Nomine Rai, parte il countdown: domani il voto, ma non c’è ancora intesa
Maggioranza e opposizione navigano ancora a vista, partita piena di insidie e apertissima fino all'ultimo momento utile
E' partito il countdown per le nomine Rai. Domani dovrebbe essere la giornata decisiva ma il condizionale è d'obbligo perché, come sempre, la partita è piena di insidie e apertissima fino all'ultimo momento utile. La conferenza dei capigruppo del Senato ha confermato l'appuntamento, nonostante nel corso della giornata di ieri si fossero sovrapposte le voci di un possibile slittamento.
Maggioranza e opposizione navigano ancora a vista. Gli occhi sono puntati sul voto di giovedì in Parlamento (si comincia alla Camera alle 9.30, mentre a Palazzo Madama è previsto mezz'ora dopo), data in cui è prevista l'elezione dei 4 componenti del nuovo Consiglio di amministrazione.
Per il centrodestra niente proroghe, due voti per portare a casa la partita
Niente proroghe, il centrodestra vuole rinnovare i vertici dell'azienda di viale Mazzini senza rinvii di sorta e punta all'elezione di un presidente di riferimento in Vigilanza. Il nome c'è, salvo 'fuoco amico', ed è quello di Simona Agnes, gradita a Forza Italia.
Maurizio Gasparri, capogruppo azzurro al Senato, è perentorio: ''La nostra posizione non è mai cambiata: siamo per la presidenza ad Agnes e ci auguriamo che venga designata. E' certamente una persona a noi gradita, ma, lo ripeto, è anche molto qualificata. Il presidente viene votato dopo in Vigilanza Rai, con i due terzi. Se c'è un clima costruttivo, bene, ma se il clima è ostativo'', ''non si può pensare di fare la legge sulla governance, gli Stati generali...".
L'esponente forzista avverte le opposizioni che il partito azzurro tirerà dritto per la sua strada se non sarà disposto a cercare sponde: ''Noi abbiamo fatto una proposta ma se non c'è un atteggiamento costruttivo, andiamo avanti''. Per la presidenza serve l'ok dei due terzi della Commissione di Vigilanza Rai, quindi un accordo con almeno una parte dell'opposizione. Il Cda è composto da sette membri: due vengono eletti dalla Camera e due dal Senato, altri due vengono indicati dal ministero dell'Economia (uno è l'amministratore delegato, l'altro il presidente che appunto deve passare per il gradimento della Vigilanza) e un altro membro viene eletto dai dipendenti dell'azienda.
Dopo il passaggio di Maria Stella Gelmini nelle file di Noi Moderati, al centrodestra mancano due voti per portare a casa la partita, vale a dire il raggiungimento del quorum dei due terzi necessario per l'entrata in carica del presidente. Secondo lo schema del centrodestra, se FI punta alla presidenza con Agnes spetterà a FdI esprimere una delle tre quote rosa del board (in ballo ci sono Valeria Falcone e Federica Frangi); un'altra casella resta in quota Lega.
Contatti tra opposizioni, incognita Renzi
Sul fronte delle opposizioni Pd e Avs minacciano l'Aventino. In particolare il Pd potrebbe non solo non partecipare al voto in Vigilanza sul presidente, ma anche a quello di giovedì in aula. Nulla, però, al momento è deciso. "Vedremo", è la risposta laconica del presidente dei senatori dem Francesco Boccia. Il rischio che si profila è anche quello di una spaccatura delle opposizioni. Il M5s sarebbe intenzionato a partecipare al voto di giovedì indicando Alessandro Di Majo per scongiurare, è questo il ragionamento che viene fatto, un Cda 'monocolore' di maggioranza.
In queste ore sono in corso contatti per arrivare a una linea comune delle opposizioni. Da giorni Giuseppe Conte ha aperto alla possibilità di convergere su un nome di garanzia, qualora "ci fosse un presidente autorevole, assolutamente non riconducibile a logiche partitiche". Un identikit che però non corrisponde, secondo i pentastellati, al profilo di Agnes. La palla, comunque, sottolineano nel Movimento, è nelle mani della maggioranza.
