Tumori, tappa torinese per la prevenzione cardio-oncologia del Dragon Boat Festival
Sul lago di Avigliana la competizione delle pagaiatrici operate di cancro al seno informazioni e visite cardiologiche per il pubblico.
Sul lago di Avigliana, in provincia di Torino, sabato 21 settembre, si sono sfidate in una gara di dragon boat, sottolineando l'importanza della prevenzione cardiovascolare e oncologica, le donne operate di tumore al seno della Cardiobreast Dragon Boat Festival 2024. L’iniziativa, giunta alla seconda tappa, è organizzata dall’Istituto Nazionale di Ricerche Cardiovascolari (Inrc) in collaborazione con la Federazione italiana Dragon Boat e il contributo incondizionato di Daiichi Sankyo Italia.
Durante la giornata, i partecipanti hanno potuto usufruire di screening cardiovascolari gratuiti grazie a un camper attrezzato dall’Inrc. I controlli includevano elettrocardiogrammi, monitoraggio pressorio e del quadro lipidico, accompagnati dalla distribuzione di materiale informativo sulla prevenzione cardiovascolare e oncologica. Questo aspetto è particolarmente significativo, dato l'aumento del 42% del rischio cardiovascolare nei pazienti oncologici. Le prossime tappe sono a Firenze, il 19 ottobre e, il 26, a Palermo.
Oltre alla competizione, il pubblico ha avuto l’opportunità di provare la pagaiata sui dragon boat, in un’esperienza che ha sottolineato il valore della coesione e del supporto reciproco. Sullo spirito combattivo delle partecipanti si è soffermato Davide Zappalà, vicepresidente commissione Sanità Regione Piemonte, che ha evidenziato l’importanza della “lotta, che è la lotta più importante, quella per la vita. La scelta di una disciplina come il Dragon Boat, che obbliga 10 persone a stare assolutamente assieme, è particolarmente azzeccata". Infatti "Il Dragon Boat - ha aggiunto Fulvia Pedani, oncologa della Città della Salute e della Scienza di Torino - è uno sport singolare, unico nella sua capacità di riabilitazione, in modo particolare della donna operata al seno, perché aiuta a prevenire il linfedema e riequilibra la postura". Inoltre "queste donne - ha sottolineato Giovanna Caputo, di Lilt - ci insegnano quanto sia importante” nel percorso di guarigione “la forza” la determinazione, “per reagire in una situazione che si presenta essere molto complicata". Anche Ferdinando Varbella, direttore della Cardiologia di Rivoli, ha ricordato che “gli stili di vita, l'alimentazione, sono la base di quella che è la prevenzione cardiovascolare, che si traduce poi in un abbassamento del colesterolo cattivo, in una riduzione del battito cardiaco. Quindi, un cuore che batte più lentamente ma performa molto meglio".
Cronaca
Omicidio Giulia Cecchettin, papà Gino al processo:...
Il padre della vittima alla prima udienza che vede imputato Filippo Turetta: "A lui non ho niente da dire". E chiede risarcimento danni di 1 milione
"Non mi auguro nessuno tipo di vendetta o di trattamento di favore, sono sicuro che i giudici decideranno al meglio. Ho piena fiducia nelle istituzioni, la pena che decideranno i giudici sarà quella giusta”. Lo afferma Gino Cecchettin, papà di Giulia, in una pausa del processo - davanti alla corte d’Assise di Venezia - che vede imputato per omicidio l’ex fidanzato Filippo Turetta.
"Essere qui rinnova il mio dolore - aggiunge Cecchettin - oggi non sto sicuramente bene e non c’è giorno che non pensi alla mia Giulia. Oggi esserci è atto dovuto e di rispetto nei confronti della corte, poi deciderò di volta in volta. Mi auguro che sia un processo giusto"”.
