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M5S, nuova lettera di Grillo a Conte: “Demolisci presidi democratici, segnalerò tue minacce”

Il garante attacca: "Demolisci presidi democratici, segnalerò tue minacce". La replica: "Se ha altro da dire o da scrivere parlasse con gli avvocati..."

Giuseppe Conte e Beppe Grillo (Fotogramma/Ipa)

Continuano a volare stracci tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte. "Finiamola qua con questa pantomima. Se il garante ha altro da dire o da scrivere parlasse con gli avvocati..." è il ragionamento che Conte sta portando avanti in queste ore, dopo la diffusione di una nuova lettera di Beppe Grillo in cui, tra l'altro, il fondatore del Movimento minaccia di rivolgersi al comitato di garanzia 5S.

L'ex premier, raccontano, sarebbe tra l'altro parecchio infastidito dall'"uso di missive riservate, date in pasto alla stampa". Per il leader del Movimento, "un chiaro segno di debolezza del garante e di chi lo consiglia...": parole, le sue, che sembrerebbero dirette a Virginia Raggi, che oggi, chiamata in ballo da diversi quotidiani sul braccio di ferro in atto, ha scritto un post su Facebook marcando le distanze.

Conte sarebbe dunque determinato a tirare dritto. Tant'è che oggi, riferiscono i beninformati, sul sito del Movimento potrebbe essere fatto un ulteriore passo avanti per la seconda fase della 'costituente', con la pubblicazione dei temi e dossier della kermesse scelti sulla base dei 22mila contributi arrivati dagli attivisti pentastellati.

Il post e la lettera di Beppe Grillo

Mentre continuano a volare stracci, il garante del Movimento ci scherza su e posta su X i "consigli per il nuovo simbolo...". Nel logo le pec - simbolo dello scambio di missive al vetriolo delle ultime settimane - prendono il posto delle 5 stelle, e sotto la dicitura M5S.it viene sostituita da 'movimento5pec.it'.

Nella lettera, pubblicata da Il Foglio, Beppe Grillo si rivolge a Conte con il consueto "Caro Giuseppe", ma di caro c'è ben poco. "Mi scrivi accusandomi per l’ennesima volta - dopo averlo fatto più volte pubblicamente - di avere una visione padronale del movimento e contraria suoi valori democratici. La verità è che, al contrario, ho sempre inteso tutelare i valori democratici su cui il movimento è stato fondato. Dunque, se proprio vogliamo parlare di atteggiamenti contrari ai valori democratici del movimento, questi sono da trovare nelle manovre striscianti con cui si sta tentando di demolirne i presidi, invocando ipocritamente un presunto processo democratico, che, come sai bene (ma fingi di non sapere) non può prescinderne", si legge nella missiva.

"Le ragioni per cui è in corso un tentativo di demolire i presidi democratici del movimento sono peraltro ben note, e non rispondono certo ai suoi valori democratici, ma agli interessi di pochi. Vorrei però tenermi alla larga dal girone in cui alcuni di voi sembrano essere sprofondati, per condurvi lungo la natural burella e farvi rivedere le nostre prime stelle, partendo dagli inizi del movimento, che nasce innanzitutto per realizzare una democrazia più autentica e vicina ai cittadini".

"In un mio post recente ho ricordato che Gianroberto e io abbiamo voluto prevenire i rischi delle altre forze politiche, che tendevano a sclerotizzarsi e alienarsi dai cittadini. Il limite del doppio mandato nasce proprio dalla volontà di prevenire questi rischi. Dunque, sostenere che l’insindacabilità di certe regole sia incompatibile con i valori democratici del movimento è non solo un ovvio controsenso, ma è addirittura un ribaltamento della realtà, che rivela, viceversa, le reali intenzioni di chi invece vorrebbe metterle in discussione", mette nero su bianco Grillo. "Sicché, accusarmi di una visione padronale del movimento non è altro che lo specchio delle intenzioni di altri. Al contrario, ribadire l’importanza di certe regole equivale a difenderne i suoi valori democratici. Tant’è vero che nessun’altro fondatore di una forza politica ha mai avuto il coraggio, l’altruismo e la fantasia di non porsi al suo vertice, ma solo di ritagliarsi un ruolo di garanzia, come abbiamo fatto Gianroberto e io".

