Costanzo (Humanitas): “Psoriasi sotto controllo se trattata entro primi 2 anni”
"La diagnosi appena appare la prima placca ma i pazienti iniziano ad essere curati bene dopo 12 anni da comparsa patologia"
"Già dalla comparsa della prima placca siamo in grado di fare la diagnosi di psoriasi e intervenire. Tuttavia, il problema è che i pazienti con questa malattia recidivante e cronica iniziano ad essere curati dopo 12 anni dai primi sintomi. La conseguenza è che la patologia si cronicizza. I dati mostrano che se trattiamo la malattia entro primi due anni abbiamo una probabilità di controllarla molto alta, dopo scende molto". Lo ha detto Antonio Costanzo, direttore dell'Uoc di Dermatologia presso Irccs Istituto Clinico Humanitas Rozzano di Milano, intervenendo alla conferenza stampa a Roma sull'approvazione della rimborsabilità per il farmaco deucravacitinib. "Curare prima aiuta anche a prevenire le comorbidità come l'artrite e le complicanze cardiovascolari, perché la psoriasi - sottolinea Costanza - è un fattore di rischio per infarto indipendente da colesterolo, fumo o obesità". Inoltre "può essere associata ad altre patologie come l'artrite e la sindrome metabolica - spiega all'Adnkronos Salute - che impattano a loro volta sulla qualità della vita dei pazienti".
In Italia "la psoriasi colpisce circa il 3% della popolazione, quindi è una malattia piuttosto frequente - fa notare l'esperto - Finalmente abbiamo una novità terapeutica, deucravacitinib, una piccola molecola che può essere assunta per bocca una volta al giorno e che va ad interferire proprio con i meccanismi che portano allo sviluppo delle placche. Come? Va a legarsi a una proteina che sta dentro le cellule e che ha il compito di segnalare l'infiammazione. Quindi bloccando questa proteina blocca il segnale dell'infiammazione nella pelle dei nostri pazienti. In questo modo, nel corso delle settimane il paziente vede migliorare la propria pelle e in concomitanza anche la propria qualità della vita. Spariscono prurito e chiazze visibili".
Questa molecola "approvata e anche rimborsata in Italia tramite il Servizio sanitario nazionale è stata testata in studi clinici contro un'altra molecola che ha funzionato di meno. Deucravacitinib induce la guarigione delle placche psoriasiche in più del 60% dei nostri pazienti. Quindi si pone per quei pazienti che hanno una malattia moderata severa al fallimento, alla controindicazione delle terapie convenzionali come la ciclosporina e il metotrexate e su una larga fetta di pazienti affetti da questa malattia". Finora "i dati che abbiamo ci dicono che finché si assume deucravacitinib la psoriasi rimane sotto controllo. Una volta sospesa la terapia la psoriasi può tornare perché è una malattia cronica su base genetica, torna però in maniera molto lenta. Quindi c'è sempre il tempo di ricominciare la terapia. L'indicazione al momento è quella di assumerla a vita" conclude.
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Ritorno a Wuhan: un nuovo studio punta sull'origine naturale Sars-CoV-2
Alle radici del covid. Ritorno a Wuhan, Cina, dove tutto è cominciato a fine 2019, anno in cui un nuovo coronavirus, Sars-CoV-2, faceva il suo ingresso nel mondo degli esseri umani scatenando di lì a poco una pandemia senza confini. Virus fuggito da un laboratorio o arrivato all'uomo per vie naturali, tramite un animale 'ospite intermedio'? E' il giallo mai risolto di Covid-19. Un nuovo studio riavvolge il nastro, seguendo le tracce del 'Dna fantasma' nei campioni ambientali raccolti a inizio 2020 nel mercato all'ingrosso di frutti di mare di Huanan, dove sono stati censiti i primi casi umani. Gli autori del lavoro pubblicato su 'Cell' sono riusciti così a stringere il cerchio, fornendo una 'short list' delle specie selvatiche presenti nel mercato su cui si concentrano i sospetti.
Lo studio collaborativo internazionale porta la firma di scienziati di diversi atenei statunitensi ed europei e si basa su una nuova analisi dei dati pubblicati dal Cdc cinese, Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, provenienti da oltre 800 campioni raccolti nel mercato di Huanan e nei dintorni, a partire dall'1 gennaio 2020 e dai genomi virali segnalati dai primi pazienti Covid.
Nell'elenco delle specie da cui secondo il team molto probabilmente ha fatto il salto all'uomo Sars-CoV-2, ci sono diversi sospettati: secondo la ricerca, il virus era presente in alcune delle stesse bancarelle della fauna selvatica venduta al mercato, tra cui cani procioni (piccoli animali simili a volpi con macchie simili ai procioni) e zibetti (piccoli mammiferi carnivori imparentati con manguste e iene).