A scompaginare i piani potrebbe essere ancora una volta Matteo Renzi, potenziale ago della bilancia visti i due membri in quota Iv. Negli ultimi giorni sono tornate ad affacciarsi diverse ipotesi alternative per la presidenza Rai, come Antonio Di Bella e Giovanni Minoli, due figure interne all'azienda con alle spalle una lunga carriera nel servizio pubblico. Altra ipotesi gradita per il Movimento guidato da Conte sarebbe Milena Gabanelli.
Se non dovesse arrivare un accordo, ipotesi da non escludere, la soluzione sarebbe la nomina a presidente del membro più anziano: il timone del cda spetterebbe a quel punto ad Antonio Marano, ex direttore di Rai2 ma anche un passato da deputato nelle file della Lega L'incarico di amministratore delegato, salvo sorprese, dovrebbe andare a Giampaolo Rossi, in quota FdI.
Politica
Dal G7 a ‘benedizione’ di Trump, per Meloni un...
Al giro di boa il suo è il settimo esecutivo più longevo
Il 2024 segna il giro di boa del governo Meloni, consegnandogli la targa di settimo governo più longevo della storia repubblicana. Un anno di luci ed ombre per la premier, che porta a casa la casella di vicepresidente esecutivo della Commissione europea per Raffaele Fitto, l'endorsement di Donald Trump -"è una leader e una persona fantastica"- e l''incoronazione' di 'Politico' come “persona più potente d'Europa", l'"uomo forte" nei rapporti tra Bruxelles e States. Di contro il 2024 è l'anno in cui la presidente del Consiglio incassa la battuta d'arresto sugli hotspot in Albania, vive un avvio d'anno ammaccato dalla vicenda Delmastro-Pozzolo e un'estate terremotata dall'affaire Sangiuliano, assiste al braccio di ferro FI-Lega sulla manovra vedendosi costretta a bacchettare gli alleati dopo un infruttuoso vertice 'apparecchiato' a casa sua.
L'anno che stiamo per lasciarci alle spalle è segnato anche della presidenza italiana del G7, con il summit dei Grandi a Borgo Egnazia, l'ultimo per Joe Biden nelle vesti di Presidente degli States. E l'anno dall'amicizia 'chiacchierata' della premier con Elon Musk, l'uomo domino della campagna elettorale di 'The Donald'.
Se il 2024 di Palazzo Chigi venisse raccontato con una raccolta di scatti, tra questi non potrebbero mancare la foto del paterno bacio sulla testa di Biden a Meloni nella cornice della Casa Bianca, lo scatto della premier con la testa nella giacca per canzonare le opposizioni finita sul Wall Street Journal, la photo opportunity con Chico Forti rientrato in Italia dopo 24 anni di carcere in America, la stretta di mano con stoccata a Vincenzo De Luca: ''sono quella stronza della Meloni", si auto-apostrofò la premier facendo calare il gelo sul fumantino governatore dem.
Le dimissioni di Sgarbi - Il ritorno di Chico Forti dopo 24 anni di 'esilio'
Ma procediamo per gradi raccontando il 2024 in salsa Meloni. Un anno che a gennaio si apre col disco verde alla discussa riforma dell'autonomia differenziata, nel mirino delle opposizioni come 'spacca Italia', e con il 'vertice internazionale Italia-Africa' che ha visto approdare a Roma, su iniziativa della premier, tutte le nazioni del continente per dare linfa al Piano Mattei. A febbraio, a seguito di un procedimento giudiziario su un possibile furto di beni culturali, il sottosegretario al ministero della Cultura Vittorio Sgarbi rassegna le dimissioni, dopo un incontro con la presidente del Consiglio a Palazzo Chigi.
