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Long Covid, in bambini può durare 3 anni e impedire ritorno a normalità: lo studio

Studio internazionale coordinato dai pediatri di Fondazione Policlinico Gemelli Irccs-Università Cattolica del Sacro Cuore

Long Covid, in bambini può durare 3 anni e impedire ritorno a normalità: lo studio

Da uno studio internazionale su 1.300 pazienti in età pediatrica, pubblicato su 'eClinical Medicine' (gruppo 'The Lancet') e coordinato dai pediatri di Fondazione Policlinico Gemelli Irccs-Università Cattolica del Sacro Cuore, emergono nuove evidenze sulle conseguenze dell’infezione da Sars-CoV-2 nei bambini e nei ragazzi. In alcuni, il "Long Covid può durare fino a tre anni con conseguenze sulla vita scolastica e sulle attività abituali. I vaccini sembrano avere un effetto protettivo (ma dipende dal numero di dosi somministrate e dall’età dei pazienti) sul Long Covid, sulle reinfezioni e sulle complicanze autoimmuni di questa malattia". Condotto su circa 1.300 pazienti di età compresa tra 0 e 18 anni, seguiti presso l’ambulatorio del Post-Covid pediatrico del Gemelli.

La ricerca si è focalizzata sui casi di Long Covid pediatrico comparsi dopo la prima infezione o dopo le reinfezioni e sulla loro durata. Obiettivo del lavoro era "descrivere le caratteristiche del Long Covid nei pazienti in età pediatrica, di valutare la presenza di fattori in grado di predire il rischio di sviluppare Long Covid e di valutare il ruolo del vaccino nel prevenire il Long Covid, il rischio di reinfezioni o la comparsa di malattie autoimmuni".

“In questo lavoro – commenta Danilo Buonsenso, corresponding author, docente di Pediatria all’Università Cattolica e dirigente medico dell’Unità Operativa Complessa di Pediatria della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs – abbiamo documentato l'andamento dell'infezione da Sars-CoV-2 in età pediatrica fino a trentasei mesi successivi alla prima infezione".

"Sul fronte Long Covid - prosegue Buonsenso - abbiamo confermato i dati dei nostri precedenti studi, aggiungendo però nuove informazioni. Da questa nuova ricerca infatti emerge che, sebbene la maggior parte dei pazienti guarisca dal Covid-19, alcuni continuano a presentare sintomi ascrivibili al Long Covid, fino a 3 anni di distanza dall'infezione iniziale. Questo conferma l'importanza delle potenziali conseguenze di questo virus nei bambini. Molti di quelli seguiti per 3 anni dopo l'infezione iniziale non sono riusciti a riprendere la routine di tutti i giorni, con conseguenze negative sulla capacità di frequentare regolarmente la scuola o di svolgere le classiche attività extra-scolastiche, a causa dei sintomi debilitanti riportati".

Il Covid, insomma, può avere conseguenze importanti e durature anche sui più piccoli. Ma il vaccino è in grado di proteggere anche dal 'dopo' fase acuta dell'infezione e cioè dal Long Covid e dalle altre complicanze? "Nel nostro studio - spiega Buonsenso - la vaccinazione si è dimostrata un fattore protettivo contro il Long Covid anche se, come abbiamo evidenziato, questo effetto 'scudo' varia a seconda del numero di dosi ricevute o dall'età del paziente e questo aggiunge ulteriori informazioni e offre materia di riflessione, rispetto a quanto noto finora".

Un altro dato emerso dallo studio è che il rischio di presentare una forma grave di Covid-19, nel caso di una reinfezione che compaia nei 24-36 mesi successivi alla prima infezione, è estremamente basso. "Va detto tuttavia - rimarca il pediatra - che, anche se raro, è possibile sviluppare il Long Covid anche a seguito di una reinfezione. Inoltre, i bambini con Long Covid sono a maggior rischio di presentare infezioni sintomatiche". Come già evidenziato negli adulti infine, dallo studio pubblicato su 'eClinical Medicine' emerge anche che l'infezione dovuta al virus originale è risultata associata a un rischio maggiore di sviluppare malattie autoimmuni, nei mesi successivi all'infezione acuta.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cronaca

Corteo a Roma contro la violenza sulle donne:...

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Il corteo in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne

Il corteo a Roma (Foto Adnkronos)

La marea fucsia torna in piazza a Roma. E' partito da piazzale Ostiense il corteo di Non Una di Meno promosso in occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Sullo striscione che apre la manifestazione si legge 'disarmiamo il patriarcato' mentre su un altro appeso al lato di uno dei due tir presenti nel corteo 'La vergogna deve cambiare lato'. In piazza ci sono migliaia di persone. In testa al corteo sfilano i centri antiviolenza femministi. Tra i tanti slogan e cartelli si legge: "Siamo rivoluzione", "se il patriarcato non esiste perché continuiamo a morire", "vietare alle donne di lavorare è violenza", "principessa sei solo mia, possedere non è amare e la scuola lo deve insegnare".

