia sugli indicatori quantitativi che su quelli qualitativi. Il tasso di occupazione è marcatamente più basso, mentre sono più elevati sia il tasso di mancata partecipazione al lavoro, sia l’incidenza del part-time involontario.

Considerare gli indicatori per titolo di studio è fondamentale alla luce del legame profondo tra istruzione e qualità della vita. Avere un alto livello di istruzione significa godere di più elevati livelli di benessere e di una maggiore protezione dalle vulnerabilità date dalla combinazione di più fattori discriminanti. L’investimento in capitale umano è uno dei principali fattori di protezione dalle difficoltà economiche. Il rischio di povertà dei laureati è più che dimezzato rispetto al totale della popolazione. Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché il rischio di povertà è minimo tra i laureati residenti al Nord e massimo tra i residenti al Mezzogiorno con bassa istruzione.

Questa analisi dell'Istat aiuta a capire perché c'è una distanza considerevole tra quello che dicono i macro dati e le condizioni reali di vita degli italiani.

Entrando nello specifico del disagio economico si riesce ad andare oltre. "Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché al Nord il rischio è inferiore al 10% (3,6% se laureati) e al Mezzogiorno sale al 30,8% (40,7% se con bassa istruzione)". Se si considerano anche le differenze di genere si vede come "il gruppo più svantaggiato è costituito dalle donne con bassa istruzione residenti al Mezzogiorno, tra le quali il rischio di povertà raggiunge il 42,7%". Inoltre, le differenze territoriali si aggiungono a quelle per istruzione, anche considerando le fasce di età, con "un rischio di povertà che nel Mezzogiorno è più elevato e tra i giovani adulti con basso titolo di studio sale al 56,7%". All’interno del mercato del lavoro il capitale umano ha un ruolo estremamente positivo. Il tasso di occupazione dei laureati (84,3%) e diplomati (73,4%) è ben al di sopra del valore medio per l’Italia (69,1%) mentre per chi ha un basso titolo di studio scende al 54,2%. Inoltre, anche nel Mezzogiorno essere laureati (82,5% contro 59% degli uomini con bassa istruzione) ed in particolare laureate (71,8% contro appena il 21,8% delle meno istruite) pone in condizioni di vantaggio rispetto agli esiti occupazionali e riduce la distanza con gli occupati di pari istruzione nelle altre zone del Paese.

La conclusione a cui si arriva è che dentro i macro dati c'è una realtà che cambia molto rispetto alla collocazione geografica, al genere e al livello di istruzione. Come dire, lo stesso dato del Pil si porta dietro una realtà frammentata e piena di disuguaglianze. (Di Fabio Insenga)

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Economia

Agroalimentare, Centinaio (Lega): “L’Italia è...

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 Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.

Gian Marco Centinaio

“L’agroalimentare è uno dei settori più importanti del nostro Paese. Oggi trattiamo quelle che sono le potenzialità del nostro Paese. Quindi, il fatto che l'Italia sia il paese della biodiversità e dell'agroalimentare, ma anche il fatto che l'agricoltura sta attraversando un momento di crisi dovuto anche al cambiamento climatico e alla crisi economica. Vogliamo capire quelli che sono i modi per affrontare questo momento di crisi e quindi pensiamo alle nuove tecnologie, alla ricerca scientifica al fatto che attraverso i fondi che vengono dati alle nuove generazioni si riesce a pensare a un futuro per l'agricoltura italiana”. Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.

“È necessario ragionare a livello europeo perché il maggior finanziamento dell'agricoltura viene dall’Europa - prosegue Centinaio - Va revisionata questa politica agricola comunitaria che non deve semplicemente dare soldi agli agricoltori, ma deve aiutarli attraverso delle politiche, pensiamo alla reciprocità con i Paesi terzi che importano in Europa. Poi è necessario anche un piano strategico a livello nazionale perché perché altri Stati l'hanno fatto, penso soprattutto alla Spagna, e l'Italia non può venire meno a questo impegno”.

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Economia

Sostenibilità, Sindaco Fermignano: “Da Cresco Award...

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Così il sindaco Emanuele Feduzi

Sostenibilità, Sindaco Fermignano:

Il comune di Fermignano (Pu) è tra i cinque premiati da Fondazione Sodalitas alla 9a edizione di Cresco Award - Città Sostenibili, al Centro Congressi Lingotto di Torino. "Il nostro progetto si chiama 'Fermignano 2030, dalla sostenibilità all'inclusione sociale' - commenta il sindaco Emanuele Feduzi - Siamo partiti dalla raccolta differenziata, portandola in maniera stabile sopra l'85%, quindi diventando il comune più riciclone della regione Marche per la categoria, 5-10 mila abitanti. Abbiamo poi costruito una nuova struttura, una scuola primaria per 500 bambini, completamente autosufficiente da un punto di vista energetico. Grazie al risparmio energetico che ne è scaturito abbiamo finanziato parte degli interventi nel sociale, ad esempio l'acquisto di un nuovo mezzo e il recupero di strutture per i disabili, e altre attività come la campagna per la sensibilizzazione contro la violenza di genere".

"Cresco Award è un momento di crescita, di confronto e soprattutto di stimolo - aggiunge il sindaco Feduzi - Abbiamo partecipato per la prima volta, quasi come una scommessa insieme ai miei colleghi e collaboratori. Nell'arco di pochi mesi abbiamo ricevuto due premi, Cresco Award, appunto, e un premio dal GSE a livello nazionale per essere riusciti a rivoluzionare la spesa energetica sfruttando fonti alternative appunto per alimentare le nostre strutture e rifinanziando in questo modo il sociale. Per noi è stato uno stimolo, un momento di confronto e soprattutto, ripeto, un momento di crescita non soltanto per l'amministrazione e per la dirigenza, ma per tutta la città".

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