Il 24 febbraio, in occasione del secondo anniversario dall'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, Meloni vola a Kiev con la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il primo ministro belga Alexander De Croo e il canadese Justin Trudeau, dove presiede una riunione del G7 insieme al Presidente Volodymyr Zelensky. E' l'ennesima conferma del sostegno italiano alla causa ucraina, rispetto alla quale, anche in questo 2024, la premier non ha mai compiuto passi indietro né mostrato tentennamenti.
A marzo la presidente del Consiglio si reca a Washington D.C. per un nuovo incontro con il Presidente Joe Biden. Dagli Usa annuncia il ritorno a casa di Chico Forti, al centro di un controverso caso giudiziario che lo vede detenuto in America da ben 24 anni. Marzo è anche il mese di un acceso botta e risposta con la magistratura, né il primo né l'ultimo, stavolta innescato dal via libera del Cdm all'introduzione di test psico-attitudinali per i magistrati.
La discesa in campo per le europee, 'scrivete Giorgia'
Aprile si apre con due mozioni di sfiducia, entrambe respinte: una tocca Matteo Salvini e riguarda i rapporti della Lega con il partito di Vladimir Putin Russia Unita, l'altra la ministra del Turismo Daniela Santanché in ordine alle inchieste sulle società Visibilia, Bioera e Ki Group. A fine mese, dalla convention di Fdi a Pescara, Meloni annuncia la sua discesa in campo per le elezioni europee invitando gli elettori a scrivere sulla scheda elettorale anche solo il suo nome di battesimo, 'Giorgia'. La premier gioca la carta dell'empatia e punta sulla propria leadership. I risultati sembrano darle ragione: alle urne di giugno Fdi si conferma primo partito italiano (28,8%) migliorando di quasi tre punti il risultato delle elezioni politiche che le hanno consegnato le chiavi di Palazzo Chigi.
Dopo aver approvato l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio, il governo a fine maggio torna ad occuparsi di giustizia e approva un disegno di legge di revisione costituzionale finalizzato a riformare l'ordinamento della magistratura, prevedendo, nello specifico, un'obbligatoria separazione in magistratura requirente e giudicante e la relativa introduzione di due nuovi organi di autogoverno destinati a mandare in pensione il Consiglio Superiore della Magistratura.
A giugno il Consiglio dei ministri approva due provvedimenti per 'sforbiciare' le liste d'attesa di una sanità in affanno. Rumoreggiano le opposizioni puntando il dito contro misure che giudicano vuote e prive di risorse. Sempre a giugno, prima di volare in Puglia per il summit del G7, Meloni si reca in Albania insieme al ministro dell'Interno Matteo Piantedosi per verificare lo stato dell'arte dei lavori dei due hotspot battenti bandiera italiana. La visita viene funestata dall'accesa contestazione del segretario di +Europa Riccardo Magi, spintonato dalla sicurezza e protagonista di un botta e risposta al vetriolo con la premier.
Il summit del G7 in Puglia - La missione in Cina per ricucire strappo via della Seta
Dal 13 al 15 giugno i riflettori del mondo si accendono sulla Puglia, a Borgo Egnazia, per il summit dei 7 grandi del mondo. Il vertice centra l'obiettivo di un prestito di 50 miliardi all'Ucraina acceso sugli asset russi congelati, ma viene segnato anche dalle tensioni tra Meloni e il Presidente francese Emmanuel Macron. A innescare il duello è il tema dell'aborto nelle dichiarazioni finali del summit, ma sottotraccia si gioca anche la partita della nuova governance dell'Unione europea.
Su Bruxelles a luglio la premier compie una scelta inattesa e, nello stupore generale, vota contro la riconferma di Ursula von der Leyen, destinata al bis al timone della Commissione europea. Meloni, a capo del gruppo dei conservatori, nonostante gli ottimi rapporti con la leader tedesca si chiama fuori, assieme ai Patrioti di Matteo Salvini, Viktor Orban e Marine Le Pen. Una mossa che, nello scacchiere internazionale, molti leggono come un potenziale e pericoloso isolamento dell'Italia. A fine mese la premier vola in Cina e cerca di ricucire lo strappo consumatosi a fine 2023 con l'addio alla via della Seta.