"In questi giorni - prosegue Grillo - stiamo assistendo allo spettacolo delle tempeste ormonali di commentatori eccitati al pensiero di ciò che potrebbe accadere, che speculano su battaglie, scissioni, contese sul nome e sul simbolo, e così via. E’ uno spettacolo che francamente non m’interessa, e che trovo nauseante, perché il suo risultato sarebbe comunque dannoso per tutti. Quindi mi auguro che non sia messo in scena. Ciò posto è ormai diventato irrinunciabile tornare ai veri valori democratici del movimento, senza operazioni funzionali all’interesse di pochi. Il fatto che si cerchi di impedirlo con il metodo di legittimazione popolare tipico delle autocrazie non è certo un buon segno, ma quale che sia il suo risultato non potrà certo tradire i tratti distintivi e i valori del movimento, a prescindere dalla titolarità del nome e del simbolo, che peraltro è già stata accertata giudizialmente".

"Concludo rispondendo alla tua minaccia di sospendere gli impegni assunti dal movimento nei miei confronti, questa sì indegnamente strumentale e indebita, essendo essi strettamente legati alle funzioni che ho svolto e continuo a svolgere per il movimento. Nella mia qualità di “elevato” mi astengo dal scendere così in basso rispondendo a tono, ma mi limito a osservare che gli impegni di manleva sarebbero comunque dovuti, a prescindere da un impegno contrattuale in tal senso, mentre i miei “compensi” - che in realtà, come sai, coprono anche i costi d’ufficio della funzione che svolgo per il movimento - sono non solo congrui per la mia funzione e i relativi costi, ma lo sono a maggior ragione nel momento in cui è in corso un tentativo di stravolgere l’identità e i valori del movimento".

"Alla luce di quanto sopra - annuncia dunque Grillo - mi riservo di valutare il da farsi, eventualmente anche sottoponendo le tue minacce agli organi competenti del movimento. Ne approfitto per invitarti, piuttosto, a rispondere quanto prima alle mie richieste di chiarimenti sul processo che porterà alla assemblea “costituente” del prossimo ottobre".

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Politica

Lega, ecco i nuovi dipartimenti: Salvini lascia...

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Fontana lascia gli Esteri, Durigon il Lavoro, Molteni la Sicurezza. Anche Bongiorno cede il testimone

Bandiera della Lega (Fotogramma)

Avvicendamenti, nuovi dipartimenti, e un rimescolamento dei compiti nella Lega. Sono queste le decisioni rese note oggi da Matteo Salvini, che nei giorni scorsi aveva nominato due nuovi vicesegretari: Alberto Stefani e Claudio Durigon. Una mossa, quella della riorganizzazione dei dipartimenti, sempre coordinati da Armando Siri, che lo stesso leader ha spiegato servirà per gestire al meglio le prossime sfide, per cogliere "la vittoria anche alle politiche 2027".

Cosa cambia

Complessivamente, i dipartimenti salgono a 31 rispetto ai 29 precedenti, con alcuni nomi importanti in uscita e altri in ingresso. L'attuale presidente della Camera, Lorenzo Fontana, dopo aver lasciato la vicesegreteria non sarà più il responsabile del dipartimento Esteri, al suo posto il deputato Paolo Formentini. Un altro avvicendamento riguarda il dipartimento Lavoro: Claudio Durigon, da poco vicesegretario della Lega, lascia il dipartimento a Tiziana Nisini. Anche Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini a Palermo, lascia il posto all'ex sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone. Inoltre l'attuale sottosegretario all'Interno, Nicola Molteni, lascia la Sicurezza all'ex sindacalista di polizia Gianni Tonelli. Così come arriva all'Ambiente Vincenzo Pepe, al posto di Vannia Gava.

