Open Arms, pm chiedono 6 anni per Salvini: “Non è processo politico, ma basato su atti”
Il ministro: "Follia chiedere condanna per la difesa dei confini". La Procura: "Difesa confini del diritto..."
Sono le 17.23 quando il Procuratore aggiunto di Palermo, Marzia Sabella, pronuncia nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, la richiesta di condanna sul caso Open Arms per Matteo Salvini, chiudendo volutamente la requisitoria con una frase citata spesso dal leader della Lega sulla "difesa dei confini". Ma la pm la trasforma e parla dei "confini del diritto". Arriva dopo oltre sette ore di discussione la richiesta di condanna per Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio per avere impedito, nell'agosto del 2019, l'approdo della nave della ong spagnola che aveva soccorso 147 migranti nel mare Mediterraneo. Le 147 "persone offese" di cui parla l'accusa.
"Leggeremo una ad una i nomi delle 147 persone offese per ricordarle nella loro individualità, perché è anche per ciascuna di queste persone che ci accingiamo a chiedere la condanna dell'imputato, oltre che per difendere i confini. Ma i confini del diritto... Per questi motivi, chiediamo di condannare l'imputato alla pena di anni sei di reclusione, oltre alle pene accessorie".
Una discussione fiume in cui il Procuratore aggiunto Marzia Sabella, con i pm Calogero Ferrara e Giorgia Righi, hanno ripercorso, attimo dopo attimo, tutto quello che accadde dal primo al 21 agosto del 2019. Con un unico punto denominatore: "I diritti dell'uomo vengono prima della difesa dei confini", come ribadisce più volte Sabella. Per la Procura di Palermo non concedere il porto sicuro ai migranti è stato un "iter criminoso".
Ecco le parole del procuratore aggiunto Sabella: "Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare". Non solo. Secondo l'accusa "le posizioni e le scelte del ministro Matteo Salvini diedero luogo a un caos istituzionale, una situazione che avrebbe portato ad approntare soluzioni di fortuna. A ritrovarsi in una condizione di estrema difficoltà fu la Guardia costiera che non poteva premere su un ministero da cui non dipendeva". Ma ci tengono a ribadire che questo "non è un processo politico, bensì basto sugli atti amministrativi".
"Non atto politico, ma scelta personale oltre linea del governo Conte"
Per la pubblica accusa, il ministro Matteo Salvini, che ha scelto di non essere in aula, impedendo lo sbarco dei migranti avrebbe compiuto "non un atto politico bensì una scelta personale che andava oltre la linea governativa dell'esecutivo Conte 1", legata alla redistribuzione dei migranti in Europa. "Quando Salvini diventa ministro dell'Interno le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos (place of safety, ovvero posto più sicuro dove sbarcare, ndr) vengono spostate dal Dipartimento libertà civili e immigrazione all'ufficio di gabinetto del ministro e in particolare è il ministro a decidere. Questo è l'elemento chiave", ribadisce Ferrara.
Nelle oltre sette ore di requisitoria, l'accusa ha ribadito che la competenza di "concedere il porto sicuro" ai migranti "era di Matteo Salvini". "La competenza era di Salvini, una condizione che il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, che all'epoca era capo di gabinetto di Salvini, ha cercato di diluire nella sua deposizione".
Per l'accusa non ci sono dubbi: "Prima si fanno scendere i migranti, che a bordo erano in una situazione di rischio, poi si redistribuiscono. Altrimenti, si rischia di fare politica sulla pelle di chi soffre perché in mare da diversi giorni, in condizione precaria su un’imbarcazione". Insomma, per il pm Ferrara, che è applicato al processo perché da tempo in forza alla procura Europea, "la persona in mare è da salvare, ed è irrilevante la sua classificazione. Che sia un migrante, un componente di un equipaggio, un passeggero. Per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato. Poi, la giustizia farà il suo corso".