Dopo un'estate in cui ha destato non poco stupore l''outing' di Arianna Meloni sulla separazione dal ministro Francesco Lollobrigida, il 30 agosto il Consiglio dei ministri approva ufficialmente la candidatura di Raffaele Fitto a Commissario europeo. A distanza di una manciata di giorni esplode una nuova mina in grado di far tremare l'intero governo: il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano viene coinvolto in uno scandalo che rimbalza di bocca in bocca, diventando motivo di gossip anche sotto gli ombrelloni. L'imprenditrice e influencer Maria Rosaria Boccia va all'attacco del governo, a muoverla è la sua presunta nomina da parte dello stesso ministro della Cultura a consigliere per i grandi eventi, una nomina abortita a causa della relazione tra i due. Meloni, dopo aver inizialmente respinto le dimissioni del titolare della Cultura, si vede costretta ad accettarle per frenare l'onda d'urto che ha travolto il governo e 'chiama' Alessandro Giuli a sostituire Sangiuliano.
La sintonia con Musk, il presunto 'smarcamento' da Biden
A settembre Meloni vola a New York per la 79esima Assemblea generale delle Nazioni Unite e, prima dell'avvio dei lavori, incontra i ceo di Google, Motorola e Open Ai per discutere di investimenti delle big i-tech in Italia. Nei giorni newyorkesi è soprattutto la decisione della premier di ricevere il premio dell'Atlantic Council dalle mani di Elon Musk a far discutere, tanto più che si accompagna alla decisione di 'disertare' la tradizionale cena offerta dai Biden ai capi di stato e di governo presenti nella 'Big Apple', una scelta che molti leggono come uno 'smarcamento' di Meloni verso l'amministrazione dem alla luce della possibile ascesa di Donald Trump.
Ad ottobre la maternità surrogata, già vietata in Italia, diventa reato universale, perseguibile anche all'estero se attuata da cittadini italiani. Negli stessi giorni il governo, Meloni in testa, si trova a fare i conti con una nuova grana: i primi 12 migranti sbarcati nel porto albanese di Shengjin vengono ricondotti in Italia perché il tribunale di Roma non convalida il loro trattenimento nel centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader, frutto dell’accordo Roma-Tirana. La decisione dei giudici di Roma rischia di mettere in discussione l’intero impianto del Memorandum siglato da Meloni e Edi Rama.
Una manciata di giorni dopo, il Cdm adotta un decreto legge ad hoc per definire ed aggiornare la lista dei 'paesi di origine sicuri', prima regolata da un semplice decreto interministeriale, 'elevandola' così a fonte di livello primario. L'obiettivo è saltare l'ostacolo che mina l'avvio dei due hotspot in Albania, che ancora oggi, tuttavia, continuano a restare vuoti in attesa della pronuncia della Corte di giustizia europea. Meloni continua a difendere a spada tratta il progetto di 'colonia detentiva' in terra albanese, dicendosi convinta che si tratti di una strategia non solo valida ma esportabile e spendibile in Europa per arginare la "mafia dei trafficanti di vite umane" e fermare le morti in mare.
La missione a Buenos Aires - Il voto a favore della Commissione europea
Il 21 novembre, dopo il G20 di Rio de Janeiro, Meloni raggiunge Buenos Aires per la sua prima missione in Argentina. Con l'"amico" Javier Milei la premier si affaccia dal balcone della Casa Rosada, reso celebre per i discorsi con cui Evita Peron infiammava i 'descamisados'. Milei il 'loco', come lo chiamano in Argentina e come ama esser chiamato anche fuori confine, amico di Trump tanto da volare a Mar-a-Lago per celebrarne la vittoria, il presidente argentino rilancia l'idea di una 'internazionale sovranista' che unisca "Paesi del mondo libero che condividono valori e obiettivi comuni" liberando l"'Occidente dalla tenebre che l'avvolgono". Nel cielo di Milei, i puntini uniscono gli States di Trump alla "vecchia Europa" impersonificata da Meloni e a Israele di Benjamin Netanyahu.