"Questo - evidenzia Florence Débarre, coautrice corrispondente del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (Cnrs) - è uno dei set di dati più importanti esistenti sull'origine della pandemia di Covid e siamo grati che siano stati condivisi". Lo studio, aggiunge il coautore corrispondente Kristian Andersen dello Scripps Research Institute, "aggiunge un ulteriore livello alle prove accumulate che puntano tutte allo stesso scenario: che gli animali infetti sono stati introdotti nel mercato da metà a fine novembre 2019, il che ha innescato la pandemia". Come si è arrivati a questi risultati. Analizzando i dati raccolti dal Cdc cinese "in modi nuovi e rigorosi", interviene l'altro coautore corrispondente, Michael Worobey dell'Università dell'Arizona.
Le indagini
L'1 gennaio 2020, dopo che gli animali erano stati rimossi e a poche ore dalla chiusura del mercato di Huanan, i ricercatori del Cdc cinese si sono recati nella struttura per raccogliere campioni. Hanno fatto tamponi su pavimenti, pareti e altre superfici delle bancarelle e sono tornati giorni dopo per concentrarsi sulle aree in cui si vendevano animali selvatici, e quindi su gabbie e carrelli usati per spostare gli animali. Infine hanno anche raccolto campioni dagli scarichi e dalle fogne.
Su quei campioni è stato eseguito il sequenziamento metatrascrittomico, tecnica che mira a ottenere tutte le sequenze di Rna (e che può anche raccogliere il Dna) da tutti gli organismi presenti in un campione: virus, batteri, piante, animali, esseri umani. Il team cinese, guidato da Liu Jun, ha pubblicato i propri risultati nel 2023 su 'Nature' e ha condiviso in modalità ad accesso aperto i dati raccolti. Quello che veniva lasciato irrisolto era il nodo delle identità esatte delle specie animali trovate che potrebbero rappresentare plausibili ospiti intermedi. Secondo l'ultima analisi di questi dati condotta dal team internazionale, in alcuni casi il materiale genetico del virus Sars-CoV-2 e degli animali è stato persino trovato sugli stessi tamponi. Le specie sono state identificate tramite la genotipizzazione dei loro genomi mitocondriali nei campioni.
"Molte delle specie animali chiave erano state eliminate prima dell'arrivo dei team del Cdc cinese, quindi non possiamo avere prove dirette che gli animali fossero infetti", afferma Débarre. "Stiamo osservando i 'fantasmi' del Dna e dell'Rna di questi animali nei campioni ambientali, e alcuni si trovavano in stand in cui è stato trovato anche il virus. Questo è ciò che ci si aspetterebbe di vedere in uno scenario in cui ci fossero stati animali infetti nel mercato". Tra l'altro, fa notare Worobey, "questi sono gli stessi tipi di animali che sappiamo aver facilitato il passaggio del coronavirus Sars originale agli esseri umani nel 2002. La cosa più rischiosa che si può fare è prendere animali selvatici che pullulano di virus e poi metterli a contatto con esseri umani che vivono nel cuore di grandi città, la cui densità di popolazione rende facile per questi virus prendere piede".
Potrebbe essere successo proprio questo nel 2019. Il team internazionale ha anche eseguito un'analisi evolutiva dei primi genomi virali riportati, comprese queste sequenze ambientali, e ha dedotto i genotipi progenitori più probabili del virus che ha infettato gli esseri umani e portato alla pandemia di Covid. I risultati implicano che ci fossero pochissime persone infettate, se non nessuna, prima del focolaio nel mercato.
Gli animali 'sospettati'
Attraverso la nuova analisi si è arrivati alla short list di specie animali presenti nel mercato umido e trovate contestualmente a campioni virali, che potrebbero rappresentare gli ospiti intermedi più probabili per Sars-CoV-2: il comune cane procione, specie suscettibile al virus e nota per aver portato la Sars nel 2003, è l'animale geneticamente più abbondante nei campioni delle bancarelle, e poi è stato trovato in una bancarella con Rna di Sars-CoV-2 del materiale genetico di civette delle palme mascherate, anch'esse associate alla precedente epidemia di Sars. Anche altre specie come il ratto del bambù e i porcospini malesi sono state trovate presenti in campioni positivi a Sars-CoV-2, così come una moltitudine di altre specie.
Gli esperti sottolineano l'importanza di comprendere le origini della pandemia di Covid, anche ora che è alle spalle, soprattutto alla luce di altri recenti 'spillover', salti di specie come quello che ha portato negli Usa alla diffusione del virus dell'influenza aviaria nei bovini. "C'è stata molta disinformazione" sulle radici di Sars-CoV-2, conclude Worobey. Capire queste dinamiche può avere un peso, a suo avviso, per la sicurezza nazionale e la salute pubblica. "La verità - chiosa - è che da quando la pandemia è scoppiata più di 4 anni fa, nonostante ci sia stata una maggiore attenzione al tema della sicurezza in laboratorio, non è stato fatto molto per ridurre la possibilità che uno scenario perfetto per una zoonosi si verifichi di nuovo".
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