Per la difesa di Salvini, rappresentata in aula dall'avvocata Giulia Bongiorno e dal sostituto processuale Luigi Carta, "in questa introduzione della requisitoria è di intuitiva evidenza che il pm sta procedendo a una requisitoria contro il decreto sicurezza bis, che è un atto del governo, contro la linea politica prima redistribuire e poi sbarcare. Ha proprio espresso un giudizio di grande contestazione di questa linea. Sapete perfettamente che anche in dichiarazioni pubbliche è stata una linea portata avanti da tutto il governo, anche dallo stesso premier di allora". "Il pm che ha detto che non voleva essere un intervento contro la politica, nel momento in cui dice che un tavolo tecnico a cui partecipava l'attuale capo della Polizia, le direttive e i decreti sono inaccettabili, intollerabili e in contrasto con i diritti umani, in realtà sta processando la linea politica di quel governo", attacca Bongiorno durante una pausa dell'udienza.
Bongiorno sbotta: "Quadro non corrisponde a realtà"
Poi, dopo la richiesta a 6 anni di carcere, l'avvocata Giulia Bongiorno rincara la dose e sbotta: "Dai pm è stato tratteggiato un quadro non corrispondente alla realtà". "E' stato detto in requisitoria che le decisioni di ritardare lo sbarco dopo le redistribuzione era esclusivamente di Salvini ma così non è, perché se andate a vedere le dichiarazioni pubbliche di atri ministri, tutti rivendicavano orgogliosamente i respingimenti", dice Bongiorno. Che ricorda la "correttezza" delle azioni di Salvini.
La prima parte della discussione è stata dedicata alla ricostruzione del quadro giuridico interno e internazionale del soccorso in mare. "Questa disamina è fondamentale per fugare alcuni equivoci di fondo - dice Marzia Sabella -. A partire dal fatto che il contrasto all'immigrazione clandestina e il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, non hanno nulla che vedere - con questo processo. Qui siamo in tre elementi Sar - Search and rescue (ricerca e salvataggio, ndr), l'1, il 2 e il 9 agosto, e addirittura un quarto che si verifica a ridosso di Lampedusa, dal 14 agosto in poi, quando viene consentito l'accesso a Open Arms nelle acque territoriali italiani. A dirlo chiaramente, d'altronde, e' stato lo stesso Tribunale dei ministri, quando ha concesso l'autorizzazione a procedere".
"Sono eventi che - ha proseguito - vengono interrotti purtroppo soltanto, e ancora una volta, con un decreto di sequestro da parte della procura di Agrigento che interrompeva l'iter criminoso per cui non veniva concesso il Pos, il 'place of safety'".
"Nessuna richiesta di soccorso in mare deve rimanere senza risposta - dice il pm Ferrara - Lo Stato deve garantire i diritti dei soggetti coinvolti, soprattutto in una situazione di stress ovvero di pericolo grave e imminente: una volta ricevuta l'informazione di pericolo lo Stato coinvolto non può più sottrarsi all'obbligo di soccorso. La classificazione del migrante in pericolo è irrilevante: potrebbe anche essere un trafficante o un terrorista, ma secondo le norme del diritto internazionale non può essere lasciato in una barca dallo Stato, che deve salvarli e poi nel caso processarli".
Ma Bongiorno insiste: "E' una requisitoria un po' contraddittoria, direi, perché la premessa è 'non stiamo processando il governo' poi, però, finora ha detto che il decreto sicurezza bis 'è in contrasto con la Costituzione' e che 'non è accettabile prima redistribuire e poi sbarcare'. E che 'il tavolo tecnico è un tavolo che ribaltava dei principi fondamentali'. Per ora sta parlando di linee di governo che lui contesta. Quindi , non c'è una condotta di Salvini sul banco degli imputati ma sul banco degli imputati c'è una linea politica".
"Soccorso in mare principio chiave"
Per l'accusa "il principio chiave è quello del soccorso in mare, che viene dall’Odissea, da tempi ancestrali. Persino in guerra c’è l’obbligo del salvataggio in mare a conferma dell’universalità dei beneficiari. In questo processo affrontiamo il tema dei diritti dell'uomo, la vita, la salute e la libertà personale che prevalgono sul diritto a difendere i confini". Il pm Ferrara ricorda, quindi, le parole dell'Onu: "la rotta del Mediterraneo centrale è la più pericolosa del mondo, è dunque prioritaria la tutela della vita dei naufraghi". La procura continua nella discussione ribadendo che "è solo la terraferma a essere un pos, cioè il 'place of safety', in altre parole il posto più sicuro. E questo lo ha ribadito anche la Corte di cassazione".