Il 27 novembre nasce la nuova Commissione europea, ancora una volta guidata da von der Leyen. Fdi vota a favore, dopo il segnale positivo arrivato dalla leader tedesca sulla nomina di Fitto, eletto commissario europeo e vicepresidente esecutivo della Commissione. Le opposizioni salgono sulle barricate e puntano il dito contro "la giravolta di Meloni", "un'inversione a U" impensabile fine a qualche mese prima.
La premier risponde per le rime, accusando i socialisti, 'famiglia' del Pd a Bruxelles, di aver scritto una lettera chiedendo a von der Leyen di tenere Fitto fuori dalla squadra, "un'iniziativa contro l'Italia", l'accusa della presidente del Consiglio reiterata ad ogni occasione utile. Dopo l'addio di Fitto, al suo posto Meloni chiama Tommaso Foti in squadra, tenendo tuttavia per sé la delega per il Sud.
A Parigi per il 'ritorno' di Notre-Dame, il primo faccia a faccia con Trump
Il sette dicembre, quasi a sorpresa, Meloni vola insieme al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Parigi per assistere alla riapertura al pubblico della Cattedrale di Notre-Dame, distrutta da un incendio nell'aprile del 2019. Durante la cena organizzata da Macron, con lo zampino dell'amico Musk, ha il suo primo faccia a faccia, fruttuoso, con Donald Trump, 'antipasto' di un'alleanza che si preannuncia già solidissima. E che potrebbe condurre Meloni a rivestire un ruolo di primo piano sulla rotta Washington-Bruxelles: potrebbe essere lei la persona giusta per oliare un meccanismo che al momento sembra cigolare, tra lo spauracchio dei dazi e l'incognita sul futuro dell'Ucraina.
E' con questa convinzione che 'Politico' le tributa il titolo di “persona più potente d'Europa". "Chi chiami se vuoi parlare con l’Europa?”, si legge nella motivazione del riconoscimento: “Se sei Elon Musk, l'uomo più ricco del mondo e consigliere chiave del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, il numero che componi è quello di Giorgia Meloni”. (di Ileana Sciarra)
Politica
Carceri, Brunetta: “Indulto parziale per dare...
Sensi (Pd): "Proposta Brunetta va sostenuta, chi ci sta?"
"Mi associo alla nobile esortazione del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, che ha esortato le forze politiche a ragionare sulla ipotesi di un indulto parziale". Così il presidente del Cnel Renato Brunetta, in un intervento sul Sole 24 Ore.
“In un carcere sovraffollato, luogo di isolamento, umiliazione, malattia e morte, la pena rischia di perdere la certezza dell'esempio, che è la vera fonte di legittimazione della potestà punitiva, per trasformarsi invece in certezza della recidiva - afferma - Lo Stato può punire perché, a differenza di chi si macchia di un reato, non cede all'irrazionalità, non pratica la vendetta, che invece è la leva del male, non punta all'isolamento e all'emarginazione degli individui, ma fa piuttosto comunità. Nelle condizioni date c'è il rischio che la pena venga meno alla sua certezza, intesa nel senso più ampio".
"Perciò una riflessione pragmatica sul rischio di questo tragico capovolgimento diventa ineludibile per qualunque responsabilità politica. In questo mi associo alla nobile esortazione del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, che ha esortato le forze politiche a ragionare sulla ipotesi di un indulto parziale. L'ipotesi di un indulto parziale, che coinvolga i detenuti per reati meno gravi, cioè coloro che il lavoro può recuperare alla società e il carcere può cronicizzare in professionisti criminali, realizza - sottolinea - almeno quattro obiettivi: umanizzare le carceri, concorrere ad abbattere la recidiva, risarcire vittime e società, produrre ricchezza. Una pena così 'certa' realizzerebbe i propri effetti retributivi, deterrenti e, naturalmente, rieducativi, in una visione d'insieme, la sola vincente, indirizzando la capacità punitiva dello Stato verso un obiettivo di inclusione sociale. Ma, soprattutto, non avrebbe controindicazioni politiche".
