Napoli, si toglie vita in ospedale dopo operazione: “Forse somministrato farmaco sbagliato”
I familiari presentano denuncia: inchiesta sulla morte di un 75enne a Pozzuoli
Dopo un intervento alla testa, accusa dei disturbi, torna in ospedale e, dopo la somministrazione di alcuni farmaci, si toglie la vita. La Procura di Napoli ha aperto un'inchiesta - al momento contro ignoti - sulla morte di Francesco S., 75enne di Pozzuoli, morto dopo essersi lasciato cadere da una finestra al quarto piano dell'ospedale.
I familiari, assistiti dall'avvocato Antonio Zobel, hanno sporto denuncia presso il commissariato di polizia di Pozzuoli. Ieri, il pm Antonella Lauri ha disposto l'autopsia, eseguita dal medico legale Giovanni Lodato e dalla tossicologa Angela Silvestre. Decisivi potrebbero essere proprio gli esami tossicologici che stabiliranno con certezza quali farmaci erano stati somministrati al paziente. La famiglia ha conferito incarico anche al medico legale di parte Saverio Terracciano.
Cosa è successo
La vicenda si svolge all'ospedale di Pozzuoli tra il 16 e il 20 settembre scorsi. Dopo un intervento alla testa, Francesco S. viene dimesso e invitato a tornare dopo 4 giorni. I forti dolori post operatori e una emicrania avevano spinto il 75enne a tornare in ospedale, dove era stato ricoverato in osservazione. Secondo i medici accusava un forte stato di agitazione che li ha portati a somministrargli promazina, un farmaco che farebbe riscontrare "un aumento dell'istinto suicidiario nei pazienti" che, dunque, necessiterebbero di una vigilanza stretta. Poche ore dopo, il giorno 20, si è verificato il gesto estremo del 75enne "che non aveva mai sofferto di crisi depressive o psicosi" assicurano i familiari. Ora, la famiglia dell'uomo, attraverso l'avvocato Zobel, chiede di "sapere cosa sia successo veramente e di accertare la verità. Si faccia luce su quanto accaduto e se ci sono stati errori e una mancata vigilanza, affinché si eviti che possa succedere ad altre persone".
Cronaca
Long Covid, in bambini può durare 3 anni e impedire ritorno...
Studio internazionale coordinato dai pediatri di Fondazione Policlinico Gemelli Irccs-Università Cattolica del Sacro Cuore
Da uno studio internazionale su 1.300 pazienti in età pediatrica, pubblicato su 'eClinical Medicine' (gruppo 'The Lancet') e coordinato dai pediatri di Fondazione Policlinico Gemelli Irccs-Università Cattolica del Sacro Cuore, emergono nuove evidenze sulle conseguenze dell’infezione da Sars-CoV-2 nei bambini e nei ragazzi. In alcuni, il "Long Covid può durare fino a tre anni con conseguenze sulla vita scolastica e sulle attività abituali. I vaccini sembrano avere un effetto protettivo (ma dipende dal numero di dosi somministrate e dall’età dei pazienti) sul Long Covid, sulle reinfezioni e sulle complicanze autoimmuni di questa malattia". Condotto su circa 1.300 pazienti di età compresa tra 0 e 18 anni, seguiti presso l’ambulatorio del Post-Covid pediatrico del Gemelli.
La ricerca si è focalizzata sui casi di Long Covid pediatrico comparsi dopo la prima infezione o dopo le reinfezioni e sulla loro durata. Obiettivo del lavoro era "descrivere le caratteristiche del Long Covid nei pazienti in età pediatrica, di valutare la presenza di fattori in grado di predire il rischio di sviluppare Long Covid e di valutare il ruolo del vaccino nel prevenire il Long Covid, il rischio di reinfezioni o la comparsa di malattie autoimmuni".
“In questo lavoro – commenta Danilo Buonsenso, corresponding author, docente di Pediatria all’Università Cattolica e dirigente medico dell’Unità Operativa Complessa di Pediatria della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs – abbiamo documentato l'andamento dell'infezione da Sars-CoV-2 in età pediatrica fino a trentasei mesi successivi alla prima infezione".
"Sul fronte Long Covid - prosegue Buonsenso - abbiamo confermato i dati dei nostri precedenti studi, aggiungendo però nuove informazioni. Da questa nuova ricerca infatti emerge che, sebbene la maggior parte dei pazienti guarisca dal Covid-19, alcuni continuano a presentare sintomi ascrivibili al Long Covid, fino a 3 anni di distanza dall'infezione iniziale. Questo conferma l'importanza delle potenziali conseguenze di questo virus nei bambini. Molti di quelli seguiti per 3 anni dopo l'infezione iniziale non sono riusciti a riprendere la routine di tutti i giorni, con conseguenze negative sulla capacità di frequentare regolarmente la scuola o di svolgere le classiche attività extra-scolastiche, a causa dei sintomi debilitanti riportati".