"Non ho paura di un confronto con Turetta, perché dovrei? Il danno - ricorda - ormai lo ha fatto. È una sua scelta esserci o non esserci in aula, non sta a me giudicare. Io a Filippo Turetta non avrei nulla da dire”, conclude.
Chiesto risarcimento danni da 1 milione
Nell’atto di richiesta di costituzione di parte civile Gino Cecchettin, rappresentato dall’avvocato Stefano Tigani, ha indicato la cifra di circa un milione di euro come richiesta di risarcimento danni. I giudici della corte d’Assise di Venezia hanno ammesso come parte civile solo i familiari di Giulia Cecchettin (il papà Gino, i fratelli Elena e Davide, lo zio Alessio e la nonna Carla Gatto). Respinta invece la costituzione di tutti gli altri: quattro associazioni nazionali contro la violenza di genere, Penelope (ente che si occupa di persone scomparse) e i Comuni di Fossó e Vigonovo, dove la ventiduenne studentessa è stata uccisa e viveva. La corte non ravvisa il danno diretto rispetto all’omicidio della giovane per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta.
Cronaca
Morte del cane Ricky a Roma, è giallo: si cercano immagini...
L'animale è morto dopo essere precipitato dal terrazzo della casa al quinto piano dei sui padroni ma non è chiaro come sia avvenuto
E' giallo sulla morte del cane Ricky, un cocker spaniel inglese di 12 anni trovato morto venerdì scorso nel giardino di un appartamento di via Sprovieri, nel quartiere Monteverde, a Roma. L'animale è morto dopo essere precipitato dal terrazzo della casa al quinto piano dei sui padroni ma non è chiaro come sia avvenuto. L'ipotesi che il cocker sia saltato giù da solo viene scartata perché non è precipitato in corrispondenza del terrazzo su cui si trovava da solo ma nel giardino di un appartamento di un'altra scala. A denunciare il fatto è stato il padrone dell'animale che venerdì mattina era uscito lasciandolo sul terrazzo. Poco più tardi in casa è scattato l'allarme di una portafinestra. L'uomo ha controllato le telecamere ma non ha visto nulla. Verso le 10 rientrando in casa non ha trovato nessun segno di effrazione ma mancava il cane.
Nel primo pomeriggio un vicino ha chiamato l'uomo per avvisarlo che l'animale si trovava riverso a terra nel suo giardino. Il cocker Ricky è stato subito trasportato dal veterinario ma per lui non c'è stato nulla da fare. Subito dopo il proprietario del cane è andato al commissariato per sporgere denuncia. L'ipotesi che ha avanzato è che in casa si sarebbero introdotti dei ladri, che avrebbero tentato di portare via l'animale ma che poi, non riuscendo a trasportarlo, lo avrebbero buttato di sotto. Una ricostruzione assolutamente verosimile che però al momento non trova riscontri certi. Sono in corso le indagini dei poliziotti del commissariato Monteverde che stanno verificando la presenza di eventuali telecamere utili a capire quanto accaduto.
Cronaca
Suicidio seconda causa di morte dai 10 anni, pediatri:...
L'allarme di Acp: "Dopo la pandemia cresciuto del 60% autolesionismo in bambini e adolescenti". Vicari ai genitori: "Controllate i loro corpi, oggi iniziano a tagliarsi in quinta elementare"
Le malattie psichiatriche sono le più diffuse tra bambini e adolescenti. Primo indagato lo smartphone. Non solo. È in aumento del 60% il fenomeno dell’autolesionismo in bambini e adolescenti negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia. "Si inserisca nei bilanci di salute dei pediatri una indagine sulle tendenze al suicidio", che è la seconda causa di morte tra i 10 e i 25 anni. E' questo l’appello dell’Associazione culturale pediatri lanciato in occasione del 36esimo Congresso nazionale dell'Acp appena concluso a Jesolo. A fare il punto sul preoccupante fenomeno tra i giovanissimi è Stefano Vicari, professore ordinario di Neuropsichiatria infantile, direttore Unità operativa complessa di Neuropsichiatria infantile dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, che a pediatri e genitori raccomanda: "Controllate i corpi di bambini e adolescenti, oggi iniziano a 'tagliarsi' in quinta elementare".