"Penso che la proposta di Renato Brunetta oggi sul Sole24ore vada ripresa, sostenuta, resa effettiva. Spero che opposizione e maggioranza possano convergere su un obiettivo minimo di umanità, civiltà, decenza. Chi ci sta?", scrive sui social il senatore Pd Filippo Sensi.
Attualità
La Manovra 2025: un cambio di rotta per l’Italia?
La Manovra 2025: un cambio di rotta per l’Italia?
Negli ultimi giorni si è sentito parlare un po’ ovunque della Manovra 2025. Bella etichetta, certo. Ma poi? Poi ci siamo noi. Noi che facciamo i conti ogni giorno, tra bollette che non perdonano, lavori che arrancano e sacrifici che ormai sono diventati la norma. E allora la domanda vera è: che impatto avrà davvero questa legge su chi vive la vita reale, quella fatta di piccoli grandi problemi? Proviamo a capirlo insieme, perché di novità ce ne sono e alcune potrebbero cambiare qualcosa. Forse poco. Forse tanto.
Riforma IRPEF: promessa di semplificazione o una solita toppa?
Una delle grandi novità è questa riforma dell’IRPEF. Tre scaglioni invece di quattro. Sì, sulla carta è più semplice. Ma è davvero quello che serve? Vediamo: 23% fino a 28.000 euro, 35% da 28.000 a 50.000 euro, 43% oltre. Ok, è tutto più ordinato ma è qui che viene il dubbio: quanto cambierà davvero per chi, ogni mese, deve fare i salti mortali per arrivare alla fine?
Certo, c’è il taglio del cuneo fiscale confermato per i redditi fino a 40.000 euro. E per chi guadagna meno di 20.000 euro c’è un’indennità esentasse. Bello, no? Sì, ma basta? La classe media, quella che si becca sempre il peso maggiore, vedrà finalmente un po’ di respiro? Oppure siamo di fronte all’ennesima soluzione che funziona solo sulla carta? Questo è il punto. E nessuno può dirlo con certezza.
Pensioni: flessibilità o illusione?
Un altro capitolo cruciale è quello delle pensioni. Viene introdotta la possibilità di andare in pensione a 64 anni con almeno 25 anni di contributi. Interessante, no? Ma attenzione: questa misura è pensata per chi ha aderito anche alla previdenza complementare. Quindi, di fatto, è un incentivo a investire in fondi privati.
E poi c’è la rivalutazione delle pensioni minime, legata all’inflazione. Una boccata d’ossigeno per molti, certo. Ma è davvero abbastanza per affrontare il caro vita? La sostenibilità del sistema pensionistico rimane un grande punto interrogativo. E non possiamo far finta che la vera sfida sia ancora lontana.
Bonus natalità: un passo nella giusta direzione?
In un Paese dove i bambini sono sempre meno, la Manovra cerca di incentivare le famiglie con misure come il bonus nuovi nati: 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato da gennaio 2025, per chi ha un ISEE fino a 40.000 euro. Una goccia nel mare? Forse sì, forse no. Certo è che, da sola, questa misura non basterà a invertire la tendenza.
Poi c’è il rifinanziamento del fondo di garanzia per i mutui sulla prima casa, con priorità ai giovani under 36 e alle famiglie monoparentali. Una buona notizia ma resta da vedere se queste misure riusciranno davvero a dare un aiuto concreto o se resteranno solo sulla carta, come purtroppo è già successo in passato.
Imprese e innovazione: opportunità da cogliere?