Il Covid, insomma, può avere conseguenze importanti e durature anche sui più piccoli. Ma il vaccino è in grado di proteggere anche dal 'dopo' fase acuta dell'infezione e cioè dal Long Covid e dalle altre complicanze? "Nel nostro studio - spiega Buonsenso - la vaccinazione si è dimostrata un fattore protettivo contro il Long Covid anche se, come abbiamo evidenziato, questo effetto 'scudo' varia a seconda del numero di dosi ricevute o dall'età del paziente e questo aggiunge ulteriori informazioni e offre materia di riflessione, rispetto a quanto noto finora".
Un altro dato emerso dallo studio è che il rischio di presentare una forma grave di Covid-19, nel caso di una reinfezione che compaia nei 24-36 mesi successivi alla prima infezione, è estremamente basso. "Va detto tuttavia - rimarca il pediatra - che, anche se raro, è possibile sviluppare il Long Covid anche a seguito di una reinfezione. Inoltre, i bambini con Long Covid sono a maggior rischio di presentare infezioni sintomatiche". Come già evidenziato negli adulti infine, dallo studio pubblicato su 'eClinical Medicine' emerge anche che l'infezione dovuta al virus originale è risultata associata a un rischio maggiore di sviluppare malattie autoimmuni, nei mesi successivi all'infezione acuta.
Cronaca
Cardiologo Carugo: “Abbiamo farmaci sottocute...
Alla campagna Da quore a cuore sulla prevenzione del rischio cardiovascolare: "Tenere sotto controllo ipertensione diabete e colesterolo Ldl"
"Quando si parla di malattie cardiovascolari l'aderenza terapeutica è fondamentale. Abbiamo tantissimi farmaci efficaci, tra cui nuovi farmaci tecnologicamente avanzati che fanno scendere il colesterolo con iniezioni sottocute". Così Stefano Carugo, direttore Cardiologia Policlinico Milano, intervenendo alla presentazione della campagna Novartis 'Da quore a cuore' oggi nel capoluogo lombardo, osserva che "il problema è l'aderenza terapeutica perché i pazienti fanno quello che vogliono. Bisogna, invece, insistere sulla terapia indicata".
Altrettanto importante, secondo l'esperto, è la prevenzione secondaria. "Significa impedire che un paziente che ha già avuto un evento come un infarto o un ictus non ricada in un secondo evento - spiega Carugo - I fattori da tenere sotto controllo sono ipertensione, diabete e colesterolo Ldl. Più basso è il colesterolo cattivo, meglio è. Questo vuol dire fare una vera prevenzione secondaria".
Cronaca
Coco (Novartis): “Ricerca e informazione contro...
Il direttore medico al lancio di Da quore a cuore: "Una campagna per la popolazione ma anche per chi ha già avuto un evento"
"Le patologie cardiovascolari, purtroppo, rappresentano ad oggi la prima causa di morte. In questo campo, il nostro impegno si concretizza su due fronti principali. Da un lato, la ricerca clinica volta a controllare i fattori di rischio che impattano significativamente sulla possibilità di sviluppare delle patologie cardiovascolari, come il colesterolo. Dall'altro lato, la promozione delle campagne che possano rivelare fattori di rischio nella popolazione in generale, ma anche aiutare chi ha già avuto un evento cardiovascolare a tenersi sotto controllo e, soprattutto, a migliorare l'aderenza ai trattamenti per prevenire ulteriori eventi". Lo ha detto Paola Coco, direttore medico di Novartis Italia, intervenendo questa mattina a Milano all'evento per il lancio della campagna 'Da quore a cuore', promossa dall'azienda con il patrocinio dell'Associazione italiana scompensati cardiaci (Aisc) e della Fondazione italiana per il cuore (Fipc).
"'Da quore a cuore' - continua Coco - vuole essere una campagna che aiuta la popolazione generale a dosare il colesterolo e a sottoporsi a delle visite che permettano di identificare i fattori di rischio cardiovascolari", ma è rivolta anche "ai pazienti che hanno già avuto eventi cardiovascolari, così da capire qual è il rischio residuo per evitare che si possano ripetere eventi simili e che, quindi, il cuore smetta di battere troppo presto".