Medio Oriente, Litvak: “Invasione di terra quasi inevitabile, Iran non reagirà”
Le previsioni del professore dell'Università di Tel Aviv
L'invasione di terra di Israele in Libano "è quasi inevitabile", dinanzi all'escalation con Hezbollah l'Iran non reagirà. Parte da questi due punti fermi il commento di Meir Litvak, professore di storia del Medio Oriente all'Università di Tel Aviv, sugli sviluppi nella regione sempre più vicina a una guerra su vasta scala. "Temo che un'invasione di terra in Libano sia molto probabile - dice all'Adnkronos - Sebbene Israele non fosse interessato a tale invasione in questo momento, mentre il fronte di Gaza è ancora attivo, la graduale escalation nel nord la rende quasi inevitabile".
Secondo l'esperto, "Hezbollah ha condotto una guerra di logoramento di grande successo contro Israele, per la quale Israele non aveva una buona soluzione. La situazione attuale è diventata sempre più insostenibile e c'è un processo quasi inevitabile di escalation delle misure utilizzate da ciascuna parte".
Litvak esclude che ci sia un collegamento tra l'escalation e le imminenti elezioni americane. "Una possibile ragione per la tempistica dell'attacco con i cercapersone" e walkie talkie della settimana scorsa, spiega, citando le rivelazioni uscite, "è che Hezbollah si sarebbe insospettito" di un possibile sabotaggio e "Israele temeva di essere smascherato e voleva ottenere un'importante vittoria psicologica".
Il professore dell'università di Tel Aviv non crede infine che Teheran possa entrare direttamente nel conflitto tra Israele ed Hezbollah. "Dubito che l'Iran si unisca davvero a questa azione, a meno che non ritenga che Hezbollah stia per crollare completamente, cosa che non è probabile che accada". "L'intera strategia iraniana si basa sull'idea che questi proxy debbano combattere per l'Iran, non viceversa - chiosa Litvak - Gli iraniani non si fanno uccidere per gli arabi, se è possibile evitarlo".
Esteri
Uragano Helene verso Florida, allerta per “tempesta...
L'uragano diventa di categoria 3: allarme per onde di 6 metri e venti a 180 km orari
L'uragano Helene si rafforza, diventa di categoria 3 mentre punta verso la Florida e si appresta a raggiungere le coste dello stato, dove scaricherà la sua potenza. Il National Hurricane Center ha lanciato l'allerta per onde potenzialmente "catastrofiche e mortali" che potrebbero raggiungere i 6 metri. Gli effetti di Helene non si fermeranno alle zone costiere. Sono previsti venti fino a 180-200 km orari che arriveranno nell'entroterra. La violenta ondata di pioggia coinvolgerà anche zone della Georgia, del Nord e del Sud Carolina.
Secondo quanto riferiscono dalla Casa Bianca, "l'intera amministrazione Biden-Harris è pronta a dare ulteriore assistenza alla Florida e gli altri stati che si trovano sul cammino dell'uragano, se necessario".
"Il presidente e la vice presidente continuano a chiedere i residenti, specialmente quelli nelle zone con ordine di evacuazione, di ascoltare le autorità locali", si aggiunge dalla Casa Bianca. Diverse contee della Florida hanno emesso ordini di evacuazione, in particolare quattro, per un totale di 70mila abitanti, hanno ordinato a tutti di partire, parlando del rischio di un evento "catastrofico".
"Non sarò un evento a cui sarà possibile sopravvivere nelle zone costiere, una tempesta di questa magnitudine non ha mai colpito Wakulla secondo le cronache registrate", ha scritto su Facebook Jared Miller, lo sceriffo di una di queste contee, la contea di Wakulla, che si affacciano sul Golfo del Messico. Secondo le previsioni dopo essersi abbattuto sulla Florida, l'uragano continuerà il suo cammino verso nord ovest e si teme che possa rafforzarsi ulteriormente.