Passiamo al mondo delle imprese. La riduzione dell’IRES al 20% per chi reinveste gli utili è una delle misure più rilevanti. Se utilizzata bene, potrebbe stimolare investimenti in ricerca, sviluppo e nuovi posti di lavoro. E poi ci sono i fondi per la digitalizzazione e la sostenibilità ambientale. Parole chiave come intelligenza artificiale, blockchain e energie rinnovabili promettono grandi cose. Ma siamo pronti a cogliere queste opportunità? O il rischio è che, ancora una volta, rimangano solo belle intenzioni?
Casa: bonus ristrutturazioni ed ecobonus
Allora, qui parliamo di una delle parti che ci tocca davvero: casa. La Manovra 2025 mette sul tavolo due cose che ci interessano parecchio, il Bonus Ristrutturazioni e l’Ecobonus. Sì, quei nomi che fanno pensare a opportunità, ma anche a burocrazia infinita. Insomma, strumenti che potrebbero fare la differenza per chi vuole migliorare casa, tagliare bollette o anche solo sentirsi un po’ più moderno. Ma quanto è davvero facile usarli? E quanto ci conviene? Vediamo di capirlo, perché qui la promessa è grande, ma si sa, tra il dire e il fare…
Bonus ristrutturazioni
Il Bonus Ristrutturazioni, che consente detrazioni fiscali per interventi di recupero edilizio, viene prorogato dalla Manovra 2025 con una struttura rinnovata. Sono previste aliquote differenziate per abitazioni principali e seconde case, con una graduale riduzione delle percentuali di detrazione negli anni.
Abitazione principale (prima casa)
- 2025: Detrazione fiscale del 50% con un tetto massimo di spesa di 96.000 euro per unità immobiliare.
- 2026 e 2027: Aliquota ridotta al 36%, mantenendo invariato il limite di 96.000 euro.
Altre abitazioni (seconde case)
- 2025: Detrazione fiscale del 36% con un tetto massimo di spesa di 96.000 euro.
- 2026 e 2027: Aliquota ulteriormente ridotta al 30%, con il medesimo limite di 96.000 euro.
Ok, allora. Dal 2028 al 2033, si fa tutto uguale per tutti. Prima casa, seconda casa, poco importa: l’aliquota sarà del 30%. Chiaro, diretto, senza troppi giri. Ma è qui che arriva il nodo: il tetto massimo di spesa scenderà a 48.000 euro. Ora, mettiamoci nei panni di chi vuole ristrutturare davvero: con questa cifra, cosa ci fai? Ti basta? O forse no? Per molti potrebbe essere una stretta difficile da digerire. È un messaggio misto, quasi un “sì, ma” che lascia un po’ d’amaro. Eppure, è questa la direzione che si è scelta. Funzionerà? Chi lo sa. Ciò che è certo è che richiederà pianificazione e forse, qualche sacrificio.
Ecobonus
Parliamo di Ecobonus. Una parola che sa di futuro, ma anche di una di quelle cose che ti fanno pensare: “Bello, ma cosa significa davvero per me?”. Questo incentivo dovrebbe aiutare chi vuole rendere la propria casa meno energivora – o forse solo un po’ più moderna. La Manovra 2025 prova a semplificare le regole (era ora!), ma il gioco delle aliquote cambia in base a che tipo di immobile hai. E attenzione: gli sconti si riducono col tempo. Perché? Beh, forse per stringere la cinghia, o forse per spingerti a fare tutto subito. Chi lo sa. Una cosa è certa: c’è bisogno di coraggio, di pianificazione e diciamolo, anche di un po’ di fortuna per sfruttarlo al meglio.
- Abitazione principale (prima casa):
- 2025: detrazione del 50%.
- 2026 e 2027: aliquota ridotta al 36%.
- Altre abitazioni e immobili non residenziali:
- 2025: detrazione del 36%.
- 2026 e 2027: aliquota ridotta al 30%.