Il fenomeno dell'autolesionismo tra i giovanissimi è esploso dopo l'emergenza sanitaria da Sars-CoV-2. Ma "il vero punto di svolta - spiega Vicari - è stato il 2013. Quell’anno al pronto soccorso psichiatrico del Bambino Gesù la media si attestava - coerente con il resto d’Italia - sulle 250 consulenze l’anno, meno di una al giorno. Ma da quell’anno è iniziata una crescita che ci ha portato all’alba della pandemia, nel 2019, a mille consulenze l’anno. Nel 2022 e 2023 abbiamo superato le 1850 consulenze annue, 5 al giorno, e di queste consulenze il 60% riguarda l’autolesionismo, fenomeno sostenuto da depressione e disturbi dell’umore, e anticamera del suicidio".
Ma cosa è successo esattamente nel 2013? "Durante quell'anno - continua Vicari - ci fu il crollo dei prezzi degli smartphone. Le nuove dipendenze, le dipendenze comportamentali, vedono il telefonino tra i fattori di rischio principali. Noi paghiamo un così alto prezzo perché non educhiamo i bambini. È il regalo della prima comunione. I rapporti di Save the Children parlano di bimbi che a 6/7 anni passano già tante ore davanti ai device. Si toglie spazio alle attività ricreative, si aumenta la sedentarietà e si genera vera e propria dipendenza, con l’attivazione dei circuiti della ricompensa. Ne seguono comportamenti di craving, ricerca spasmodica; aggressività, quando viene tolto; chiari segni di vera dipendenza".
Dati allarmanti
Se il fenomeno dell’autolesionismo si attestava a un 20-30% prima della pandemia, ora siamo al 40%: quasi un ragazzo su due. Almeno il 10% dei bimbi - è emerso dal congresso - e il 18% degli adolescenti ha un disturbo mentale, malattia più diffusa in assoluto in questa fascia d’età. Molto più a rischio le femmine. "Il fenomeno va monitorato perché è il primo fattore di rischio per i tentati suicidi e il suicidio è la seconda causa di morte tra i 10 e i 25 anni - sottolinea Vicari - Diventa fondamentale che nei bilanci di salute il pediatra indaghi, in un bambino oltre i 10 anni, se ha mai pensato di procurarsi la morte. Così come vanno cercati segni di autolesionismo. Serve una forte collaborazione con i pediatri, che a loro volta formino i genitori per promuovere la salute mentale e per capire quali sono i primi segnali di disagio e perché, allo stesso tempo, imparino a non fraintendere il concetto di privacy, e controllino regolarmente telefono, attività, comportamenti, frequentazioni e il corpo dei propri figli, fino alla loro maturità".
I segnali
Un consiglio ai genitori? "Educate, date regole, non abbiate paura di dire di 'no' e abbiate voi per primi un uso responsabile dei device" avverte lo specialista. E ancora: "Non parlare molto ma dare l’esempio - prosegue Vicari - A cena e a pranzo, via il telefono e non sacrificate il tempo con loro chattando. Educate e siate testimoni dei valori in cui credete e intercettate i segni di disagio. I cambiamenti ci devono preoccupare: non vai più bene a scuola, non dormi più bene, mangi meno, sei irritabile. E 'sfogliate' i vostri figli. La privacy vale per gli adulti, il controllo del corpo e il controllo dei device è fondamentale. Diteglielo: guarderò che siti frequenti e le tue chat, perché sono strumenti pericolosi. Anche rispettando tutto questo, non darei uno smartphone prima dei 12 anni, e mai l’accesso ai social prima dei 14/16 anni, come evidenziato dai più recenti studi".