"Normalmente il Pos è il porto più vicino, però questo è stato modificato nel corso degli anni - spiega Ferrara durante la discussione in aula - Allora dobbiamo rispondere a due domande: la nave di salvataggio può essere considerata un luogo sicuro? Come è stato rappresentato in questo processo - dice Calogero Ferrara -. La risoluzione Msc dice che la nave non viene considerata un luogo in sicurezza, anche se è luogo temporaneo di sicurezza, e dovrebbe essere sollevata. Pertanto la nave può esser considerato solo un Pos temporaneo". E aggiunge: "Che la nave non sia un luogo sicuro è un principio consolidato. Anche le navi ad hoc per effettuare il salvataggio devono avere dei requisiti ben precisi. Quindi, solo la terraferma può essere un Pos e questo lo ha ribadito anche la Cassazione". Un altro capitolo è quello dei minori a bordo. "Si tengono a bordo minori in violazione di tutte le convenzioni nazionali e internazionali. E chi è l'interlocutore? Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini", dice l'accusa.
Insomma il governo "aveva l'obbligo di rilasciare il pos", chi "svolge una funzione pubblica interviene anche a tutelare i diritti di chi è sotto il suo controllo" e "in quel momento quei migranti erano sotto il controllo dello Stato". La chiusura della requisitoria tocca all'aggiunto Marzia Sabella: "Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare". "Pensiamo che il dibattimento abbia dimostrato che almeno dal 14 agosto 2019 sussisteva il chiaro e preciso obbligo del ministro italiano e di nessun altro di rilasciare il Pos. Che tale Pos doveva essere rilasciato senza indugio, non un'ora dopo rispetto al momento in cui era stato richiesto; che il diniego avvenne in intenzionale e consapevole spregio delle regole; che l'intenzionale e consapevole spregio delle regole non avvenne per ragioni di natura preventiva o repressiva, ne' nella tutela dello stesso migrante ristretto, ne' per altro bene tutelato dall'ordinamento giuridico; che l'intenzionale e consapevole spregio delle regole non avvenne nel tentativo di proseguire un disegno politico governativo, magari con qualche forzatura giuridica non giusta ma quantomeno tendente alla giustizia. Che dunque il diniego consapevole e volontario ha leso la libertà personale di 147 persone per nessuna, ma proprio per nessuna, apprezzabile ragione". Da qui la richiesta di condanna a 6 anni di carcere con le pene accessorie.
Salvini: "Mi dichiaro colpevole di aver difeso l'Italia"
La replica del ministro Salvini arriva in serata con un video. "A questa nave spagnola non è mai stata impedita la possibilità di andare ovunque tranne che in Italia perché non potevamo più essere il campo profughi di tutta Europa: mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa o processato per aver difeso i confini del proprio paese - dice - L'articolo 52 della Costituzione italiana recita 'la difesa della patria è sacro dovere del cittadino'. Mi dichiaro colpevole di aver difeso l'Italia e gli italiani, mi dichiaro colpevole di aver mantenuto la parola data". Nel video - in giacca e camicia, su sfondo nero - Salvini, assente oggi all'udienza di Palermo, si difende ricostruendo le tappe della vicenda.
Nella prossima udienza la parola passa alle parti civili, il 20 settembre. Mentre alla difesa toccherà il 18 ottobre, quando si annuncia una forte mobilitazione per il ministro Matteo Salvini. (di Elvira Terranova)
Cronaca
Santoloce (Municipio I): “Una mappa al via per...
'Su questi temi la politica deve essere unita e nel nostro caso lo è stata'
“Uno dei bisogni usciti dalla redazione del piano sociale è la necessità di informazione. Questa mappa semplice, concreta e dettagliata di tutti i luoghi delle donne del Municipio I diventa il primo pezzo fondamentale da cui partire per la costruzione di qualsiasi progetto d'aiuto per le donne". Lo ha dichiarato Claudia Santoloce, assessore ai Servizi Sociali e Pari Opportunità del Municipio I Roma, in occasione della presentazione della “Mappatura dei luoghi che offrono servizi per le donne e le ragazze” che si è tenuta oggi a Roma. Un progetto che vuole consentire una rapida consultazione ed individuazione di tutti i servizi a disposizione per le donne.