Bruciata foto Valditara di fronte ministero

Prima dell'inizio del corteo una fotografia del ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara è stata bruciata da alcuni manifestanti di fronte al ministero.

"Disarmiamo il patriarcato"

"Siamo in piazza con lo slogan disarmiamo 'il patriarcato' proprio perché la violenza sulle donne non è un'emergenza, se non nella sua drammaticità, ma è una dimensione strutturale che ogni anno ripete gli stessi numeri e le stesse modalità a fronte di una carenza di fondi per i centri antiviolenza e per le politiche a sostegno delle donne vittime di violenza. E quindi siamo in piazza per ribadire che c'è una guerra sui nostri corpi - e c'è una guerra globale - in cui i governi cercano di rafforzare costantemente la famiglia patriarcale e il razzismo contro le donne", dice Carlotta di Non Una di Meno.

"E ben sappiamo - spiega Carlotta - che il femminicidio è solo la punta dell'iceberg che riguarda molestie sul posto di lavoro, discriminazioni nelle scuole, forme di violenza che non arrivano al femminicidio ma portano più di 20mila a rivolgersi ogni anno ai centri antiviolenza". E sottolinea: "Siamo in piazza per potenziare una forza collettiva partita dal basso e affermare che il patriarcato esiste e continua a ucciderci".

Non Una di Meno conferma "la sua autonomia dai partiti politici e questo non vuole dire che non abbiamo una nostra posizione. In questo senso, chiediamo lo stop al genocidio perché riconosciamo che l'autodeterminazione della Palestina non è solo una questione femminista e transfemminista, ma anche perché nelle guerre le donne sono sempre le prime vittime insieme ai bambini".

"Parole Valditara? Dati dicono che responsabili sono soprattutto italiani"

"A noi non interessa chi commette la violenza ma se guardiamo i dati a noi risulta che si tratta soprattutto di uomini italiani. Se vogliamo stare sui dati è interessante vedere che più dell'80% delle persone che commettono violenza sono partner o ex partner. Questo ci dice che non conta la nazionalità ma la relazione che le donne instaurano con gli uomini e il senso di possesso che gli uomini hanno sulle donne che considerano proprie e questo è vero a ogni latitudine e in ogni parte del mondo", dice Carlotta di Non Una di Meno rispondendo poi sulle dichiarazioni del ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. "La violenza è trasversale, il patriarcato lo è, può assumere forme diverse ma sicuramente non c'è un aumento dei femminicidi dovuto a un cambiamento della popolazione italiana", aggiunge.

"Questo è indubitabilmente un governo patriarcale: non basta avere una donna presidente del Consiglio perché il governo cambi di segno - afferma ancora Carlotta - Quello che dobbiamo guardare sono le politiche e le politiche ci parlano davvero di un rafforzamento della famiglia patriarcale in cui le donne vengono considerate valide solo in quanto madri e mogli".

In piazza performance ispirata al gesto della studentessa iraniana

La prima performance di Non Una di Meno al corteo a Roma ha visto diverse giovani incappucciate con passamontagna ricoperti di lustrini, volendo replicare il gesto della studentessa iraniana, Ahoo Daryaei, che si è spogliata davanti all'università a Teheran per protestare contro l'imposizione del velo (VIDEO). "Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce", lo slogan con cui si è aperta la performance. Le giovani, coperte dallo striscione sopra il quale c'era la scritta "il corpo è mio, decido io", si sono tolte le maglie e sul finale hanno tirato giù lo striscione mostrandosi a seno nudo.

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Cronaca

PoliMi accreditato come Collaborating Center dall’Oms

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Il Politecnico è la prima università tecnica al mondo a ricevere il prestigioso riconoscimento, dopo anni di intensa collaborazione

PoliMi accreditato come Collaborating Center dall'Oms

Il Politecnico di Milano ha ottenuto l’accreditamento come “Who Collaborating Center for Design & Health: Healthcare Infrastructures Planning, Design and Evaluation” da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). È la prima università tecnica al mondo a ricevere questo prestigioso riconoscimento. L’annuncio ufficiale è stato comunicato tramite una lettera firmata da Hans Kluge, Direttore della Regione Europea dell’OMS, sottolineando il valore strategico dell’impegno del Politecnico nella progettazione e valutazione delle infrastrutture sanitarie.