Tra le novità poi lo spacchettamento del dipartimento Agricoltura e Turismo. Qui resta Gian Marco Centinaio, che è anche vicepresidente di Palazzo Madama, mentre l'Agricoltura viene assegnata al senatore Giorgio Maria Bergesio. Mirco Carloni diventa invece nuovo responsabile delle Attività produttive al posto di Massimo Bitonci. Nasce infine il dipartimento della Cultura affidato alla deputata marchigiana Giorgia Latini.

La mossa, attesa da parte del leader della Lega, "per dare nuovo slancio al partito: l’obiettivo è creare eventi ad hoc in ogni provincia e spalancare le porte a nuovi ingressi", viene spiegato in un comunicato. Salvini e Siri hanno incontrato i coordinatori oggi pomeriggio, nel corso di una riunione negli uffici della Lega alla Camera.

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Politica

Tavolo su castrazione chimica, sponda governo a Lega:...

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Via libera del governo all'ordine del giorno al ddl Sicurezza, all'esame dell'aula di Montecitorio, presentato dal deputato Iezzi

Montecitorio (Fotogramma/Ipa)

La Lega rilancia la battaglia per arrivare a una legge sulla castrazione chimica per i pedofili e gli stupratori. Raccogliendo oggi il via libera del governo all'ordine del giorno al ddl Sicurezza, all'esame dell'aula di Montecitorio, presentato dal deputato Igor Iezzi che impegna l'esecutivo ad "istituire quanto prima una commissione o un tavolo tecnico con lo scopo di valutare, nel rispetto dei principi costituzionali e sovranazionali, in caso di reati di violenza sessuale o di altri gravi reati determinati da motivazioni sessuali, la possibilità per il condannato di aderire, con il suo consenso, a percorsi di assistenza sanitaria, di natura sia psichiatrica sia farmacologica, anche con eventuale trattamento di blocco androgenico mediante terapie con effetto temporaneo e reversibile, diretti ad escludere il rischio di recidiva". Un'apertura del governo che lo stesso Salvini subito saluta con favore: "Vittoria della Lega! Bene così, un altro importante passo in avanti per una nostra storica battaglia di giustizia e buonsenso: tolleranza zero per stupratori e pedofili".

 Insorgono le forze di opposizione. "Con buona pace di Fi il governo è ormai piegato sulle posizioni estremiste di Salvini e della Lega", attaccano dal Partito democratico. Sottolineando con la deputata Simona Bonafè che siamo di fronte a "una proposta incostituzionale che mina alle basi il nostro ordinamento giuridico che ha superato da secoli il ricorso alle pene corporali". Da Avs si accusano i leghisti di una "vocazione repressiva senza confini che trascina tutta la destra, senza distinzioni".

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Politica

Draghi da Meloni a Palazzo Chigi

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Un'ora e un quarto di colloquio tra la presidente del Consiglio e l'ex premier a Palazzo Chigi

Giorgia Meloni e Mario Draghi

Colloquio di un'ora e un quarto oggi a Palazzo Chigi tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e l'ex premier e numero uno della Bce, Mario Draghi.

Al centro dell'incontro, informa una nota diffusa da Palazzo Chigi, "un confronto approfondito sul Rapporto sul futuro della competitività europea presentato da Draghi, che contiene secondo il governo diversi importanti spunti, tra cui la necessità di un maggiore impulso all’innovazione, la questione demografica, l’approvvigionamento di materie prime critiche e il controllo delle catene del valore e, più in generale, la necessità che l’Europa preveda strumenti adatti a realizzare le sue ambiziose strategie - dal rafforzamento dell’industria della difesa fino alle doppie transizioni - senza escludere aprioristicamente nulla, compresa la possibilità di un nuovo debito comune. Priorità condivise che rispecchiano anche il lavoro portato avanti dal Governo in Italia e nelle Istituzioni europee. I due presidenti - informa la nota - sono rimasti d’accordo di tenersi in contatto per continuare ad approfondire queste materie".

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