La mappatura offre un servizio efficace ed efficiente per chi ha bisogno di aiuto, ma anche di sostegno nella ricerca di lavoro nell’ambito dell’occupazione femminile o di soluzioni relative a problematiche medico-sanitarie.
"Questo atto nasce da un prezioso lavoro di Commissione fatto di più sedute dove si è prima capito se questo lavoro aveva una sua necessità e un suo applicativo. Successivamente c'è stata la costruzione dell'atto con una risoluzione approvata dal Consiglio municipale e poi recepita dalla Giunta. È stato un lavoro di totale collaborazione tra Giunta e Consiglio, ma anche tra maggioranza e opposizione perché l'atto è stato votato all'unanimità. Su questi temi penso che la politica debba essere unita e nel nostro caso lo è stata".
Cronaca
Roma, I Municipio presenta Mappa dei luoghi con servizi per...
La mappatura offre un servizio efficace ed efficiente per chi ha bisogno di aiuto, ma anche di sostegno nella ricerca di lavoro nell’ambito dell’occupazione femminile o di soluzioni relative a problematiche medico-sanitarie
È stata presentata oggi la 'Mappatura dei luoghi che offrono servizi per le donne e le ragazze' al fine di consentire una rapida consultazione ed individuazione di tutti i servizi a disposizione per le donne. Alla conferenza stampa, tenutasi oggi nella Sala del Consiglio del Municipio I Roma Centro di Circonvallazione Trionfale 19, hanno preso parte la presidente Lorenza Bonaccorsi, l’assessore ai Servizi Sociali e Pari Opportunità Claudia Santoloce, la presidente della Commissione Pari Opportunità Daniela Spinaci e le consigliere membri della Commissione.
La mappatura offre un servizio efficace ed efficiente per chi ha bisogno di aiuto, ma anche di sostegno nella ricerca di lavoro nell’ambito dell’occupazione femminile o di soluzioni relative a problematiche medico-sanitarie. “Era indispensabile -spiega la presidente del Municipio I Lorenza Bonaccorsi- fornire una mappatura di facile consultazione di tutti i contatti e luoghi dove donne, ragazze ed in generale persone che necessitano di un supporto possano reperire in modo veloce ed immediato l’intervento di cui necessitano, ed è per questo che abbiamo accolto l’impegno giunto in questo senso dalla commissione Pari Opportunità proponente di un atto di consiglio votato all’unanimità”.
Daniela Spinaci, presidente della Commissione Pari Opportunità, ringrazia "a nome mio e della Commissione che presiedo, la Presidente Bonaccorsi e l’assessora Santoloce per aver realizzato la richiesta della creazione e diffusione della mappatura dei luoghi e servizi, presenti nel nostro territorio, cui possono rivolgersi celermente le donne per ogni loro esigenza. Con la risoluzione n.11/2024, infatti, abbiamo elaborato sia la richiesta che l’individuazione dei luoghi presenti sul territorio in grado di offrire tale tipo di servizio pubblico. L’esigenza maggiore che ha spinto ad elaborare l’atto a mia prima firma è quella di divulgare in modo rapido il reperimento di servizi pubblici essenziali, soprattutto a fini preventivi”.
“Un lavoro di grande sinergia tra giunta e consiglio del I Municipio che ci porta oggi ad avere un primo risultato tangibile e utile per essere sempre più vicino alle donne e alle ragazze che hanno bisogno di supporto. Con l’approvazione del Piano Sociale ci siamo resi conto che tra le prime necessità c’è l’informazione e con questa mappatura vogliamo mettere a disposizione quante più informazioni abbiamo di servizi offerti sul territorio da noi, dalla Asl e dal terzo settore”, dichira l’assessore ai Servizi Sociali e Pari Opportunità Claudia Santoloce.
I Centri Anti Violenza (Cav) forniscono informazioni e supporto alle donne che vogliono superare qualsiasi tipo di violenza di genere: psicologica, fisica, economica, domestica, intra ed extrafamiliare. Attivi 24 ore su 24. Offrono gratuitamente alle donne servizi di ascolto, accoglienza, assistenza psicologica, consulenza legale, supporto ad eventuali figli/e minori, orientamento al lavoro, orientamento all’autonomia abitativa. Per ciascuna donna viene costruito un percorso personalizzato di sostegno e aiuto. Sono gestiti da organismi del terzo settore con competenza specifica nel contrasto alla violenza di genere e sostegno alle donne e i figli che ne restano vittime.