Un ulteriore elemento innovativo della Manovra 2025 è l’introduzione di un tetto di spesa modulato, calibrato sul reddito e sulla composizione del nucleo familiare. Questa misura mira a garantire un accesso più equo alle detrazioni, ponendo un freno alle disparità e incentivando gli interventi sostenibili.
L’obiettivo è chiaro: spingere verso una maggiore sostenibilità, assicurando che i benefici fiscali siano proporzionati alle condizioni economiche di ciascuna famiglia.
Una tassa sui voli extra UE: simbolo o sostanza?
Tra le novità della Manovra 2025 spicca l’aumento dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco per i voli diretti verso destinazioni extra Unione Europea. Dal 1° aprile 2025, ogni biglietto per un volo extra-UE costerà 50 centesimi in più. Cinquanta centesimi. Una moneta, una manciata di spicci.
Eppure, è lì che si gioca una promessa: quei soldi dovrebbero servire a migliorare qualcosa, a fare la differenza. Si applica ai grandi aeroporti, quelli con milioni di passeggeri. Ma diciamolo: è abbastanza? O è solo una goccia in un mare di problemi? Vedremo se questi spicci finiranno davvero dove servono, o se rimarranno un altro piccolo peso senza una vera storia da raccontare.
Finalità e impatto
Dunque… Tutti quei 50 centesimi per ogni biglietto extra-UE, dove andranno? Beh, l’idea è chiara: quei soldi, una volta raccolti, saranno usati per progetti ambientali e infrastrutturali nei Comuni dove ci sono gli aeroporti interessati. Sì, bello a dirsi. Però fermiamoci un attimo. Stiamo parlando di circa 5,33 milioni di euro nel 2025 e poi 8 milioni nel 2026. Ma davvero bastano queste cifre per fare la differenza? Cosa si riuscirà a costruire o migliorare con questi numeri? E, soprattutto, arriveranno davvero dove servono o si perderanno nei soliti rivoli burocratici? Il punto è tutto qui: è una buona idea sulla carta ma nella pratica serve ben più che un piccolo balzello per cambiare le cose.
Analisi critica
Sebbene l’importo aggiuntivo di 0,50 euro per passeggero possa sembrare irrisorio, la reale efficacia di questa misura nella lotta contro il cambiamento climatico solleva numerosi interrogativi. Da una parte, rappresenta un chiaro segnale politico verso una maggiore attenzione alle tematiche ambientali. Dall’altra, però, il suo impatto effettivo sul comportamento dei consumatori e sulle emissioni del settore aereo potrebbe risultare limitato.
Inoltre, l’applicazione selettiva della tassa – che coinvolge solo determinati aeroporti e rotte – potrebbe alimentare dubbi di equità. Questo aspetto rende cruciale monitorare con attenzione l’effettiva destinazione dei fondi raccolti, al fine di assicurare che vengano utilizzati per progetti con un impatto ambientale tangibile. Sarebbe inoltre opportuno considerare l’adozione di misure complementari più incisive per affrontare le sfide climatiche con maggiore efficacia.
E ora?
La Manovra 2025 si presenta senza dubbio come ambiziosa. Mira a rilanciare l’economia, sostenere le famiglie e favorire l’innovazione. Tuttavia, le sfide da affrontare sono numerose e complesse. La vera prova sarà la sua attuazione concreta. Il Governo sarà in grado di trasformare queste promesse in realtà? Solo il tempo potrà dare una risposta definitiva.
Quello che posso dirvi, col cuore in mano, è che non smetteremo di guardare ogni piega di questa Manovra, ogni piccolo passo, ogni possibile inciampo. Saremo qui, con la testa sulle spalle ma con gli occhi spalancati, a chiederci insieme a voi: “Cambierà davvero qualcosa?”. Perché alla fine, conta questo: vedere se le parole diventano fatti, se le promesse fanno spazio a un cambiamento vero. Vero per noi, per voi, per le famiglie che tengono tutto in piedi ogni giorno. E noi ci saremo, pronti a raccontarvi tutto, con tutta la passione e anche, forse, la rabbia necessaria.