Esteri
Attacco russo con missili ipersonici – Ascolta
Esteri
Abbas all’Onu: “Stop genocidio, basta inviare...
Appello del presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese: "Questa follia non può continuare. Il mondo intero è responsabile di ciò che sta accadendo alla nostra gente a Gaza e in Cisgiordania"
''Smettete di uccidere bambini e donne. Fermate il genocidio. Smettete di inviare armi a Israele''. Questo l'appello che il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) Mahmoud Abbas ha rivolto all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. ''Questa follia non può continuare. Il mondo intero è responsabile di ciò che sta accadendo alla nostra gente a Gaza e in Cisgiordania'', ha detto, aggiungendo che il popolo palestinese è stato sottoposto a ''uno dei crimini più atroci della nostra era'' per quasi un anno ormai. Si tratta, ha proseguito, di un ''crimine di una guerra e di un genocidio su vasta scala'' che Israele sta perpetuando.
"Non ce ne andremo. Non ce ne andremo. Non ce ne andremo", ha scandito Abbas per tre volte, affermando così che i palestinesi non lasceranno la loro terra nonostante le operazioni israeliane.
Tra gli applausi dell'aula, il presidente dell'Anp ha aggiunto che ''la Palestina è la nostra patria. E' la terra dei nostri padri, dei nostri nonni. Resterà nostra. E se qualcuno dovesse andarsene, sarebbe un occupante usurpatore''.
Nel suo discorso Abbas ha detto che ''il governo israeliano ha approfittato'' del massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre ''per lanciare una guerra totale di genocidio contro Gaza'', ed ha sottolineato la necessità di porre fine immediatamente alla guerra. Quindi ha condannato l'uccisione di civili da entrambe le parti dopo il 7 ottobre.
''Israele deve fermare la guerra in Libano e Palestina. Condanniamo questa aggressione e pretendiamo che cessi immediatamente'', ha scandito ancora, sottolineando che ''Israele non merita di far parte dell'Onu'' perché si ''rifiuta di implementare le risoluzioni delle Nazioni Unite''.
''Ci spiace che gli Stati Uniti abbiano per tre volte votato contro le bozze di risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che chiedevano un cessate il fuoco'' nella Striscia di Gaza e ''spiace che gli Stati Uniti forniscano a Israele armi mortali'', ha aggiunto, invitando la comunità internazionale a imporre sanzioni nei confronti di Israele.
Abbas ha invece espresso ''riconoscimento'' e ''gratitudine'' nei confronti del popolo americano che marcia per le strade e manifesta il proprio sostegno alla causa palestinese.
Il piano di Abbas per il dopoguerra
Un cessate il fuoco ''completo e permanente'' nella Striscia di Gaza, che porti con sé ''la fine delle aggressioni militari'' in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Quindi l'invio di aiuti umanitari nell'enclave palestinese, che devono essere consegnati con urgenza ''perché a Gaza non c'è più nulla''. Quindi il ''pieno ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza'', senza la creazione di zone cuscinetto o l'occupazione di qualsiasi parte di Gaza. Questi i primi tre punti del piano che il presidente dell'Anp ha elaborato per il dopoguerra a Gaza e che ha illustrato all'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
''Non permetteremo lo sfollamento di alcun palestinese, né l'espulsione dalle loro terre'', ha detto Abbas chiedendo, al quarto punto, ''la protezione dell'Unrwa e delle organizzazioni umanitarie'' che operano a sostegno dei palestinesi. Il presidente dell'Anp ha poi chiesto la protezione internazionale per i palestinesi nelle loro terre. "Non stiamo combattendo Israele. Non possiamo combattere Israele e non vogliamo combattere, ma vogliamo protezione", ha affermato.
Come sesto punto, Abbas ha chiesto che lo Stato di Palestina si assuma le proprie responsabilità a Gaza e imponga su di essa il suo pieno mandato e la sua giurisdizione.