I consultori ed i presidi sanitari svolgono servizi altrettanto articolati in sinergia con i centri antiviolenza e le forze dell’ordine. Molto importante anche l’orientamento all’impiego femminile, fondamentale sia per uscire dal tunnel della violenza economica sia per prevenirla. Altro servizio fondamentale è quello di consulenza genitoriale offerto nei dovuti centri. È fondamentale mantenere alta l’attenzione sugli adolescenti e sui giovani che sempre più spesso manifestano l’esigenza di essere ascoltati e aiutati. La stessa attenzione viene data ai temi e alle problematiche legate alla omolesbobitransfobia. Per questo la creazione di una rete di contatti diventa essenziale al contrasto di ogni tipo di violenza. Mappa: https://www.comune.roma.it/web/it/informazione-di-servizio/nasce-la-mappa-il-primo-municipio-per-le-donne.page
Cronaca
“Disarmiamo il patriarcato”, l’onda...
Non Una di Meno domani in piazza: "Manifestiamo anche per la Palestina, stop genocidio"
"Disarmiamo il patriarcato": con questo slogan il movimento 'Non Una di Meno' si appresta a scendere in piazza domani in occasione della Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e di genere. Due i cortei previsti, uno a Roma, l'altro a Palermo. "Sarà marea transfemminista, senza simboli e bandiere, radicale e autodeterminata", annuncia 'Non Una di Meno' sottolineando all'Adnkronos che "le donne si riprendono lo spazio, il protagonismo sia solo quello della piazza". Niente bandiere e simboli di organizzazioni politiche e sindacali; nessuna passerella di leader di partito, è l'invito.
La manifestazione nella Capitale partirà da Piazzale Ostiense alle 14.30. L'onda fucsia (con migliaia di persone attese) attraverserà Piazza di Porta San Paolo, Viale della Piramide Cestia, Piazza Albania, Viale Aventino, Piazza di Porta Capena, Via di San Gregorio, Via Celio Vibenna, Piazza del Colosseo, Via Labicana, Via Merulana, Via dello Statuto per terminare a Piazza Vittorio Emanuele II. Diverse azioni saranno previste lungo il percorso. La testa del corteo di Roma sarà composta dai centri antiviolenza femministi.
"A un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin e dalla marea transfemminista che ha invaso Roma al grido di Non Una Di Meno, altri 106 nomi, rimasti anonimi, si sono aggiunti. Le parole del ministro Valditara confermano l’urgenza di scendere in piazza: il patriarcato esiste, non è ideologia e il razzismo istituzionale non è la risposta. L'assassino, il violento, l'abusante sono figli della nostra società e hanno quasi sempre le chiavi di casa", sottolinea il movimento.
"Quello che sta succedendo a Gaza e in Palestina è gravissimo, lo denunciamo con forza. La guerra si espande a macchia d'olio e ha conseguenze anche sulla nostra vita quotidiana, come i tagli al welfare per finanziare il riarmo, come le misure che restringono le libertà - evidenzia 'Non Una Di Meno' - La guerra è la più brutale espressione del patriarcato: la violenza strutturale che denunciamo da anni, che riproduce femminicidi, abusi, molestie, si amplifica in un contesto di guerra. Per questo noi diciamo 'disarmiamo il patriarcato'", spiega 'Non Una Di Meno' aggiungendo che "non vogliamo più assistere alla catastrofe quotidiana del genocidio in Palestina".
E poi contro il governo: "Che cosa ha fatto nella lotta contro la violenza di genere? Ha negato l'educazione sessuo-affettiva nelle scuole, ha depotenziato i percorsi di fuoriuscita, ha attaccato il diritto all'aborto e ai percorsi di affermazione di genere, ha discriminato le famiglie omogenitoriali. Domani - invita infine il movimento femminista - scendiamo tutti in piazza al grido di #disarmiamoilpatriarcato per fermare la guerra nelle case, sui corpi, sui territori e sulle nostre vite".