Con l’accreditamento, il Politecnico di Milano si unisce ai 26 centri collaborativi Oms presenti in Italia. Da oggi, enti sanitari di tutta Europa potranno richiedere il supporto del Politecnico attraverso un portale dedicato, per sviluppare infrastrutture sanitarie innovative e green. Il riconoscimento arriva dopo due anni di intensa collaborazione con l’Oms. Durante la pandemia di Covid-19, il Politecnico, attraverso il Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito, ha sviluppato le linee guida per progettare gli ospedali del futuro, condivise con i Paesi membri dell’Oms. Nel 2023, il gruppo di ricerca ha supportato la Moldavia nella riorganizzazione delle sue infrastrutture sanitarie, con un focus sulle esigenze causate dal conflitto in Ucraina. L'OMS è inoltre parte del Comitato Consultivo della Joint Research Partnership Healthcare Infrastructures dell’ateneo milanese e di Fondazione Politecnico di Milano, che vedrà il prossimo incontro annuale a febbraio 2024.

Il Collaborating Center lavorerà su una roadmap di quattro anni, sviluppando report e coordinando workshop su temi chiave per gli ospedali europei, come sostenibilità, progettazione funzionale e centralità del paziente. Le attività coinvolgeranno un team multidisciplinare composto da docenti, giovani ricercatori e dottorandi del Design & Health Lab. "Questo riconoscimento rappresenta una straordinaria opportunità per mettere a disposizione dell’Europa e del mondo il nostro know-how nella progettazione di infrastrutture sanitarie innovative e sostenibili. Collaborare con l’Oms ci permette di contribuire concretamente a migliorare la salute globale attraverso soluzioni all’avanguardia e centrate sui bisogni dei pazienti", ha dichiarato il professor Stefano Capolongo, direttore del Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito del Politecnico di Milano. Questo traguardo rappresenta un passo importante per la ricerca accademica e applicata nell’ambito della salute, consolidando il ruolo del Politecnico di Milano come leader internazionale nel settore.

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Cronaca

UniCal: in pensione la direttrice generale Masè

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Il ringraziamento del rettore Nicola Leone per il "Suo contributo, determinante nella riorganizzazione amministrativa e per l’attuazione di processi strategici che hanno reso più efficiente e moderno l’ateneo"

UniCal: in pensione la direttrice generale Masè

Dopo 42 anni di carriera, l’Università della Calabria saluta la sua direttrice generale Giancarla Masè, prossima alla pensione. Un punto che chiude un quinquennio di profondo rinnovamento e trasformazione per l’ateneo calabrese, a conclusione di un mandato in cui la dg ha introdotto nuovi modelli di gestione e strategie per ottimizzare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, ristrutturando il bilancio per centri di responsabilità, migliorando il legame con la programmazione strategica e garantendo piena continuità, fin dall'inizio dell'anno, alla spesa dei dipartimenti che, nel passato, subivano un blocco di 2-3 mesi. Ha inoltre avviato un profondo percorso di digitalizzazione e dematerializzazione, aggiornando diversi processi di gestione e di comunicazione e introducendo uno smart working regolamentato, rispondendo così alle esigenze di flessibilità che sono emerse negli ultimi anni.

Per il rettore dell’ateneo Nicola Leone, “Giancarla Masè non è stata solo un'ottima amministratrice, ma un vero punto di svolta per l’Università della Calabria. Il suo impegno costante, la sua esperienza e la capacità di realizzare importanti trasformazioni amministrative hanno portato l’UniCal verso nuovi traguardi di efficienza e innovazione. La direttrice, dopo una lunghissima esperienza a Trento e Verona, ha avuto il coraggio di affrontare la sfida di rilanciare un’amministrazione del profondo Sud. È stata senz’altro una delle scelte più importanti e positive del mio mandato. La dottoressa Masè ha dimostrato un'energia straordinaria, trasformando le difficoltà in opportunità, le criticità in occasioni di crescita. Il suo sguardo non si è mai fermato alla superficie dei problemi, ma ha saputo penetrare in profondità, individuando soluzioni innovative che hanno ridisegnato l'intero assetto organizzativo. La direttrice ha portato con sé un enorme bagaglio di competenze, realizzando ambiziosi progetti amministrativi di notevole rilevanza per l’efficacia dell’azione di governo. Per tutti questi motivi desidero ringraziarla per la dedizione e l’entusiasmo con cui ha svolto il suo ruolo

L’ateneo, che nella classifica Censis 2024/25 è al primo posto fra i grandi atenei statali che hanno fra i 20 e i 40mila iscritti, ha accolto nel 2019 la dottoressa Masè: “È stata una bella esperienza professionale. Ho potuto apprezzare i segni distintivi e qualitativi dell’Ateneo quale il Campus e l’attenzione verso gli studenti. Ho avuto modo di guardare il sistema universitario da una diversa prospettiva, sfatando molti luoghi comuni e toccando con mano le difficoltà che un ateneo inserito in un contesto socioeconomico disagiato deve affrontare”. Nella sua carriera, Giancarla Masè ha lavorato prima in Accenture e poi per 18 anni all’Università di Trento, provincia di cui è originaria, e poi a Verona.

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